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Condotta extralavorativa: quando non è giusta causa

La Corte di Cassazione conferma l’illegittimità di un licenziamento per giusta causa inflitto a un assistente di volo per un’offesa a colleghi. L’episodio, avvenuto al di fuori dell’orario di lavoro, è stato giudicato una condotta extralavorativa disciplinarmente irrilevante, in quanto non idonea a ledere il vincolo di fiducia con l’azienda. La Corte ha quindi disposto la reintegrazione del lavoratore, chiarendo che l’insussistenza del fatto che la giustifica non riguarda solo l’inesistenza materiale dell’evento, ma anche la sua mancanza di illiceità disciplinare.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condotta Extralavorativa: non sempre giustifica il licenziamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13423/2024, ha stabilito un importante principio in materia di licenziamento disciplinare, chiarendo i confini entro cui una condotta extralavorativa può assumere rilevanza ai fini della sanzione espulsiva. La pronuncia sottolinea come un comportamento, sebbene volgare e tenuto nei confronti di colleghi, se slegato dalle mansioni e dalla vita aziendale, non è sufficiente a ledere il vincolo di fiducia e a giustificare un licenziamento per giusta causa.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un assistente di volo di una nota compagnia aerea. Trovandosi a New York al termine del proprio turno, il lavoratore ha infilato sotto la porta della camera d’albergo di due colleghi un biglietto con la scritta: “merda hai coperto volo dei scioperanti”. I destinatari del messaggio avevano appena concluso un volo operato durante uno sciopero, al quale non avevano aderito, sostituendo altri membri dell’equipaggio. Per questo gesto, la società ha avviato un procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento per giusta causa del dipendente.

Il Percorso Giudiziario

Il caso è passato attraverso diversi gradi di giudizio. Inizialmente, il Tribunale aveva ritenuto legittimo il licenziamento, pur convertendolo in una sanzione economica. La Corte d’Appello, invece, ha ribaltato la decisione, annullando il licenziamento e ordinando la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno. Secondo i giudici di secondo grado, la condotta del lavoratore, pur essendo una critica volgare, era avvenuta al di fuori dell’orario di lavoro e riguardava dinamiche sindacali estranee al rapporto con l’azienda, risultando quindi disciplinarmente irrilevante. La compagnia aerea, in amministrazione straordinaria, ha quindi proposto ricorso per Cassazione.

Condotta Extralavorativa e Limiti del Potere Disciplinare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della motivazione riguarda la valutazione della condotta extralavorativa. I giudici supremi hanno specificato che un comportamento tenuto al di fuori dell’ambito professionale può giustificare un licenziamento solo se presenta una gravità tale da “connotare la figura morale del lavoratore” e da avere un “riflesso, anche solo potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto di lavoro, compromettendo le aspettative di un futuro puntuale adempimento“.

Nel caso specifico, l’azione del dipendente è stata ritenuta una critica, seppur aspra e volgare, inerente a relazioni sindacali e non alle sue mansioni di assistente di volo. Di conseguenza, non è stata considerata idonea a rompere in modo irrimediabile il vincolo di fiducia che lega il lavoratore al datore di lavoro.

La Tutela Reintegratoria per “Insussistenza del Fatto”

Un altro aspetto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’applicazione della tutela reintegratoria. La compagnia sosteneva che, essendo il fatto (l’aver scritto e consegnato il biglietto) pacificamente avvenuto, non si potesse parlare di “insussistenza del fatto contestato”, presupposto per la reintegrazione. La Cassazione ha respinto questa interpretazione, chiarendo che la nozione di “insussistenza del fatto” comprende non solo l’ipotesi in cui l’evento non sia mai accaduto (assenza ontologica), ma anche quella in cui il fatto, pur essendo accaduto, è privo del carattere di illiceità disciplinare. Poiché la condotta è stata giudicata irrilevante sotto il profilo disciplinare, il licenziamento è risultato privo di fondamento, giustificando così la piena tutela reintegratoria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi di ricorso presentati dalla società. Ha affermato che la valutazione sulla gravità della condotta e sulla sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario è un apprezzamento di fatto che spetta al giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportato da una motivazione congrua e logica. I giudici hanno ritenuto irrilevante la mancata produzione del codice etico aziendale, poiché il comportamento contestato non violava norme fondamentali del vivere civile, ma si collocava in un contesto di relazioni personali e sindacali tra colleghi.

Inoltre, la Corte ha respinto le censure procedurali, inclusa quella relativa alla presunta improcedibilità della domanda risarcitoria a causa dello stato di amministrazione straordinaria della società. È stato chiarito che le domande relative allo status del lavoratore, come l’annullamento del licenziamento e la reintegrazione, rientrano nella competenza del giudice del lavoro, così come l’accertamento del credito risarcitorio, che non è meramente strumentale alla partecipazione alla procedura concorsuale ma tutela la posizione del lavoratore nell’impresa.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza n. 13423/2024 della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale: non ogni comportamento scorretto o volgare di un dipendente al di fuori del contesto lavorativo può costituire una giusta causa di licenziamento. È necessario un nesso oggettivo tra la condotta e il rapporto di lavoro, tale per cui la fiducia del datore di lavoro nelle future prestazioni del dipendente risulti irrimediabilmente compromessa. Una critica, anche se espressa in modo inappropriato, legata a dinamiche sindacali e avvenuta lontano dal luogo e dall’orario di lavoro, non possiede, secondo la Corte, questa carica distruttiva, legittimando quindi la massima tutela per il lavoratore licenziato ingiustamente.

Un comportamento offensivo verso colleghi fuori dall’orario di lavoro giustifica sempre un licenziamento per giusta causa?
No, non sempre. La Corte di Cassazione ha stabilito che bisogna valutare se la condotta extralavorativa, per la sua gravità, sia tale da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia e avere un riflesso, anche solo potenziale, sulla funzionalità del rapporto di lavoro. Un singolo episodio slegato dalle mansioni potrebbe non essere sufficiente.

Perché in questo caso specifico il licenziamento è stato ritenuto illegittimo?
Il licenziamento è stato ritenuto illegittimo perché il comportamento del lavoratore, seppur volgare, è stato inquadrato come una critica relativa a dinamiche sindacali, avvenuta al di fuori dell’orario e del luogo di lavoro. La Corte ha giudicato tale condotta estranea alle mansioni lavorative e non così grave da rompere il legame di fiducia con l’azienda, rendendola disciplinarmente irrilevante.

La tutela reintegratoria si applica anche quando il fatto contestato è realmente accaduto?
Sì. La Corte ha chiarito che il concetto di “insussistenza del fatto contestato”, che dà diritto alla reintegrazione, non si limita ai casi in cui il fatto non è mai avvenuto. Include anche le situazioni in cui il fatto, pur essendo accaduto, è privo del carattere di illiceità disciplinare, ovvero non costituisce una violazione sanzionabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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