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Condanna generica: quando il giudice deve quantificare

Un dipendente pubblico, trasferito ad un nuovo ente, ha citato in giudizio l’amministrazione per ottenere il pagamento di differenze retributive legate all’anzianità. La Corte d’Appello, pur riconoscendo il suo diritto, ha emesso una condanna generica, senza specificare l’importo. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo un principio fondamentale: se l’attore richiede una somma di denaro determinata, il giudice non può limitarsi a una condanna generica, ma deve decidere anche sul ‘quantum’, ovvero quantificare l’importo esatto, accogliendo o respingendo la domanda.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condanna Generica: La Cassazione Chiarisce, il Giudice Deve Quantificare

Quando si avvia una causa per ottenere il pagamento di somme di denaro, è lecito aspettarsi che il giudice, in caso di vittoria, stabilisca l’importo esatto da ricevere. Tuttavia, a volte il sistema giudiziario prevede la cosiddetta condanna generica, una pronuncia che accerta il diritto ma non la somma. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui limiti di questo strumento, affermando un principio cruciale: se la domanda è specifica, anche la sentenza deve esserlo.

I Fatti del Caso: Trasferimento e Differenze Retributive

La vicenda ha origine dalla domanda di un dipendente pubblico, precedentemente impiegato presso un Ente di Sviluppo Agricolo e successivamente transitato nei ruoli di un’Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque. Il lavoratore lamentava di non aver ricevuto il corretto inquadramento economico, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della sua anzianità professionale maturata presso il precedente datore di lavoro.

Il cuore del problema era il trattamento di una specifica voce retributiva, l’Anzianità Professionale Edile (APE), che il nuovo datore di lavoro non aveva considerato nel calcolo della nuova retribuzione. La Corte d’Appello aveva dato parzialmente ragione al lavoratore, riconoscendo che l’APE doveva essere computata per determinare la posizione economica iniziale al momento del trasferimento. Tuttavia, i giudici di secondo grado si erano limitati a una condanna generica al pagamento delle differenze retributive, senza quantificarle.

La decisione dei Giudici: dal merito alla Cassazione

Insoddisfatto della mancata liquidazione delle somme, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. Il motivo principale, e quello che si è rivelato decisivo, riguardava proprio la violazione delle norme processuali per via dell’omessa pronuncia sull’importo dovuto (quantum debeatur). Il ricorrente sosteneva che, avendo formulato una domanda per una somma specifica e quantificata, il giudice d’appello avrebbe dovuto accoglierla o respingerla nel merito, e non eludere la questione con una pronuncia generica.

La questione della condanna generica e i limiti del potere del giudice

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa censura. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: quando un attore chiede la condanna al pagamento di una somma di denaro determinata o facilmente determinabile, il giudice non ha il potere di scindere la decisione sull’esistenza del diritto (an debeatur) da quella sulla sua quantificazione (quantum debeatur).

In altre parole, il giudice non può dire ‘hai diritto, ma vedremo in un’altra causa a quanto’. Deve decidere tutto e subito, accogliendo la domanda e liquidando la somma, oppure respingendola. La condanna generica è ammissibile solo in casi specifici, ad esempio quando vi è un accordo tra le parti o una richiesta esplicita in tal senso, ma non quando l’attore ha già quantificato le sue pretese.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando l’articolo 112 del Codice di Procedura Civile, che impone al giudice di pronunciarsi su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa. Limitarsi a una condanna generica a fronte di una richiesta specifica equivale a un’omessa pronuncia parziale, un vizio che rende la sentenza invalida. È infatti indubbio, si legge nell’ordinanza, che il lavoratore avesse quantificato gli importi pretesi sin dall’inizio del giudizio.

La Corte ha specificato che la decisione d’appello ha violato questo principio fondamentale, creando una situazione di incertezza per il creditore e costringendolo, di fatto, a iniziare un nuovo giudizio per ottenere la liquidazione di un diritto già accertato. Pertanto, la sentenza è stata cassata con rinvio, il che significa che è stata annullata e la causa dovrà essere nuovamente decisa dalla Corte d’Appello, in diversa composizione, che questa volta avrà il compito di calcolare l’esatto ammontare delle differenze retributive spettanti al lavoratore.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Suprema Corte rafforza la tutela del creditore nel processo civile e del lavoro. Stabilisce chiaramente che, di fronte a una domanda di pagamento specifica, il giudice ha il dovere di fornire una risposta completa, che includa non solo l’affermazione del diritto ma anche la sua concreta quantificazione. Questo evita l’inutile prolungamento dei tempi della giustizia e garantisce che chi ha ragione possa ottenere una tutela piena ed effettiva, senza dover affrontare un secondo, lungo e costoso procedimento giudiziario solo per vedere liquidato quanto gli spetta di diritto.

Quando un giudice riceve una richiesta di pagamento per una somma specifica, può emettere una condanna generica?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se l’attore ha chiesto la condanna al pagamento di una somma determinata o determinabile, il giudice non può limitarsi a una condanna generica (che accerta solo il diritto), ma deve decidere anche sull’importo esatto (il ‘quantum’), accogliendo o respingendo la domanda in modo completo.

Cosa succede ai diritti retributivi di un lavoratore in caso di trasferimento ad un’altra amministrazione con un diverso contratto collettivo?
La Corte ha stabilito che l’anzianità e gli emolumenti maturati presso il precedente datore di lavoro devono essere considerati per determinare la retribuzione iniziale e la posizione economica presso il nuovo datore. Tuttavia, per il futuro, si applicheranno gli istituti retributivi previsti dal nuovo contratto collettivo, e i vecchi emolumenti non verranno più erogati come tali, ma confluiscono nel nuovo trattamento economico complessivo.

Perché il motivo di ricorso sulla prescrizione è stato dichiarato inammissibile?
Il motivo è stato ritenuto inammissibile perché il ricorrente non ha adeguatamente documentato le sue affermazioni. Non ha riprodotto il contenuto degli atti del processo di primo grado necessari a dimostrare che l’eccezione di prescrizione fosse stata sollevata tardivamente o da un soggetto non legittimato. In assenza di prove concrete, la Corte di Cassazione non può riesaminare le valutazioni di fatto compiute dal giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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