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Concorso di colpa: la Cassazione sulla caduta per tombino

Una cittadina cade a causa di un tombino non livellato durante una sagra. La Corte d’Appello riconosce un concorso di colpa del 50%, dimezzando il risarcimento. La Corte di Cassazione conferma la decisione, dichiarando inammissibile il ricorso della danneggiata e sottolineando l’importanza della prudenza e della prevedibilità del pericolo da parte della vittima.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Concorso di Colpa: La Cassazione si Pronuncia su una Caduta per Tombino Sconnesso

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla responsabilità per danni da cose in custodia (ex art. 2051 c.c.) e sul ruolo della condotta della vittima. Il caso riguarda una caduta causata da un tombino, ma i principi espressi dalla Corte di Cassazione hanno una valenza generale e chiariscono quando si configura un concorso di colpa che riduce il risarcimento del danno. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa: La Caduta e il Contenzioso

Una signora, durante una sagra di paese, cadeva a causa di un tombino non correttamente livellato con il piano stradale, riportando la frattura del gomito sinistro. Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva riconosciuto la responsabilità esclusiva del Comune, condannandolo a un risarcimento di oltre ventimila euro.

Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava parzialmente la decisione. I giudici di secondo grado, pur confermando la responsabilità del Comune, ritenevano che la danneggiata avesse contribuito a causare il danno con la sua condotta. Pertanto, applicando l’art. 1227 c.c., stabilivano un concorso di colpa nella misura del 50%, dimezzando di conseguenza l’importo del risarcimento.

Contro questa sentenza, la signora proponeva ricorso per Cassazione.

L’Analisi della Corte: Il Ruolo della Vittima nel Danno

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello. Il fulcro del ragionamento dei giudici supremi si basa su principi consolidati in materia di responsabilità da cose in custodia.

La Responsabilità Oggettiva del Custode

L’art. 2051 c.c. stabilisce una forma di responsabilità oggettiva: il custode (in questo caso, il Comune) è responsabile del danno causato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Il caso fortuito può essere rappresentato da un evento naturale imprevedibile, dal fatto di un terzo o, come in questo caso, dalla condotta del danneggiato stesso.

La Valutazione del Concorso di Colpa

La condotta della vittima può assumere un ruolo cruciale. Secondo la Corte, il comportamento del danneggiato interrompe il nesso causale (escludendo la responsabilità del custode) o si configura come concorso di colpa (riducendo il risarcimento) quando è caratterizzato da oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità. Questo non significa che il custode non debba mai aspettarsi una condotta imprudente, ma che la responsabilità viene meno o si attenua quando la vittima viola i doveri minimi di cautela che ci si può ragionevolmente attendere da lei in quelle specifiche circostanze.

In altre parole, quanto più un pericolo è prevedibile e superabile con l’ordinaria diligenza, tanto più incide la condotta imprudente del danneggiato che non ha adottato le necessarie cautele.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto che la decisione d’appello fosse ben motivata e giuridicamente corretta. I giudici di merito avevano effettuato un’analisi dettagliata dei fatti, basata sulle testimonianze e sulle circostanze di tempo e luogo, concludendo che la vittima avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione. La Corte di Cassazione, non potendo riesaminare i fatti, ha verificato che i principi di diritto fossero stati applicati correttamente.

Il ricorso della signora è stato giudicato inammissibile perché, in sostanza, chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti, un’attività preclusa in sede di legittimità. Le censure mosse dalla ricorrente si limitavano a contrapporre una diversa lettura degli eventi, senza individuare vizi giuridici nella sentenza impugnata. Inoltre, i motivi del ricorso erano formulati in modo generico e facevano riferimento a una versione superata dell’art. 360 c.p.c., rendendoli proceduralmente inammissibili.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi subisce un danno non è sempre e comunque esente da responsabilità. Il dovere generale di ragionevole cautela, espressione del principio di solidarietà (art. 2 Cost.), impone a ciascuno di prestare attenzione per salvaguardare la propria incolumità. Quando un pericolo è visibile o comunque prevedibile con un normale sforzo di diligenza, la condotta distratta della vittima contribuisce a causare il danno. La decisione della Cassazione, confermando il concorso di colpa al 50%, sottolinea come la responsabilità per l’incidente non possa ricadere interamente sull’ente custode quando anche il cittadino ha omesso le cautele esigibili nel contesto specifico.

Quando la condotta della vittima può ridurre il risarcimento per danni da cose in custodia?
La condotta della vittima riduce o esclude il risarcimento quando viola i doveri minimi di cautela e risulta imprudente. Secondo la Corte, quanto più una situazione di possibile danno è prevedibile e superabile con l’adozione di normali cautele, tanto più è rilevante l’efficienza causale del comportamento imprudente del danneggiato.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché le censure si risolvevano in una richiesta di nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività non consentita nel giudizio di legittimità. La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e che i principi di diritto sul concorso di colpa fossero stati applicati correttamente.

Che cosa si intende per condotta ‘oggettivamente’ non prevedibile della vittima?
Non si intende l’assoluta impossibilità di prevedere un comportamento imprudente, ma ci si riferisce a quelle condotte che, secondo la normale regolarità causale e le circostanze del caso, violano i doveri minimi di cautela esigibili dalla generalità delle persone. La valutazione non si basa sul piano soggettivo del custode, ma su un criterio oggettivo di prevedibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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