Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26794 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26794 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19882/2024 R.G. proposto da :
NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione telematica come per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domiciliazione telematica come per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 328/2024 depositata l’8/03/2024 .
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 19/09/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, all’epoca dei fatti di circa quarantotto anni di età, verso le 19.30 del 28/08/2016 cadde a causa di un tombino privo di adeguata livellatura nella INDIRIZZO di Barisciano, mentre era ivi in corso la Sagra della patata e riportò la frattura scomposta del gomito sinistro.
NOME COGNOME, dopo avere esperito la negoziazione assistita, convenne in giudizio il Comune RAGIONE_SOCIALE Barisciano dinanzi al Tribunale di L’Aquila .
Il Tribunale, nel rituale contraddittorio delle parti, accertò, con sentenza non definitiva, la responsabilità esclusiva del Comune, e a seguito di consulenza tecnica di ufficio, con sentenza definitiva n. 214 del 2023, lo condannò al risarcimento dei danni, quantificati in oltre ventimila euro.
Il Comune propose impugnazione e la Corte d’appello di L’Aquila, nel ricostituito contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE, ritenne sussistente un concorso di colpa di questa, ai sensi dell’art. 1227 c.c., nella misura del 50% e ridusse della metà la posta risarcitoria e quindi a poco più di diecimila euro.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE con atto affidato a due motivi.
Resiste il Comune di Barisciano con controricorso.
Il ricorso è stato avviato inizialmente a definizione anticipata mediante il deposito di una proposta.
La difesa di NOME ha chiesto la decisione in forma collegiale.
Il ricorso è stato, pertanto, fissato per l’adunanza camerale del 19/09/2025 per la quale il Procuratore generale ha fatto pervenire conclusioni scritte per il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
All’adunanza del 19/09/2025 il ricorso è stato trattenuto in decisione e il collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
Primo motivo: violazione e (o) falsa applicazione di legge ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c. in relazione all’art. 2051 c.c. Error in iudicando . Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. circa la condotta anomala della vittima.
Secondo motivo: «violazione e (o) falsa applicazione di legge ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 115 c.p.c. Violazione e (o) falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. in relazione all’obbligo di motivazione.
La proposta di definizione anticipata è la seguente: « la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisandosi i seguenti profili di inammissibilità/manifesta infondatezza/improcedibilità dello stesso:
si premette che la decisione impugnata è senz’altro conforme, in diritto, ai consolidati principi (del resto puntualmente e chiaramente richiamati dalla corte d’appello), da tempo enunciati da questa Corte nella materia della responsabilità per cose in custodia (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2477 del 01/02/2018, Rv. 647933 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Rv. 647934 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 2481 del 01/02/2018, Rv. 647935 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 2482 del 01/02/2018, Rv. 647936 -01-02; Sez. 3, Ordinanza n. 2483 del 01/02/2018, Rv. 648247 -02; cfr. altresì: Sez. 3, Ordinanze nn. 2478 e 2479 del 01/02/2018, non massimate), successivamente ribaditi in più occasioni (Cass., Sez. 6 -3, Ordinanza n. 27724 del 30/10/2018, Rv. 651374 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9315 del 03/04/2019, Rv. 653609 -01; Sez. 3,
Ordinanza n. 20312 del 26/07/2019, Rv. 654924 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17873 del 27/08/2020, Rv. 658754 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 34886 del 17/11/2021, Rv. 663127 -01; Sez. 3, Ordinanza n. 38089 del 02/12/2021, Rv. 663300 – 02; Sez. 3, Ordinanza n. 35429 del 01/12/2022, Rv. 666487 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 14228 del 23/05/2023, Rv. 667836 -02; Sez. 3, Ordinanza n. 21675 del 20/07/2023, Rv. 668745 – 01), anche a Sezioni Unite (Cass., Sez. U, Ordinanza n. 20943 del 30/06/2022, Rv. 665084 – 01), e ancor più di recente riaffermati (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11152 del 27/04/2023, Rv. 667668 -01-02-03), secondo i quali « la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha natura oggettiva -in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode -e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole », dovendosi peraltro precisare che questi ultimi concetti -contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente -vanno intesi non nel senso della assoluta impossibilit à di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte ‘ oggettivamente ‘ non prevedibili secondo la normale regolarità causale e, comunque, quanto meno colpose (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14228 del 23/05/2023, Rv. 667836 -02; Sez. 3, Ordinanza n. 21675 del 20/07/2023, Rv. 668745 – 01); Sez. 3, Sentenza n. 2376 del 24/01/2024, Rv. 670396 – 01), nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la
cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile (cfr., in proposito, di recente: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 35966 del 27/12/2023);
in particolare, risulta correttamente applicato il principio di diritto secondo il quale « in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa -dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espress o dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più inci dente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro» (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Rv. 647934 -01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 2480 del 01/02/2018, Rv. 647934 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17873 del 27/08/2020, Rv. 658754 -01; Sez. 6 3, Ordinanza n. 17873 del 27/08/2020, Rv. 658754 -01)
il rilievo -nel caso di specie -della sussistenza di una ipotesi di concorso colposo della vittima nella determinazione dell’evento dannoso, e la valutazione di tale concorso nella misura del 50%,
risultano fondati su accertamenti di fatto espressamente enunciati nella motivazione della sentenza impugnata, che appare adeguata, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, non è sindacabile nella presente sede; tanto premesso, ne deriva la manifesta infondatezza di tutti i motivi del ricorso (connessi tra loro, logicamente e giuridicamente e, quindi, esaminabili congiuntamente): sia con riguardo alla censura di violazione dell’art. 2051, in quanto i principi di d iritto enunciati ed applicati in proposito dalla corte d’appello sono senz’altro conformi all’indirizzo consolidato di questa Corte in materia, come più sopra chiarito; sia con riguardo a quella di violazione dell’art. 115 c.p.c. nonché dell’obbligo di mot ivazione, in quanto la decisione impugnata risulta sostenuta da motivazione adeguata, fondata sulla prudente valutazione delle prove disponibili, tenuto conto delle allegazioni e delle difese delle parti; d’altra parte, le predette censure non risultano effettuate con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 -01, 640193 -01 e 640194 -01; Sez. U, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018, Rv. 647010 -01, non massimata sul punto; da ultimo: Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 -02); in particolare, deve certamente escludersi la sussistenza di una ipotesi di cd. travisamento delle prove, tale da costituire violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto con le censure formulate nel ricorso non è dedotta una svista concernente il fatto probatorio in sé, contestandosi, al più, il processo di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, peraltro al di fuori dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 e 5, c.p.c. (cfr., in proposito, Cass., Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024, Rv. 670391 -01);
in definitiva, le censure di cui al ricorso si risolvono tutte nella contestazione di accertamenti di fatto sostenuti da adeguata motivazione, non manifestamente apparente né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito nel giudizio di legittimità;
è appena il caso di osservare, infine, che è, in radice, inammissibile la censura di «omessa insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5 cpc», non essendo tale censura ammessa come motivo di ricorso per cassazione, nell’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., applicabile nella specie ratione temporis.» .
Il Collegio condivide le ragioni d’inammissibilità , dei singoli motivi del ricorso, di cui alla proposta di definizione accelerata e rileva che le prospettazioni difensive di cui alla memoria depositata dalla ricorrente non valgono a incrinare le esposte ragioni in quanto entrambi i motivi chiedono una rivisitazione della ricostruzione del fatto storico, effettuata in modo dettagliato dalla Corte d’appello, che ha reiterato la lettura delle risultanze testimoniali e ha valutato le circostanze di tempo e di luogo in modo specifico; il ricorso inoltre, quale ragione di inammissibilità autonoma, ha richiamato la formulazione dei motivi anche sulla base della precedente formulazione del n. 5 dell’art. 360 codice di rito che faceva riferimento alla motivazione omessa, contraddittoria o insufficiente.
A fronte della dettagliata ricostruzione dell’evento e della conseguente individuazione della responsabilità concorrente della COGNOME , secondo un giudizio di piena compatibilità dell’applicazione dell’art. 2051 c.c. e dell’art. 1227 c.c., le prospettazioni censorie si limitano a una mera contrapposizione e, quindi, in definitiva, alla mera richiesta di una diversa valutazione dei fatti di causa, pur se le censure sono veicolate nel primo motivo, mediante il richiamo, meramente formale, all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.
Con riferimento alle censure prospettate ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132, secondo comma, n. 2 c.p.c. il Collegio ritiene che la motivazione resa dalla Corte d’appello è, sia in punto di diritto che di fatto, ampiamente superiore al c.d. minimo Costituzionale come individuato dalla giurisprudenza di questa Corte da oltre un decennio (Sez. U, n. 8053 del 7/04/2014; Cass. n. 27415 del 29/10/2018; Cass. n. 23940 del 13/10/2017 e Cass. n. 17761 del 8/09/2016) e resiste, pertanto, alla prospettazione di mera apparenza che le attribuisce la difesa della COGNOME.
Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
In applicazione dell’art. 380 bis , comma terzo c.p.c., come da ultimo interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. U n. 36069 del 27/12/2023 Rv. 670580 – 01), e in considerazione del carattere di puro merito delle censure proposte dalla COGNOME attinenti l’applicazione da parte della Corte territoriale dell’art. 1227 c.c., la ricorrente deve essere condannata, in considerazione dell’esatta riproduzione in sede di decisione collegiale della decisione di inammissibilità del ricorso, al pagamento della somma di Euro duemilacinquecento ai sensi dell’art 96, comma terzo, c.p.c. e della somma di Euro duemilacinquecento, in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, c.p.c.
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre a euro 200,00 per esborsi oltre al rimborso forfetario al 15% e CA e IVA per legge nonché al pagamento di Euro 2.500,00 ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. e di Euro 2.500,00 a favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione III civile, in data 19/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME