Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2210 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2210 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23832/2021 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO n. 124/2021, depositata l’ 1/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
NOME COGNOME e NOME COGNOMEnata il 14 aprile 1961) hanno convenuto in giudizio NOME COGNOME chiedendo al Tribunale di Larino di dichiarare che la linea di confine tra il fondo di loro proprietà e il fondo del convenuto corrisponde a quella individuata da un canale di scolo naturale e dal preesistente ruscello e in subordine con quella riportata catastalmente.
Con la pronuncia n. 250/2013 il Tribunale di Larino ha determinato la linea di confine sulla base delle risultanze catastali, ricavate dalla tavola allegata alla consulenza tecnica d’ufficio, e ha ordinato l’apposizione dei termini in coincidenza con la determinata linea di confine.
La sentenza è stata impugnata da ll’originario convenuto NOME COGNOME il quale ha chiesto di determinare la linea di confine attraverso l’espletamento di una nuova consulenza tecnica d’ufficio, in quanto la consulenza espletata in primo grado non aveva tenuto conto del fatto che il canale che costituiva l’originario confine era stato sostituito dalla fognatura.
Con la sentenza n. 124/2021 la Corte d’appello di Campobasso ha rigettato il gravame.
Avverso tale pronuncia NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOMEnata il 14 aprile 1961), nonché NOME COGNOME e NOME COGNOMEnata il 28
maggio 1965), eredi di NOME COGNOME
Il Consigliere delegato dal Presidente della sezione ha ritenuto che il ricorso sia inammissibile e/o manifestamente infondato e ha formulato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 1 c.p.c.
Il ricorrente ha chiesto, ai sensi del comma 2 dell’art. 380 -bis c.p.c., la decisione del ricorso da parte del Collegio.
Sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
I. Premesso che non ricorre nessuna incompatibilità del consigliere autore della proposta ex art. 380 bis cpc (v. Sez. U – , Sentenza n. 9611 del 10/04/2024), va rigettata l’eccezione formulata dai controricorrenti alle pagg. 4 e 5 del controricorso, ossia che il controricorso è stato notificato nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME senza considerare che già nel corso di giudizio di primo grado NOME COGNOME è deceduto, lasciando quali eredi il coniuge NOME COGNOME e i figli NOME, NOME e NOME COGNOME che si sono costituiti nel giudizio di secondo grado. È vero che si sono costituiti con controricorso NOME COGNOME nata il 14 aprile 1961, NOME COGNOME e NOME COGNOME nata il 28 maggio 1965, così che in relazione a questi ultimi due la notificazione del ricorso non è nulla avendo l’atto raggiunto il suo scopo nei loro confronti, ma non tutti gli eredi si sono costituiti, in particolare non si sono costituiti NOME COGNOME e NOME COGNOME. Nei loro confronti non va però disposta l’integrazione del contraddittorio, alla luce della manifesta infondatezza del ricorso, come si vedrà infra (si veda al riguardo Cass. n. 11287/2018, che sottolinea come ‘nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia prima facie infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità’).
Va poi, sempre in via preliminare, respinta l’eccepita sopravvenuta carenza di interesse ad agire del ricorrente, dal medesimo evidenziata in memoria, carenza di interesse ad agire che discenderebbe dalla comunicazione da parte del Comune di Rotello di avvio del procedimento di esproprio del tratto di fognatura che attraversa il terreno del ricorrente, essendo un fatto che dimostra unicamente l’avvio del procedimento e pertanto prospetta un evento (l’esproprio del tratto di fognatura) futuro e incerto e trattandosi in ogni caso di procedimento tra il ricorrente e il Comune rispetto al quale le controparti sono estranee.
Passando all’esame del ricorso, esso è articolato in due motivi.
Il primo di essi denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., ovvero omesso esame di un fatto decisivo per la controversia: la Corte d’appello ha omesso ogni valutazione in merito a un documento, la sentenza n. 14/2001 del Tribunale di Larino, comprovante l’esistenza di un giudicato formale e sostanziale tra le parti, che aveva stabilito che ‘vi era stata un’occupazione arbitraria del fondo del signor COGNOME da parte dei signori COGNOME NOME e COGNOME NOME, padre di COGNOME NOME NOMECOGNOME
Il motivo è inammissibile. Anzitutto viene denunciata in relazione alla mancata considerazione del giudicato la violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., che attiene invece alla mancata considerazione delle prove proposte dalle parti, nonché dei fatti non oggetto di specifica contestazione. Quanto alla denuncia dell’omesso esame di un fatto in relazione al parametro di cui al numero 5 dell’art. 360 c.p.c., va rilevato che la censura è inammissibile: ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c., ratione temporis applicabile alla fattispecie, quando la pronuncia d’appello è fondata sulle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto poste alla base della sentenza di primo grado il ricorso per cassazione non può essere proposto ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. In ogni caso, il
riferimento alla violazione del giudicato esterno è inammissibile in quanto non specifico: il ricorrente si è infatti limitato a sostenere che la pronuncia del Tribunale di Larino n. 14/2001 aveva stabilito che vi era stata un’occupazione arbitraria del fondo ricorrente, senza specificare le ragioni e l’estensione di tale statuizione.
2. Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c.: secondo la giurisprudenza il giudice deve determinare il confine in relazione agli elementi forniti dalle parti che gli sembrano più attendibili ricorrendo solo in ultima analisi alle risultanze catastali, che hanno mero valore sussidiario; la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, che deve però adeguatamente motivare le proprie scelte, il che non è avvenuto nel caso in esame.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha evidenziato che il consulente d’ufficio ha determinato la linea di confine tra i due fondi attraverso ‘una ricostruzione storica deduttiva che ha come supporto logico la media comparativa delle varie consulenze versate in atti, e quindi anche di quelle redatte dai consulenti di parte, tenuto conto dell’intervenuta mutazione dei luoghi’, così che il consulente ha svolto un lavoro non superficiale e ha utilizzato tutti gli elementi a sua disposizione, utili per determinare la linea di confine, tra i quali anche le risultanze catastali. La Corte di merito ha ancora osservato che il consulente non è riuscito a stabilire con precisione la linea di confine, ma ha potuto solo ipotizzare una linea stabilita tramite una media comparativa, così che -ha concluso il giudice d’appello va condiviso il principio cui si è attenuto il giudice di primo grado, secondo il quale il ricorso alle mappe catastali è il mezzo di prova cui si può ricorrere nel caso in cui vi sia mancanza di prove idonee a determinare il confine in modo certo. La Corte d’appello ha quindi sufficientemente argomentato l’utilizzo delle
mappe catastali, così come ha motivato il diniego di una nuova consulenza tecnica d’ufficio e le critiche sollevate dal ricorrente, sostanzialmente rivolte avverso la motivazione della pronuncia impugnata, non possono essere accolte perché il vizio motivazionale non è più denunziabile per espressa previsione di legge salvo i casi limite, qui non ricorrenti (v. art. 360 comma 1 n. 5 cpc e SSUU sentenza n. 8053/2014).
III. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo il Collegio definito il giudizio in conformità alla proposta, trovano applicazione il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. (v. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 28540/2023, secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, nel prevedere nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ‘codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi a una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento alle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%)
e accessori di legge, nonché al pagamento sempre in favore dei controricorrenti di euro 2.000,00 ai sensi del comma 3 dell’art. 96 c.p.c. e al pagamento di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle A mmende ai sensi del comma 4 dell’art. 96 c.p.c.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione