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Condono canoni demaniali: la Cassazione chiarisce

Una società balneare si opponeva al calcolo del canone demaniale per il 2013. Dopo aver versato una parte della somma, aderiva al condono previsto dalla L. 147/2013. La Corte d’Appello aveva stabilito che il condono si dovesse calcolare solo sulla somma residua contestata. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22006/2024, ha cassato tale decisione, affermando che per il perfezionamento del condono canoni demaniali si deve considerare il 30% delle ‘somme dovute’ totali richieste dall’amministrazione, tenendo conto anche dei pagamenti già effettuati.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Condono Canoni Demaniali: La Cassazione Stabilisce Come Calcolare le ‘Somme Dovute’

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito un’interpretazione decisiva sulla corretta applicazione del condono canoni demaniali, introdotto dalla Legge di Stabilità 2014. La questione centrale riguarda il calcolo dell’importo necessario per definire le liti pendenti: si deve considerare la somma totale richiesta dall’amministrazione o solo quella residua ancora in contestazione? La risposta della Suprema Corte favorisce i concessionari e la ragionevolezza, stabilendo che anche i pagamenti già effettuati concorrono al raggiungimento della soglia per il condono.

I Fatti del Caso

Una società titolare di una concessione demaniale marittima per attività turistico-ricreativa si era opposta alla richiesta di pagamento del canone annuo per il 2013, quantificato dal Comune in oltre 86.000 euro. Ritenendo dovuto un importo inferiore (circa 36.000 euro), la società aveva versato una parte della somma.

Successivamente, avvalendosi della facoltà prevista dalla Legge n. 147 del 2013, la società ha presentato domanda di definizione agevolata (il cosiddetto condono), versando un ulteriore importo per raggiungere, insieme a quanto già pagato, un totale pari al 30% della somma originariamente pretesa dall’amministrazione. Tuttavia, sia l’Agenzia del Demanio sia il Ministero dell’Economia si sono opposti, sostenendo che il condono non fosse stato perfezionato correttamente.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva dato ragione all’amministrazione statale. Secondo i giudici di secondo grado, il condono si sarebbe dovuto calcolare sul 30% della somma ‘ancora in contestazione’, ovvero sulla differenza tra l’importo richiesto e quanto già versato dalla società. In pratica, i pagamenti effettuati prima della domanda di condono non potevano essere utilizzati per perfezionare la definizione agevolata, in quanto avevano già ‘estinto parzialmente il debito’ con una specifica imputazione.

Questa interpretazione, di fatto, svantaggiava la società, costringendola a versare una somma maggiore rispetto a quanto previsto per legge.

Il Calcolo del Condono Canoni Demaniali secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato la decisione d’appello, accogliendo i motivi del ricorso della società. I giudici di legittimità hanno affermato un principio di diritto chiaro e inequivocabile: per il perfezionamento del condono canoni demaniali, la base di calcolo è costituita dalle ‘somme dovute’, intese come quelle richieste dall’ente gestore, e non dalle ‘somme ancora dovute’.

Di conseguenza, i pagamenti effettuati in precedenza dal concessionario devono essere considerati e sommati a quelli successivi per raggiungere la soglia del 30% richiesta dalla norma per estinguere il contenzioso.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi letterale e logica della normativa. Il testo dell’art. 1, comma 732, della L. 147/2013 parla di ‘somme dovute’, un’espressione che si riferisce in modo univoco all’intero importo preteso dalla parte pubblica. Ritenere il contrario, come sostenuto dall’amministrazione, porterebbe a conseguenze irragionevoli e inique.

In primo luogo, si verificherebbe un’indebita locupletazione da parte dello Stato, che incasserebbe il 30% della pretesa originaria più un ulteriore 30% sulla differenza. In secondo luogo, si creerebbe una disparità di trattamento, penalizzando i concessionari che, come nel caso di specie, avevano già versato parte del canone, e favorendo coloro che non avevano pagato nulla. L’interpretazione della Corte d’Appello è stata definita ‘contraria al dettato normativo’ e palesemente irragionevole.

La Cassazione ha sottolineato che il dato letterale della norma appare ‘insuperabile’ e che ben possono essere utilizzate, ai fini del condono, le somme già versate in precedenza per il pagamento del canone demaniale, purché la lite fosse pendente al momento dell’entrata in vigore della legge.

Le Conclusioni

La sentenza impugnata è stata cassata e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora decidere la controversia attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione: il condono si perfeziona versando il 30% dell’importo totale richiesto dall’amministrazione, e i pagamenti parziali già effettuati devono essere computati nel calcolo. Questa ordinanza rappresenta un punto fermo per tutti i contenziosi in materia, garantendo un’applicazione della legge equa e conforme alla sua finalità, che è quella di ridurre il contenzioso e non di penalizzare i cittadini più diligenti.

Come si calcola l’importo per il condono dei canoni demaniali previsto dalla Legge 147/2013?
L’importo da versare per la definizione agevolata è pari al 30% delle ‘somme dovute’, ovvero dell’intero importo originariamente richiesto dall’amministrazione pubblica, e non sulla somma residua ancora in contestazione.

I pagamenti effettuati prima della domanda di condono sono validi per perfezionare la definizione agevolata?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che le somme già versate in precedenza per il pagamento del canone demaniale possono e devono essere utilizzate ai fini del condono, sommandole ai versamenti successivi per raggiungere la soglia del 30% richiesta.

Perché la Cassazione ha ritenuto errata l’interpretazione dell’Amministrazione?
Perché tale interpretazione, basata sul calcolo del 30% sulla sola somma residua, era contraria al dato letterale della norma, avrebbe comportato un ingiusto arricchimento per lo Stato (indebita locupletazione) e avrebbe creato una disparità di trattamento penalizzando i concessionari che avevano già effettuato pagamenti parziali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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