Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29811 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8806-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocata NOME COGNOME;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 912/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/11/2021 R.G.N. 714/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Oggetto
R.NUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 10/09/2025
CC
La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza che respingeva l’opposizione al decreto ex articolo 28, legge n. 300/1970 con cui il giudice del lavoro di Ravenna aveva accertato il comportamento antisindacale tenuto dalla stessa datrice di lavoro nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in occasione dell’elezione delle RSU dell’aprile 2018 .
A fondamento della decisione la Corte di Appello ha escluso anzitutto la nullità della sentenza impugnata per essere stata pronunciata dallo stesso giudice che aveva emesso il decreto sul comportamento antisindacale a seguito del rigetto della istanza di ricusazione; sul punto la Corte ha rilevato che alcuna allegazione o deduzione contenesse il motivo di appello proposto in ordine alla supposta ingiustizia della sentenza, quale atto finale che definisce il procedimento e in cui la ricusazione che è stata proposta è confluita, richiamando l ‘orientamento giurisprudenziale di questa Corte (fin dalla sentenza resa a Sezioni Unite n.6764/1951 e Cass. n. 27466/2019) circa la conversione della ragione dell’eventuale vizio di non riconosciuta incompatibilità del giudice ricusato in motivo di nullità della sentenza.
Nel merito ha ribadito quanto già accertato dal giudice di primo grado nel decreto ex art. 28 e nella sentenza pronunciata in sede di opposizione ed ha quindi affermato che, anche a seguito della implementazione dell’istruttoria operata in sede di appello, sono state confermate plurime, ripetute e rilevanti condotte antisindacali messe in atto da RAGIONE_SOCIALE in relazione alla votazione per le elezioni delle RSU tali da ledere sotto il profilo teleologico gli interessi collettivi di cui erano portatrici le organizzazioni sindacali (ferie forzate di candidati attivisti sindacali, trasferimento di due candidate RAGIONE_SOCIALE presso altro plesso
produttivo, procedimenti disciplinari, montaggio di telecamere in grado di riprendere coloro che si ricavano al seggio, interferenze illecite nella procedura elettorale, ostacoli all’assemblea sindacale).
Infine la Corte richiamava la giurisprudenza in materia di attualità della condotta sindacale rilevando come il solo esaurirsi della singola azione lesiva del datore di lavoro non può precludere l’ordine del giudice di cessazione del comportamento illegittimo (Cass. nn. 13860/2019 e 3837/2016 ).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi ai quali hanno resistito con controricorso le organizzazioni sindacali. La ricorrente ha depositato memoria prima dell’udienza. Il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
Ragioni della decisione
Sintesi dei motivi per come riportata in ricorso:
1° motivo: Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (nella fattispecie gli artt. 51, 52 e 158 c.p.c. in relazione all’art. 28 comma 3 L. 300/1970): Erroneità della Sentenza della Corte d’Appello (e della precedente ordinan za collegiale resa dal Tribunale di Ravenna in data 07.01.2019 a definizione del sub procedimento ex art. 52 co. 1 c.p.c. proposto da RAGIONE_SOCIALE) e conseguente nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 158 c.p.c.
2° motivo: Art. 360 n. 5 c.p.c. – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’inesistenza e, quindi, censurabilità della motivazione laconica e/o formulata in termini di mera adesione alle conclusioni di quella di primo grado.
3° motivo: Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto: nella fattispecie l’erronea qualificazione in
chiave antisindacale ex art. 28 di legittimi provvedimenti datoriali.
4° motivo: Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto: erroneo positivo accertamento sull’ ‘attualità’ della condotta antisindacale.
5° motivo: Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto: mancato raggiungimento del quorum delle elezioni della RSU, con relativa invalidità delle stesse e riforma del decreto dep. in data. 4/10/2018 e della sent. impugnata n 912/2021 della Corte di Appello di Bologna anche con riferimento all’ordine di riconoscimento delle RSU.
6.- Il primo motivo di ricorso, oltre ad essere infondato nel merito, va ritenuto inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza.
Secondo la Corte di appello non esiste alcuna automatica nullità della sentenza, come si afferma invece nella censura, nella violazione dell’obbligo di astensione o nel rigetto dell’istanza di ricusazione. La conversione del rigetto dell’istanza di ricusazione in motivo di nullità della sentenza è subordinata, secondo la consolidata giurisprudenza richiamata nella sentenza, all’esistenza della denuncia di una ingiustizia intrinseca dell’atto , cosa che invece non risulta effettuato nel motivo di gravame dedotto in appello.
Il ricorso per cassazione non solo non si confronta con tale ratio decidendi, ma non contesta neppure la esattezza di tale affermazione, che è del tutto conforme alla giurisprudenza consolidata (Cass. n.27466/2019, Sez. Un. n.17636/2003) la quale richiede la necessità di allegare e quindi provare, in via pregiudiziale, l’incidenza dell’asserita incompatibilità sull’attività svolta dal giudice ricusato e non limitarsi a riproporre in sede di
appello le cause di incompatibilità svolte dinnanzi al giudice di primo grado.
Va pure rilevato, che la medesima censura sollevata col medesimo primo motivo non tiene neppure conto del reiterato orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui difetta di interesse la doglianza sul mancato accoglimento della ricusazione, quando il giudice d’appello ha comunque deciso nel merito ogni censura. In tali termini v. Cass. n. 28744 del 16/10/2023:’ È inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di ricorso in cassazione avverso la sentenza di appello che abbia omesso di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado, qualora il vizio di questa, ove esistente, non avrebbe comportato la rimessione della causa al primo giudice, in quanto estraneo alle ipotesi tassative degli artt. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello abbia deciso nel merito su tutte le questioni controverse, senza alcun pregiudizio per il ricorrente conseguente alla omessa dichiarazione di nullità ( conf. Cass. n. 18578 del 2015).
2.- Il secondo motivo di ricorso è inammissibile laddove reclama l’omessa valutazione di fatti decisivi, posto che la ricorrente denuncia l’esistenza del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. in una ipotesi preclusa dalla ricorrenza di una cd. ‘doppia conforme’ (cfr. art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in seguito art. 360, comma 4, c.p.c., per le modifiche introdotte dall’art. 3, commi 26 e 27, d. lgs. n. 149 del 2022), senza indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (v. Cass. n. 26774 del 2016; conf. Cass. n. 20944 del 2019).
Non esistono inoltre vizi di motivazione di alcuna natura nella sentenza impugnata posto che nell’attuale assetto
ordinamentale il vizio di motivazione può essere censurato in Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. solo nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016; Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
3.- Il terzo motivo è inammissibile perché sottopone a questa Corte di legittimità una valutazione di merito sulla natura e sul fine antisindacale degli atti datoriali che è invece di pertinenza del giudice di merito che attraverso ampia ed articolata motivazione, priva di vizi logici e giuridici, ha valutato nel loro complesso gli atti datoriali in questione riscontrandoli affetti da antisindacalità.
4.Il quarto motivo laddove contesta l’accertamento dell’attualità della condotta, si pone di nuovo in contrasto con l’accertamento contrario, motivatamente operato dal giudice di merito, e postula il riesame di meri fatti che non può essere di pertinenza di questa Corte di legittimità.
In ogni caso non considera il carattere plurioffensivo delle condotte in discorso e la stessa permanenza nel tempo degli effetti lesivi pure accertata dal giudice di merito. La Corte d’appello ha invero affermato che non è possibile individuare come esaurita l’attività sindacale, essendo palesi gli effetti a ciò connessi ed ancora in essere quanto all’intervenuto trasferimento del personale sindacalmente attivo in un sito produttivo defilato, in modo da intralciare la possibilità di operare proselitismo all’interno e fra i lavoratori, con valenza intimidatoria sui possibili effetti dell’affiliazione sindacale implicante il trasferimento in siti deteriori e non appetiti, la
permanenza delle sanzioni disciplinari in grado di interferire sulla futura carriera lavorativa, la lesione dell’immagine del sindacato.
5.- Il quinto motivo è inammissibile in quanto non vengono nemmeno indicate le norme di diritto pretesamente violate o falsamente applicate, secondo quanto richiede l’art. 366, comma 1, n. 4 c.p.c. senza che la censura sollevata consenta di individuarne la portata.
In ogni caso in ipotesi di mancato raggiungimento del quorum elettorale e’ rimessa alla Commissione elettorale ed alle Organizzazioni sindacali competenti ogni determinazione in ordine alla validità della consultazione; mentre va esclusa qualsiasi possibilità di interferenza e di controllo da parte del datore di lavoro.
6.- Per i motivi esposti il ricorso può essere complessivamente rigettato.
7.- Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate in dispositivo in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del DPR n.115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13 comma 1 -bis del citato D.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 10.9.2025
La Presidente
AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME