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Condanna alle spese: chi paga se sbaglia il riscossore?

Una società si opponeva a una cartella esattoriale, ottenendone l’annullamento per un vizio imputabile all’agente della riscossione. I giudici di merito avevano disposto la condanna alle spese solo a carico di quest’ultimo. La società ha fatto ricorso in Cassazione, chiedendo la condanna solidale anche dell’ente impositore. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la condanna alle spese deve seguire il principio di causalità: se l’errore è esclusivamente dell’agente della riscossione, solo quest’ultimo è tenuto a rimborsare le spese legali alla parte vittoriosa.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Condanna alle Spese: La Cassazione Decide Chi Paga Quando l’Agente di Riscossione Sbaglia

Quando un cittadino o un’azienda impugna una cartella esattoriale e vince la causa, sorge una domanda cruciale: chi paga le spese legali? La questione si complica quando i soggetti coinvolti sono due: l’ente che ha richiesto il tributo (es. un Comune) e l’agente che si occupa materialmente della riscossione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3817/2024, fa luce sulla ripartizione della condanna alle spese, stabilendo un principio di causalità molto chiaro.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata proponeva opposizione contro una cartella esattoriale emessa su richiesta di un’amministrazione comunale. In primo grado, il giudice dava ragione alla società, annullando la cartella per un motivo direttamente imputabile all’operato dell’agente della riscossione. Di conseguenza, solo quest’ultimo veniva condannato a pagare le spese legali.

La società, non soddisfatta, appellava la decisione, sostenendo che anche l’ente impositore (il Comune) avrebbe dovuto essere condannato in solido. L’obiettivo era avere due debitori anziché uno, per una maggiore garanzia di recupero del credito. Sia in primo che in secondo grado, però, i giudici confermavano la decisione iniziale.

La questione è così giunta fino alla Corte di Cassazione, chiamata a decidere se, in casi come questo, la condanna alle spese debba gravare solo su chi ha materialmente commesso l’errore o su entrambi i soggetti convenuti in giudizio.

La Decisione della Corte sulla Condanna alle Spese

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le sentenze precedenti. Il ragionamento dei giudici supremi è stato netto e si basa su un’attenta distinzione delle responsabilità.

Secondo la Corte, ai fini della liquidazione delle spese legali, è fondamentale distinguere due scenari:

1. Errore dell’Ente Impositore: Se la cartella viene annullata per un vizio che risale all’attività dell’ente creditore (ad esempio, un calcolo errato del tributo), l’obbligo di pagare le spese può essere esteso in via solidale anche all’agente della riscossione. Quest’ultimo, successivamente, avrà diritto di regresso nei confronti dell’ente.
2. Errore dell’Agente della Riscossione: Se, come nel caso di specie, l’annullamento della cartella è dovuto a un errore commesso esclusivamente dall’agente della riscossione (ad esempio, un vizio di notifica), allora solo quest’ultimo deve essere ritenuto responsabile e, di conseguenza, condannato al pagamento delle spese.

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con cui la società lamentava il mancato interesse a procedere, sottolineando che la valutazione sulla solvibilità di una delle parti è un obiter dictum, ovvero un’argomentazione non centrale per la decisione e quindi non censurabile in quella sede.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nel principio di causalità. La Corte di Cassazione ha affermato che estendere la condanna alle spese all’ente impositore, quando questo è del tutto estraneo all’errore che ha causato l’annullamento della cartella, equivarrebbe a “invertire la sequenza causale nell’imputazione delle spese”. In altre parole, non si può far pagare le conseguenze di un errore a chi non lo ha commesso.

La responsabilità per le spese processuali deve seguire la stessa logica della soccombenza nel merito: chi ha dato causa alla lite con la propria condotta illegittima deve sopportarne i costi. Nel momento in cui l’illegittimità è confinata all’operato dell’agente della riscossione, l’ente impositore non può essere considerato soccombente e, pertanto, non può essere condannato al pagamento delle spese.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante guida pratica per cittadini e imprese che si trovano a contestare atti della riscossione. La decisione chiarisce che la responsabilità per la condanna alle spese è strettamente legata all’individuazione del soggetto che ha commesso l’errore. Se l’errore è dell’agente della riscossione, l’azione per il recupero delle spese legali dovrà essere diretta esclusivamente nei suoi confronti. Al contrario, se il vizio è a monte, e quindi imputabile all’ente creditore, si potrà agire in via solidale contro entrambi, aumentando le garanzie di soddisfazione del proprio credito.

Se una cartella esattoriale viene annullata per un errore dell’agente della riscossione, l’ente impositore (es. il Comune) può essere condannato a pagare le spese legali?
No. Secondo la sentenza, se la cartella è annullata per un motivo imputabile esclusivamente all’agente della riscossione, solo quest’ultimo è tenuto a pagare le spese legali. Estendere l’obbligo all’ente impositore sarebbe contrario al principio di causalità.

Cosa succede se, invece, l’errore che porta all’annullamento della cartella è stato commesso dall’ente impositore?
In questo caso, l’obbligo di pagare le spese processuali può essere esteso in via solidale anche all’agente della riscossione, il quale avrà poi il diritto di rivalersi (regresso) sull’ente impositore per recuperare quanto pagato.

È possibile chiedere la condanna in solido dell’ente impositore sostenendo che sia un soggetto più solvibile dell’agente della riscossione?
No. La Corte ha ritenuto che la valutazione sulla presunta maggiore solvibilità di una parte rispetto all’altra sia irrilevante ai fini della decisione sulla condanna alle spese, che deve basarsi unicamente sul principio di causalità e soccombenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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