Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14850 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 14850 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso n. 198/2020 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Cagliari, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con sede in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (NU), alla INDIRIZZO, in persona del presidente NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall’ AVV_NOTAIO di Patti, presso il cui studio elettivamente in Roma, alla INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 266/2019 del TRIBUNALE DI ORISTANO, pubblicata il 16/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 09/04/2024 dal AVV_NOTAIO;
udito il P.M., in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito, per il ricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto accogliersi il proprio ricorso;
udito, per la controricorrente , l’AVV_NOTAIO di Patti, che ha chiesto rigettarsi l’avversa impugnazione ;
lette le memorie ex art. 378 cod. proc. civ. depositate dalle parti.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE propose opposizione, ex art. 645 cod. proc. civ., avverso il decreto ingiuntivo emesso, nei suoi confronti, dal Giudice di pace di Oristano, su istanza del socio NOME COGNOME, con cui era stato ad essa intimato il pagamento di € 1 .226,10, oltre interessi, a fronte del conferimento, da parte del primo, di latte. Espose di svolgere, con scopo mutualistico, attività di raccolta e di RAGIONE_SOCIALE del latte conferito dai soci, nonché attività di commercializzazione dei formaggi ottenuti, e di avere subito una perdita di esercizio, nel 2010, a causa di una grave crisi del settore lattiero-caseario. Il COGNOME, benché a conoscenza di tale situazione, aveva interrotto i conferimenti del latte in favore della RAGIONE_SOCIALE per venderlo ad altre imprese, così contravvenendo agli obblighi statutari, tanto che, con delibera del consiglio di amministrazione del 20 settembre 2012, era stata disposta la sua cancellazione dal libro dei soci. Contestò la sussistenza del credito azionato da controparte in sede monitoria, rimarcando che, a fronte del risultato negativo della gestione societaria nel 2010, i soci non avevano maturato crediti, in conformità a quanto previsto dall’art. 9 del Regolamento, in forza del quale ‹‹ il valore definitivo dei conferimenti ››
doveva essere stabilito in base ai risultati di gestione desumibili ‹‹ a chiusura dell’esercizio sociale, nel bilancio consuntivo della RAGIONE_SOCIALE ».
1.1. Costituitosi il COGNOME, che eccepì la tardività dell’opposizione e sostenne che la RAGIONE_SOCIALE, pur avendo scopo mutualistico, in ogni caso perseguiva una finalità lucrativa, cosicché i soci conferitari avevano il diritto di vedersi retribuito il prodotto versato, il menzionato Giudice di pace, con sentenza n. 145 del 2017, respinse l’opposizione, confermando il decreto opposto.
Pronunciando sul gravame promosso dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE contro detta sentenza, l’adito Tribunale di Oristano, l’accolse integralmente con sentenza del 16 maggio 2019, n. 266, con cui revocò il decreto opposto e compensò le spese di entrambi i gradi.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale, muovendo dalla considerazione che era preferibile la tesi che qualificava i conferimenti annuali di prodotti da parte dei soci di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non già alla stregua di adempimenti di separati contratti di scambio (sub specie di vendita, somministrazione o di fornitura), bensì quali prestazioni dovute in esecuzione di un unico rapporto di durata che trovava la sua causa nel medesimo contratto sociale, affermò che ‹‹ la remunerazione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dei conferimenti eseguiti dai singoli soci non può avvenire (se non sotto un profilo meramente formale) attraverso il pagamento di un ‘prezzo’, inteso in senso tecnico quale corrispettivo per una prestazione effettuata dal socio sulla base di un contratto di scambio, ma avviene piuttosto attraverso l’attribuzione pro quota ai soci del profitto generato dalla vendita dei prodotti, e, dunque, dipende dai risultati più o meno brillanti dell’esercizio ››. Rilevò, sulla base delle risultanze istruttorie, che il regime statutario e regolamentare della RAGIONE_SOCIALE comprovavano che non sussisteva un diritto del socio di ottenere il pagamento del prezzo del prodotto conferito a prescindere dall’andamento della gestione sociale; con la conseguenza che, essendosi la campagna per l’anno 2010 conclusa in perdita per la RAGIONE_SOCIALE, in ragione della natura del rapporto intercorrente tra il socio e la RAGIONE_SOCIALE non
poteva riconoscersi il diritto alla remunerazione del conferimento effettuato dal socio.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, illustrato da analoga memoria, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
3.1. La Prima Sezione civile di questa Corte, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 21 aprile/16 giugno 2023, n. 17398, ha ritenuto « necessario il rinvio del presente ricorso in pubblica udienza, in considerazione della questione di diritto, non ancora affrontata dalla giurisprudenza di legittimità relativa alla qualificazione giuridica dei conferimenti obbligatori effettuati dai soci di una RAGIONE_SOCIALE, di conferimento e RAGIONE_SOCIALE, confrontandosi la tesi della cessione onerosa dei beni conferiti che si affianca al contratto sociale con obbligo di pagamento del corrispettivo sinallagmaticamente spettante al socio per il conferimento periodico, con quella del conferimento direttamente derivante dal contratto sociale il cui valore attribuito è costituito, dalla differenza fra ricavi e proventi e costi della gestione, rispetto al quale il socio può avere delle anticipazioni, se statutariamente previsto senza i diritti che conseguono ad un negozio traslativo ». Pertanto, ha rinviato la causa a nuovo ruolo, disponendone la trattazione in pubblica udienza, in occasione della quale entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione degli artt. 1173, 2423, 2423 -bis, 2423 -ter e 2512 c.c. laddove il Tribunale di Oristano ha ritenuto che nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il socio non abbia diritto alla remunerazione del prodotto conferito e debitamente fatturato se non quando il bilancio consuntivo annuale presenti un saldo positivo ››. Assume il ricorrente che, nel caso di conferimento di prodotti agricoli a RAGIONE_SOCIALE di cui il coltivatore diretto è socio, è ravvisabile un rapporto di scambio fra
socio conferitore e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per cui ‹‹ la compravendita viene a innestarsi su di un autonomo contratto associativo che, da un lato, obbliga il coltivatore diretto al conferimento dei prodotti per il perseguimento dello scopo sociale e, dall’altro, lo rende partecipe dello scopo dell’impresa collettiva facendogli assumere una quota del rischio d’impresa e attribuendogli correlativamente una serie di poteri, diritti… e specifici vantaggi, fra cui in particolare quello di poter collocare la propria merce sul mercato in condizioni più favorevoli ››. Deduce, inoltre, che il conferimento del latte alla RAGIONE_SOCIALE è riferibile esclusivamente allo schema della cessione di beni e non è assimilabile alla dotazione di capitale, tanto che ‹‹ gli importi stabiliti come anticipo della remunerazione per il latte conferito, oltreché essere soggetti alla emissione di fattura, rappresentano necessariamente un debito della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del socio ››, e che la soluzione adottata dal tribunale sarebbe contraddittoria perché dal contratto sociale deriva l’obbligo dei conferimenti annuali da parte dei singoli associati, ma ciò non incide sul titolo, oneroso o gratuito, degli stessi, perché l’onerosità dei conferimenti è prevista dallo stesso Statuto e dal Regolamento della RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Tale doglianza si rivela infondata, sebbene dovendosi procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata, ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ., nei sensi ed alla stregua delle considerazioni tutte di cui appresso.
1.2. La questione che pone la censura può riassumersi nell’interrogativo se l’obbligo di conferimento incombente sul socio di una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di conferimento o di RAGIONE_SOCIALE, quale è pacificamente la RAGIONE_SOCIALE controricorrente, costituisca oggetto di un separato ed autonomo contratto di scambio intercorrente tra il socio conferitario e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o se, piuttosto, esso trovi titolo direttamente nel contratto sociale.
1.3. Il Collegio dà atto, innanzitutto, che la recente ordinanza resa da Cass. 9 agosto 2023, n. 24242 (pronunciata in una controversia, tra un altro socio della medesima RAGIONE_SOCIALE qui controricorrente e quest’ultima,
assolutamente identica a quella oggi in esame), ha risposto al suddetto quesito affermando che « I conferimenti annuali di prodotti, eseguiti dal socio imprenditore agricolo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di conferimento o di RAGIONE_SOCIALE, trovano titolo nel contratto sociale che prevede la relativa obbligazione e non costituiscono oggetto di una prestazione accessoria ex art. 2345 c.c.; ne consegue che la consegna dei prodotti non determina l’operatività del principio di corrispettività e non fa sorgere in capo al socio il diritto a un corrispettivo, ma una mera aspettativa alla remunerazione del proprio conferimento, che può anche mancare e che è integrata dall’attribuzione “pro quota” ai soci del profitto conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE tramite l’attività di impresa ». In applicazione di tale principio, dunque, in quella sede è stata confermata la sentenza impugnata, la quale aveva escluso il diritto alla remunerazione del conferimento di latte effettuato da un socio alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che, a causa di una grave crisi del settore lattiero-caesario, aveva subito una perdita di esercizio.
1.3.1. In estrema sintesi, secondo la riportata ordinanza, l’obbligo di conferimento del prodotto che grava sui soci di una RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, obbligo essenziale per il funzionamento della RAGIONE_SOCIALE, è riconducibile ad un contratto di durata ad esecuzione periodica, contratto che, però, non ha una sua autonomia risultando essere parte integrante del contratto sociale. Conseguentemente, la consegna, da parte del socio, del prodotto non determina l’operatività del principio di corrispettività, ma una mera aspettativa alla remunerazione del conferimento. In particolare, non essendo la remunerazione un ” prezzo ” in senso tecnico, ma soltanto l’attribuzione al socio/imprenditore pro quota del profitto generato dalla vendita dei prodotti trasformati, non è configurabile in capo al socio un diritto di credito al percepimento di un corrispettivo.
1.3.2. Nella specie, questa conclusione trovava conferma, secondo la Corte, anche nel Regolamento approvato dalla RAGIONE_SOCIALE, in cui si affermava che il valore definitivo dei conferimenti dovesse essere stabilito in base ai risultati di gestione desumibili alla chiusura dell’esercizio sociale.
1.3.3. Giusta la pronuncia in esame, dunque, il socio viene remunerato dei suoi conferimenti attraverso il profitto della RAGIONE_SOCIALE, mancando il quale non ha diritto ad alcun corrispettivo in quanto si sostiene essere socio/imprenditore.
1.4. È doveroso rimarcare, poi, che la sentenza resa da Cass. 2 agosto 2023, n. 23606, pure pronunciata in una controversia tra una RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed un suo socio tenuto al conferimento di latte, e pressoché coeva all’ordinanza finora descritta, ha espressamente opinato ( cfr . pag. 6-7 della relativa motivazione) che, nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, « il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e RAGIONE_SOCIALE si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo (Sez. 1, Sent. n. 26222 del 2014, Rv. 633871; Sez. 1, Sentenza n. 694 del 2001). Tale principio, che si è affermato nell’ambito delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, è applicabile anche al caso in esame di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in quanto anche in questo caso il conferimento del latte dal socio alla RAGIONE_SOCIALE caratterizza il rapporto economico come relazione di tipo contrattuale e di natura corrispettiva (sia pure originata all’interno di un rapporto di natura associativa) tra l’obbligo di conferimento dell’intera produzione di latte da parte del socio e il corrispondente obbligo di pagamento da parte della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la quantità di latte di volta in volta conferito, in base agli accordi negoziali aventi come fonte il contratto sociale (statuto e atto costitutivo). Di conseguenza, nella specie, ciò che rileva non è il rapporto associativo volto allo scopo comune ma prevale il rapporto di scambio che determina l’insorgere, a carico del socio, dell’obbligo di provvedere al conferimento del latte e, in capo alla RAGIONE_SOCIALE, dell’obbligo di pagamento del suddetto conferimento, prestazione queste ultima che rappresenta il corrispettivo della consegna del latte, la cui causa, dunque, risulta del tutto
omogenea a quella della compravendita (v. Cass. 9-5-2013 n. 11015; Cass. 28-3-2007 n. 7646; Cass. 16-4-2003 n. 6016; Cass. 18-1-2001 n. 694) ».
1.4.1. Si tratta, come appare evidente, di una conclusione diametralmente opposta, sullo specifico punto, rispetto a quella di cui all ‘ordinanza resa da Cass. n. 24242 del 2023.
1.4.2. Le due pronunce esaminate, peraltro, bene fotografano il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in merito al rapporto tra mutualità e scambio nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, storicamente diviso tra due differenti ricostruzioni giuridiche: quella che riconduce i rapporti mutualistici interamente al contratto sociale (cd. tesi monista ) e quella che li configura alla stregua di ulteriori e distinti rapporti giuridici, ascrivibili, di volta in volta, a contratti a prestazioni corrispettive tipici o atipici (cd. tesi dualista ).
1.4.2.1. Stando alla prima, il rapporto mutualistico rappresenterebbe una fattispecie a contenuto complesso, caratterizzata da una pluralità di prestazioni tutte riconducibili al contratto sociale, rispetto al quale i singoli atti di scambio costituirebbero meri momenti esecutivi. Sulla base di tali argomentazioni, viene così esclusa la natura contrattuale dei rapporti mutualistici intercorrenti tra i soci e la RAGIONE_SOCIALE, cui non sarebbero applicabili le norme dei contratti di scambio. È stato opportunamente messo in evidenzia, in dottrina, come le origini di una simile impostazione siano da ascrivere alle teorie ottocentesche negatrici della personalità giuridica delle RAGIONE_SOCIALE commerciali, e, dunque, dell’alterità soggettiva di queste ultime rispetto ai soci, con la conseguente asserita impossibilità di configurare rapporti di scambio ulteriori rispetto a quello sociale; tale conclusione -nonostante il consolidarsi della teoria della personalità giuridica delle RAGIONE_SOCIALE -è stata ulteriormente prospettata da quanti hanno ritenuto insussistente una vera e propria contrapposizione di interessi fra le parti, tale da escludere la configurabilità di un rapporto di scambio tra il socio e la RAGIONE_SOCIALE. Da qui la raffigurazione del rapporto obbligatorio RAGIONE_SOCIALE-soci come diritto del socio e obbligo della RAGIONE_SOCIALE a dare le prestazioni mutualistiche quale conseguenza dell’appartenenza del socio della compagine sociale.
1.4.2.2. Questo modo di intendere la mutualità, tuttavia, è stato superato, successivamente, a fronte della necessità della RAGIONE_SOCIALE di poter competere sul mercato e, quindi, di poter liberamente operare anche con non soci, arrivandosi ad escludere, nelle tesi più estreme, l’esistenza di un obbligo della RAGIONE_SOCIALE di operare con il socio e, per converso, un obbligo del socio ad avere rapporti con la RAGIONE_SOCIALE.
1.4.2.3. In questo contesto, gli interpreti, in modo pressoché unanime, hanno riconosciuto che lo scopo mutualistico si realizza attraverso rapporti contrattuali di scambio con il socio, discutendosi solo se si tratti di contratti tipici, o meno, ovvero se tali negozi, pur autonomi e distinti rispetto al contratto sociale, subiscano, come è stato autorevolmente affermato, una sorta di curvatura causale in ragione degli scopi mutualistici della RAGIONE_SOCIALE. Curvatura causale comunque pacificamente inesistente nelle RAGIONE_SOCIALE di produzione e lavoro per le quali, ai sensi della legge n. 142/2001, il contratto di lavoro della RAGIONE_SOCIALE con il socio deve essere un contratto di lavoro autonomo o subordinato nelle forme previste dalla legge.
1.4.2.4. In ogni caso, sull’abbrivio degli orientamenti dottrinari e di legge a favore dell’esistenza di un contratto di scambio distinto dal contratto sociale, la riforma del 2003 ha eliminato ogni residua incertezza, atteso che ha imposto a tutte le RAGIONE_SOCIALE lo svolgimento di attività mutualistica a vantaggio dei soci ( cfr . artt. 2511, 2515, comma 2, e 2521, comma 2, cod. civ.), ad eccezione dei casi in cui, per espressa deroga legislativa, il beneficio possa essere indirizzato anche a soggetti terzi, come accade, ad esempio nelle RAGIONE_SOCIALE sociali ( cfr . art. 2520, comma 2, c.c.); peraltro, il rafforzamento della mutualità ad opera della riforma del diritto societario è testimoniato, altresì, dall’obbligo di previsione statutaria dei ristorni, la cui ripartizione è proporzionata alla quantità e qualità degli scambi mutualistici (artt. 2521, n. 8, e 2545sexies , comma 1, cod. civ.). E, sebbene il codice civile difetti di una puntuale definizione di mutualità, dal complesso della disciplina dedicata alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – e soprattutto dal combinato disposto degli artt. 2512, 2516, 2544, comma 1, e 2545sexies , comma 1, cod. civ. – si desume che l’essenza dello scopo mutualistico risiede nella
stipula di contratti di scambio intercorrenti tra la RAGIONE_SOCIALE ed i soci, ulteriori e distinti rispetto al contratto sociale.
1.5. Fermo quanto precede, ritiene il Collegio di dover rispondere all’interrogativo di cui al precedente § 1.2. di questa motivazione dando seguito alla ricordata conclusione rinvenibile nella citata sentenza pronunciata da Cass. n. 23606 del 2023.
1.5.1. Invero, benché il legislatore non offra una puntuale definizione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dall’art. 2135 c od. civ., relativo alla nozione di imprenditore agricolo, si desume, tuttavia, che sono qualificabili come RAGIONE_SOCIALE quelle RAGIONE_SOCIALE che svolgono una delle seguenti attività: i ) la coltivazione del terreno e la silvicoltura; ii ) l’allevamento di animali , con le prescrizioni ivi imposte; iii ) l’attività diretta alla manipolazione, RAGIONE_SOCIALE e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali; iv ) un’attività concernente la prestazione di beni o servizi a favore dei soci imprenditori agricoli.
1.5.2. Si possono individuare, poi, due macrocategorie di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE: a ) quelle di produzione, che si occupano della coltivazione e dell’allevamento di cui ai punti precedenti; b ) quelle di conferimento, in cui la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha il compito di concentrare in capo a sé alcune fasi del processo di lavorazione o RAGIONE_SOCIALE dei prodotti conferiti dai soci al fine di consentire il loro collocamento sul mercato. In questo caso, i produttori agricoli conferiscono i propri prodotti affinché essi vengano conservati, manipolati, trasformati e venduti tramite l’organizzazione collettiva, con gestione comune di impianti, stabilimenti e magazzini.
1.5.3. In questa seconda tipologia rientra, evidentemente, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE oggi controricorrente, nella quale (trattasi di circostanza assolutamente pacifica), in attuazione del rapporto mutualistico, il socio si impegna a trasferire periodicamente alla RAGIONE_SOCIALE una quantità di merce (latte) perché la RAGIONE_SOCIALE la trasformi in un prodotto derivato (formaggio), successivamente dalla stessa commercializzato.
1.6. Orbene, la menzionata sentenza resa da Cass. n. 23606 del 2023, nel sancire la necessità di « considerare che, nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il rapporto ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all’organizzazione alla vita sociale – attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, ed avente ad oggetto sia prestazioni di collaborazione sia prestazioni di scambio tra socio e RAGIONE_SOCIALE, è innegabilmente connotato non dalla comunione di scopo, che forma il primo rapporto (tra i soci) bensì dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo », ha fatto applicazione di un principio da tempo invalso (giusta le riportate posizioni della più recente dottrina) nella giurisprudenza relativa alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, utilizzandolo, affatto condivisibilmente, anche nell’ipotesi delle RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che quello che, atecnicamente, viene definito dallo statuto come ” conferimento ” del prodotto agricolo da parte del socio rappresenta, invece, l’adempimento di una prestazione contrattuale autonoma e diversa dal rapporto societario, sebbene originata all’interno di una relazione di natura associativa ed in base ad accordi negoziali aventi come fonte anche il contratto sociale (statuto e atto costitutivo).
1.6.1. In ragione di questa prospettazione, nel caso di specie, il pagamento delle somme di danaro da parte della RAGIONE_SOCIALE -a titolo di acconto o di saldo -rappresenta il prezzo del latte, nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa è del tutto omogenea a quella di una compravendita e/o di una somministrazione.
1.6.2. È intuitivo, dunque, come pure affermatosi in dottrina, che il socio debba ricevere in corrispettivo il prezzo della merce trasferita alla RAGIONE_SOCIALE e, se la situazione lo consentirà, il ristorno commisurato agli scambi mutualistici posti in essere alla fine dell’esercizio sociale. Non si può trasformare, cioè, la prestazione mutualistica in donazione, né in una sorta di conferimento permanente e comunque indeterminato.
1.6.3. Si rivela significativa, del resto, l’osservazione di autorevole dottrina secondo cui, nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il vero e proprio rapporto sociale avrebbe ben poco significato se ad esso non si affiancasse il rapporto
mutualistico che perpetua e vivifica nel tempo e dà un senso proprio al rapporto sociale, anche perché ricorda alle RAGIONE_SOCIALE dimentiche ed intente solo a produrre utili che la RAGIONE_SOCIALE si costituisce pur sempre per procurare un vantaggio ai soci diverso dal danaro, e cioè dall’interesse sull’investimento. C’è, anzi, da aggiungere che, almeno per il passato, si è sempre attribuito poco peso al rapporto sociale, da un lato, considerando il conferimento, recte l’obbligo di conferire, come strumento inteso a consentire sul piano tecnico-giuridico l’acquisto della qualità di socio, e cioè alla stregua di un mezzo tecnico per entrare in RAGIONE_SOCIALE, e, dall’altro, considerando il capitale sociale come un’entità meramente virtuale o, per meglio dire, come un’entità cui non si sarebbero potute attribuire le medesime funzioni attribuite al capitale nelle RAGIONE_SOCIALE lucrative; mentre si è insistito, pur senza che la legislazione lo avesse mai definito, sempre sullo ‘ scambio mutualistico ‘ , considerato alla stregua del dna della cooperazione e come pendant del vantaggio mutualistico. Del resto, come si è già riferito, il legislatore del 2003 (per la prima volta) non solo ha dato una definizione, sia pure smilza, di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma ha riportato in primo piano, disciplinandoli, i caratteri marcanti della cooperazione quali devono essere considerati la gestione di servizio, il rapporto mutualistico, lo scambio mutualistico, il ristorno ed il vantaggio cooperativo, il cui meccanismo di acquisizione è stato regolato a seconda del settore -consumo, produzione e lavoro, servizi -nel quale la RAGIONE_SOCIALE opera: meccanismo di scambio per le RAGIONE_SOCIALE di consumo, di credito ed RAGIONE_SOCIALE e di tipo squisitamente associazionistico nel più moderno campo della cooperazione di servizi.
1.7. Fermo quanto precede, va osservato che, frequentemente, le RAGIONE_SOCIALE come quella oggi controricorrente disciplinano la materia della prestazione mutualistica in un regolamento allegato allo statuto, in cui vengono stabilite le quantità di prodotto che il socio deve periodicamente conferire alla RAGIONE_SOCIALE ed i criteri per determinare il corrispettivo che dev’essere versato dalla RAGIONE_SOCIALE ai soci.
1.7.1. In quest’ottica, allora , la configurazione del rapporto di scambio nelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di conferimento e RAGIONE_SOCIALE può risultare estremamente variabile in ragione di specifiche e particolari fattispecie.
1.7.2. Detto rapporto, in altri termini, come efficacemente osservato dal AVV_NOTAIO generale nella sua requisitoria scritta rappresenta « il negozio che ‘veste’ formalmente la fattispecie del conferimento del prodotto e questo ‘vestito’ in una RAGIONE_SOCIALE riconducibile al modello di operatività della RAGIONE_SOCIALE in questione, a differenza di altri tipi di RAGIONE_SOCIALE, può essere il più vario. E così, ad esempio, può trattarsi di una vendita con acconto salvo conguaglio in ragione del prezzo spuntato sul mercato e dove, va aggiunto, l’entità , rectius l’esistenza del conguaglio, salvo specifiche diverse disposizioni regolamentari o statutarie, è lasciata alla discrezionalità della RAGIONE_SOCIALE. Alternativo al modello precedente è la vendita a rischio della RAGIONE_SOCIALE con pagamento del prezzo ai soci in via definitiva. Può essere adottato il modello contrattuale del mandato a vendere da parte dei soci alla RAGIONE_SOCIALE a cui viene riconosciuta una sorta di provvigione o comunque a trattenere una percentuale sul prezzo ottenuto sul mercato. I conferimenti dei prodotti nelle RAGIONE_SOCIALE di produzione non sono, dunque, qualificabili come conferimenti in conto capitale, e trovano il loro titolo – non già direttamente nel contratto sociale, ma, invece, – in contratti di scambio che la RAGIONE_SOCIALE, nel perseguimento dello scopo sociale, e sia pure in conformità con le previsioni dell’atto costitutivo, conclude di volta in volta con i singoli soci (Cass. n. 4455 del 2003, in motiv.) ».
1.7.3. Posto, dunque, che, in linea generale, il rapporto di scambio oscilla, in questi casi, fra la natura di un contratto di vendita, di somministrazione o di commissione, ben può essere previsto anche il riconoscimento di un acconto a cui fa seguito un eventuale conguaglio in ragione degli esiti della collocazione del prodotto nel mercato o dei risultati di gestione (ovviamente condizionati dagli esiti del mercato). Allo stesso modo, tuttavia, un regolamento della RAGIONE_SOCIALE potrebbe anche
prevedere, al limite, che non venga riconosciuto provvisoriamente il pagamento di alcun anticipo.
1.8. Tanto premesso, come chiaramente emerge dalla sentenza oggi impugnata, la regula iuris disciplinante il rapporto di scambio in esame è rinvenibile nel Regolamento per il conferimento approvato dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (al cui rispetto ciascuno dei soci è tenuto ai sensi degli artt. 6 e 11 dello Statuto), dal quale si ricava, appunto, la disciplina della remunerazione del latte conferito dai singoli soci.
1.8.1. In particolare, dall’art. 9 di detto Regolamento , si desume che ‘ il valore definitivo dei conferimenti sarà stabilito in base ai risultati di gestione desumibili, a chiusura dell’esercizio sociale, nel bilancio consuntivo della RAGIONE_SOCIALE ‘ e che ‘ durante la campagna casearia, potranno essere concessi acconti sul prodotto conferito ‘ previa delibera del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
1.8.2. Ciò significa che la remunerazione dei ‘ conferimenti ‘ non sarebbe dovuta avvenire mediante il pagamento di un prezzo determinato, bensì attraverso la corresponsione ai soci di eventuali anticipi sul valore dei ‘ conferimenti ‘ stessi ed attraverso un conguaglio ex post , vale a dire sulla base dei risultati della gestione desumibili dal bilancio consuntivo della RAGIONE_SOCIALE.
1.8.3. La sentenza impugnata non dà conto di eventuali delibere del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE riguardanti la corresponsione, per il periodo temporale che qui interessa, di eventuali acconti, mentre ha accertato la chiusura in perdita dell’esercizio sociale 2010.
1.8.4. Da tanto consegue, allora, il rigetto della pretesa sostanziale del COGNOME, non avendo questi provato, come sarebbe suo onere, il fatto costitutivo del diritto, posto che, come ancora condivisibilmente osservato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale nella sua requisitoria scritta, « il vestito del rapporto di scambio adottato dalla RAGIONE_SOCIALE in questione » non prevedeva la vendita a rischio della RAGIONE_SOCIALE con pagamento del prezzo ai soci in via definitiva, bensì era una vendita con acconto salvo conguaglio
in ragione dei risultati dell’esercizio. Poiché, pertanto, la campagna per l’anno 2010 si era conclusa in perdita, doveva escludersi il diritto al pagamento invocato dal ricorrente.
1.8.5. In altri termini, il mancato pagamento oggi lamentato dal COGNOME trova la sua giustificazione, più semplicemente, nel Regolamento in questione e non certo nella negazione dell’esistenza di un rapporto di scambio distinto dal contratto sociale, ritenuta, invece, dal tribunale a quo .
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: « Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., ‹per violazione o falsa applicazione di norma di diritto e, in particolare, dell’art. 116 cod. proc. civ., in relazione al disposto dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., artt. 1173, 2423, 2423 -bis, 2423 -ter , 2512 e 2465 c.c. nell’aver ritenuto non provato il credito vantato dal socio ››. Sostiene il COGNOME che il giudice d’appello aveva tratto elementi di prova dalle scritture contabili con riguardo all’accertamento delle perdite, ma, allo stesso tempo, aveva ritenuto che dette scritture non potessero essere valutate quali elementi di prova con riferimento all’accertamento del diritto del socio ad essere remunerato per l’importo indicato nelle stesse scritture, in tal modo incorrendo in una affermazione affetta da illogicità.
2.1. Tale doglianza si rivela complessivamente inammissibile.
2.1.1. Da un lato, infatti, non è stata sollevata alcuna puntuale censura in relazione a quanto affermato dal tribunale circa la specifica disciplina, contenuta nel riportato art. 9 del suddetto Regolamento della RAGIONE_SOCIALE, della remunerazione del latte conferito a quest’ultima dai singoli. Il COGNOME, invero, si è limitato a contestare la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che dalla fattura n. 264 del 2010 -erroneamente indicata a pag. 18 del ricorso come fattura n. 248 del 2010, evidentemente per mero refuso e dal bilancio si potesse ricavare un diritto certo, liquido ed esigibile in ordine alla remunerazione del conferimento per l’importo ivi indicato : questione, che, come è intuitivo, perde qualsivoglia rilievo per effetto della mancanza di critiche rivolte alla indicata disciplina regolamentare.
2.1.2. In ogni caso, ed in via assolutamente dirimente, giova ricordare che, attraverso il disposto di cui all’art. 116 cod. proc. civ. , non è dato
riproporre, sotto altra forma paradigmatica, la censura dei vizi di logicità eliminati dall’attuale testo normativo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, e qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una sentenza resa il 16 maggio 2019), atteso che il libero convincimento del giudice opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito allo stesso riservato in via esclusiva e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità.
2.1.3. Alteris verbis , un’autonoma questione di malgoverno de ll’ art. 116 cod. proc. civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione ( cfr . Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pur puntualizzato che, « ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione »; Cass. n. 27000 del 2016).
2.1.4. Né, d’altro canto, è configurabile illogicità nelle affermazioni contenute nella sentenza gravata, poiché il giudice d’appello, ponendo a fondamento della decisione le prove offerte dalle parti e valorizzando quelle che ha considerato più attendibili ai fini del proprio convincimento, scartando quelle considerate inidonee, ha ritenuto dimostrato, in esito all’istruttoria espletata, che la campagna per l’anno 2010 si era conclusa in perdita per la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE . Circostanza, quest’ultima, che, in base a quanto si è detto respingendosi il primo motivo, è, di per sé, idonea a far concludere per l’insussistenza d el diritto del COGNOME alla remunerazione invocata con il ricorso monitorio, a nulla valendo la contabilizzazione del conferimento tra le poste del bilancio, considerato, peraltro, che la fattura n. 264 del 2010, allegata a supporto di detto ricorso, nemmeno era idonea a determinare la nascita di un diritto di credito , certo nell’ an , dell’odierno
ricorrente, al percepimento di un corrispettivo, come confermato dalla stessa dicitura riportata sulla fattura (« a futura determinazione di prezzo »), che evidenziava che, in applicazione della disciplina di cui all’art. 9 del Regolamento adottato dalla RAGIONE_SOCIALE, l’indicazione contenuta in fattura aveva un valore meramente provvisorio, potendo la determinazione del prezzo essere effettuata solamente a fine esercizio, e, dunque, solo in caso di esito positivo (invece mancato, come si è detto in precedenza) dello stesso.
In definitiva, il ricorso di NOME COGNOME deve essere respinto.
3.1. Le spese di questo giudizio di legittimità possono essere interamente compensate tra le parti, stante la non univocità, sulla questione esaminata, dei precedenti di questa Corte, peraltro successivi al deposito dell’odiern a impugnazione, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME.
Compensa interamente tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del medesimo ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile