Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 28946 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 28946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3030-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 364/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/07/2021 R.G.N. 932/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
Rapporti sindacali Rapporto privato
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 10/09/2025
CC
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sia in fase sommaria che in sede di opposizione, accoglieva il ricorso ex art. 28 St. lav. con il quale RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto che fosse dichiarato il carattere antisindacale della condotta tenuta da RAGIONE_SOCIALE in occasione dello sciopero del 26 settembre 2018 (per avere la datrice di lavoro sostituito i lavoratori scioperanti con altri dipendenti, addetti anche a sedi diverse ed inquadrati in livelli superiori i quali, nell’occasione, erano stati adibiti a mansio ni inferiori) chiedendo, altresì, la rimozione degli effetti di tale condotta e che la società fosse condannata a retribuire i lavoratori scioperanti per la giornata di astensione dal lavoro, con relativa pubblicazione del provvedimento.
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza oggi gravata, confermava la pronuncia di primo grado evidenziando che: a) il carattere della attualità della condotta antisindacale, rilevante ai sensi dell’art. 28 St. lav., era ravvisabile anche quando il comportamento, non limitato ad un singolo episodio, potesse produrre effetti durevoli nel tempo sia per la sua portata intimidatoria che per la situazione di incertezza che ne poteva conseguire, come nel caso di specie; b) il carattere antisindacale della condotta era rilevabile dal fatto che era stato utilizzato, in violazione dell’art. 2103 cc, personale in servizio (nove dipendenti inquadrati nel livello III, I e Quadro) in mansioni inferiori in sostituzione degli scioperanti (svolgenti mansioni operative e inquadrati nel IV livello), per un parte significativa nel turno di lavoro e per attività che potevano considerarsi eccezioni rispetto a quelle svolte normalmente e che non potevano ritenersi accessorie o complementari; c) il consenso dei sostituti all’ espletamento
di tali mansioni ovvero la riuscita dello sciopero non spiegavano effetto sul carattere antisindacale della condotta.
Avverso la sentenza di secondo grado RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso la intimata.
La società ricorrente depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione e, in ogni caso, la non corretta applicazione degli artt. 4, 40, 41 Cost., 2103 cod. civ. e 28 St. lav.; essa deduce che, nel caso in esame, vi era stato solo l’esercizio del diritto del datore di lavoro di attenuare le conseguenze dello sciopero e che la condotta non era antisindacale perché lo svolgimento per poche ore di mansioni di livello inferiore, da parte dei sostituti, non poteva costituire lesione della loro professionalità in violazione dell’art. 2103 cod. civ.
Il motivo non è fondato.
La statuizione della Corte distrettuale è in linea con il fondamentale precedente di legittimità (Cass. n. 14444/2015) secondo cui, nel caso di proclamazione di uno sciopero da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, il datore di lavoro, nell’intento di limitarne le conseguenze dannose, può disporre l’utilizzazione del personale rimasto in servizio, con l’assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari rispetto a quelle proprie dei lavoratori assegnati, sicché ove tale limite venga disatteso in violazione
dell’art. 2103 cod. civ., la condotta è antisindacale anche se sussiste compatibilità tra le mansioni inferiori e la pregressa professionalità dei sostituti, assicurando detta norma il mantenimento del livello di professionalità acquisito.
Con un accertamento di merito, esaustivamente argomentato, i giudici di seconde cure hanno esaminato il rapporto tra i compiti svolti dai sostituti nella specifica occasione e le funzioni proprie da loro usualmente svolte ed hanno ritenuto che le mansioni assegnate in occasione dello sciopero non fossero state marginali, né eccezionali né, infine, accessorie e complementari rispetto a quelle proprie dell’inquadramento contrattuale dei lavoratori impiegati nella sostituzione e, pertanto, in violazione del d isposto dell’art. 2103 cod. civ. (anche con riguardo alla nuova versione della disposizione) in quanto espletate per una parte comunque significativa del turno di lavoro coincidente con lo sciopero: ciò a prescindere dal consenso prestato o dall’avere svolto anche le mansioni proprie del rispettivo profilo contrattuale.
Con il secondo motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, l’omesso esame di un fatto decisivo per non essere state ammesse le istanze istruttorie sulla circostanza che i sostituti avessero svolto mansioni funzionalmente accessorie e complementari alle proprie e non eccezionali.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
In primo luogo, deve osservarsi che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le
parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415/2018; Cass. 19881/2014).
In secondo luogo, deve evidenziarsi che si verte in una ipotesi di cd. ‘doppia conforme’ per cui la censura ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc è inammissibile.
In terzo ed ultimo luogo, va sottolineato che la Corte distrettuale ha preso in considerazione la circostanza asseritamente omessa, secondo la prospettazione di parte ricorrente, ritenendo, da un lato, le mansioni svolte dai sostituti non marginali, eccezionali, accessorie e complementari e, dall’altro, irrilevante la diversa richiesta istruttoria, articolata dalla società, perché non pertinente.
E’ opportuno ribadire che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudizio sulla superfluità o sulla genericità di una prova per testimoni è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto, che, tuttavia, può essere censurata se basata su erronei principi giuridici ovvero su incongruenze di carattere logico (Cass., sez. 1, 10/08/1962, n. 2555; Cass., sez. 3, 06/09/1963, n. 2450; Cass., sez. 3, 16/11/1971, n. 3284; Cass., sez. 3, 24/02/1987, n. 1938; Cass., sez. 2, 10/09/2004, n. 18222; Cass., sez. L, 21/11/2022, n. 34189).
Tanto non si è verificato nel caso di specie in cui la Corte territoriale, non ammettendo le chieste prove testimoniali
articolate dalla società, le ha ritenute irrilevanti, con argomentazioni logiche adeguatamente e congruamente motivate in virtù di una valutazione insindacabile in sede di legittimità, in quanto non erano state svolte deduzioni o richieste di prova sulla questione essenziale circa la inerenza dei compiti assegnati rispetto alla declaratoria generale dei lavoratori impiegati e ai relativi profili professionali, secondo la disciplina collettiva applicata ai dipendenti RAGIONE_SOCIALE riguardando, invece, le articolate istanze istruttorie solo la dimostrazione delle circostanze che compiti operativi nei reparti e nelle casse del supermercato, di per sé inquadrabili al IV livello CCNL, sarebbero stati abitualmente o occasionalmente praticati dallo stesso personale inquadrato come Quadro, impiegato di I o di III livello.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10.9.2025
La Presidente
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME