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Condanna generica nel licenziamento illegittimo

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35108/2024, ha confermato la legittimità di una condanna generica nei confronti di un’azienda per licenziamento illegittimo. Il lavoratore non è tenuto a provare l’esatto ammontare della propria retribuzione nella prima fase del giudizio, potendo richiedere prima l’accertamento del diritto al risarcimento e, solo in un secondo momento, la sua quantificazione. La Corte ha respinto il ricorso dell’azienda, ribadendo che questa scissione tra l’accertamento del diritto (‘an’) e la determinazione dell’importo (‘quantum’) è pienamente ammissibile anche nel rito del lavoro.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condanna Generica: Sì al Risarcimento Senza Prova del Quantum

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nel contenzioso lavoristico: la validità della condanna generica in caso di licenziamento illegittimo. La Suprema Corte ha stabilito che un lavoratore può ottenere una sentenza che dichiari il suo diritto al risarcimento senza dover provare, fin da subito, l’esatto ammontare della sua retribuzione. Questa decisione, n. 35108 del 2024, rafforza la tutela del lavoratore e chiarisce importanti aspetti procedurali.

I Fatti del Caso: Un Licenziamento Contestato

Il caso trae origine dal licenziamento disciplinare di un dipendente, ritenuto illegittimo sia in primo grado che in appello. I giudici di merito avevano condannato la società a riassumere il lavoratore o, in alternativa, a versargli un’indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse obiezioni. In particolare, sosteneva che la sentenza fosse errata perché i giudici avevano emesso una condanna generica senza che il lavoratore avesse fornito la prova dell’ammontare della sua retribuzione, un elemento ritenuto essenziale per quantificare il risarcimento. Secondo la società, tale modo di procedere violava le norme sul giusto processo.

La Decisione della Cassazione sulla Condanna Generica

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la piena legittimità dell’operato dei giudici di merito. I giudici supremi hanno chiarito alcuni principi fondamentali applicabili al rito del lavoro.

La Scissione tra “An” e “Quantum”

Il punto centrale della decisione è il riconoscimento che, anche nel diritto del lavoro, è possibile scindere il giudizio in due fasi:
1. Accertamento del diritto (an debeatur): In questa fase, il giudice si limita a verificare se il diritto al risarcimento esiste. Nel caso specifico, si accerta l’illegittimità del licenziamento.
2. Quantificazione del danno (quantum): In una fase successiva, anche attraverso un giudizio separato, si determina l’esatto ammontare economico del risarcimento.

La Corte ha specificato che la legge (in particolare l’art. 8 della L. 604/1966) non richiede che il lavoratore dimostri l’entità della propria retribuzione come presupposto per ottenere la tutela risarcitoria. Il legislatore, per agevolare una rapida definizione delle impugnative di licenziamento, ha volutamente permesso di rinviare la precisa quantificazione a un momento successivo.

La Motivazione sulla Quantificazione dell’Indennità

La Cassazione ha anche respinto la censura relativa alla determinazione dell’indennità in sei mensilità. La Corte d’Appello aveva motivato la sua scelta sulla base di criteri specifici: la grave violazione del diritto di difesa del lavoratore, causata dall’assoluta genericità della contestazione disciplinare, e le dimensioni dell’impresa. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione del giudice di merito sull’ammontare dell’indennità, all’interno del minimo e del massimo previsti dalla legge, è insindacabile se non per motivazione assente, illogica o contraddittoria, vizi non riscontrati nel caso di specie.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su una solida giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite, che ammette la proponibilità di una domanda limitata all’accertamento del solo an debeatur. Questo principio garantisce al danneggiato la libertà di scegliere le forme di tutela più adeguate, senza essere costretto a unire in un unico processo l’accertamento del diritto e la sua complessa quantificazione. Viene così smentita la tesi della società ricorrente, secondo cui la domanda del lavoratore doveva essere intesa fin dall’inizio come una richiesta di condanna a una somma specifica. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile questo motivo di ricorso perché la società non aveva trascritto il contenuto integrale dell’atto introduttivo, limitandosi a riportare le conclusioni, dalle quali non emergeva una richiesta di determinazione del quantum. Infine, sono state respinte anche le eccezioni basate sui principi di ne bis in idem e di infrazionabilità del credito, in quanto non pertinenti alla fase processuale in corso.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di notevole importanza pratica. I lavoratori che impugnano un licenziamento illegittimo non sono gravati dall’onere di produrre immediatamente tutta la documentazione necessaria a calcolare l’esatto importo del risarcimento (come le buste paga). Possono concentrarsi sulla dimostrazione dell’illegittimità del recesso, ottenendo una sentenza di condanna generica che accerti il loro diritto. La quantificazione economica potrà essere affrontata in un secondo momento, semplificando e accelerando la prima e più importante fase del giudizio, quella volta a ottenere giustizia contro un licenziamento ingiusto.

È necessario dimostrare l’importo esatto della propria retribuzione per impugnare un licenziamento e chiedere un risarcimento?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è possibile ottenere una condanna generica che accerti il diritto al risarcimento senza dover provare immediatamente l’ammontare esatto della retribuzione. La quantificazione del danno può avvenire in un secondo momento.

Un lavoratore può limitare la sua richiesta al solo accertamento dell’illegittimità del licenziamento, rimandando la richiesta economica a un giudizio successivo?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata, anche nel rito del lavoro è ammissibile una domanda limitata all’accertamento del diritto (‘an debeatur’), con riserva di agire in un separato giudizio per la liquidazione del danno (‘quantum’).

Su quali basi il giudice determina l’importo del risarcimento per licenziamento illegittimo in caso di tutela obbligatoria?
Il giudice valuta diversi parametri indicati dall’art. 8 della Legge n. 604/1966, come le dimensioni dell’impresa e il comportamento delle parti. Nel caso specifico, la Corte ha dato rilievo alla grave violazione del diritto di difesa del lavoratore e al volume d’affari dell’impresa. Non è necessario che il giudice analizzi congiuntamente tutti i criteri previsti dalla norma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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