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Condotta colposa danneggiato: esonero responsabilità

Un cittadino cade a causa di un marciapiede dissestato e cita in giudizio il proprietario dell’area e il Comune. Inizialmente condannati in solido, la Corte d’Appello ribalta la decisione. La sentenza stabilisce che la condotta colposa del danneggiato, che non ha prestato attenzione a un pericolo palese e visibile, interrompe il nesso causale e libera da responsabilità sia il proprietario che l’ente pubblico. Il dissesto era così evidente che una minima prudenza avrebbe evitato l’incidente.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condotta colposa danneggiato: quando esclude la responsabilità del custode

L’analisi di una recente sentenza della Corte d’Appello chiarisce come la condotta colposa del danneggiato possa interrompere il nesso causale e annullare la responsabilità del proprietario di un’area e del Comune per i danni derivanti da una caduta. Questo principio, sempre più consolidato in giurisprudenza, sottolinea l’importanza del dovere di auto-responsabilità e prudenza che grava su ciascun individuo.

I fatti del caso: la caduta e la richiesta di risarcimento

Un cittadino intentava una causa per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta. L’incidente era stato provocato da una rete metallica elettrosaldata che fuoriusciva da un marciapiede in evidente stato di dissesto. L’area, pur essendo di proprietà privata e adiacente a un esercizio commerciale, era di fatto aperta al pubblico transito. Inizialmente, l’azione legale era rivolta solo contro la proprietaria dell’immobile. Quest’ultima, tuttavia, si difendeva sostenendo che, data la destinazione a uso pubblico dell’area, la responsabilità per la mancata manutenzione e vigilanza dovesse ricadere sul Comune. Di conseguenza, anche l’ente locale veniva chiamato a rispondere in giudizio.

La decisione di primo grado: la responsabilità solidale

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del danneggiato e condannava in solido sia la proprietaria dell’area che il Comune al risarcimento. La responsabilità della proprietaria veniva inquadrata nell’ambito dell’art. 2051 c.c. (responsabilità da cose in custodia), per non aver impedito il crearsi di una situazione di pericolo. Quella del Comune, invece, veniva ricondotta all’art. 2043 c.c. (responsabilità per fatto illecito), per omessa vigilanza (culpa in vigilando) su un’area destinata al pubblico transito, non avendo adottato misure idonee a garantire la sicurezza dei pedoni.

L’Appello e la condotta colposa del danneggiato

Il Comune impugnava la sentenza, lamentando diversi vizi. La Corte d’Appello, riformando completamente la decisione precedente, ha accolto l’appello, rigettando la domanda di risarcimento del cittadino. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della condotta colposa del danneggiato.

La visibilità del pericolo come fattore decisivo

La Corte ha osservato che dalle prove fotografiche e dalle testimonianze emergeva in modo inequivocabile che il marciapiede si presentava in uno stato di palese dissesto: fondo sgretolato, graniglia diffusa e rete metallica ben visibile. Il pericolo, quindi, non era occulto o insidioso, ma percepibile da un utente medio che usasse la normale diligenza. L’incidente, avvenuto in pieno giorno, avrebbe potuto essere evitato con una minima attenzione. La disattenzione del pedone è stata quindi considerata la causa esclusiva dell’evento.

L’evoluzione della giurisprudenza sulla condotta colposa del danneggiato

La decisione si allinea con il più recente e stabile orientamento della Corte di Cassazione. Se in passato la colpa della vittima poteva al massimo ridurre il risarcimento, oggi si ritiene che un comportamento talmente imprudente da risultare imprevedibile o anomalo per il custode possa integrare il ‘caso fortuito’. Questo ‘caso fortuito’, rappresentato dalla stessa condotta della vittima, interrompe il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, esonerando completamente il custode da ogni responsabilità.

Le motivazioni della Corte d’Appello

La Corte ha ritenuto che la condotta del pedone, che ha percorso un tratto stradale visibilmente precario senza accorgersi del pericolo, si è posta come una serie causale autonoma e sufficiente a produrre l’evento. Le condizioni del marciapiede erano così evidenti da suggerire l’impiego di una minima attenzione nel procedere. Pertanto, la condotta colposa del danneggiato ha avuto un’efficienza causale esclusiva nella produzione del danno, elidendo il nesso causale con la cosa custodita. L’accoglimento di questo motivo ha assorbito tutte le altre doglianze, portando alla riforma totale della sentenza di primo grado e al rigetto della domanda risarcitoria.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità per i danni da cose in custodia non è assoluta. Il dovere di custodia del proprietario o dell’ente pubblico trova un limite nel dovere di cautela che fa capo al danneggiato stesso. Quando un pericolo è evidente e facilmente prevedibile, la disattenzione di chi lo affronta senza la dovuta prudenza diventa la vera causa del danno, liberando il custode da ogni addebito. Un’importante lezione sull’equilibrio tra la responsabilità del custode e l’auto-responsabilità del singolo cittadino.

Quando il custode di un bene (es. un marciapiede) non è responsabile per la caduta di un passante?
Non è responsabile quando la caduta è causata esclusivamente dalla condotta colposa del danneggiato. Se il pericolo è palese, visibile e prevedibile con l’ordinaria diligenza, la disattenzione del passante interrompe il nesso di causalità e diventa la causa unica dell’incidente, esonerando il custode.

Cosa si intende per ‘condotta colposa del danneggiato’ in questi casi?
Si intende un comportamento imprudente, negligente o distratto della persona che subisce il danno, come percorrere un tratto di strada in evidente stato di dissesto senza prestare la minima attenzione. Tale condotta, se sufficientemente grave, può essere considerata un ‘caso fortuito’ che esclude la responsabilità del custode.

Perché la Corte ha deciso di compensare le spese legali tra le parti?
La Corte ha compensato le spese perché, al momento dell’inizio della causa, l’orientamento giurisprudenziale era più favorevole alla parte danneggiata. Durante il corso del giudizio, si è registrato un significativo mutamento nell’interpretazione della Cassazione, che ha portato al ribaltamento dell’esito. Questa incertezza interpretativa ha giustificato la deroga al principio secondo cui chi perde paga le spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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