Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20662 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20662 Anno 2024
Presidente: CONDELLO NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9709/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE), in persona dell’amministratore giudiziario, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (N.V.), già RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
e sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (N.V.), già RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente incidentale-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE), in persona dell’amministratore giudiziario, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente all’incidentale- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di ROMA n. 91/2021 depositata in data 11/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
RAGIONE_SOCIALE liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE, conveniva, dinanzi al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento del danno, provocatole dall’avere eseguito numerosi finanziamenti, in esecuzione degli accordi intervenuti nel 1987 e nel 1989 con la convenuta e delle polizze commerciali e cauzionali emesse in attuazione di detti accordi, per un valore di crediti fattorizzati pari a circa 150 miliardi di lire, senza riuscire a recuperare né le somme anticipate o quelle scontate a favore dei clienti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, per causa RAGIONE_SOCIALE inesistenza delle operazioni sottostanti, né gli
indennizzi dovuti dalla società RAGIONE_SOCIALE, per causa dell’inaffidabilità patrimoniale sia dei cedenti che dei ceduti.
Con la sentenza n. 16676/1999, il Tribunale di Roma rigettava la domanda.
La Corte d’appello di Roma, investita dell’impugnazione da RAGIONE_SOCIALE, con sentenza non definitiva n. 5147/2004, dichiarava la società appellata responsabile per l’inadempimento RAGIONE_SOCIALE convenzione in relazione ai contratti ritenuti inesistenti ed in relazione a quelli che sarebbero stati ritenuti inesistenti all’esito di un supplemento di CTU da espletare nel prosieguo del giudizio, condannandola, previo accertamento di un concorso di colpa nella misura del 50% dell’appellante, al risarcimento del danno e dichiarando la prescrizione in relazione ai contratti ritenuti esistenti.
Su ricorso principale RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si pronunciava questa Corte, con sentenza n. 15904/2009, cassando con rinvio la decisione impugnata limitatamente alla dichiarazione di prescrizione; il giudizio, tuttavia, non veniva riassunto da alcuna delle parti.
Con la sentenza n. 3024/2011, la Corte territoriale di Roma, all’esito del giudizio di appello proseguito con il previsto supplemento di CTU ed il deferimento di giuramento suppletorio al legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, dichiarava estinto l’intero giudizio per la mancata riassunzione del processo in seguito alla cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza non definitiva n. 5147/2004.
Proposto ricorso da RAGIONE_SOCIALE, questa Corte con sentenza n. 14927/2012 cassava con rinvio l’impugnata pronuncia, ritenendo che ‹‹ Qualora il giudice di merito, investito di una domanda risarcitoria formalmente unica, emetta distinte pronunce, autonome tra loro, con l’una parzialmente accogliendo la domanda sul solo ‘an debeatur’ e disponendo il prosieguo del giudizio sul ‘quantum’, e con l’altra parzialmente rigettando la domanda
medesima, e qualora soltanto tale ultima pronuncia sia cassata con rinvio, la mancata riassunzione davanti al giudice di rinvio non comporta l’estinzione del giudizio per il ‘quantum’, che nel frattempo sia proseguito, rilevando il giudicato interno formatosi sulla pronuncia affermativa di ‘an debeatur’››.
Per quanto ancora di interesse, la Corte d’appello di Roma, nel giudizio di rinvio che ne era seguito, con sentenza n. 3599/2016, condannava la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento del complessivo importo di euro 39.094.761,76, oltre agli interessi legali, sul solo capitale rivalutato, a decorrere dalla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza al saldo. Segnatamente, previo accoglimento dell’eccezione di inefficacia del giuramento suppletorio per l’incapacità di disporre del diritto di colui che lo aveva prestato, dichiarava di avere il potere-dovere di decidere la causa sulla base degli elementi di giudizio già acquisiti prima del deferimento del giuramento, quindi, prescindendo da esso, e, chiarito che il giudizio aveva ad oggetto la quantificazione del danno, essendosi formato il giudicato interno sull’ an debeatur, con riferimento agli anticipi concessi ed alle date degli stessi, con detrazione delle somme delle quali la società era rientrata (alla data dei rientri medesimi), riteneva la documentazione suppletiva acquisita in appello e necessaria per l’integrazione RAGIONE_SOCIALE CTU (si trattava di copia dei saldi movimentati risultanti dalle schede contabili a partire dal 31 ottobre 1992, dell’elenco dei pagamenti intercorsi con indicazione di date e modalità, dell’aggiornamento degli importi e delle aspettative di recupero relativi alle insinuazioni al passivo fallimentare) ammissibile, in quanto indispensabile per la decisione, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. applicabile ratione temporis , essendo emerso il suo valore dirimente in sede di consulenza tecnica contabile ai fini RAGIONE_SOCIALE quantificazione del credito risarcitorio mediante la differenza fra le anticipazioni effettuate e gli incassi ottenuti risultanti dalle schede contabili, e che, stante
l’indispensabilità dei detti documenti, restava assorbita la questione RAGIONE_SOCIALE mancata prestazione del consenso alla loro acquisizione da parte dell’appellata, che comunque aveva potuto ampiamente contraddire; iv) negava la debenza degli interessi maturati al 31 dicembre 1992, indicati nella tabella B RAGIONE_SOCIALE consulenza integrativa, non risultando inclusi nella definizione di danno contenuta nella sentenza n. 5147/2004; v) riteneva che i dati evincibili dalla tabella C allegata alla consulenza integrativa (in cui si era tenuto conto RAGIONE_SOCIALE perizia in sede penale, dei provvedimenti di ammissione allo stato passivo, dei decreti ingiuntivi e degli estratti conto al 31 ottobre 1992) dovevano essere confrontati con la tabella A al fine di tenere conto degli incassi risultanti dalle schede contabili prodotte.
Con ordinanza n. 18564 del 13/07/2018 questa Corte accoglieva il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale proposto da RAGIONE_SOCIALE e cassava con rinvio la decisione impugnata: il secondo, avente ad oggetto l’ammissibilità RAGIONE_SOCIALE produzione dei nuovi documenti, il cui esame era stato fatto oggetto del supplemento di CTU, veniva ritenuto fondato, perché ‹‹L’ammissibilità dei nuovi documenti ai sensi dell’art. 345 è condizionata alla specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, quale implicita richiesta di ammissione nel processo, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione nel corso del giudizio non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo››; e nel caso di specie detti documenti erano stati acquisiti per effetto RAGIONE_SOCIALE richiesta del CTU, non risultavano formati successivamente all’introduzione del giudizio di appello, trattandosi di documenti pacificamente antecedenti il gravame; il terzo motivo, relativo alla liquidazione degli interessi, sul capitale via via rivalutato, era stato accolto, perché ‹‹Nell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito, che costituisce tipico debito di valore, è possibile che la mera
rivalutazione monetaria dell’importo liquidato in relazione all’epoca dell’illecito, ovvero la diretta liquidazione in valori monetari attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore››, se il creditore abbia soddisfatto l’onere di provare che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data RAGIONE_SOCIALE sentenza, se il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo.
RAGIONE_SOCIALE riassumeva il giudizio in sede di rinvio ai sensi degli artt. 392 e 394 cod. proc. civ. e chiedeva la condanna RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE al pagamento a titolo di risarcimento del danno di euro 16.660.498,12 -o RAGIONE_SOCIALE somma da quantificarsi anche equitativamente -oltre alla rivalutazione monetaria a decorrere dal 1° gennaio 1993 sino alla data RAGIONE_SOCIALE decisione e agli interessi al tasso legale sulla somma via via rivalutata a decorrere dal 1° gennaio 1993 sino alla data RAGIONE_SOCIALE decisione, il tutto oltre agli ulteriori interessi al tasso legale a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza e sino al saldo effettivo, oltre agli accessori.
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 91/2021, depositata in data 11/01/2021 e notificata il 2/02/2021, ha ritenuto che le fosse stato rimesso il compito di accertare il danno, per poi eventualmente liquidarlo (con gli accessori), senza utilizzare la documentazione dichiarata inammissibile, atteso il passaggio in giudicato RAGIONE_SOCIALE declaratoria di inadempimento RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE agli obblighi assunti contenuto nella sentenza di condanna generica n. 5147/2004 e preso atto che essa non aveva accertato (anche) l’esistenza di un danno, ma solo la astratta potenzialità dannosa RAGIONE_SOCIALE condotta illecita; ha poi osservato che senza il supporto RAGIONE_SOCIALE documentazione tardivamente prodotta e del giuramento suppletorio dichiarato inefficace non poteva che concludersi che la RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato l’effettiva erogazione
delle anticipazioni e di conseguenza l’esistenza di un danno riconducibile alle somme erogate e non recuperate.
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando due motivi.
Resiste e propone ricorso incidentale, basato su un solo motivo, la società RAGIONE_SOCIALE, al quale resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod. proc. civ.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE
Con il primo motivo sono dedotte la violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 2909 cod. civ. nonché degli artt. 278, 324 e 384 cod.proc.civ. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 4, cod.proc.civ.
La tesi RAGIONE_SOCIALE società ricorrente è che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che il giudicato interno si fosse formato solo sull’ an debeatur e che ciò non le precludesse di negare il risarcimento del danno per difetto di prova RAGIONE_SOCIALE sua ricorrenza. In particolare, l’errore consisterebbe nell’aver negato che la sentenza non definitiva di condanna generica, passata in giudicato, contenesse un accertamento esteso sino a ricomprendere non solo l’astratta potenzialità dannosa RAGIONE_SOCIALE condotta illecita, ma anche l’esistenza del danno.
Attinta da censura è, in particolare, la statuizione reiettiva del primo motivo di impugnazione con il quale era stato evocato il passaggio in giudicato dell’accertamento dell’esistenza del danno, richiamando a supporto un passaggio RAGIONE_SOCIALE decisione d’appello n. 3599/2016, ove era stato ritenuto coperto da giudicato l’accertamento delle anticipazioni fatte dalla odierna ricorrente, con la conseguenza che oggetto di giudizio avrebbe dovuto essere solo
il quantum debeatur . La Corte territoriale ha reputato che il motivo riproponesse un’eccezione già rigettata da Cass. n. 18564/2018, nella parte in cui aveva ritenuto che la sentenza di condanna generica al risarcimento presuppone l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di danno, il cui concreto accertamento è riservato alla fase successiva, il cui esito ben può essere nel senso del rigetto RAGIONE_SOCIALE pretesa risarcitoria, giacché la sentenza di condanna generica non contiene alcun giudicato sull’ an , e che inoltre la statuizione RAGIONE_SOCIALE pronuncia n. 3599/2016, oltre ad essere stata superata dalla cassazione RAGIONE_SOCIALE successiva sentenza d’appello, si era comunque basata sulla documentazione ritenuta inammissibile.
La premessa del ragionamento confutativo RAGIONE_SOCIALE ricorrente è che la giurisprudenza di legittimità riconosce la possibilità che la sentenza di condanna generica contenga l’accertamento dell’esistenza di un danno (Cass. 11/10/2016, n. 20444; Cass. 2/08/2016, n. 16026; Cass. 23/01/2009, n. 1701; Cass. 18/01/2000, n. 495) e che, nel caso di specie, la sentenza di condanna generica contenesse un quid pluris, non essendosi limitata ad accertare, come di norma, solo l’astratta potenzialità dannosa RAGIONE_SOCIALE condotta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ma anche l’ an debeatur , rimettendo al prosieguo del giudizio esclusivamente la quantificazione del danno.
