Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23714 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
contrasto con la contrattazione collettiva nazionale, perché – come si vedrà anche più in dettaglio – così non è, senza considerare l’autonomia delle due fonti , né vi è contrasto con la normativa primaria nella parte in cui prevede (art. 45 d. lgs. n. 165 del 2001) che « il trattamento fondamentale ed accessorio (…) è definito dai contratti collettivi »;
il rinvio del CCNL a poteri datoriali chiamati a definire certi aspetti necessari a determinare la misura finale della retribuzione di ciascuno non fa infatti venir meno il fatto che il trattamento derivi appunto dalla contrattazione collettiva, la quale, per quanto qui interessa riconosce la retribuzione di posizione e quella di risultato dei dirigenti;
4.
il tema del contendere nella presente causa riguarda in particolare la retribuzione di posizione dei dirigenti regionali;
4.1
secondo la contrattazione nazionale ed il CCNL 1998-2001 area dirigenti regionienti locali dell’epoca, fissate le risorse e dunque i Fondi, la contrattazione integrativa a livello di ente è chiamata a fissare (art. 4, lett. g) « i criteri generali per la distribuzione delle risorse finanziarie destinate alla retribuzione di posizione ed a quella di risultato »;
ripartite in tal modo le risorse e ricevuta l’informazione ai sensi dell’art. 7 del medesimo CCNL, il successivo art. 8 lett. a) sempre del CCNL, prevede che le organizzazioni sindacali possano richiedere la concertazione sui « criteri generali relativi all’individuazione dei parametri per la graduazione delle funzioni e delle connesse responsabilità ai fini della retribuzione di posizione »;
4.2
nella sostanza del tutto analoghe sono le corrispondenti previsioni della contrattazione regionale del Friuli Venezia Giulia;
l’art. 6 del CCRL, alla lettera f) prevede infatti che la contrattazione integrativa fissi « i criteri generali per la distribuzione delle risorse finanziarie destinate alla retribuzione di posizione ed a quella di risultato » e, del tutto specularmente rispetto alla contrattazione nazionale, l’art. 10 lett. a) rimette alla richiesta di concertazione l’individuazione dei criteri generali relativi all’individuazione dei parametri per la graduazione delle funzioni e delle connesse responsabilità ai fini della retribuzione di posizione »;
il medesimo art. 10, alla lett. f), prevede un ulteriore passaggio della concertazione con riferimento all’ « utilizzo » delle risorse destinate alla retribuzione di risultato e di posizione, « con cadenza annuale »;
4.3
secondo entrambi i sistemi, una volta destinate le risorse e svolta con esiti utili o meno la concertazione, la Pubblica Amministrazione definisce, con atto datoriale, la graduazione;
è dunque del tutto corretto il richiamo della Corte d’Appello ai poteri gestionali del datore di lavoro, come declinati ed in ragione delle attribuzioni che il CCNL riserva alla Pubblica Amministrazione, previo svolgimento delle procedure sindacali, sul che non vi è questione;
pertanto, non sono fondate le doglianze ancora ripetute con il ricorso per cassazione ove si assume che non fosse legittimo rimettere alla concertazione la fissazione delle « fasce di pesatura e gli importi retributivi attribuiti », perché la concertazione ha competenza in materia e le OO.SS. non possono certo dolersi se, in quella sede, si vada anche oltre la fissazione di criteri ‘generali’ per giungere, in ipotesi a indicazioni più specifiche e di dettaglio;
4.4
non è meglio spiegato il rilievo di antisindacalità riconnesso alla previsione dell’art. 10, co. 1, lett. f del CCRL in ordine alla necessità di concertazione rispetto all’ « utilizzo delle risorse indicate all’art. 6, co. 1, lett. f) con cadenza annuale »;
intanto alla previsione non va attribuito significato eccessivo ed in particolare da essa non si possono inferire, nell’utilizzare o meno le risorse, discrezionalità datoriali che non siano previste dalla contrattazione nazionale o regionale di riferimento;
si tratta semplicemente di una fase prodromica alle attività riguardanti le retribuzioni di posizione e di risultato, da coordinare con le menzionate previsioni di indirizzo sui relativi criteri e nulla più;
né risultano denunciati profili specifici di illegittimità o irregolarità nell’utilizzo delle risorse conseguenti all’attuazione di tale previsione e dunque nulla quaestio ;
4.5
le procedure di graduazione cui la concertazione del luglio 2015 era funzionale non possono dunque dirsi illegittime per antisindacalità ed il ricorso in parte qua va respinto;
5.
il secondo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) dell’art. 55 del CCRL e dell’art. 4 L. Regione Friuli Venezia Giulia n. 20 del 2002 si incentra sull’utilizzazione delle risorse residue per posizioni non dirigenziali e
lamenta il fatto che esse, secondo la contrattazione nazionale, devono essere riassegnate al finanziamento della retribuzione dirigenziale, mentre con la dichiarazione congiunta in allegato al contratto decentrato si era disposto il loro storno verso altri profili lavorativi;
la censura prende posizione anche sulla successiva legge Regione Friuli Venezia Giulia n. 26 del 2015, secondo cui una quota del fondo per la contrattazione integrativa decentrata del personale dirigente residuata dopo l’applicazione degli istituti contrattuali riguardanti gli anni precedenti poteva essere destinata alla contrattazione integrativa del personale non dirigente;
in proposito, la ricorrente, oltre a sottolineare come la menzionata legge regionale non potesse fornire copertura ai comportamenti denunciati, in quanto antecedenti rispetto ad essa, comunque denuncia l’illegittimità costituzionale di tale previsione, perché in contrasto con la riserva alla potestà legislativa statale della materia dell’ ‘ordinamento civile’ (art. 117, co. 2, lett. l);
6.
il motivo -rispetto al quale l’eccezione di inammissibilità è formulata in via del tutto generica nel controricorso – è fondato, nei termini in cui si va a dire;
6.1
RAGIONE_SOCIALE lamenta il fatto che sia stata trattata in sede di contrattazione integrativa la destinazione negli anni successivi dei residui dei Fondi destinati alla retribuzione di posizione non utilizzati;
effettivamente, a quanto consta, con la contrattazione integrativa del settembre 2015 fu elaborato , oltre che l’approvazione dei criteri di riparto dei Fondi tra retribuzione di posizione e di risultato, l’impegno delle parti sociali a destinare parte degli eventuali residui ad « istituti contrattuali riferiti all’area non dirigenziale », attraverso la successiva definizione in tal senso di un idoneo « meccanismo »;
sul piano della contrattazione il CCNL prevede in effetti che le risorse residue siano « temporaneamente utilizzate per la retribuzione di risultato relativa al medesimo anno e quindi riassegnate al finanziamento della retribuzione di posizione a decorrere dall’esercizio finanziario successivo » e quindi sostanzialmente portate a nuovo e destinate sempre ai dirigenti, per incrementi del la retribuzione di risultato dell’anno corrente e per quella di posizione negli anni successivi;
identico meccanismo è previsto dall’art. 55 del CCRL, ma solo in via di ‘prima applicazione’;
quest’ultima previsione è evidentemente alla base dell’indirizzo politico ed amministrativo regionale, palesato dalla dinamica delle vicende che si andranno ad esaminare, di utilizzare quei residui, al fine di incrementare istituti contrattuali di personale non dirigenziale;
6.3
in proposito, può anche ipotizzarsi che, in mancanza di vincoli derivanti dalla contrattazione collettiva per quanto attiene alla fase successiva alla ‘prima applicazione’, le risorse inutilizzate tornino alla disponibilità degli enti e quindi siano in ipotesi destinabili ad altri fini;
quanto accaduto è però diverso, perché il datore di lavoro non ha operato autonomamente in tal senso, ma si è indotto ad una contrattazione integrativa, sul punto, che si colloca al di fuori da ogni logica;
sfugge intanto quale possa essere la legittimazione o l’interesse delle OO.SS. chiamate a trattare per le posizioni dei dirigenti a destinare fondi ad istituti di personale non dirigenziale;
la destinazione dei fondi, poi, non è materia di contrattazione integrativa che, come vi è visto in precedenza, interviene al più limitato fine di fissare i criteri per ripartire tra la retribuzione di risultato e quella di posizione i Fondi stabiliti dalle fonti superiori;
il sistema della contrattazione del pubblico impiego privatizzato -e qui in particolare quello della contrattazione integrativa, data anche la cogenza erga omnes che deriva per legge (art. 40 del d. lgs. n. 165 del 2001) – non può essere piegato ad avalli o intese su punti ad essa estranei, per giunta in relazione ed in favore di posizioni lavorative non dirigenziali e dunque diverse da quelle cui la contrattazione si riferiva;
giustamente RAGIONE_SOCIALE è insorta contro tale dichiarazione congiunta, in quanto indebitamente destinata a far emergere come previsione munita della forza negoziale derivante dall’ambito in cui essa si inseriva, pur non trattandosi di materia da trattare in quella sede e tra l’altro nel senso di indirizzare risorse verso il comparto non dirigenziale, che non si vede come potesse rientrare tra i poteri delle organizzazioni sindacali chiamate in quella sede a trattare per l’area dirigenziale;
7.
il motivo è dunque in sé fondato e va accolta, decidendo nel merito, la domanda di accertamento dell’antisindacalità;
8.
gli effetti della pronuncia vanno però ben delimitati;
è infatti accaduto -non a caso, sulla base di quanto sopra detto rispetto all’incongruità della trattazione del tema nella sede della contrattazione integrativa -che la successiva legge Regionale n. 26 del 2015 abbia previsto che una quota dei residui derivanti dalla contrattazione integrativa dirigenziale potesse essere destinata « nel rispetto del sistema di relazioni sindacali », alla contrattazione collettiva del personale non dirigente;
il tema è stato introdotto in giudizio successivamente da RAGIONE_SOCIALE, ma anche la questione di legittimità costituzionale ipotizzata rispetto a quella normativa, perché indebitamente retroattiva o perché violativa di prerogative legislative statali è mal posta;
non emerge intanto che la dichiarazione congiunta di cui alla contrattazione del settembre 2015, peraltro ancora generica nella sua formulazione abbia avuto in sé effetti concreti, anche perché lo ‘storno’ successivamente documentato è avvenuto autonomamente in base a Delibera assunta in base alla Legge Regionale sopravvenuta;
rispetto a quest’ultimo ‘storno’ mancano censure specifiche in ordine alla eventuale violazione delle regole norme sulle ‘relazioni sindacali’ richiamate dalla nuova normativa;
d’altra parte, oltre a mancare elementi per parlare di un efficacia retroattiva della nuova norma, non potrebbe mai addebitarsi alla Regione, come datore di lavoro, un comportamento sindacalmente illegittimo che consista nel fatto in sé di uno ‘storno’ a quel punto previsto dalla normativa di legge regionale, se non da quando -lo si dice in via assolutamente ipotetica, per liquidità dell’argomentazione la norma fosse dichiarata costituzionalmente illegittima (v. per tali principi in ordine alla responsabilità datore di lavoro per comportamenti posti in essere in forza di normativa di legge poi dichiarata costituzionalmente illegittima (Cass. 13 novembre 2018, n. 29169; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20100; Cass. 9 gennaio 2013, n. 355);
oltre tutto, non si può confondere il piano in cui la Regione opera come organo politico e di formazione delle leggi e quello in cui essa opera come soggetto amministrativo e datore di lavoro e di certo non si può imputare alla Regione come soggetto contrattuale un qualcosa che sia avvenuto a livello legislativo;
ne deriva che non ricorrono neanche i presupposti, per difetto comunque di rilevanza, onde ipotizzare la questione di legittimità costituzionale di cui è menzione nel ricorso per cassazione;
9.
l’impugnativa va dunque definita con la reiezione del primo motivo e con accoglimento del secondo, cui segue la cassazione e la
decisione nel merito, da intendersi formulata nei limiti appena evidenziati;
10.
l’accoglimento di uno solo dei capi di domanda, con rigetto nel resto, giustifica, a fronte della reciproca soccombenza, la compensazione delle spese dell’intero processo;
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara l’antisindacalità del comportamento tenuto dalla Regione in sede di contrattazione integrativa, con riferimento alla formulazione di dichiarazione congiunta di destinazione dei residui delle risorse riguardanti la retribuzione di posizione dirigenziale a favore di istituti contrattuali del personale non dirigenziale.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro