Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22006 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22006 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23403/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, congiuntamente e disgiuntamente dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore, rappresentati e difesi, per mandato ex lege, dall’avvocatura generale RAGIONE_SOCIALEo Stato e presso la stessa per legge domiciliati a Roma in INDIRIZZO
-controricorrente-
ricorrente incidentale –
E
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, Comune di Rosolina, in persona del Sindaco pro tempore
-intimati – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Venezia n. 549/2020, depositata in data 14 febbraio 2020;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 23/4/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva atto di citazione nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, del Comune di Rosolina, del RAGIONE_SOCIALE (MEF), nonché del RAGIONE_SOCIALE (MIT), deducendo che si opponeva alla determinazione del corrispettivo annuo demaniale marittimo ad uso turistico-ricreativo calcolato e preteso dal Comune in euro 86.217,20, per l’anno 2013, chiedendo di accertare il canone di concessione dovuto dall’attrice.
Per la società l’importo del corrispettivo annuo ammontava ad euro 36.111,46, provvedendo al versamento in data 30/4/2013 RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 18.055,73.
Per quel che qui ancora rileva, la società evidenziava di aver presentato domanda di definizione del procedimento ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 733 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013, corrispondendo in data 18/4/2014 la residua somma di euro 7809,37, per un totale, dunque, di euro 25.865,16 (euro 18.055,73 + euro 7809,37), pari al 30 % di euro 86.217,20.
Le amministrazioni statali chiedevano, in subordine, il rigetto RAGIONE_SOCIALEe domande formulate dall’attrice, proponendo domanda riconvenzionale RAGIONE_SOCIALEa «debenza RAGIONE_SOCIALEa differenza tra gli importi determinati nel moRAGIONE_SOCIALEo di pagamento inviato dal Comune di Rosolina e quanto effettivamente corrisposto dagli attori».
Il tribunale di Venezia stabiliva che la società con il versamento RAGIONE_SOCIALEa somma di euro 25.865,16, aveva pagato quanto da lei effettivamente dovuto.
La Corte d’appello di Venezia accoglieva il gravame proposto dalle amministrazioni appellanti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE).
In realtà, per il giudice d’appello la società avrebbe dovuto pagare, per ottenere il condono il 30% RAGIONE_SOCIALEa somma «ancora in contestazione», ossia il 30% di euro 50.105,55, pari alla differenza tra l’ammontare di euro 86.217,20, preteso dal Comune di Rosolina, e la somma di euro 36.110,00 ritenuta dovuta da concessionari, quindi, in definitiva, la somma di euro 15.031,66.
Chiariva la Corte territoriale che il condono riguardava esclusivamente le ipotesi in cui le somme dovute all’amministrazione «non siano state corrisposte», mentre, nel caso in esame, «le somme versate prima RAGIONE_SOCIALE‘inizio RAGIONE_SOCIALEa causa sono state corrisposte dal concessionario a titolo di pagamento RAGIONE_SOCIALEa metà del canone ritenuto equo, sulla base RAGIONE_SOCIALE‘esito di precedenti contenziosi e/o transazioni intercorse con le odierne appellanti in relazione alla quantificazione del canone dovuto per altra annualità».
Pertanto – aggiungeva il giudice d’appello – tale pagamento «aveva una precisa imputazione nonché finalità parzialmente satisfattiva del debito, che con il pagamento si è, quindi, estinto per l’importo corrisposto».
Di conseguenza, tale pagamento «non può essere successivamente imputato al condono e sommato agli importi versati dopo l’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013».
La società, dunque, ai fini del perfezionamento del condono, avrebbe dovuto versare il 30% «RAGIONE_SOCIALEa somma ancora dovuta e in contestazione» (pari ad euro 50.105,55; ossia euro 86.217,20 richiesti sottratti euro 36.111,46 riconosciuti dalla società), ossia la somma di euro 15.031,66.
Tra l’altro, ai fini del perfezionamento del condono, non era sufficiente il versamento RAGIONE_SOCIALEa somma prevista dalla legge, ma «è, invece, necessario che sia dimostrato l’esito positivo dei riscontri effettuati dall’ente impositore relativamente alla corrispondenza di tale versamento ai presupposti legali».
Quanto alla domanda di accertamento RAGIONE_SOCIALEe somme ancora dovute dal concessionario, proposta in via riconvenzionale dalle amministrazioni appellanti e riproposta nell’appello, utilizzando le risultanze RAGIONE_SOCIALEa CTU già espletata, la Corte d’appello evidenziava che l’attività aveva carattere stagionale, riguardando l’accoglienza e l’assistenza dei turisti, interventi di manutenzione e riparazione dei fabbricati, con carattere imprenditoriale, rientrante «nel comparto turistico-ricettivo».
Pertanto, tale attività era collocabile «nel settore terziario, per cui risulta corretto calcolare i canoni concessori con riferimento ai valori OMI per la tipologia di immobili a destinazione terziaria, come suggerito dal CTU».
Non era condivisibile, invece, il calcolo dei canoni mediante l’adozione RAGIONE_SOCIALEe valutazioni OMI «riferite agli immobili a destinazione commerciale».
Doveva essere considerata la più circoscritta nozione di destinazione commerciale riferita alla tipologia immobiliare OMI. In base alla qualificazione OMI non erano, infatti, necessariamente a destinazione commerciale tutti gli immobili ove si esercitava una RAGIONE_SOCIALEe attività indicate dall’art. 2195 c.c., «dovendo verificarsi se trattasi di attività e di immobili destinati alla produzione di beni, o al commercio, o ad altre attività terziarie come nel caso in esame».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.
Hanno resistito con controricorso l’ADD e il MEF, proponendo anche ricorso incidentale e depositando memoria scritta.
Sono rimasti intimati il RAGIONE_SOCIALE e il Comune RAGIONE_SOCIALE Rosolina.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione principale la società ricorrente deduce la «violazione di legge e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 commi 732 e 733 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. -violazione del criterio di interpretazione letterale RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, commi 732 e 733 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
In particolare, per la ricorrente il condono si è perfezionato con il pagamento del 30% RAGIONE_SOCIALEe somme dovute, da intendersi come le somme «richieste dall’ente gestore», e non come le somme «ancora dovute».
Inoltre, non poteva essere accolta la tesi RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in base alla quale le somme dovute sarebbero gli importi ulteriori rispetto a quelli corrisposti dall’attrice, pari alla differenza tra il preteso e il versato.
Potevano essere utilizzati, ai fini del pagamento del condono, anche le somme versate in precedenza, purché la lite fosse pendente.
Non era necessario, poi, in alcun modo «l’esito positivo dei riscontri effettuati dall’ente impositore», essendo sufficiente il versamento RAGIONE_SOCIALE‘intero importo dovuto.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente si duole RAGIONE_SOCIALEa «violazione del principio di uguaglianza previsto dall’art. 3 RAGIONE_SOCIALEa Costituzione con riguardo all’interpretazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, commi 732 e 733 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
Se si aderisse alla tesi RAGIONE_SOCIALEa difesa erariale per cui il 30% RAGIONE_SOCIALEe somme dovute andrebbe calcolato sulla differenza tra «quanto versato e quanto ancora preteso», sarebbero penalizzati i concessionari che hanno pagato di più all’Erario, come nel caso in esame la ricorrente.
Il concessionario che avesse pagato la somma più elevata, a titolo di canone demaniale marittimo annuo, verserebbe una somma maggiore rispetto a quella prevista per la domanda di definizione del procedimento giudiziale pendente, mentre il concessionario che avesse corrisposto la somma di minor importo, pagherebbe una somma minore quale canone demaniale anno.
Con il primo motivo di ricorso incidentale i controricorrenti ADD e MEF deducono la «violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993, come modificato dall’art. 1 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 296 del 2006, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
In particolare, i ricorrenti incidentali reputano che erroneamente la Corte d’appello abbia condiviso i criteri utilizzati dal CTU per l’individuazione del coefficiente di riduzione K, pari a 6,5, ridotto a
2,17 «per le superfici utilizzabili nella stagione balneare, restando invariato il valore di 6,5 per ristorante, bar e simili, usati tutto l’anno».
In realtà, il coefficiente di riduzione K era stato già individuato «nella cifra di 6,5 proprio al fine di tenere conto RAGIONE_SOCIALEa stagionalità RAGIONE_SOCIALE‘attività balneare».
Con il secondo motivo di ricorso incidentale i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 3 del decretolegge n. 400 del 1993, come modificato dall’art. 1, comma 251, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 296 del 2006, nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La sentenza d’appello sarebbe erronea nella parte in cui ha reputato che l’immobile in concessione debba essere considerato quale «pertinenza demaniale destinata ad attività commerciale, terziario-direzionale, produzione di beni servizi», ritenendo che per il calcolo del canone dovuto dovesse farsi riferimento ai valori OMI stabiliti per gli «immobili a destinazione terziaria» e non a quelli a destinazione commerciale.
Il CTU, sul punto, aveva proposto due differenti stime del canone a seconda dei parametri OMI da assumere, e precisamente «parametri OMI commerciale euro 55.598,69; parametri OMI terziario (normativa europea) euro 49.301,62».
Tuttavia, l’attività turistico-alberghiera e di ristorazione, cui è destinato l’immobile, deve essere considerata «a tutti gli effetti come attività commerciale».
Sarebbe stata assunta una nozione ingiustificatamente restrittiva RAGIONE_SOCIALE‘attività commerciale, nella quale invece bisogna ricomprendere anche l’attività di somministrazioni di beni e servizi in favore RAGIONE_SOCIALEa clientela quali quelle svolte da alberghi, bar e ristoranti.
I due motivi del ricorso principale, che vanno affrontati congiuntamente per ragioni di stretta connessione, sono fondati nei termini di cui motivazione, con assorbimento del ricorso incidentale.
5.1. Deve premettersi che non può avere efficacia sulla fattispecie in esame il giudicato esterno (sfavorevole alla società RAGIONE_SOCIALE) formatosi sulla annualità 2011 (mentre qui è in discussione l’anno 2013), a seguito RAGIONE_SOCIALEa ordinanza di questa Corte n. 8893 del 2023.
Trattasi di una ordinanza emessa da questa stessa Corte, con la conseguenza che il giudicato è rilevabile d’ufficio anche nell’ipotesi in cui essa non sia stata versata in atti con la rituale certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. (Cass., n. 16589 del 2021).
E’ pur vero che, nei rapporti di durata, il vincolo del giudicato formatosi in relazione a periodi temporali diversi opera, sebbene solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass., n. 10430/2023; Cass. n. 17223/2020).
Nella specie, però, il rapporto concessorio, che è evidentemente di durata, rappresenta solo il presupposto del condono richiesto dalla società, fungendo solo alla funzione di consentire la proposizione RAGIONE_SOCIALEa richiesta su base volontaria di adesione alla definizione di quanto dovuto.
Il condono costituisce una libera scelta RAGIONE_SOCIALEa società, che può richiederlo o meno nelle singole, diverse, annualità, e diverge del tutto dal rapporto di durata che – si ripete – è solo il presupposto di partenza o la cornice in cui si inserisce il condono, liberamente richiesto.
Pertanto, in questa sede si discute, non degli effetti RAGIONE_SOCIALEa concessione, ma degli effetti RAGIONE_SOCIALEa domanda di condono, con la conseguenza che quanto deciso per altre annualità -con il
riconoscimento o meno RAGIONE_SOCIALE‘efficacia del condono da parte del giudice – non può travolgere gli effetti di una libera scelta RAGIONE_SOCIALEa società per gli anni successivi.
5.2.Tanto premesso, va osservato che la l. n. 147 del 2013, art. 1, comma 732, stabilisce, testualmente: «nelle more del riordino RAGIONE_SOCIALEa materia da effettuare entro il 15 ottobre 2014, al fine di ridurre il contenzioso derivante dall’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni RAGIONE_SOCIALEe concessioni demaniali marittime ai sensi del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 3, comma 1, lett. b), n. 2.1), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni, i procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 settembre 2013 concernenti il pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEo Stato dei canoni e degli indennizzi per l’utilizzo dei beni demaniali marittimi e RAGIONE_SOCIALEe relative pertinenze, possono essere integralmente definiti, previa domanda all’ente gestore e all’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE da parte del soggetto interessato ovvero del destinatario RAGIONE_SOCIALEa richiesta di pagamento, mediante il versamento: a) in un’unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento RAGIONE_SOCIALEe somme dovute; b) rateizzato fino a un massimo di sei rate annuali, di un importo pari al 60 per cento RAGIONE_SOCIALEe somme dovute, oltre agli interessi legali, secondo un piano approvato dall’ente gestore».
Il successivo comma prevede che «la domanda di definizione, ai sensi del comma 732, nella quale il richiedente dichiara se intende avvalersi RAGIONE_SOCIALEe modalità di pagamento di cui alla lett. a) o di quelle di cui alla lett. b) del medesimo comma, è presentata entro il 28 febbraio 2014. La definizione si perfeziona con il versamento RAGIONE_SOCIALE‘intero importo dovuto, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione RAGIONE_SOCIALEa domanda di definizione…».
Orbene, secondo una prima decisione di questa Corte (Cass., sez. 1, 4 gennaio 2022, n. 117) stando al tenore del dettato
normativo, la definizione RAGIONE_SOCIALEa lite rimane condizionata al fatto che: i) il procedimento giudiziario sia pendente e concerna il pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEo Stato dei canoni e degli indennizzi per l’utilizzo dei beni demaniali marittimi e RAGIONE_SOCIALEe relative pertinenze; ii) il contenzioso abbia ad oggetto l’applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni RAGIONE_SOCIALEe concessioni demaniali marittime ai sensi del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 3, comma 1, lett. b), n. 2.1), convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494, e successive modificazioni; iii) sia previamente depositata una domanda in tal senso; iv) venga effettuato il versamento in un’unica soluzione o rateizzato RAGIONE_SOCIALEe somme dovute (e solo nel caso di rateizzazione è necessaria l’approvazione del piano da parte RAGIONE_SOCIALE‘ente gestore), anche se il versamento sia stato già effettuato prima RAGIONE_SOCIALEa domanda di condono.
Sul punto, questa Corte ha, poi, chiarito che spetta al giudice stabilire se la domanda di condono è valida o meno (Cass., sez. 1, 4 gennaio 2022, n. 117), non potendo la PRAGIONE_SOCIALE non solo proporre, ma «addirittura imporre la corretta esegesi RAGIONE_SOCIALEa norma».
Si è ritenuto, infatti, proprio in relazione all’interpretazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 732, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013, che «il provvedimento impugnato erra laddove, ritenendo determinante l’assenza di un riscontro positivo RAGIONE_SOCIALEa domanda in ragione RAGIONE_SOCIALEa discorde interpretazione RAGIONE_SOCIALEa norma fatta dalle parti, finisce per attribuire alla pubblica amministrazione la funzione ermeneutica del disposto di legge, quando una simile attività faceva parte dei compiti istituzionali RAGIONE_SOCIALE‘organo giudicante, e per condizionare l’applicazione del beneficio al contegno adesivo tenuto dall’amministrazione, benché le norme in discorso non prevedono affatto una simile condizione fra i loro presupposti applicativi».
6.1. Tra l’altro, in motivazione si chiede al giudice del rinvio una nuova attività di interpretazione, invitandolo a «impegnarsi in prima persona nell’individuazione del significato proprio RAGIONE_SOCIALEa normativa che governa la fattispecie tenendo conto, peraltro, del mutato quadro normativo intervenuto nelle more del giudizio di legittimità ed includendo nello sforzo esegetico e nei correlati riscontri, ove ne ricorrano i presupposti, il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 100, commi 7, 8, 9 e 10, d.l. 104/2020, convertito con modificazioni dalla l. 126/2020».Nella decisione in esame, dunque, la Corte non dubita affatto che il pagamento RAGIONE_SOCIALEa percentuale dovuta, ai fini del condono, possa essere effettuato anche prima del giudizio e RAGIONE_SOCIALEa domanda di condono.
6.2. Peraltro, anche il sopraggiunto decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni nella legge 13 ottobre 2020, n. 126, al comma 7 RAGIONE_SOCIALE‘art. 100 (Concessioni del RAGIONE_SOCIALE marittimo, lacuale e fluviale) – non applicabile alla controversia in esame ratione temporis – prevede che, ai fini del condono si debba tenere conto RAGIONE_SOCIALEe «somme eventualmente già versate a tale titolo».
Per contro, secondo l’ordinanza n. 8893, depositata il 29 marzo 2023), questa Corte è giunta ad una diversa soluzione respingendo il ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALEa società, con il quale si deduceva che «ha errato la Corte d’appello a ritenere che l’importo versato antecedentemente all’inizio del giudizio non potesse essere utilizzato per perfezionare il condono», mentre ad avviso RAGIONE_SOCIALEa società «le somme in precedenza corrisposte devono andare a scomputo di quelle dovute in virtù del condono».
In tale ultima decisione, pertanto, il pagamento già avvenuto in precedenza ha sortito «l’effetto RAGIONE_SOCIALE‘inevitabile sua (generica) imputazione all’unico rapporto obbligatorio esistente e traente titolo dalla concessione di cui la solvens fruiva. Più esattamente, quel
pagamento ha comportato l’estinzione, integrale ovvero parziale, RAGIONE_SOCIALEa pretesa obbligatoria traente causa RAGIONE_SOCIALEa concessione e, attesa la sua irripetibilità, fatte salvo, beninteso, indebite eccedenze, impossibilità che fosse imputato rapporto obbligatorio insorto successivamente, a seguito e per effetto RAGIONE_SOCIALEa presentazione RAGIONE_SOCIALEa domanda di condono ai sensi dei commi 732 e 733 RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 RAGIONE_SOCIALEa sopravvenuta legge n. 147 del 27/12/2013».
Questa Corte, dunque, condivideva i rilievi RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale secondo cui «il pagamento eseguito ante causam aveva altro titolo ed una precisa imputazione nonché finalità soddisfattiva del debito, che all’epoca si era, quindi, estinto per l’importo corrisposto».
8. Tanto rilevato, ritiene la Corte che debba essere preferito l’orientamento di cui all’ordinanza n. 117 del 2022, in quanto le somme già versate dalla società non possono non essere valutate ai fini del condono e, soprattutto, la somma da pagare va determinata nel 30 % RAGIONE_SOCIALEe somme «dovute», ossia di quelle richieste dall’Amministrazione (in tal senso sia pure con una pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’RAGIONE_SOCIALE per sopravvenuta carenza di interesse vedi Cass., n. 30235 del 2023).
Il dato letterale, infatti, appare insuperabile, come pure la ragionevolezza RAGIONE_SOCIALEa disposizione perché, secondo la diversa interpretazione proposta dalla Amministrazione, la società dovrebbe pagare «il 30 % RAGIONE_SOCIALEa somma ancora dovuta e in contestazione»; sicché oltre a quanto già versato, la società dovrebbe pagare anche il 30 % RAGIONE_SOCIALEa differenza tra il richiesto dall’Amministrazione e quanto la società reputava di dover pagare. Ma è di tutta evidenza che, in tal modo opinandosi, verrebbero ad essere favoriti coloro che non avevano versato alcunchè, o solo una minima parte del dovuto, rispetto a coloro che avevano versato somme maggiori.
Pertanto, ben potevano essere utilizzate ai fini del condono le somme già versate in precedenza per il pagamento del canone demaniale.
In tal senso si è espressa, del resto, anche la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, 13 dicembre 2016, n. 5244), la quale ha ritenuto errata la tesi per cui le «somme dovute» di cui al comma 732 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 147 del 2013 «sono le somme ulteriori rispetto a quelle già versate RAGIONE_SOCIALEa società, pari alla differenza tra il preteso il versato».
Infatti, l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEa tesi RAGIONE_SOCIALEa parte pubblica «comporterebbe l’indebita locupletazione, da parte di questa, del 30% RAGIONE_SOCIALEa differenza tra il preteso il versato, oltre al 30% del preteso, con la conseguenza che per ottenere l’estinzione dei procedimenti in corso gli interessati dovrebbero versare un importo pari alla somma del 30% del preteso e del 30% RAGIONE_SOCIALEa differenza fra pretese versato, il che appare all’evidenza contrario al dettato normativo».
La lettera RAGIONE_SOCIALEa norma è, invece, univoca, e fa riferimento alle somme dovute «se per somme devono intendersi le somme pretese dalla parte pubblica non si può ritenere che siano dovute somme ulteriori rispetto a quelle richieste, essendo evidente che il pagamento effettuato, pari al 30% RAGIONE_SOCIALEe somme richieste, ha prodotto l’effetto estintivo del credito RAGIONE_SOCIALE‘appellata, effetto collegato dalla legge di stabilità al pagamento spontaneo del 30% degli importi dovuti in origine».
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2024