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Conferimento incarico dirigenziale: competenza e validità

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di conferimento incarico dirigenziale nella Pubblica Amministrazione. L’ordinanza chiarisce i criteri di competenza territoriale, la natura non perentoria dei termini per l’intervento di terzi nel rito del lavoro e il diritto di ogni partecipante di contestare la procedura. Viene ribadita la necessità di una valutazione comparativa effettiva e motivata tra i candidati.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Conferimento Incarico Dirigenziale: Guida alla Sentenza della Cassazione

Il conferimento incarico dirigenziale all’interno della Pubblica Amministrazione è un processo delicato, spesso al centro di complesse controversie legali. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, offre chiarimenti fondamentali su aspetti procedurali e sostanziali che regolano queste selezioni. Analizziamo i punti chiave della decisione per comprendere come la giurisprudenza bilancia le regole del processo con i principi di correttezza e trasparenza.

I Fatti di Causa: Una Selezione Contesa

La vicenda trae origine dalla procedura di selezione indetta da una Regione per il conferimento dell’incarico di Dirigente Generale della propria Avvocatura. Un dirigente di settore, già dipendente dell’ente, partecipa alla selezione e, all’esito della stessa, contesta la nomina di un altro candidato. Il dirigente impugna la deliberazione della Giunta regionale, chiedendone la declaratoria di illegittimità e la rinnovazione della procedura, oltre al risarcimento del danno.

Il Tribunale di primo grado accoglie parzialmente il ricorso, dichiarando illegittima la procedura ma rigettando la domanda risarcitoria. La decisione viene confermata dalla Corte d’appello, che respinge sia l’appello principale del vincitore della selezione, sia quello incidentale di un altro candidato intervenuto nel giudizio. La questione giunge così all’esame della Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Competenza Territoriale

Il ricorrente principale solleva diverse questioni, tra cui spicca quella sulla competenza territoriale. Egli sostiene che il giudice competente non fosse quello della sede di lavoro del ricorrente originario, bensì quello della sede legale dell’ente dove l’incarico si sarebbe dovuto svolgere. Questo perché, a suo dire, la nomina avrebbe comportato la cessazione del precedente rapporto di lavoro e la nascita di uno nuovo.

L’Analisi della Corte: Questioni Procedurali e di Merito

La Cassazione affronta e rigetta tutti i motivi del ricorso principale, fornendo importanti principi interpretativi.

La Competenza per Territorio nelle Selezioni Interne

La Corte chiarisce che il criterio della sede di lavoro del dipendente (art. 413, comma 5, c.p.c.) non si applica in questo caso. Poiché l’incarico non avrebbe comportato la cessazione del rapporto di lavoro esistente ma una sua evoluzione, la controversia riguarda una persona giuridica. Di conseguenza, si applicano i criteri generali degli articoli 18 e 19 c.p.c. (foro della sede legale o di uno stabilimento con rappresentante autorizzato). La Corte ritiene l’eccezione di incompetenza sollevata dal ricorrente inammissibile perché incompleta, non avendo contestato la sussistenza di tutti i fori alternativi previsti dalla legge.

La Natura dei Termini Processuali per l’Intervento

Un altro punto cruciale riguardava il termine di cinque giorni per la notifica dell’atto di intervento di un terzo nel processo. Il ricorrente lo riteneva perentorio. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza e una sentenza della Corte Costituzionale, stabilisce che tale termine ha natura ordinatoria. La sua inosservanza non causa nullità, ma impone al giudice di fissare un nuovo termine per garantire il corretto svolgimento del contraddittorio.

L’Obbligo di Valutazione Comparativa nel Conferimento di un Incarico Dirigenziale

Il cuore della decisione riguarda la validità della procedura di selezione. La Corte d’appello aveva rilevato l’assenza di una reale valutazione comparativa tra i candidati. La Cassazione conferma questa impostazione, precisando che il conferimento incarico dirigenziale è un atto di natura privatistica, ma l’amministrazione è comunque tenuta a rispettare le clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.), nonché i principi costituzionali di imparzialità (art. 97 Cost.).

Questo si traduce nell’obbligo di effettuare una valutazione comparativa effettiva, supportata da una motivazione congrua che illustri i criteri seguiti e le ragioni della scelta. La semplice menzione dei curricula non è sufficiente a dimostrare che una valutazione sia avvenuta. Nel caso di specie, la condotta della P.A. è stata tale da escludere persino l’apparenza di una valutazione comparativa.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla necessità di garantire la trasparenza e la correttezza nelle procedure di selezione pubblica, anche quando queste sono regolate dal diritto privato. Rigettando le eccezioni procedurali, la Corte entra nel merito della gestione del potere datoriale della P.A., riaffermando che la discrezionalità nella scelta non può mai tramutarsi in arbitrio. Qualsiasi partecipante a una procedura selettiva ha diritto di contestarne la validità, a prescindere dal possesso di tutti i requisiti, poiché l’interesse a un corretto svolgimento dell’iter sussiste per tutti i concorrenti. La Corte ha inoltre qualificato l’incarico in questione come genuinamente dirigenziale, respingendo la tesi del ricorrente che lo declassava a ruolo meramente tecnico.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale e, di conseguenza, dichiara assorbito quello incidentale. L’ordinanza enuncia tre importanti principi di diritto:

1. La competenza territoriale per l’annullamento di una procedura di conferimento incarico dirigenziale a un dipendente già in servizio si individua secondo gli artt. 18 e 19 c.p.c.
2. Il termine di cinque giorni per la notifica dell’intervento volontario nel rito del lavoro (art. 419 c.p.c.) ha natura ordinatoria e non perentoria.
3. La domanda per far valere l’invalidità della procedura di conferimento può essere proposta da chiunque vi abbia partecipato.

Come si determina il giudice competente nelle controversie sul conferimento di incarichi dirigenziali a dipendenti già in servizio?
Secondo la Corte, se la procedura non estingue il rapporto di lavoro precedente ma lo modifica, la competenza si individua con i criteri generali per le persone giuridiche (artt. 18 e 19 c.p.c.), non con il criterio del luogo di lavoro del dipendente (art. 413, comma 5, c.p.c.).

Il termine per notificare un intervento volontario di un terzo nel rito del lavoro è perentorio?
No. La Cassazione ha stabilito che il termine di cinque giorni previsto dall’art. 419 c.p.c. per la notifica dell’intervento e del provvedimento di fissazione udienza ha natura ordinatoria, non perentoria. La sua violazione non comporta quindi la decadenza.

Chi può contestare la validità di una procedura di selezione pubblica?
Chiunque abbia partecipato alla procedura di selezione ha legittimazione e interesse a contestarne la validità, a prescindere dal fatto che possedesse o meno tutti i requisiti di ammissione. L’eventuale carenza di requisiti potrà rilevare in altre fasi, come la richiesta di risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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