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Condotta antisindacale: quando persiste l’interesse?

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’interesse di un sindacato a far accertare una condotta antisindacale persiste anche se l’azione viene intentata dopo mesi e l’azienda ha già rimosso gli effetti economici, come la restituzione delle multe ai lavoratori in sciopero. La Corte ha chiarito che non esiste un termine di decadenza per l’azione e che l’interesse del sindacato a ottenere una pronuncia definitiva sulla illegittimità del comportamento datoriale, per prevenire future reiterazioni e tutelare la propria immagine, è sufficiente a giustificare il ricorso.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condotta Antisindacale: L’Interesse ad Agire del Sindacato non si Esaurisce

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale nel diritto del lavoro: l’interesse del sindacato a far accertare una condotta antisindacale non svanisce anche se gli effetti economici immediati del comportamento illecito sono stati rimossi. Questa pronuncia chiarisce che l’azione legale per reprimere tali comportamenti non è legata a rigidi termini temporali e mira a tutelare l’attività sindacale nel suo complesso, al di là del singolo pregiudizio economico subito dai lavoratori.

I Fatti di Causa: Sanzioni dopo lo Sciopero

Il caso ha origine dall’azione di un’organizzazione sindacale del settore trasporti contro una società di logistica. L’azienda aveva sanzionato alcuni lavoratori con una multa, trattenendo dalla loro retribuzione una somma corrispondente a tre ore di lavoro, per aver partecipato a uno sciopero. Il sindacato aveva agito in giudizio, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori, per far dichiarare l’illegittimità e la natura antisindacale di tale comportamento, chiedendo la cessazione della condotta e la restituzione delle somme trattenute.

In una prima fase, il Tribunale aveva accolto la richiesta del sindacato, ordinando la restituzione delle somme. Tuttavia, nella successiva fase di opposizione promossa dall’azienda, lo stesso Tribunale e poi la Corte d’Appello avevano dichiarato il ricorso inammissibile per carenza d’interesse ad agire. Secondo i giudici di merito, l’azione era stata presentata con un ritardo di oltre tre mesi dai fatti, e la successiva restituzione delle somme aveva eliminato ogni effetto pregiudizievole, rendendo l’azione del sindacato priva di un interesse attuale e concreto.

La Valutazione dei Giudici di Merito

La Corte d’Appello aveva sostenuto che la ‘tardività’ della contestazione fosse un sintomo della mancanza di interesse. Inoltre, aveva erroneamente ritenuto che si fosse formato un ‘giudicato’ sull’annullamento della sanzione, ignorando che l’intera questione era ancora sub iudice a seguito dell’opposizione dell’azienda. Infine, la Corte territoriale non aveva ravvisato il pericolo di reiterazione della condotta, concludendo per una sopravvenuta carenza d’interesse ad agire da parte del sindacato.

La Persistenza della Condotta Antisindacale secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa prospettiva, accogliendo i motivi di ricorso del sindacato. Gli Ermellini hanno chiarito diversi punti fondamentali relativi all’azione per la repressione della condotta antisindacale.

L’Autonomia dell’Azione Sindacale

Innanzitutto, l’azione prevista dall’art. 28 St. lav. è autonoma rispetto alle azioni individuali dei singoli lavoratori. Essa tutela un interesse collettivo, ontologicamente diverso da quello dei singoli, che riguarda la libertà e l’attività sindacale. Pertanto, l’interesse da valutare è quello proprio del sindacato.

L’Attualità degli Effetti della Condotta

La Corte ha ribadito che, sebbene sia richiesto che la condotta o i suoi effetti siano ancora attuali al momento del ricorso, tale requisito non viene meno solo perché il singolo atto lesivo si è esaurito. Un comportamento, pur isolato, può avere effetti duraturi nel tempo, ad esempio per la sua portata intimidatoria o per la situazione di incertezza che genera, ostacolando il libero svolgimento dell’attività sindacale. La restituzione delle somme trattenute non eliminava l’interesse del sindacato a ottenere un accertamento giudiziale definitivo dell’illegittimità del comportamento datoriale, anche per evitare future ripetizioni e per non dover sostenere le spese di un giudizio intrapreso legittimamente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha sottolineato che il legislatore non ha previsto un termine di decadenza per l’azione ex art. 28. Ciò consente alle organizzazioni sindacali di scegliere i tempi e i modi per reagire, anche dopo aver tentato soluzioni extragiudiziali. L’unico presupposto è che il comportamento lesivo o i suoi effetti siano ancora in atto. La Corte ha inoltre precisato che anche una pronuncia di mero accertamento può essere funzionale a porre fine a una situazione di illegittima compressione della libertà sindacale.

Nel caso specifico, l’azione era stata proposta quando gli effetti delle sanzioni disciplinari (le trattenute in busta paga) erano ancora perduranti. La successiva restituzione del denaro, avvenuta solo in esecuzione di un provvedimento giudiziale provvisorio, non poteva far venir meno l’interesse del sindacato a una pronuncia definitiva sul merito della questione.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna. Il principio di diritto stabilito è chiaro: l’interesse del sindacato a perseguire una condotta antisindacale non è legato alla mera persistenza del danno economico per i singoli lavoratori. Esso sopravvive nella necessità di affermare la lesione dei diritti sindacali, di tutelare l’immagine e il ruolo del sindacato e di prevenire il ripetersi di comportamenti illegittimi. Questa decisione rafforza la tutela dell’attività sindacale, garantendo che le azioni datoriali lesive possano essere censurate anche quando i loro effetti più evidenti siano stati, apparentemente, rimossi.

Un sindacato perde l’interesse a far dichiarare una condotta antisindacale se il datore di lavoro ha già rimosso gli effetti economici (es. restituendo le multe)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’interesse del sindacato non viene meno, perché permane la necessità di ottenere un accertamento giudiziale definitivo sull’illegittimità della condotta per tutelare l’attività sindacale e prevenire future reiterazioni.

Esiste un termine di tempo preciso per denunciare una condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei Lavoratori?
No, la legge non fissa un termine di decadenza. L’azione può essere proposta anche dopo tempo, purché il comportamento illecito o i suoi effetti (come la portata intimidatoria) siano ancora perduranti al momento del deposito del ricorso.

Perché è importante per un sindacato ottenere una sentenza di accertamento di condotta antisindacale anche se il danno immediato è stato riparato?
È importante perché una sentenza definitiva serve a confermare la lesione dei diritti collettivi, a ripristinare l’immagine e l’autorità del sindacato, a scoraggiare l’azienda dal ripetere comportamenti simili in futuro e a evitare che il sindacato debba farsi carico delle spese legali di un’azione legittimamente intrapresa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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