Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 800 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 800 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25617/2021 R.G. proposto da:
COGNOMENOME DNOME, elettivamente domiciliati in ROMA CICERONE 28 SC. C INT. 9, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3950/2020 depositata il 05/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto
-La Società RAGIONE_SOCIALE, che gestisce uno stabilimento balneare ad Anzio, ha citato in giudizio NOME COGNOME proprietario confinante, per i lavori che costui aveva realizzato in prossimità, costruendo una scogliera prima inesistente, e cosi sviando la clientela della società, ed occupando parte dell’arenile demaniale; costui, inoltre, secondo la società attrice, aveva realizzato un canale di scolo abusivo.
La società ha chiesto il ripristino dello stato dei luoghi ed il risarcimento del danno.
-Il COGNOME si è costituito ed ha replicato che i lavori interessavano la proprietà privata del figlio NOME COGNOME che non creavano alcun problema; che inoltre il canale di scolo non era suo ma proveniva dalla proprietà di NOME COGNOME e di NOME COGNOME che venivano dunque citati in giudizio.
Era altresì citato in giudizio NOME COGNOME.
-Il Tribunale di Velletri, sezione di staccata di Anzio, ha disposto consulenza tecnica, all’esito della quale ha stabilito che i lavori dei COGNOME interessavano il tratto demaniale, ma ha rigettato la domanda di riduzione in pristino, non essendo la società, che aveva semplice concessione, proprietaria del terreno minacciato dai lavori, ma ha accordato a quest’ultima un risarcimento del danno di 3000 euro.
Ha però accertato che lo scolo delle acque proveniva dai COGNOME e COGNOME, e non dai COGNOME, ed ha condannato questi ultimi alla riduzione in pristino ed al risarcimento di 1500 euro verso la società Saint Tropez.
-I COGNOME hanno proposto appello principale, mentre COGNOME e Saint -Tropez hanno proposto appello incidentale.
La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado, e condiviso le risultanze istruttorie di quel giudizio, ed ha rigettato gli appelli.
-Ricorrono i COGNOME con un motivo. Gli intimati non si sono costituiti.
Considerato
6. -L’unico motivo di ricorso fa valere violazione dell’articolo 132 c.p.c., per apparente ed insufficiente motivazione.
La censura che si muove alla decisione di appello è di avere apoditticamente fatto proprie le conclusioni del consulente, senza però replicare e tenere in conto i rilievi diffusi che i ricorrenti avevano fatto alla CTU. In particolare, i ricorrenti osservano come avevano diffusamente contestato al CTU di avere usato per la identificazione dell’area una delimitazione fatta nel 1954, ma mai approvata, e dunque non idonea a stabilire i confini tra la loro proprietà ed il Demanio; che per tale ragione il CTU era stato rinviato a giudizio per il reato di falso.
A fronte di tutto ciò, i giudici di appello hanno apoditticamente confermato la consulenza tecnica.
Il motivo è infondato.
Lo è per due ragioni.
La prima è che secondo principio di diritto di questa Corte ‘il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, e non deve necessariamente soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte, che, sebbene non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili, senza che possa configurarsi vizio di motivazione, in quanto le critiche di parte, che tendono al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere argomentazioni difensive’ (Cass. 33742/ 2022; Cass. 1815/ 2015).
Risulta evidente che il CTU ha tenuto conto, confutandoli, degli argomenti dei CTP, e di quelli della Difesa, e dunque non vi era bisogno di una diffusa motivazione del giudice.
La seconda ragione è che i giudici di appello hanno ritenuto comunque che i ricorrenti non hanno fornito la prova che la loro proprietà si estende per dieci metri dal muro di contenimento fino all’arenile, che è cosa diversa dalla prova del confine demaniale: dimostrare che il confine demaniale è arretrato rispetto al muro di contenimento (a differenza di quanto ritenuto dal CTU, che peraltro ben può formulare ricostruzioni probabilistiche e non
necessariamente dare risposte di assoluta certezza, come ritengono i ricorrenti); insomma, dire che il demanio non arriva fino al muro di contenimento non significa che perciò stesso che l’area che sta tra il muro di contenimento e l’arenile, non essendo demaniale, debba essere di proprietà dei ricorrenti, i quali se la ‘rivendicano’ ossia se la assumono come propria, devono dare prova che rientra nella loro proprietà.
Vero è che si discuteva del confine, e che dunque il posizionamento di esso probabilmente faceva da limite tra due proprietà, ma l’affermazione dei giudici di merito, secondo cui comunque non era provato che al di là del muro di contenimento vi fosse altresì proprietà dei ricorrenti, è ulteriore argomento a giustificare l’adesione alle tesi del consulenti tecnico.
Il ricorso va dunque rigettato. Nessuna pronuncia sulle spese a cagione della mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
Roma 13.12.2023
Il Presidente