A supporto di tanto viene riproposto parte del contenuto:
A) RAGIONE_SOCIALE sentenza n. 5147/2004, rilevando che la Corte d’appello aveva espressamente affermato:
che ‹‹dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado di appello sono emerse le seguenti situazioni: a) anticipazioni su crediti esistenti , b) anticipazioni su crediti rivelatisi poi inesistenti, c) anticipazioni su crediti in ordine ai quali il c.t.u. non è stato in grado di determinare, allo stato, l’esistenza o l’inesistenza delle operazioni sottostanti››;
ii) che la causa necessitava ‹‹di ulteriore istruttoria in quanto va accertata l’entità del danno subito dalla società appellante con riferimento agli anticipi concessi e alle date degli stessi con detrazione delle somme delle quali la società sia rientrata (e alle date dei rientri), tenuto conto RAGIONE_SOCIALE svalutazione monetaria medio tempore intercorsa ed applicata la riduzione dl 50% tenuto conto RAGIONE_SOCIALE suindicata concorrente responsabilità dell’appellante››;
B) RAGIONE_SOCIALE successiva sentenza n. 3599/2016, nella parte in cui la Corte d’appello aveva specificamente affermato che era necessario attenersi al ‹‹giudicato interno costituito dalle statuizioni RAGIONE_SOCIALE sentenza non definitiva RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Roma n. 5147/2004, alle pagine 28 e seguenti, in cui è stato ritenuto, per quanto qui rileva, che dalla consulenza tecnica d’ufficio, espletata in grado di appello (elaborato depositato in data 10/3/2003) erano emerse …b) anticipazioni su crediti rivelatisi poi inesistenti, in relazione ai quali la RAGIONE_SOCIALE risponde per la violazione degli obblighi assunti nella convenzione del 1987-1989 e per i quali trova applicazione il suindicato principio di concorso di colpa del danneggiato che la Corte, in considerazione dell’attività svolta dalla società appellante..; c) anticipazioni su crediti in ordine ai quali il c.t.u. non è stato in grado di determinare, allo stato, l’esistenza o l’inesistenza delle operazioni sottostanti››.
Proprio perché la giurisprudenza di questa Corte non ha escluso che la sentenza di condanna generica possa contenere l’accertamento dell’ an debeatur, demandando ad un successivo giudizio soltanto la sua liquidazione, la ricorrente denuncia il fatto che la Corte d’appello abbia omesso di esaminare quale fosse il contenuto concreto RAGIONE_SOCIALE sentenza di condanna generica, limitandosi ad una presa d’atto RAGIONE_SOCIALE sua qualificazione giuridica in termini di sentenza di condanna generica.
Inoltre, il giudice a quo avrebbe erroneamente ritenuto che la sentenza n. 5147/2004 avesse utilizzato documenti ‘dichiarati
inammissibili’ dall’ordinanza n. 18564/2018, di modo che (anche) tale accertamento sarebbe stato superato ‘dalla successiva cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello’, ‘platealmente’ confondendo l’oggetto su cui avrebbe dovuto condurre l’indagine, allo scopo di verificare se si fosse o meno formato, nei precedenti gradi di giudizio, un giudicato sull’ an esteso anche all’esistenza del danno, ossia nel caso di specie in ordine alla esistenza delle anticipazioni, ritenute all’origine del danno.
I passaggi RAGIONE_SOCIALE sentenza di condanna generica n. 5147/2004 su cui la corte territoriale avrebbe dovuto fondare il suo accertamento sono, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, i seguenti: ‹‹dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado di appello sono emerse le seguenti situazioni: a) anticipazioni su crediti esistenti , b) anticipazioni su crediti rivelatisi poi inesistenti, c) anticipazioni su crediti in ordine ai quali il c.t.u. non è stato in grado di determinare, allo stato, l’esistenza o l’inesistenza delle operazioni sottostanti»; la causa necessita ‹‹di ulteriore istruttoria in quanto va accertata l’entità del danno subito dalla società appellante con riferimento agli anticipi concessi e alle date degli stessi con detrazione delle somme di cui la RAGIONE_SOCIALE era rientrata››.
Dette affermazioni sarebbero passate in giudicato, non sarebbero state travolte dalla ritenuta inammissibilità dei documenti utilizzati per espletare il supplemento di CTU, disposto proprio con ordinanza emessa contestualmente alla pronuncia RAGIONE_SOCIALE sentenza di condanna generica del 2004.
In sostanza, secondo la ricorrente, il danno – che identifica nelle contestate anticipazioni – sarebbe stato ritenuto sussistente dalla pronuncia di condanna generica passata in giudicato, a nulla rilevando l’interpretazione che di detto giudicato era stata (già) fornita dalla successiva sentenza di condanna del 2016 tanto con riferimento al fatto che l’affermazione svolta dalla Corte d’Appello nella sua sentenza di condanna del 2016 era stata ‘superata dalla
successiva cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello’ quanto con riguardo al fatto che dette affermazioni si erano venute a fondare ‘sugli esiti RAGIONE_SOCIALE CTU’ che aveva utilizzato i documenti dichiarati inammissibili dall’ordinanza n. 18564/2018.
Inoltre, avrebbe errato nel ritenere che l’ordinanza di questa Corte n. 18564/2018 contenesse un accertamento negativo circa la portata estesa RAGIONE_SOCIALE ricorrenza dell’ an debeatur di cui alla sentenza di condanna generica, giacché, pur potendo l’interpretazione del giudicato interno stabilizzarsi all’interno del processo per effetto di una decisione esplicita (o implicita) su detta specifica questione, allorché questa Corte, nell’ordinanza n. 18564/2018, aveva ritenuto priva di pregio ‘l’eccezione di inammissibilità sollevata nel controricorso’ da RAGIONE_SOCIALE (l’odierna ricorrente) avverso la statuizione di condanna resa nella sentenza n. 3599/2016 RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Roma, ‘per essere la questione dell’esistenza delle erogazioni oramai assorbita dal giudicato interno sull’an e dovendo procedere il giudice di merito solo alla determinazione del quantum’, non aveva esaminato né risolto in concreto la specifica questione RAGIONE_SOCIALE maggiore o minore ampiezza dell’efficacia di accertamento promanante dalla sentenza di condanna generica del 2004; si era limitata ad evocare un estratto di detta pronuncia (senza alcuna connessione né con uno specifico motivo di ricorso, né in ogni caso con l’accoglimento di esso, ripetitivo del tradizionale orientamento di legittimità in merito al contenuto minimo di una sentenza di condanna generica ed ai rapporti tra detta ‘ordinaria’ pronuncia sull ‘an e il successivo giudizio sul quantum .
Di conseguenza, la conclusione RAGIONE_SOCIALE ricorrente è che neppure il carattere chiuso del giudizio di rinvio precludesse alla Corte d’appello di accertare la concreta portata RAGIONE_SOCIALE sentenza di condanna generica, mancando nella pronuncia rescindente la decisione di questioni, di diritto e anche di fatto, costituenti il
presupposto necessario e inderogabile RAGIONE_SOCIALE pronuncia espressa in diritto. In altri termini, l’affermazione di una certa estensione oggettiva degli effetti di giudicato e di accertamento derivanti dalla sentenza di condanna generica n. 5147/2004 non avrebbe costituito ‘il presupposto necessario e inderogabile’ RAGIONE_SOCIALE pronuncia di cassazione (parziale) resa nel 2018, ossia RAGIONE_SOCIALE pronuncia di accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso allora proposto da COGNOME.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione degli artt. 132, 2° comma n. 4), cod.proc.civ. e dell’art. 111, comma 6, Cost. e comunque per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione inesistente o solamente apparente, nonché per violazione dell’art. 384, 2° comma, cod.proc.civ.
Secondo la corte territoriale, poiché la sentenza n. 3599/2016 aveva proceduto alla condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 39.094.761,76, fondando la statuizione condannatoria anche sugli esiti del supplemento di CTU del 2007 e poiché -ancora – per la formazione di tale supplemento di CTU erano stati acquisiti (nuovi) documenti in violazione delle regole processuali (dichiarati, pertanto, inutilizzabili dall’ordinanza n. 18564/2018), non restava che ritenere non raggiunta la prova di un danno risarcibile, con conseguente rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda.
Alla base RAGIONE_SOCIALE statuizione di rigetto RAGIONE_SOCIALE domanda per difetto di prova non vi sarebbe, secondo RAGIONE_SOCIALE, una motivazione, ma ‘l’applicazione di una (mera) ipotesi altrettanto astratta che suggestiva (come già si diceva) solo apparentemente logica’, una ‘(pseudo) motivazione’, giustificata in modo radicalmente apodittico, senza cioè formulare alcun riferimento a ciò che il giudice a quo ha valutato dal punto di vista istruttorio al
fine, appunto, di addivenire alla conclusione per cui nel caso di specie doveva dirsi non raggiunta la prova in ordine alla effettiva erogazione delle anticipazioni, fonte di danno: mancando l’indicazione degli elementi di prova valorizzati (anche negativamente) e vieppiù difettando, dichiaratamente e consapevolmente, la valutazione degli elementi di prova comunque a disposizione del giudice a quo , in via di ‘(solo apparentemente) logica implicazione da quanto accaduto nei pregressi gradi di merito’.
In aggiunta, il motivo di ricorso attinge la statuizione con cui la Corte d’appello ha affermato che ‹‹senza il supporto del giuramento suppletorio dichiarato inefficace’ non era stato possibile dimostrare ‘l’effettiva erogazione di anticipazioni’››.
La ricorrente insiste con la tesi che con la sentenza di condanna n. 3599/2016 la Corte d’appello avesse liquidato il danno nonostante la dichiarata inefficacia del giuramento suppletorio precedentemente disposto, rilevando di avere il potere-dovere di decidere comunque la causa perché ‘già prima RAGIONE_SOCIALE delazione del giuramento vi erano sufficienti elementi di giudizio acquisiti alla causa’.
Ed ancora osserva che, con l’ordinanza n. 18564/2018, questa Corte aveva dichiarato inammissibile la produzione dei documenti (nuovi) in occasione del supplemento di CTU del 2007 ed aveva dichiarato assorbiti gli ulteriori sub motivi, relativi all’indispensabilità di quei documenti, perché pregiudicati dalla riscontrata fondatezza di altro profilo di censura, perciò il giudice di rinvio non avrebbe potuto far leva sulla valutazione di indispensabilità emessa dalla Corte territoriale per giustificarne l’ammissione in grado di appello, perché, all’esito RAGIONE_SOCIALE ordinanza n. 18564/2018, ‘non si aveva a che fare, infatti, con documenti indispensabili dichiarati inammissibili nonostante la loro acclarata indispensabilità ma, diversamente, con documenti (solo)
oggettivamente nuovi inutilizzabili perché prodotti in violazione delle norme processuali che ne regolano il deposito in grado di appello, dunque a prescindere dalla loro indispensabilità che rimaneva, dunque, tutt’altro che acclarata’.
Peraltro, l’ordinanza n. 18564/2018 aveva cassato con rinvio l’impugnata sentenza: segno che non aveva ritenuto impossibili né non più necessari ulteriori accertamenti di fatto, ma aveva rimesso alla Corte d’appello (almeno) il compito di rivalutare l’intero materiale istruttorio (andato esente da censure): la CTU del 2003, il supplemento di CTU del 2007 -ad eccezione dei documenti qualificati inutilizzabili (individuati ed enumerati, tra l’altro, alle pagg. 23 e 24 RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata) – le altre circostanze risultate definitivamente accertate, vale a dire la conclamata adeguatezza del materiale probatorio impiegato nella sentenza di condanna n. 3599/2016. Né, in verità, le era precluso disporre una nuova CTU contabile.
Prima di procedere allo scrutinio dei motivi, va verificata la procedibilità del ricorso.
3.1) Parte ricorrente, con la memoria depositata in vista dell’odierna Camera di Consiglio, dà atto di quanto segue:
il 14 aprile 2021 provvedeva al deposito telematico del ricorso;
la busta che lo conteneva eccedeva i 30 mb; ciononostante, il sistema la accettava e provvedeva autonomamente a creare un deposito principale (generando la ricevuta di consegna del 14 aprile 2021, ore 16.33,55) e un deposito complementare (per il quale generava la ricevuta di consegna del 14 aprile 2021, ore 16.34,33);
in data 20 aprile 2021 la Cancelleria di questa Corte accettava il deposito principale;
venerdì 4 giugno 2021 la Cancelleria rifiutava il deposito complementare con la seguente motivazione: ‘deposito principale non ancora pervenuto’;
martedì 8 giugno 2021 la Cancelleria certificava, a seguito di richiesta di chiarimenti del depositante, che l’erroneo rifiuto RAGIONE_SOCIALE busta telematica relativa al deposito complementare era stato causato esclusivamente da un’anomalia tecnica del sistema del PCT integrato in Cassazione non imputabile alla parte;
visto il rifiuto da parte RAGIONE_SOCIALE Cancelleria del deposito telematico provvedeva senza indugio in data 9 giugno 2021 ad altri tre nuovi depositi telematici, tutti regolarmente accettati dal sistema.
Sulla scorta di quanto rappresentato chiede che questa Corte consideri tempestivo il deposito telematico del ricorso del 9 giugno 2021.
3.1) Sul punto è opportuno precisare che :
il deposito telematico di un atto si articola in quattro fasi, che coincidono con il rilascio di altrettanti messaggi di p.e.c. da parte del sistema informatico: 1) ‘ricevuta di accettazione deposito’, ossia la ricevuta di presa in carico del messaggio da parte del gestore p.e.c. del mittente; 2) ‘ricevuta di avvenuta consegna›› (“RdAC” – cd. “seconda PEC”), con la quale il gestore p.e.c del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE attesta che lo stesso è stato ricevuto nella sua casella; 3) ‘esito controlli automatici deposito’ (cd. “terza Pec”), la quale viene inviata dal gestore dei servizi telematici del RAGIONE_SOCIALE e contiene l’esito dei controlli che il sistema effettua automaticamente sulla busta, all’esito dei quali possono essere segnalate al depositante anomalie che sono codificate secondo specifiche tipologie: warn, anomalia non bloccante, error, anomalia bloccante, non preclusiva dell’accettazione manuale da parte RAGIONE_SOCIALE Cancelleria; fatal, anomalia non gestibile per gravi carenze dell’atto che non consentono l’elaborazione e accettazione
manuale; 4) ‘accettazione deposito’ (cd. “quarta PEC”), che viene inviata dalla cancelleria dell’ufficio giudiziario destinatario del deposito e che contiene l’eventuale accettazione o il rifiuto del deposito, previo scrutinio delle anomalie eventualmente rilevate dal sistema. Solo a seguito dell’accettazione, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo visibile alle controparti e la relativa formalità può dirsi perciò compiuta.
3.2) Le coordinate normative che disciplinano tale percorso sono, infatti, le seguenti:
art. 16 bis , comma 7, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazione dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, secondo il quale “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza…” ;
art. 13, comma 2, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 (Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e RAGIONE_SOCIALE comunicazione), per il quale ‘i documenti informatici di cui al comma 1 si intendono ricevuti dal dominio RAGIONE_SOCIALE nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE; la ricevuta di avvenuta consegna attesta, altresì, l’avvenuto deposito dell’atto o del documento presso l’ufficio giudiziario competente;
art. 14 provv. DGSIA 16 aprile 2014, a mente del quale: “(7). Il gestore dei servizi telematici effettua i controlli automatici (formali) sulla busta telematica; le possibili anomalie all’esito dell’elaborazione RAGIONE_SOCIALE busta telematica sono codificate secondo le seguenti tipologie: a) WARN (WARNING): anomalia non bloccante;
si tratta in sostanza di segnalazioni, tipicamente di carattere giuridico (ad esempio manca la procura alle liti allegata all’atto introduttivo); b) ERROR: anomalia bloccante, ma lasciata alla determinazione dell’ufficio ricevente, che può decidere di intervenire forzando l’accettazione o rifiutando il deposito (esempio: certificato di firma non valido o mittente non firmatario dell’atto); c) FATAL: eccezione non gestita o non gestibile (esempio: impossibile decifrare la busta depositata o elementi RAGIONE_SOCIALE busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione). (8). La codifica puntuale degli errori indicati al comma precedente è pubblicata e aggiornata nell’area pubblica del portale dei servizi telematici. (9). All’esito dei controlli di cui ai commi precedenti, il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata riportante eventuali eccezioni riscontrate. (10). Il gestore dei servizi telematici, all’esito dell’intervento dell’ufficio, invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata contenente l’esito dell’intervento di accettazione operato dalla cancelleria o dalla segreteria dell’ufficio giudiziario destinatario”.
3.3) In forza di tali provvedimenti normativi, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che per accertare la tempestività del deposito occorra fare riferimento al momento in cui viene generata, da parte del gestore di posta elettronica certificata del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) e, cioè, la cosiddetta “seconda p.e.c.”. Nondimeno, in considerazione del fatto che il procedimento di deposito telematico è una fattispecie a formazione progressiva, detta c.d. seconda Pec consente di ritenere perfezionato il deposito con effetto anticipato, ma provvisorio, giacché il buon esito del procedimento è solo quello comprovato dalla c.d. quarta Pec (Cass., Sez. Un., 11/10/2023, n. 28403). In altri termini, il valore RAGIONE_SOCIALE RdAC è considerato equiparabile a quello del timbro del “depositato” solo per effetto del superamento
dei controlli automatici, nel senso che è solo l’esito positivo di questi ultimi che consente alla seconda ricevuta PEC di produrre -anticipatamente rispetto al momento di ricezione RAGIONE_SOCIALE quarta ricevuta – gli effetti giuridici previsti dal comma 7 dell’art. 16bis d.l. n. 179 del 2012 (e 13 del d.m. n. 44 del 2011): Cass. 20/08/2020, n. 17404 (in motivazione).
Insomma, finché il depositante non riceve la c.d. quarta PEC non può considerare andato a buon fine il procedimento di deposito; ricevuta la quarta pec si consolidano gli effetti del deposito a far data dal ricevimento RAGIONE_SOCIALE c.d. seconda Pec, al quale può essere riconosciuto un effetto prenotativo.
3.3.1) Il problema riguarda la fase intermedia tra la seconda e la quarta Pec; è dubbio se il depositante sia, per il mero fatto di aver ricevuto la seconda Pec, legittimato ad assumere un contegno meramente attendista ovvero se un comportamento di mera inerzia possa risultargli pregiudizievole, in applicazione del principio vigilantibus non dormientis iura succurrunt .
A tal riguardo, vanno fatte alcune considerazioni preliminari:
i) prima del d.m. 29/12/2023, n. 217, nel caso di deposito telematico di atti processuali, mentre la prima e la seconda PEC sono generate dal sistema illico et immediate , la terza e la quarta PEC potevano nei fatti pervenire al depositante anche a distanza di giorni, ed in qualche caso di mesi, costringendo il depositante ‘ad attendere i messaggi attestanti il superamento dei controlli automatici e manuali, senza alcuna certezza sul se e sul quando gli sarebbero pervenuti, e con il rischio di apprendere dell’esito infruttuoso del deposito dopo la scadenza del termine per eseguirlo. Per ovviare a tale situazione il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con la Circolare 23.10.2015, § 5, ricordò agli uffici giudiziari come dovesse ‘assolutamente escludersi che possano trascorrere diversi giorni tra la data RAGIONE_SOCIALE ricezione di atti o documenti e quella di accettazione degli stessi da parte RAGIONE_SOCIALE cancelleria’, e raccomandò
che l’accettazione del deposito telematico di atti processuali avvenisse ‘entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio RAGIONE_SOCIALE‘. Una raccomandazione di questo tipo, per la fonte da cui promanava e per la pubblicità che ebbe, secondo la giurisprudenza di questa Corte, suscitò nelle parti un ragionevole affidamento sul fatto che l’esito del deposito telematico sarebbe stato loro reso noto il giorno successivo alla effettuazione del medesimo e, conseguentemente, sul fatto che eventuali anomalie RAGIONE_SOCIALE procedura di deposito telematico, o anche errori da loro compiuti nell’esecuzione RAGIONE_SOCIALE stessa, sarebbero emerse al più tardi il giorno lavorativo successivo al deposito’: Cass. 13/06/2024, n. 16552;
ii) il depositante deve poter confidare nel sistema tecnologico e, quindi, nel buon esito del procedimento avviato con la spedizione (attestata dalla prima p.e.c. e dalla seconda p.e.c.), senza che inconvenienti successivi, dipendenti dal ‘RAGIONE_SOCIALE‘, possano incidere sulla validità e tempestività dell’attività processuale compiuta in caso di mancato completamento dell’ iter del deposito telematico;
iii) tale affidamento non giustifica una inerzia che assuma i caratteri del disinteresse rispetto alle sorti del deposito telematico del ricorso -si veda, in tal senso, Cass. 7/07/2023, n. 19307 -; detto affidamento deve essere ragionevolmente riposto, cioè deve basarsi su una causa che lo giustifichi, ovvero sulla ricorrenza di un univoco quid pluris , da valutare caso per caso, che, secondo l’i d quod plerumque accidit , renda l’attesa avveduta , cioè generi la fondata convinzione del depositante circa l’esito positivo del processo di deposito.
3.3.3) Ebbene, nel caso di specie, l’accettazione del deposito del ricorso per così dire spacchettato -sebbene la busta che lo conteneva superasse i 30 mb e il sistema avesse accettato il deposito del ricorso, creando un deposito principale ed uno
complementare -aveva fatto legittimamente confidare il depositante nell’avvenuta neutralizzazione da parte del sistema dell’errore iniziale in cui era incorso (eccedenza dimensionale RAGIONE_SOCIALE busta) e tale affidamento si era addirittura rafforzato con il ricevimento RAGIONE_SOCIALE terza pec che confermava l’assenza di problemi tecnici sia pure relativamente al (solo) deposito principale (20 aprile 2021), inducendolo a riporre fiducia quanto al fatto che di lì a poco avrebbe ricevuto la terza pec positiva anche del deposito complementare.
Solo con il ricevimento RAGIONE_SOCIALE pec che gli comunicava l’esito negativo del deposito complementare, per una ragione in tutta evidenza non collimante con i dati oggettivi in suo possesso -la pec comunicava il mancato deposito del deposito principale che invece la pec del 20 aprile 2021 dava per accettato senza problemi -la catena di segni univoci che lo avevano indotto ad attendere inerte lo svolgimento dei passaggi procedimentali successivi si era interrotta, ingenerando allarme nel depositante, il quale immediatamente aveva reagito, attivandosi per acquisire informazioni dalla cancelleria apprendendo prima telefonicamente poi con un’attestazione scritta (8 giugno 2021) che il sistema per errore fatale a lui non imputabile non aveva agganciato il deposito complementare a quello principale.
Sussistono, dunque, i presupposti per ritenere che, pure a fronte di un errore iniziale colpevole (quello relativo alle dimensioni RAGIONE_SOCIALE busta che conteneva il ricorso), si fossero create le condizioni -la creazione di una doppia busta, la terza pec di esito positivo del deposito principale -che legittimavano l’odierna ricorrente ad assumere un atteggiamento attendista fino al ricevimento RAGIONE_SOCIALE pec che le comunicava che il deposito complementare non era andato a buon fine per un errore bloccante non imputabile.
Avendo la parte provveduto senza indugio a riprendere, questa volta con esito positivo (9 giugno 2021), il procedimento di
deposito telematico, il Collegio riconosce la piena efficacia di detta attività: dai documenti menzionati da parte ricorrente, e portati a conoscenza di questa Corte in ossequio delle prescrizioni di cui all’art. 366, 1° comma, cod.proc.civ., emerge che, come detto, la parte ha avuto notizia RAGIONE_SOCIALE mancata accettazione del deposito, a causa di un errore bloccante, solo in data 4 giugno 2021 e che la sua reazione è stata immediata, cioè il comportamento tenuto di fronte al verificarsi del “fatto ostativo” in sé rilevante, è stato pronto (Cass. 12/01/2024, n. 1348).
A fronte di una situazione quale quella venutasi a determinare vi erano, secondo la giurisprudenza di questa Corte, due alternative: la ripresa RAGIONE_SOCIALE procedura di deposito atta ad impedire, attraverso la rinnovazione dell’atto, la decadenza, facendo sì che gli effetti del nuovo deposito, ove andato a buon fine, retroagiscano alla data RAGIONE_SOCIALE prima RdAC (Cass. 1/02/2024, n. 2972; Cass. 12/01/2024, n.1348; Cass. civ. n. Cass. 6/10/2023, n. 28176; Cass. 10/10/2022, n. 29357); la richiesta di rimessione in termini, ex art. 153 cod.proc.civ. (Cass. 12/01/2024, n. 1348 ).
La ripresa tempestiva del procedimento di deposito unitamente alla ricorrenza di circostanze che univocamente avevano indotto parte ricorrente ad attendere il buon esito RAGIONE_SOCIALE procedura conducono a ritenere che il deposito del ricorso del 9 giugno 2021 abbia retroagito alla data RAGIONE_SOCIALE prima RdAC (la c.d. seconda pec).
Il ricorso è dunque procedibile e si può passare allo scrutinio dei motivi.
Il primo motivo è complessivamente infondato.
5.1) Non è vero, infatti, che la pronuncia emessa nel giudizio rescindente non abbia statuito, con efficacia di giudicato, sul tipo di accertamento contenuto nella sentenza di condanna generica e che quindi alla Corte d’appello nel giudizio di rinvio non fosse precluso rimettere in discussione detto accertamento.
A tal fine va ribadito che il giudicato si forma, oltre che sull’affermazione o negazione del bene RAGIONE_SOCIALE vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del decisum , quelli cioè che si presentano come la premessa indefettibile RAGIONE_SOCIALE pronunzia, mentre non comprende le enunciazioni puramente incidentali e in genere le considerazioni estranee alla controversia e prive di relazione causale col decisum . L’autorità del giudicato è circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione RAGIONE_SOCIALE pronunzia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande proposte, sicché ogni affermazione eccedente la necessità logico giuridica RAGIONE_SOCIALE decisione deve considerarsi un “obiter dictum”, come tale non vincolante (cfr. Cass. 8/02/2019, n. 3793; Cass. 8/02/2012, n. 1815).
Questa Corte aveva così ricostruito il contenuto del primo motivo del ricorso principale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE : ‹‹… si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 183 e 346 cod. proc. civ., nonché degli artt. 2736, n. 2 cod. civ., 240 cod. proc. civ., 2697 e 2699 ss. cod. 5 civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. Osserva la ricorrente principale, premesso che oggetto del giudizio di rinvio era l’accertamento sia dell’effettività che dell’importo delle erogazioni, che la corte territoriale, dopo avere dichiarato inefficace il giuramento suppletorio deferito in quanto il danno era stato quantificato dal CTU senza riscontro RAGIONE_SOCIALE attendibilità e veridicità dei dati, anziché rigettare la domanda ha trasformato in prova piena, quali prove documentali, quelle che, in sede di acquisizione da parte del CTU, erano state considerate mere allegazioni, così integrando le seguenti violazioni: 1) quelle allegazioni erano comunque precluse, in quanto dedotte oltre il termine di cui all’art. 183 cod. proc. civ. previsto per il giudizio di primo grado, né erano deducibili in appello in quanto l’art. 346 cod. proc. civ. consente la riproposizione delle domande, ma non la loro precisazione con aggiunta di elementi assertivi; 2) nell’ipotesi di
ricorso incidentale di controparte in ordine alla dichiarata inefficacia del giuramento, le allegazioni erano inidonee ad integrare la semiplena probatio (errore assorbito dalla circostanza che il giuramento era stato dichiarato inefficace per ragioni relative al soggetto che lo aveva prestato); 3) in violazione RAGIONE_SOCIALE regola dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova era stata accolta la domanda nonostante che fosse venuta meno la prova in ragione RAGIONE_SOCIALE inefficacia del giuramento, non potendo le allegazioni avere l’efficacia di piena prova che le era stata riconosciuta dalla corte territoriale, come esemplificato dai modi di quantificazione del danno in relazione alle singole posizioni››.
Aveva poi premesso al suo scrutinio nel merito quanto segue: ‹‹priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità sollevata nel controricorso per essere la questione dell’esistenza delle erogazioni ormai assorbita dal giudicato interno sull’ an e dovendo procedere il giudice di merito solo alla determinazione del quantum. La pronuncia di condanna generica al risarcimento presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l’accertamento RAGIONE_SOCIALE concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice RAGIONE_SOCIALE liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull’ an (fra le tante Cass. 13 settembre 2012, n. 15335)››.
Risulta allora evidente che aveva scrutinato nel merito il primo motivo di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, proprio muovendo dalla premessa che non si fosse affatto formato il giudicato sull’an debeatur .
5.2) Giusta o sbagliata che sia detta statuizione aveva costituito la premessa indefettibile che aveva legittimato la Corte di Cassazione ad esaminare il primo motivo di ricorso.
È sufficiente questo rilievo per escludere che la Corte d’appello potesse ritenere che il giudicato si fosse formato anche sull’ an debeatur, come preteso dall’odierna ricorrente.
Il giudice del rinvio:
non può eludere la sentenza rescindente, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale e processuale o per errore del principio di diritto affermato (Cass. 04/04/2013, n. 8225); il principio di diritto, infatti, non può essere rimesso in discussione, essendo intangibile, salvi gli effetti di jus superveniens , di dichiarazioni di illegittimità costituzionale o di sentenze RAGIONE_SOCIALE Corte CE su di esso incidenti (Cass., Sez. Un., 03/07/2009, n. 15602 e successiva giurisprudenza conforme);
deve uniformarsi alla regola giuridica enunciata ed alle premesse logico-giuridiche RAGIONE_SOCIALE decisione adottata nel giudizio rescindente, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE sentenza di cassazione, in contrasto con il principio di sua intangibilità;
c) non può mettere in discussione gli accertamenti di diritto e di fatto posti a base RAGIONE_SOCIALE sentenza rescindente, neanche sotto profili diversi da quelli prospettati nel giudizio di cassazione; la sentenza di annullamento RAGIONE_SOCIALE cassazione segna i limiti del giudizio di rinvio, il quale non si può estendere a questioni che, pur non esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio, costituiscono il presupposto logico-giuridico RAGIONE_SOCIALE sentenza stessa, formando oggetto di giudicato implicito ed interno (Cass. 29/09/2014, n. 20474 e successiva giurisprudenza conforme);
Sulla scorta di dette osservazioni, è del tutto irrilevante occuparsi del se la sentenza di condanna generica possa contenere un accertamento vincolante circa l’ an debeatur . Questa Corte, nel
giudizio rescindente, aveva statuito con efficacia vincolante che la sentenza di condanna generica -anche se non aveva fatto riferimento espresso alla sentenza n. 5147/2004, non aveva enunciato un principio astratto, proprio perché aveva rigettato con contenuto decisorio l’eccezione RAGIONE_SOCIALE controricorrente -non conteneva un accertamento sull’ an debeatur .
Era, dunque, passato in giudicato il fatto che la sentenza di condanna generica avesse accertato l’esistenza dell’evento di danno e del nesso di causalità materiale tra questo e la condotta RAGIONE_SOCIALE responsabile, senza pronunciarsi sul nesso di causalità giuridica che legava quell’evento di danno alle conseguenze dannose dell’illecito, ex art. 1223 cod.civ., onde la necessità di un’ulteriore indagine circa le conseguenze pregiudizievoli dell’evento (al fine di procedere alla relativa liquidazione): Cass. 23/02/2023, n. 5682; Cass. 14/09/2022, n. 27016.
Specificamente Cass., Sez Un., 15/11/2022, n. 33659 ha avuto occasione di precisare che causalità materiale e causalità giuridica non sono le fasi di una successione cronologica, ma sono i due diversi punti di vista in sede logico-analitica dell’unitario fenomeno del danno, il quale non è identificabile ‘se non alla luce di questa dualità di nessi causali, l’uno informato al criterio RAGIONE_SOCIALE regolarità causale, l’altro a quello RAGIONE_SOCIALE conseguenzialità immediata e diretta. Cagionato l’evento di danno, la fattispecie del fatto illecito è integrata con la realizzazione delle conseguenze pregiudizievoli, senza che fra evento e conseguenza vi sia un distacco temporale: la distinzione è logica, non cronologica’, sicché il danno assume rilievo non in quanto cagionato da un evento lesivo né l’evento lesivo è rilevante di per sé, cioè là dove non produce una conseguenza dannosa.
Pertanto, la Corte d’appello, nel giudizio di rinvio, in quanto giudice (anche) dell’ an debeatur nei termini di cui si è detto, era legittimata ad escludere la condanna risarcitoria nell’ipotesi di
mancata prova del nesso di causalità giuridica tra l’evento dannoso e il danno lamentato.
5.3) Dette considerazioni assorbono le ulteriori censure mosse alla sentenza impugnata con il motivo qui scrutinato.
Il secondo motivo merita accoglimento per quanto di ragione.
6.4) La sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello, corretta quanto alla delimitazione RAGIONE_SOCIALE quaestio decidendi -accertamento che dall’inadempimento fosse derivato un danno e sua liquidazione e all’inutilizzabilità del giuramento suppletorio e dei documenti inammissibili utilizzati dall’ausiliario per espletare il supplemento di CTU, ha motivato la statuizione reiettiva RAGIONE_SOCIALE pretesa risarcitoria in sostanza (solo) con la seguente affermazione: ‹‹la lettura integrale RAGIONE_SOCIALE sentenza di questa Corte n. 3599/2016, cassata con rinvio, consente di rilevare che anche l’affermazione ‘ … danno già comunque chiaramente ritenuto esistente dalla Corte, con pronuncia passata in giudicato, con cui è stata, fra l’altro, accertata l’esistenza delle contestate anticipazioni’ oltre ad essere superata dalla successiva cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di appello, si fonda sugli esiti RAGIONE_SOCIALE CTU effettuata utilizzando quei documenti dichiarati inammissibili dall ‘ ordinanza 18564/2018 più volte richiamata››.
Ebbene, la sentenza n. 3599/2016 era stata sì cassata, ai fini che qui interessano, per avere deciso sul danno utilizzando il supplemento di CTU che a sua volta aveva impiegato documenti giudicati inammissibili, ma la pronuncia rescindente aveva rimesso al giudice del rinvio l’accertamento e la liquidazione del danno, sia pure con il vincolo del principio di diritto di non avvalersi dei documenti giudicati inammissibili.
La pronuncia rescindente aveva rimesso, dunque, al giudice del rinvio l’accertamento RAGIONE_SOCIALE sussistenza dell’ an e del quantum debeatur , pur con il limite costituito dal principio di diritto processuale enunciato, il solo al quale era tenuto ad uniformarsi il
giudice del rinvio (cfr. supra § 1.1.1.2) ed a tanto quest’ultimo non ha provveduto, per ragioni che meritano le censure mossegli dalla ricorrente.
Dovendo decidere la causa juxta alligata et probata , avrebbe, infatti, dovuto esaminare tutte le prove acquisite al giudizio e comunque indicare le ragioni per cui ha ritenuto che la prova dell ‘an e del quantum debeatur non potesse trarsi dalle altre prove già facenti parte del corredo probatorio.
Ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
La società RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod.proc.civ. e dell’art. 6 del dm n. 55/2014.
Attinta da censura è la statuizione di regolazione delle spese di lite, ritenuta errata per due ragioni: a) per aver applicato il dm n. 55/2014 a tutti i diversi giudizi svolti nel complessivo procedimento, in considerazione del fatto che al giudizio di appello, conclusosi con la sentenza n. 3024/2011, e al giudizio di legittimità, definito con la sentenza n. 15904/2009, avrebbero dovuto essere applicati i parametri di cui al dm 127/2004, al giudizio di legittimità, definito con la sentenza n. 14927/2012, avrebbero dovuto essere applicati i parametri di cui al dm 140/2012, solo ai restanti giudizi di appello e di legittimità avrebbe dovuto essere applicato il dm 55/2014; b) per aver liquidato importi errati rispetto a quelli enunciati: indicazione dello scaglione, maggiorazione in ragione RAGIONE_SOCIALE complessità e numero delle questioni da trattare.
Il ricorso incidentale è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale.
Per le ragioni esposte, va accolto il secondo motivo del ricorso principale, va rigettato il primo motivo del ricorso principale, va dichiarato assorbito il ricorso incidentale. L’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche