Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1402 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1402 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 16795/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e difese dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso
– controricorso – e contro
COMUNE DI MILANO
– resistente –
N. 16795/20 R.G.
avverso la sentenza della Corte d’appello il 5.2.2020;
di Milano recante il n. 378/2020 dep.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 23.11.2023 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 11040/2017, rigettò la domanda proposta ex artt. 2043 e 2051 c.c. da NOME COGNOME e dalla società sua datrice di lavoro, RAGIONE_SOCIALEo, in altri atti, RAGIONE_SOCIALE contro il Comune di Milano e RAGIONE_SOCIALE, in relazione a sinistro verificatosi in data 13.12.2006 in Milano, INDIRIZZO Il Tribunale escluse che il sinistro -in occasione del quale l’attore, a bordo di proprio motociclo, era uscito di strada, impattando contro i polloni di una ceppaia di pioppo e riportando gravi lesioni -fosse ascrivibile a responsabilità dell’ente, proprietario della strada e della banchina stradale, e/o della società convenuta, quale pretesa proprietaria e/o custode della ceppaia, stante l’esclusiva responsabilità dell’attore , a causa della propria condotta gravemente imprudente (la moto del COGNOME viaggiava a velocità non consentita e impennata sulla ruota posteriore) . La Corte d’appello di Milano, adita dagli attori soccombenti, nonché incidentalmente e tardivamente dalla Altair (in relazione alla propria pretesa carenza di legittimazione passiva, in quanto asseritamente non proprietaria della striscia di terreno a confine con la INDIRIZZO), rigettò il gravame principale e quello incidentale con sentenza del 5.2.2020 , confermando l’impianto motivazionale della prima decisione .
Avverso detta sentenza NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE in liq. ricorrono per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, cui
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resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che ha pure depositato memoria. Il Comune di Milano è rimasto intimato, ma, con atto del 10.11.2023 , a firma dell’avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale all’uopo rilasciata dal Sindaco p.t., ha chiesto ‘ ai sensi dell’art. 370 c.p.c. di prendere parte alla discussione anche in camera di consiglio del ricorso, al fine di illustrare le ragioni che inducono al suo rigetto, in coerenza e tutela del suo diritto di difesa e del principio di eguaglianza ‘. Ai sensi dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nei sessanta giorni successivi all ‘ odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per aver la Corte d’appello, in violazione dell’art. 112 c.p.c., omesso di pronunciarsi sulla doglianza contenuta in via subordinata nel primo motivo di appello, con la quale gli appellanti chiedevano di accertare e dichiarare che, contrariamente a quanto giudicato dal Tribunale, COGNOME non era l’esclusivo responsabile del sinistro, in quanto erano con lui responsabili anche gli altri due conducenti coinvolti nel l’incidente, che avevano anch’essi tenuto comportamenti di guida irregolari, colposi e imprudenti.
1.2 -Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. e 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., per aver la Corte d’appello rigettato il primo motivo di appello con una motivazione manifestamente illogica e quindi apparente, in quanto – per poter affermare che COGNOME era l’esclusivo responsabile del sinistro – era necessario dal punto di vista logico accertare la regolarità delle condotte di guida
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degli altri due conducenti coinvolti nello stesso; al contrario, la Corte d’appello ha valutato solo la condotta di guida di COGNOME e, dopo averla ritenuta irregolare, con un salto logico, ha ritenuto che quest’ultimo fosse l’esclusivo responsabile del sinistro.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, si lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello negato la responsabilità del custode della ceppaia contro cui COGNOME aveva colliso, procurandosi gravissime lesioni personali, a) ritenendo sussistente il caso fortuito, ravvisato nella sola condotta di guida colposa di COGNOME, senza valutare se detta condotta e il sinistro fossero imprevedibili e quindi inevitabili da parte del custode; ancora, omettendo di considerare b) la pericolosità intrinseca della ceppaia, derivante peraltro da un taglio dell’alberatura non eseguito a regola d’arte; c) la dedotta inutilità della ceppaia ai fini della sicurezza e del regolare svolgimento della circolazione stradale; d) il dedotto obbligo del custode di rimuovere la ceppaia previsto dalle istruzioni tecniche allegate al D.M. Lavori Pubblici 2367 del 21.6.2004.
2.1 -Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità dell’istanza avanzata in data 10.11.2023 dal Comune di Milano, anzitutto per l’ovvia considerazione per cui, nel procedimento camerale di legittimità, ex art. 380bis .1 c.p.c., come quello che occupa, ‘ la Corte giudica senza l’intervento del pubblico ministero e delle parti ‘ ; la disposizione di cui all’art. 370 c.p.c. invocata dall’ente (nel senso, si ritiene, di poter partecipare alla discussione orale, pur senza aver preventivamente e tempestivamente notificato il controricorso; il riferimento è, ovviamente, al testo della citata disposizione applicabile ratione temporis ), si
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riferisce invece alla decisione adottata a seguito di trattazione in pubblica udienza, ex art. 375 c.p.c.
D’altra parte, questa Corte ha costantemente affermato -e ribadito anche di recente -che ‘ La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c. (richiamato dall’art. 370, comma 2, c.p.c.), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria, ma solamente partecipare alla discussione orale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che integrasse un controricorso l’atto con il quale la parte si era limitata a chiedere “la partecipazione del difensore costituito alla trattazione e discussione orale, onde esperire le opportune difese”, invocando la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione) ‘ (così, Cass. n. 4049/2023; sulla possibilità di recuperare le difese orali qualora, disposta in un primo tempo la trattazione camerale del ricorso, venga successivamente fissata la trattazione in pubblica udienza, v. Cass. n. 23921/2020).
2.2 -Sempre in via preliminare, è infondata l ‘eccezione di improcedibilità del ricorso, sollevata da RAGIONE_SOCIALE: infatti, il messaggio PEC di avvenuta consegna della notifica della sentenza risulta certificato conforme dal procuratore degli odierni ricorrenti nel grado d’appello, avv. NOME COGNOME e tanto basta -in relazione alla formulazione dell’eccezione – al fine di escludere la sussistenza della denunciata causa di improcedibilità del ricorso, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c.
2.3 -Infine, è infondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, in quanto le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 del citato articolo fanno inequivoco riferimento al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che appunto non può proporsi col ricorso per cassazione, in caso di c.d. doppia conforme in facto ), qui tuttavia non proposto dagli odierni ricorrenti.
3.1 -Ciò posto, il primo motivo è inammissibile e comunque infondato.
Con esso i ricorrenti hanno censurato la decisione d ‘appello perché la Corte ambrosiana non avrebbe delibato il subordinato motivo di gravame concernente la pretesa responsabilità concorrente di due altri conducenti dei mezzi coinvolti nel sinistro (un motociclo, oltre quello dello stesso COGNOME, e un’autovettura), che però non sono parti del giudizio, né risultano mai ritualmente evocati, né destinatari di qualsivoglia domanda (si tratta di tali NOME COGNOME e di altro soggetto non meglio identificato). Non si vede, quindi, quale possa essere l’utilità di una simile decisione per i ricorrenti, ove mai favorevole ed ipotizzabile, donde l’inammissibilità del mezzo, ai sensi dell’art. 100 c.p.c ., posto che qui si discute di una pretesa responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c. e dell’interazione del preteso danneggiato con l’intrinseca pericolosità delle res custodite.
3.2 In ogni caso, la Corte d’appello – ricostruendo la dinamica del sinistro in chiave funzionale al contenuto delle domande come in concreto proposte dagli odierni ricorrenti ( id est , tenendo conto degli allegati profili di responsabilità delle parti effettivamente convenute in giudizio, ossia la RAGIONE_SOCIALE e il Comune di Milano) -ha accertato la riconducibilità dell’occorso in via esclusiva in capo al
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COGNOME il che esclude l’omessa pronuncia : in tale prospettiva, infatti, la Corte d’appello ha tenuto certamente conto dell’interazione tra la condotta di guida del COGNOME e quella degli altri soggetti causalmente coinvolti nel sinistro, giungendo però ad attribuire all’odierno ricorrente l’esclusiva ascrivibilità dello stesso, a causa della sua condotta gravemente imprudente. Pertanto, la censura si rivela comunque infondata, perché -seppure incidentalmente, se non a contrario -l’apporto causale di qualunque altro fattore (tra cui quello degli altri conducenti indicati dagli odierni ricorrenti) è stato certamente valutato dal giudice d’appello .
4.1 -Il secondo motivo, proposto in subordine, è infondato.
Nella motivazione della sentenza impugnata non è riscontrabile alcuna illogicità e/o apparenza, perché -come già evidenziato nel par. precedente -l’attribuzione esclusiva della responsabilità del sinistro a Bonezzi è ovviamente relativa al thema decidendum , che vedeva contrapposti da un lato il predetto e la sua società datrice di lavoro, e dall’altro il Comune e la Altair, unici ad essere evocati quali responsabili in qualità di proprietari e custodi, rispettivamente della strada e della ceppaia.
La motivazione della sentenza impugnata, dunque, è certamente conforme al ‘minimo costituzionale’ ex art. 111, comma 6, Cost. (v., per tutte, Cass., Sez. Un., n. 8053/2014) e del tutto pertinente rispetto al thema decidendum , ben potendo qui richiamarsi, per brevità, le stesse considerazioni prima svolte (parr. 3.1 e 3.2).
5.1 -Anche il terzo motivo è infondato.
Posto che la Corte ambrosiana ha accertato – in guisa non adeguatamente attinta dalle censure già esaminate l’esclusiva responsabilità del sinistro in capo a
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COGNOME per la sua condotta gravemente imprudente, da ciò lo stesso giudice d’appello ha fatto discendere l’insussistenza del lo stesso nesso di causalità tra le res custodite (o meglio, tra queste come connotate dalla loro intrinseca pericolosità) e l’evento dannoso occorso al COGNOME, e ciò in piena conformità all’indirizzo ermeneutico sulla responsabilità da custodia ex art. 2051 c.c. Infatti, nella giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, cui si intende dare continuità, è stato condivisibilmente affermato che ‘ In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., la condotta imprudente del danneggiato è suscettibile di escludere il nesso causale tra la cosa e l’evento, pur in presenza di un contegno soggettivamente colposo del gestore, che non ne abbia neutralizzato o contenuto la pericolosità intrinseca ‘ (così, da ultimo, Cass. n. 21675/2023). Ne deriva che – al lume della accertata grave imprudenza del COGNOME, quale causa esclusiva dell’evento dannoso (giacché, ove si fosse attenuto alle prescrizioni imposte sul tratto di strada interessato, esso ‘ non si sarebbe mai potuto verificare ‘ ; così la Corte ambrosiana, p. 12 della sentenza impugnata) – non può riscontrarsi alcuna violazione o falsa applicazione dell’art. 2051 c.c ., disposizione che anzi risulta correttamente governata dal giudice d’appello , laddove ha ritenuto – oltretutto, con apprezzamento fattuale scevro da evidenti vizi logici e giuridici e peraltro non adeguatamente censurato – che una simile condotta sia in ogni caso idonea ad interrompere il nesso di causalità, nel senso già descritto. Quanto precede, dunque, implica il necessario superamento di ogni questione sul contegno tenuto -ciascuno per quanto di ragione -dalla RAGIONE_SOCIALE e dal Comune di Milano in ordine alla neutralizzazione della pericolosità delle res dalle stesse custodite (ossia, rispettivamente, della ceppaia e della strada pubblica), su cui i ricorrenti
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ancora insistono col mezzo in esame: e tanto a prescindere da ogni questione sull’irrilevanza di una colpa del custode, elemento certamente estraneo alla fattispecie disciplinata dall’art. 2051 c.c. .
6.1 -In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in relazione al l’ingente valore della controversia, seguono la soccombenza. Nulla va disposto nei confronti del Comune di Milano, non avendo esso svolto rituali difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di lite, che liquida in € 12.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno