Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26272 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26272 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
NOME COGNOME;
Oggetto:
RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24101/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME, rappresentato e difeso da sé medesimo e domiciliato per legge in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e domiciliato per legge in Roma, presso la Cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte Suprema di Cassazione;
-controricorrente – ricorrente incidentale –
nonché
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO;
-controricorrente –
nonché
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Reggio RAGIONE_SOCIALE n. 25/2019, pubblicata il 29 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, dirigente di settore del ruolo dell’RAGIONE_SOCIALE, con ricorso al Tribunale di Reggio RAGIONE_SOCIALE ha premesso di avere presentato la sua candidatura per il conferimento dell’incarico di Dirigente Generale dell’Avvo catura RAGIONE_SOCIALE di cui all’avviso pubblico del 9 agosto 2013 e ha chiesto dichiararsi l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE deliberazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 324 del 20 settembre 2013, con la quale il medesimo incarico era stato conferito a NOME COGNOME COGNOME, e l’obbligo per la medesima RAGIONE_SOCIALE di rinnovare la procedura selettiva, con condanna al risarcimento del danno.
Si sono costituiti NOME COGNOME, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, con intervento adesivo autonomo, NOME COGNOME, altro partecipante alla detta procedura, il quale ha avanzato le stesse richieste di NOME COGNOME, salvo riservarsi in altra sede azione risarcitoria per danni.
Il Tribunale di Reggio RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 1138/2016, ha accolto in parte il ricorso e l’intervento, dichiarando l’illegittimità RAGIONE_SOCIALE procedura e rigettando la domanda risarcitoria di NOME COGNOME.
NOME COGNOME ha proposto appello.
NOME COGNOME ha articolato appello incidentale.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasta contumace, mentre NOME COGNOME si è costituito.
La Corte d’appello di Reggio RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 25/2019, ha rigettato sia l’appello principale sia quello incidentale.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
NOME COGNOME si è difeso con controricorso e ha presentato ricorso incidentale condizionato articolato in venti motivi.
La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
NOME COGNOME non ha svolto difese.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 33, 105, 413, commi 2 e 5, e 419 c.p.c. e 25 Cost.
Egli sostiene che la corte territoriale avrebbe errato nel confermare la decisione di primo grado in ordine all’individuazione del giudice competente per territorio, avvenuta dando rilievo alla sede di lavoro di NOME COGNOME, che si trovava in Reggio RAGIONE_SOCIALE. In realtà, a suo avviso, con la nomina di quest’ultimo a Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il precedente rapporto di lavoro di dirigente appartenente al ruolo amministrativo sarebbe cessato, con la conseguenza che avrebbe dovuto assumere rilievo, ai fini RAGIONE_SOCIALE competenza, la sede di Catanzaro, ove l’incarico di Dirigente si sarebbe dovuto svolgere. D’altronde, tutti gli atti inerenti la procedura in esame erano stati prodotti e conservati a Catanzaro.
Giudice competente a decidere la controversia sarebbe stato, quindi, il Tribunale di Catanzaro.
Analoghe considerazioni sono svolte quanto all’intervento di NOME COGNOME, il quale avrebbe dovuto essere deciso sempre dal Tribunale di Catanzaro, nel cui circondario era la sede in cui l’interveniente prestava servizio.
La doglianza è inammissibile.
Infatti, il ricorrente principale indica, come criterio da seguire per individuare il giudice competente per territorio in primo grado nella presente lite quello dell’art. 413, comma 5, c.p.c., in base al quale: ‘Competente per territorio per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è il giudice nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio al quale il dipendente è addetto o era addetto al momento RAGIONE_SOCIALE cessazione del rapporto’.
Peraltro, la dizione dell’art. 413, comma 5, c.p.c., là dove parla di ufficio cui il dipendente è addetto o era addetto al momento RAGIONE_SOCIALE cessazione del rapporto, presuppone, come si evince dalla lettera RAGIONE_SOCIALE disposizione, che sia venuta meno la continuità del rapporto lavorativo e ne sia sorto uno nuovo e ha una ratio che è quella di valorizzare il luogo dove l’attore ha lavorato perché si presume che lì vi siano migliori possibilità di istruire la controversia.
Nella specie, però, non può parlarsi RAGIONE_SOCIALE nascita di un nuovo rapporto lavorativo che avrebbe sostituito quello precedente, atteso che oggetto del contendere era l’ottenimento di un incarico interno alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il quale si pone con evidenza in condizione di continuità con il ruolo in precedenza ricoperto da NOME COGNOME.
Infatti, anche in caso di esito positivo per NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE selezione alla quale egli aveva preso parte, non vi sarebbe stata alcuna cessazione del rapporto di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma questo sarebbe andato avanti, pur se con diverse caratteristiche, divenendo egli, che già era dirigente, il responsabile dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE calabrese, presso la cui sede di Reggio RAGIONE_SOCIALE egli già lavorava.
Da ciò deriva che il giudice territorialmente competente a decidere in ordine alla domanda di annullamento RAGIONE_SOCIALE procedura di conferimento dell’incarico di Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996, nel testo precedente all’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, lett. c), RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 11 del 2015, andava individuato applicando non i criteri enunciati dall’art. 413, comma 5, c.p.c., ma quelli menzionati dall’art. 413, comma 7, c.p.c., che rinvia, espressamente, all’art. 18 c.p.c. e, implicitamente, all’art. 19 c.p.c. (per un ragionamento simile, pur se in fattispecie differente, cfr. Cass., Sez. L, n. 26067 del 7 settembre 2023).
Ne consegue che l’originaria contestazione RAGIONE_SOCIALE competenza in questione, non essendo stata prospettata alla luce dei corretti criteri di legge, non è ammissibile.
Infatti, in caso di eccezione di incompetenza territoriale sollevata con riguardo a una persona giuridica, la mancata contestazione nella comparsa di risposta RAGIONE_SOCIALE sussistenza del criterio di collegamento indicato dall’art. 19, comma 1, ultima parte, c.p.c. (cioè dell’inesistenza, nel luogo di competenza del giudice adito, di uno stabilimento e di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio con riferimento all’oggetto RAGIONE_SOCIALE domanda) comporta l’incompletezza dell’eccezione, rilevabile d’ufficio anche in sede di regolamento di competenza, sicché l’eccezione deve ritenersi come non proposta, con radicamento RAGIONE_SOCIALE competenza del giudice adito (Cass., Sez. 62, n. 20597 del 7 agosto 2018).
Al riguardo, è stato evidenziato che la Corte di cassazione, cui appartiene il potere di riscontrare la competenza o meno del giudice adito ancorché per ragioni diverse da quelle sostenute dalla parte ricorrente, è tenuta ad accertare d’ufficio l’osservanza del disposto dell’art. 38 c.p.c., comma 3, con riferimento alla rituale e valida proposizione dell’eccezione di incompetenza che, pur espressamente esaminata e decisa in senso affermativo dalla sentenza, non sia stata adeguatamente censurata dal ricorrente, il quale si sia limitato a
contestare la declinatoria di incompetenza sotto il profilo dell’inesatta applicazione dei criteri di collegamento RAGIONE_SOCIALE competenza territoriale (Cass., Sez. 2, n. 11192 del 7 maggio 2010).
L’esistenza di una situazione di incompletezza RAGIONE_SOCIALE formulazione dell’eccezione di incompetenza territoriale sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE competenza territoriale derogabile rende, allora, superfluo e inutile l’esame RAGIONE_SOCIALE questione RAGIONE_SOCIALE sussistenza RAGIONE_SOCIALE competenza, con il risultato che l’eccezione in esame doveva essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’originario ricorrente, con correlativa competenza del giudice adito (Cass., Sez. 6-3, n. 15996 del 21 luglio 2011).
Nel caso in esame, il ricorrente principale ha espressamente fondato la sua eccezione di incompetenza per territorio sull’assunto che il rapporto di lavoro di dirigente in corso fra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME non fosse il presupposto per il conferimento dell’incarico di Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ha affermato che, qualora il dipendente avesse ottenuto tale incarico, il primo rapporto sarebbe dovuto cessare.
Egli, pertanto, non ha ricostruito correttamente la vicenda e non ha menzionato l’art. 19 c.p.c., limitandosi a seguire il riferimento, contenuto nella sentenza di appello, all’art. 413, comma 5, c.p.c., e non ha neanche preso posizione in ordine all’esistenza o meno di uno stabilimento e di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto RAGIONE_SOCIALE domanda.
Nel ricorso, peraltro, neppure sono state riportate eventuali richieste avanzate, in primo e secondo grado, dall’interessato che richiamassero l’art. 19 c.p.c. e i criteri di scelta del foro da questa disposizione indicati.
Ne deriva l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE contestazione relativa alla competenza per territorio quanto alla situazione di NOME COGNOME.
Ad analoghe conclusioni occorre giungere per quel che concerne la posizione di NOME COGNOME, atteso che il ricorrente principale ha, anche in questo caso, errato nell’individuare le disposizioni di rito
regolatrici RAGIONE_SOCIALE competenza per territorio e nel ricostruire la vicenda giuridica.
Al riguardo, trova applicazione il principio per il quale l’intervento volontario in causa non spiega influenza sulla determinazione RAGIONE_SOCIALE competenza territoriale, da effettuarsi alla stregua RAGIONE_SOCIALE controversia fra le parti originarie (Cass., Sez. 1, n. 1501 del 3 aprile 1978).
Nella specie, la lite fra le parti originarie è regolata dagli artt. 18 e 19 c.p.c., con la conseguenza che pure la questione di competenza concernente NOME COGNOME è disciplinata da tali disposizioni.
Con il secondo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 153, 415, 419, 420 e 421 c.p.c. e 24 Cost. in quanto la corte territoriale non avrebbe considerato che il termine di giorni cinque fissato dal Tribunale di Reggio RAGIONE_SOCIALE per la notifica del decreto e RAGIONE_SOCIALE memoria di intervento di NOME COGNOME sarebbe stato perentorio.
La doglianza è infondata.
L’art. 419 c.p.c., intitolato ‘ Intervento volontario ‘, prescrive che: ‘ Salvo che sia effettuato per l ‘ integrazione necessaria del contraddittorio, l ‘ intervento del terzo ai sensi dell ‘ articolo 105 non può aver luogo oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, con le modalità previste dagli articoli 414 e 416 in quanto applicabili ‘ .
La Corte costituzionale, con sentenza 23 – 29 giugno 1983, n. 193 (in G.U. 1a s.s. 6/7/1983, n. 184), ha dichiarato ‘ l ‘ illegittimità costituzionale dell ‘ art. 419 (sub art. 1 l. 11 agosto 1973, n. 533) c.p.c. nella parte in cui, ove un terzo spieghi intervento volontario, non attribuisce al giudice il potere dovere di fissare – con il rispetto del termine di cui all ‘ art. 415 comma quinto (elevabile a quaranta giorni allorquando la notificazione ad alcuna delle parti originarie contumaci debba effettuarsi all ‘ estero) – una nuova udienza, non meno di dieci giorni prima RAGIONE_SOCIALE quale potranno le parti originarie depositare memoria, e di disporre che, entro cinque giorni, siano
notificati alle parti originarie il provvedimento di fissazione e la memoria dell ‘ interveniente, e che sia notificato a quest ‘ ultimo il provvedimento di fissazione RAGIONE_SOCIALE nuova udienza ‘ .
Con riferimento al termine di cinque giorni sopra menzionato, oggetto di questo motivo, la Suprema Corte ha affermato, in ipotesi similari, che, nelle controversie soggette al rito del lavoro, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, previsto dall’art. 415, comma 4, c.p.c., ha natura ordinatoria ed è, pertanto, prorogabile ad istanza di parte, prima RAGIONE_SOCIALE scadenza, risultando garantite le esigenze del contenimento del processo entro limiti ragionevoli e di salvaguardia del diritto di difesa RAGIONE_SOCIALE controparte dalla natura perentoria del termine per la costituzione in giudizio del convenuto (Cass., Sez. L, n. 9222 del 7 maggio 2015). In particolare, ha precisato che, nel rito del lavoro, l’inosservanza dell’art. 420, com mi 9 e 11, c.p.c., che prescrive al cancelliere o alla parte più diligente di notificare al terzo chiamato in causa il ricorso introduttivo, la costituzione del convenuto e l’ordine giudiziale di chiamata, non comporta alcuna nullità, ma solo l’obbligo del giudice di fissare un nuovo termine per il compimento degli atti omessi (Cass., Sez. L, n. 10456 dell’8 agosto 2000 ).
Pertanto, occorre affermare che il termine di cinque giorni previsto dall’art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 193 del 1983, per la notifica, in seguito all’intervento volontario del terzo, del provvedimento di fissazione di udienza e RAGIONE_SOCIALE memoria dell’interveniente, ha natura ordinatoria e non perentoria.
Con il terzo motivo il ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., dell’art. 1421 c.c., dell’art. 3 del r.d. n. 1578 del 1993, dell’art. 18 RAGIONE_SOCIALE legge n. 247 del 2012 e dell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996 nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la corte territoriale non avrebbe esaminato la questione del
possesso, da parte di NOME COGNOME, del requisito dell’iscrizione all’albo degli avvocati cassazionisti, richiesto dall’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996 e nell’avviso del 9 agosto 2013 ai fini del conferimento dell’incarico di dirigente dell’avvocatura RAGIONE_SOCIALE.
Egli evidenzia che NOME COGNOME avrebbe svolto la sua attività professionale in condizioni di incompatibilità, essendo sempre rimasto nel ruolo amministrativo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
La doglianza è infondata.
In primo luogo, si evidenzia che la sentenza di appello ha accertato che l’intimato era dirigente di settore del ruolo dell’RAGIONE_SOCIALE e che contro questo accertamento di merito non è stato proposto un valido ricorso per cassazione.
A prescindere da ciò, inoltre, si osserva che l’eventuale assenza, in capo a NOME COGNOME, dei requisiti previsti dalla legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996 per concorrere all’incarico oggetto del contendere non fa venire meno la sua legittimazione e il suo interesse a contestare l’invalidità RAGIONE_SOCIALE relativa procedura di assegnazione, la quale spetta, in generale, a chi a tale procedura abbia preso parte.
Le problematiche segnalate dal ricorrente principale avrebbero potuto assumere rilievo solo in sede di ripetizione dell’ iter e di determinazione del risarcimento del danno, chiaramente non configurabile in capo a soggetto non avente titolo alla posizione de qua .
Nessuno di questi profili è, però, più oggetto di discussione.
La reiterazione del procedimento è ormai preclusa dall’avvenuto conferimento RAGIONE_SOCIALE menzionata posizione a NOME COGNOME e dalla sua successiva soppressione. La domanda risarcitoria di NOME COGNOME è, poi, stata rigettata dal giudice di appello con statuizione ormai passata in giudicato per assenza di impugnazione.
Con il quarto motivo il ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c. e dell’art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la corte territoriale non avrebbe valutato la circostanza che NOME COGNOME non avrebbe potuto ottenere l’incarico richiesto atteso che egli non era un dirigente, ma un semplice funzionario.
La doglianza è respinta per la seconda ragione che ha condotto al rigetto del terzo motivo.
Con il quinto motivo il ricorrente principale contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 Cost., 1176 e 1375 c.c. e 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001 atteso che la corte territoriale avrebbe errato a prescrivere che fossero esplicitati non solo i motivi di preferenza verso un candidato, ma anche quelli per i quali gli altri non erano stati scelti.
La doglianza è inammissibile, non avendo colto la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
Infatti, la Corte d’appello di Reggio RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto che, nella specie, non vi fosse stata alcuna valutazione comparativa perché, dalla lettura RAGIONE_SOCIALE motivazione posta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a fondamento RAGIONE_SOCIALE scelta qui contestata, non emergeva ‘alcuna spiegabile ragione estrinsecamente visibile’.
D’altronde, la semplice menzione dei curriculi dei candidati non significa che gli stessi siano stati esaminati, qualora il loro contenuto non sia assolutamente menzionato nel provvedimento che dovrebbe valutarli.
Al riguardo, si osserva che, in tema di pubblico impiego privatizzato, l’atto di conferimento di incarichi dirigenziali integra una determinazione negoziale di natura privatistica, per la cui adozione l’amministrazione datrice di lavoro è tenuta ad osservare le norme di cui all’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, dovendo pertanto procedere, alla stregua delle clausole generali di correttezza
e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. (e degli stessi principi evocati dall’art. 97 Cost.), a una valutazione comparativa con gli altri candidati che contempli adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e sia sorretta da una congrua motivazione circa i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici delle scelte adottate (Cass., Sez. L, n. 6485 del 9 marzo 2021).
Nella presente controversia, invece, la condotta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è stata tale da escludere del tutto anche l’apparenza di una valutazione comparativa.
Con il sesto motivo il ricorrente principale contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001, 50 Statuto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e 2, 3, 4, 10, 22 e 28 legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996 in quanto la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere la natura dirigenziale dell’incarico in esame. Per l’esattezza, il responsabile dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato inquadrato da alcuna norma quale dirigente, ma solo assimilato ai dirigenti ai fini economici. Più precisamente, l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata una struttura di natura tecnica, con la conseguenza che a capo di essa non avrebbe potuto esservi una persona che esercitasse funzioni dirigenziali, le quali sarebbero riservate a chi svolge compiti di gestione amministrativa. Non avrebbe avuto rilievo, quindi, il termine dirigente utilizzato nell’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996.
La doglianza è infondata.
Innanzitutto, il rigetto è suffragato da dati formali.
L’art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996, nel testo applicabile nella specie, anteriore all’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, lett. c), RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 11 del 2015, qualificava espressamente come dirigente il direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (commi 5 e 6).
Inoltre, lo stesso titolo RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE in esame recita ‘Norme sull’ordinamento RAGIONE_SOCIALE struttura organizzativa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e sulla dirigenza RAGIONE_SOCIALE‘, il che induce a ritenere che tale legge riguardi la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la relativa dirigenza.
Occorre considerare, altresì, che l’art. 25 di detta legge, richiamato dal ricorrente principale a sostegno RAGIONE_SOCIALE sua tesi, è inserito nel Capo III ‘ORDINAMENTO DELLA DIRIGENZA’, è intitolato ‘Requisiti e modalità per l’attribuzione a dirigenti del ruolo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE delle funzioni di dirigente generale’ e, ai commi 7 e 8, pone sullo stesso piano il dirigente generale e chi dirige l’RAGIONE_SOCIALE generale.
L’interpretazione sistematica conduce, poi, allo stesso risultato, considerato che la direzione dell’RAGIONE_SOCIALE in esame può essere assegnata, in base alla legge RAGIONE_SOCIALE de qua , solo a un dirigente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o, in ipotesi di scelta esterna, a un ‘professionista esterno di comprovata capacità ed esperienza, scelto tra avvocati patrocinanti in Cassazione, con un compenso che, in ogni caso, non potrà essere superiore a quello c onferito ai dirigenti generali’.
Priva di pregio è l’affermazione del ricorrente principale e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per i quali i soli dirigenti previsti dalla legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996 sarebbero quelli preposti ai dipartimenti, considerato che a questi ultimi dirigenti sono attribuite ex art. 2 RAGIONE_SOCIALE stessa legge funzioni dirigenziali di un particolare livello, ossia quelle di Dirigente generale.
Il rigetto del ricorso principale comporta la non necessità di esaminare il ricorso incidentale condizionato.
Il ricorso principale è rigettato, assorbito quello incidentale condizionato, in applicazione dei seguenti principi di diritto:
‘Il giudice territorialmente competente a decidere in ordine alla domanda di annullamento RAGIONE_SOCIALE procedura di conferimento dell’incarico di Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996, nel testo precedente all’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, lett. c),
RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 11 del 2015, va individuato applicando l’art. 413, comma 7, c.p.c., che rinvia, espressamente, all’art. 18 c.p.c. e, implicitamente, all’art. 19 c.p.c.’;
‘Il termine di cinque giorni previsto dall’art. 419 c.p.c., nel testo risultante dopo la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 193 del 1983, per la notifica, in seguito all’intervento volontario del terzo, del provvedimento di fissazione di udienza e RAGIONE_SOCIALE memoria dell’interveniente, ha natura ordinatoria e non perentoria’;
‘La domanda che faccia valere l’invalidità RAGIONE_SOCIALE procedura di conferimento dell’incarico di Dirigente dell’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ex art. 10 RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 7 del 1996, nel testo precedente all’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, lett. c), RAGIONE_SOCIALE legge RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 11 del 2015, può essere proposta da chiunque abbia partecipato alla medesima procedura’.
Le spese di lite sono compensate ex art. 92 c.p.c. fra il ricorrente principale e quello incidentale, in ragione RAGIONE_SOCIALE novità delle questioni in rito affrontate.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere assunta quanto alla posizione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva aderito al ricorso principale.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
Tali presupposti non ricorrono, invece, con riguardo alla posizione di NOME COGNOME, non essendo stata esaminata la sua impugnazione incidentale in ragione del rigetto di quella principale.
P.Q.M.
La Corte,
-rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato;
compensa le spese di lite;
-attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE IV Sezione