Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21099 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21099 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11391/2022 R.G. proposto da : NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliati digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
CONSORZIO DEI PROPRIETARI DEL RAGIONE_SOCIALE – intimato –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 365/2022 depositata il 02/12/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 12/05/2025 dal Consigliere relatore, NOME COGNOME osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
NOME la domenica 2/02/2014, al termine del turno lavorativo presso un esercizio commerciale sito nel Centro Commerciale Coné, mentre si recava verso l’uscita, intorno alle ore 18, cadde, riportando lesioni lievi , a causa dell’ acqua presente sul pavimento del centro commerciale, segnalata solo da un cavalletto giallo sul quale era apposta la scritta di prestare attenzione al pavimento bagnato, senza che sul posto fosse apprestata alcuna ulteriore misura cautelativa.
Esperite infruttuosamente la mediazione e la negoziazione assistite, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Treviso, il Consorzio dei proprietari del RAGIONE_SOCIALE (d’ora in seguito Consorzio RAGIONE_SOCIALE) al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti.
Il Tribunale di Treviso, istruita la causa con audizione di una teste addotta dalla NOME e visione, in contraddittorio delle parti, di un filmato effettuato con le telecamere di sorveglianza, allegato dal Consorzio convenuto nonché mediante consulenza medico legale di ufficio, rigettò la domanda con la sentenza n. 441 del 25/02/2019.
NOME COGNOME propose appello e la Corte d’appello di Venezia , nel ricostituito contraddittorio con il Consorzio RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’impugnazione, con la sentenza n. 365 del 22/02/2022.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, NOME COGNOME
Il Consorzio RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il Procuratore generale non ha depositato conclusioni.
La ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza del 12/05/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I) motivo: violazione e (o) falsa applicazione , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. degli artt. 2051, 1227 e 2697 c.c. La ricorrente afferma che la Corte d’appello ha sovvertito l’onere della prova, ponendo a suo carico , oltre alla prova dell’eziologia del danno dalla cosa, anche la dimostrazione che la sua condotta non avesse provocato l’evento e che il suo comportamento fosse stato caratterizzato da normale cautela idonea ad evitare la caduta.
II) motivo: violazione e (o) falsa applicazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, c.p.c. dell’art. 132, secondo comma n. 2 c.p.c. per motivazione mancante, in quanto la motivazione della Corte territoriale si porrebbe al di sotto del minimo costituzionale e non esplicherebbe per quale ragione non fossero stati adottati altri e più idonei accorgimenti (quali un secchio per raccogliere l’acqua spiovente o gocciolante dal tetto e lo spargimento di segatura per assorbirla).
III) motivo: violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per erronea individuazione della nozione giuridica di caso fortuito esterno liberatorio. Il motivo censura la sentenza d’appello per avere questa attribuito la qualificazione di caso fortuito esimente da responsabilità per il Consorzio alla condotta della stessa Vlad.
Il secondo motivo di ricorso, che, in quanto deducente in via prioritaria una carenza motivazionale può essere per primo scrutinato, è infondato, in quanto, nonostante sia connotata da un percorso motivazionale non particolarmente esteso, la motivazione della Corte d’appello di Venezia si pone al di sopra del minimo costituzionale, in quanto la sentenza è adeguatamente specifica in ordine alla ricostruzione in fatto della vicenda e all’esposizione delle ragioni, in punto di diritto, per le quali ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento danni della RAGIONE_SOCIALE, attribuendo efficacia
dirimente, nel senso dell’esclusione della responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, alla condotta della stessa danneggiata. In relazione alla censura di cui al secondo motivo deve, invero, ribadirsi l’avvenuta riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sul vizio motivazionale (Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 Rv. 629830-01; Cass. n. 13248 del 30/06/2020 Rv. 658088-01), quale conseguenza della “novellazione” del testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., disposta dal d.l. n. 83 del 22/0672021, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 7/08/2021, cosicché il vizio di motivazione, dunque, costituisce evenienza ormai ipotizzabile quando la parte motiva della sentenza rechi “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice nella formazione del proprio convincimento, o risulti affetta da “irriducibile contraddittorietà” ovvero sia connotata da “affermazioni inconciliabili”, mentre “resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione ‘ , ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio “emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata” , vale a dire “prescindendo dal confronto con le risultanze processuali.
Nel resto delle censure il secondo motivo non pone questioni di diritto, bensì di fatto, in ordine alla mancanza di motivazione circa l’adozione , da parte del Consorzio RAGIONE_SOCIALE, di ulteriori cautele, oltre al cavalletto segnalatore, quali lo spargimento di materiale assorbente sul pavimento bagnato (questione sulla quale si tornerà nell’esame dei restanti motivi di ricorso), e, pertanto, non costituisce idonea critica alla motivazione, nel senso sopra delineato, ma mera contrapposizione argomentativa.
Il primo e il terzo motivo possono essere congiuntamente scrutinati in quanto entrambi attengono al caso fortuito, esimente di responsabilità per il custode della cosa dalla quale proviene il danno e al relativo onere della prova.
Entrambi i motivi, unitariamente considerati, sono infondati: la Corte d’appello ha affermato che la condotta della Vlad si connotava per la mancanza di idonea cautela e la circostanza risulta essere stata ammessa anche in atti, posto che la sentenza impugnata, nel ripotare le conclusioni della Vlad le trascrive e in particolare testualmente riporta tra parentesi alla pag. 2, quanto segue «(non bastando una camminata accelerata per integrare tale addebito)», così ammettendo che la condotta della danneggiata fu incauta, nelle date condizioni di tempo e di luogo, atteso che il fatto che il pavimento era bagnato, e ciò risultava pacificamente stante l’apposizione dell’apposito cavalletto segnalatore con l’invito alla prudenza, il che avrebbe richiesto che la NOME si astenesse dal percorrere il tratto bagnato con un ‘ andatura che la sua stessa difesa definisce sostenuta ossia «camminata veloce» e che è stata adeguatamente considerata come integrante, da parte dei giudici di merito, caso fortuito idoneo a escludere la responsabilità del custode. La motivazione dell’appello è, peraltro, coerente con l’affermazione di questa Corte (Cass. n. 11526 del 11/05/2017 Rv. 644282 – 01) secondo la quale è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato.
La censura rivolta alla Corte di merito, di avere invertito l ‘onere della prova è addebito del tutto nuovo, che non risultava rivolto alla sentenza di primo grado e che, pertanto, non si correla adeguatamente alla motivazione della sentenza d’appello, che risulta avere rigettato l’impugnazione in considerazione degli stessi
elementi di fatto posti a fondamento del rigetto della domanda da parte del Tribunale, in guisa tale che si è formata preclusione da c.d. doppia conforme in ordine alla ricostruzione fattuale.
Nel resto i due motivi di ricorso, primo e terzo, insistono sull’inadeguatezza della detta misura di avviso, ma non recano idonee censure in diritto, anche perché non è stato in alcun modo chiesto di dimostrare, nel primo grado di giudizio, da quanto tempo il pavimento fosse bagnato, in modo tale che dalla eventuale risultanza di una prolungata esposizione al gocciolamento del tratto di pavimento sul quale avvenne la caduta si potesse inferire una carenza di adeguata custodia da parte del Consorzio in punto di mancata predisposizione di ulteriori adeguate cautele, quali lo spargimento di materiale assorbente, usualmente consistente in segatura, sul pavimento.
Il primo e il terzo motivo di ricorso sono, in conclusione, disattesi. Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Nulla per le spese di lite, in quanto il RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , ove
dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di