Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9935 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 9935 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20816/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende -ricorrenti-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonchè
-intimato- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 663/2019 depositata il 13/05/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Imperia COGNOME NOME per chiedere l’accertamento della proprietà del terreno sito nel Comune di Diano Marina, distinto al foglio 1, mappale 816 e la condanna del convenuto al pagamento di un’indennità per il godimento di detto terreno.
L’attore espose di aver ricevuto detto bene a titolo di legato in virtù di testamento pubblico per notar NOME COGNOME del 29.12.2004, con il quale COGNOME NOME, deceduta in Vercelli in data 11.1.2015, aveva istituito erede COGNOME NOMECOGNOME il quale si era rifiutato di lasciare detto terreno.
1.1.NOME NOME si costituì, propose querela di falso contro il testamento pubblico del 29.12.2004 e chiese che ne venisse dichiarata la nullità o l’inefficacia perché proveniente da persona incapace di intendere e di volere; in via riconvenzionale chiese di essere dichiarato unico proprietario del terreno in virtù di altro testamento del 4.11.2002, con cui la testatrice lo aveva nominato erede universale.
1.2.Il Tribunale di Imperia annullò il testamento pubblico del 29.12.2004 per incapacità di intendere e di volere di COGNOME NOME e dichiarò COGNOME NOME proprietario esclusivo del terreno oggetto di causa.
1.3.Avverso la sentenza del Tribunale proposero appello NOME COGNOME COGNOME e COGNOME in qualità di donataria del terreno, resistito da NOME COGNOME che propose appello incidentale.
1.4. Nel processo d’appello intervenne il notaio NOME COGNOME
1.5. La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 13 maggio 2019, rigettò l’appello.
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’appello ritenne che la conferma di esecuzione delle disposizioni testamentarie nulle non si applicasse alle ipotesi di nullità del testamento per vizi della volontà.
2.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di sette motivi.
2.1.NOME ha resistito con controricorso. NOME COGNOME non ha svolto attività difensiva.
2.2.La Sostituta Procuratrice Generale, Dott.ssa NOME COGNOME ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, il rigetto del secondo, terzo, quinto e settimo motivo e l’assorbimento dei restanti.
2.3.In prossimità dell’udienza, il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Vanno preliminarmente rigettate le eccezioni di inammissibilità del ricorso per assenza di specificità dei motivi e per prolissità in quanto la formulazione dei motivi, benché ripetitiva e sovrabbondante, consente di cogliere le censure sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale.
Seguendo l’ordine logico -giuridico delle questioni, va, in primo luogo, esaminato il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione dell’art.100 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto
sussistente l’interesse ad agire di COGNOME NOME riguardo alla dichiarazione di nullità del testamento del 29.12.2004 nonostante il predetto fosse stato nominato erede anche in virtù del testamento del 4.11.2002.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. NOME NOME aveva interesse ad impugnare il testamento del 29.11.2004 perché il precedente testamento del 4.11.2002 era a lui più favorevole in quanto lo istituiva erede, senza disporre del terreno oggetto di causa a titolo di legato in favore del ricorrente.
Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art.360, comma 1, n.4 c.p.c., per violazione degli artt. 9 e 50 bis, comma 1, n. 6 cpc, per avere la Corte d’appello erroneamente confermato la sentenza di primo grado, benché viziata da nullità in quanto l’istruzione della causa sarebbe stata condotta dal Tribunale in composizione monocratica, nonostante si trattasse di materia riservata alla competenza funzionale del Tribunale in composizione collegiale.
3.1.Il motivo è infondato.
3.2.L’art. 50 bis cpc, nel disporre che il Tribunale giudica in composizione collegiale, non pone una regola di trattazione collegiale del procedimento, ma soltanto una riserva al collegio stesso della pronuncia sulla impugnazione del testamento (Cass. Civ. N. 8705/16; Cass. N. 16186/19).
Nel caso di specie, la causa è stata decisa dal Tribunale in composizione collegiale, previa remissione sul ruolo da parte del giudice istruttore, trattandosi di impugnazione di testamento, effettivamente riservata alla competenza funzionale del tribunale in composizione collegiale ai sensi dell’art. 50 bis n. 6 cpc.
Con il quarto motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 183, comma V c.p.c., nonché il vizio di ultrapetizione, ex art.112 c.p.c., perché COGNOME avrebbe subordinato la domanda di nullità e/o annullamento del testamento all’accoglimento della querela di falso sicché una volta dichiarata inammissibile la querela, anche le domande subordinate avrebbero dovuto essere dichiarate inammissibili. La Corte d’appello avrebbe errato nel confermare la sentenza del Tribunale, che si era pronunciata sulla nullità o annullabilità del testamento, senza peraltro disporre una consulenza medico-legale per accertare lo stato di capacità della de cuius.
4.1.l motivo è infondato.
4.2.Come correttamente affermato dalla Corte d’appello, NOME COGNOME aveva proposto in primo grado azione di annullamento del testamento per incapacità di intendere e di volere, con contestuale querela di falso, senza che vi fosse alcun vincolo di subordinazione tra le due domande.
Inammissibile è, altresì, la doglianza del ricorrente per mancata ammissione della CTU, trattandosi di valutazione rimessa alla discrezionalità del giudice di merito.
5.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. e 183, comma V c.p.c., nonché il vizio di ultrapetizione, ex art.112 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto ammissibili le produzioni documentali allegate alla querela di falso del testamento, nonostante quest’ultima sia stata dichiarata inammissibile.
5.1.Il motivo è infondato.
5.2. Non sussiste il vizio di ultrapetizione, che è ravvisabile solo quando il giudice abbia pronunciato oltre i limiti della domanda e non nell’ipotesi di violazione di norme di carattere processuale.
5.3. I documenti erano stati ritualmente prodotti con la comparsa di costituzione contenente l’atto di proposizione della querela di falso ed erano stati acquisiti nel presente giudizio, ragione per la quale non può configurarsi nemmeno la violazione degli artt.115 c.p.c. e 183 c,p.c.
Deve essere, sul punto, richiamata la costante giurisprudenza in tema di “non dispersione (o di acquisizione) della prova”, secondo cui il fatto storico rappresentato nei documenti prodotti in giudizio costituisce fonte di conoscenza per il giudice e spiega un’efficacia che non si esaurisce nel singolo grado o fase del giudizio, indipendentemente dalle successive scelte difensive della parte che li abbia inizialmente offerti in comunicazione.
Il principio è stato consacrato dalle Sezioni Unite con la sentenza 10 luglio 2015, n. 14475, che ha escluso la “novità”, agli effetti dell’art. 345, comma 3, c.p.c., dei documenti posti a sostegno della domanda di decreto ingiuntivo, non prodotti nel giudizio di opposizione e poi allegati all’atto di appello; in tale decisione, le Sezioni Unite hanno avuto occasione di riaffermare che i principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata implicano che le prove acquisite al processo lo siano in via definitiva e non debbano essere disperse.
Ciò vale anche per i documenti: una volta prodotti ed acquisiti ritualmente al processo, essi devono essere conservati alla cognizione del giudice.
Più di recente, il principio è stato ribadito dalle Sezioni Unite con sentenza del 16.2.2023, n.4835, con riferimento ai documenti prodotti con modalità telematiche.
Nel caso di specie, i documenti prodotti con la querela di falso erano stati acquisiti al giudizio e costituivano fonte di conoscenza per il giudice.
6.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art.590 c.p.c. in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che non fosse applicabile la conferma delle disposizioni testamentarie nulle in caso di annullamento del testamento per vizio della volontà, mentre tale regola iuris riguarderebbe solo l’ipotesi di nullità del testamento per sottoscrizione apocrifa. Nel caso di specie, poiché il testamento era stato dichiarato nullo per incapacità naturale della testatrice, la disposizione testamentaria avrebbe prodotto i suoi effetti in quanto l’erede NOME avrebbe eseguito le disposizioni testamentarie annullate, chiedendo la pubblicazione del testamento ed avviando trattative per l’acquisto del terreno oggetto di legato in favore del ricorrente.
6.1.Il motivo è fondato.
6.2.L’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà, anche viziata, del de cuius , sicché la conferma delle disposizioni testamentarie nulle non trova applicazione solo in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore (Cassazione civile sez. II, 04/07/2012, n.11195; Cassazione civile sez. II, 23/06/2005, n.13487).
La giurisprudenza di questa Corte ha, quindi, ammesso la conferma ex art. 590 c.c., della disposizione testamentaria nulla in ogni caso
diverso dalla sottoscrizione apocrifa, e dunque, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, anche nel caso di annullabilità del testamento per incapacità del de cuius (Cassazione civile sez. II, 13/07/2017, n.17392; Cass. nn. 719/65 e 1689/64).
Nell’ipotesi di vizi della volontà del testatore, il giudice di merito è tenuto ad accertare sia la volontà del beneficiario di attribuire efficacia all’atto invalido, sia la conoscenza della causa d’invalidità.
La manifestazione di tale volontà e scienza non comporta l’adozione di formule sacramentali ed è anzi implicita nell’esecuzione volontaria della disposizione nulla da parte di chi conosceva la causa invalidante; solo se la convalida avviene mediante atto formale, quest’atto deve contenere i requisiti previsti dall’art 1444 c.c., per la convalida dell’atto annullabile, cioè l’indicazione del negozio invalido e della causa d’invalidità, nonché la dichiarazione che si intende convalidarlo (cfr. Cass. n. 1545/74; l’equiparazione tra l’art. 590 c.c. e l’art. 1444 c.c. è confermato anche da Cass. n. 1403/70).
6.3.La Corte di merito ha errato nell’affermare che l’art. 590 cc non sia applicabile alle ipotesi di invalidità del testamento per vizi della volontà perché, nel caso in esame, era stato accertato che il testamento era riconducibile alla volontà della de cuius , sebbene priva della capacità di intendere e di volere.
I precedenti citate nella pronuncia impugnata si riferiscono a casi in cui il testamento non sia in radice riconducibile al testatore, quali il testamento falso (Cass. civ. N. 6747/18) ed il testamento apocrifo (Cass. civ. N. 11195/12 e n° 18616/17).
Ne consegue che la norma è astrattamente applicabile al caso in esame e spetterà al giudice del rinvio accertare se ricorressero i presupposti, previsti dalla norma per la conferma per facta concludentia , consistenti in primo luogo nella conoscenza da parte del
convenuto della causa d’invalidità del testamento, oltre che nel compimento di atti inequivoci di esecuzione volontaria del testamento invalido.
Il giudice di rinvio applicherà, quindi, il seguente principio di diritto:
‘ L’art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l’oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà, anche viziata, del de cuius , sicché la conferma delle disposizioni testamentarie nulle non trova applicazione solo in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, che esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore.’
‘Nell’ipotesi di testamento invalido per vizi della volontà del testatore, il giudice di merito è tenuto ad accertare sia la volontà del beneficiario di attribuire efficacia all’atto invalido, sia la conoscenza della causa d’invalidità’.
Sono assorbiti il sesto motivo di ricorso (con cui si deduce la violazione degli artt.191 c.p.c., 591, comma 2 e 3 c.c. e dell’art.2697 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., oltre all’omessa ed insufficiente motivazione in ordine alla capacità di intendere e di volere della de cuius ), ed il settimo motivo di ricorso (con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2644, 2648, 2652, comma 1 numero 7, 2563 ,comma 1, n.1, 2659 ultimo comma cc, 345 e 282 cpc, con riferimento all’opponibilità degli atti in seguito a trascrizione della domanda e della sentenza).
In conclusione deve essere accolto il primo motivo, vanno rigettati i motivi dal secondo al quinto e dichiarati assorbiti il sesto e settimo motivo di ricorso.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta i motivi dal secondo al quinto, dichiarati assorbiti il sesto e settimo motivo, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione