Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3912 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3912 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 8554 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
C.C.C. –RAGIONE_SOCIALE , C.F.: P_IVA, con sede in Roma, INDIRIZZO, in persona del Legale Rappresentante p.t. Dott. Ing. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -Pec EMAIL, che lo rappresenta e difende, in virtù di procura speciale spillata in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
Ministero della difesa (C.P. NUMERO_DOCUMENTO), in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.P. NUMERO_DOCUMENTO), presso i cui uffici domicilia in Roma, INDIRIZZO ( FAX NUMERO_TELEFONO – PEC EMAIL.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 5499 depositata il 5 settembre 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .-Con la sentenza indicata in intestazione la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente l’appello proposto dal committente Ministero della difesa avverso la decisione del tribunale della stessa città e riduceva ad euro 457.867,27, dunque della metà rispetto a quanto stabilito in primo grado, il risarcimento spettante all’appaltatore RAGIONE_SOCIALE sulla base delle riserve 1, 3 e 4, formulate a seguito di difetti del progetto definitivo dell’appalto integrato stipulato il 22 dicembre 2005, concernente la realizzazione di nuova una palazzina polifunzionale in Roma, INDIRIZZO.
2 .- Osservava la Corte territoriale, esaminando il primo motivo di gravame (che riteneva parzialmente fondato), che il progetto definitivo realizzato dalla PA committente avrebbe dovuto essere tale da consentire all’appaltatore di redigere il progetto esecutivo in conformità a quello definitivo (art. 16, quarto comma, della legge n° 109/1994).
Nondimeno, anche l’appaltatore, ai sensi dell’art. 16, quinto comma, della legge predetta, avrebbe dovuto verificare, in sede di redazione del progetto esecutivo, che il progetto definitivo redatto dalla PA fosse esente da vizi, dovendo, nel caso contrario, sollecitare la stazione appaltante ad eseguire i necessari accertamenti ed a procedere alle conseguenti varianti progettuali (come prescriverebbe l’art. 140, secondo e quarto comma, del d.P.R. n° 554/1999).
Pertanto, gli oneri derivati dalla presenza di cavi per telecomunicazioni a fibra ottica e di una cisterna per il gasolio erano riconducibili alla condotta di entrambe le parti.
Quanto alla presenza di una falda acquifera a 2,5 metri di profondità rispetto al piano calpestabile, il Ministero aveva dedotto in appello che, al momento della redazione del progetto definitivo e secon-
do un’indagine geologica, la falda si trovava a meno 5 metri e che solo successivamente essa si era sollevata a meno 2,5 metri.
La Corte d’appello osservava, tuttavia, che il Ministero non aveva evidenziato i tempi ed i modi dell’allegazione della circostanza in primo grado e della produzione del documento che la comprovava, con la conseguenza che il committente non aveva soddisfatto l’onere probatorio a suo carico.
Nondimeno, la presenza della falda doveva essere accertata anche dall’appaltatore e tale omissione, che non era interruttiva del nesso causale tra inadempimento del Ministero e danno, incideva sulla quantificazione del risarcimento nella misura della metà, in applicazione dell’art. 1227, primo comma, cod. civ.
In conclusione, la sentenza di primo grado doveva essere in parte riformata in ragione del concorso di colpa dell’appaltatore nella misura del 50%, con conseguente riduzione alla metà -e cioè ad euro 457.687,27 -della somma attribuitagli dal primo giudice (euro 915.374,55).
3 .- Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidando l’impugnazione a quattro motivi, illustrati da successiva memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Resiste il Ministero, che conclude per l’inammissibilità e, comunque, per il rigetto del gravame.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo -intitolato ‘ Violazione dell’art. 112, 167, 345 c.p.c., 1227 co. 1 c.c. ed artt. 24 e 111 cost. con riferimento all’art. 366 co. 1 n. 6 369 n. 4 ed all’art 360 co. 1 n. 4. c.p.c. ‘ -la ricorrente lamenta che la Corte abbia ridotto il risarcimento ritenendo sussistente un concorso di colpa dell’appaltatore, in base all’art. 1227 cod. civ., senza che il Ministero avesse mai sollecitato l’applicazione di tale norma.
Infatti, il committente si sarebbe costituito in giudizio in primo grado chiedendo semplicemente il rigetto della domanda attorea, mentre nell’appello non avrebbe mai invocato la riduzione della pretesa risarcitoria in ragione del concorso di colpa del creditore: donde la violazione degli artt. 112 e 167 cod. proc. civ. e 1227 cod. civ.
Sotto altro profilo, la sentenza impugnata avrebbe leso anche il diritto di difesa dell’appaltatore, violando gli artt. 24 e 111 Cost.
La c.t.u. espletata in primo grado non avrebbe preso in considerazione la questione del riparto di colpa e in appello tale consulenza non sarebbe stata rinnovata, né integrata: sicché l’impugnazione proposta dal Ministero si sarebbe conclusa con una decisione a sorpresa, dato che la C.C.C., anche per difetto di istruttoria, non aveva mai potuto prendere posizione sul punto.
5 .- Il motivo è inammissibile.
È noto che l’allegazione del fatto colposo del creditore costituisca una mera difesa e che, pertanto, vada esaminata e verificata d’ufficio dal giudice indipendentemente da specifiche argomentazioni e richieste formulate dalla parte, sempreché risultino allegati e prospettati gli elementi di fatto sui quali si fonda la relativa deduzione (Cass., sez. III, 10 maggio 2018, n° 11258, citata anche dal controricorrente).
Vale ovviamente anche la regola reciproca: ossia, quando il ricorrente in cassazione lamenti la carenza assertiva, in primo grado, degli elementi di fatto su cui si basa l’eccezione (in senso lato) sollevata dal debitore e si dolga del rilievo ex officio del concorso di colpa da parte del giudice d’appello, egli deve provare che gli atti processuali propri e della controparte fossero privi di tali elementi fattuali.
In altri termini, la questione del concorso del fatto colposo del creditore è rilevabile d’ufficio anche in appello, ma col limite del giudicato interno, nel senso che, se sulla questione vi è stata una statuizione di primo grado, il giudice di appello può pronunciare se la
questione è devoluta con l’impugnazione (Cass., sez. III, 21 ottobre 2024, n° 27258).
Ora, col motivo in esame, la C.C.C. lamenta in sostanza che il secondo giudice abbia ridotto il risarcimento applicando d’ufficio la regola del concorso di colpa del creditore, ma senza trascrivere o almeno riassumere, né gli atti (propri e della controparte), né la sentenza di primo grado, in modo da porre questa Corte nella condizione di verificare che le allegazioni difensive del Ministero non avrebbero potuto in alcun modo essere interpretate come invocazione della regola dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., e che la sentenza di primo grado fosse priva di riferimenti a tali elementi fattuali.
Peraltro, nell’unico (insufficiente) stralcio della comparsa di risposta del Ministero (riassunto a pagina 19 del ricorso), è la stessa C.C.C. ad affermare che la difesa erariale aveva fatto riferimento alla non imputabilità alla medesima della ‘ scoperta geologica ‘ della falda superficiale.
Già questo breve passaggio della comparsa di risposta del Ministero lascia comprendere che l’applicazione dell’art. 1227, primo comma, cod. civ. non sia avvenuto ‘ a sorpresa ‘, come pretende la ricorrente, ma in base ad una interpretazione (non esplicitata in sentenza, ma nondimeno effettuata dalla Corte) delle allegazioni difensive della difesa erariale, pienamente compatibile con l’allegazione (altrettanto implicita) del concorso di colpa dell’appaltatore, quale conseguenza ineludibile della non imputabilità al committente della scoperta geologica.
E – in tema d’interpretazione degli atti processuali – la parte, che censuri il significato attribuito dal giudice di merito agli atti di causa deve dedurre la specifica violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli art. 1362 e seguenti del cod. civ., la cui portata è generale, o il vizio di motivazione sulla loro applicazione, dovendo indicare altresì il ricorso, a pena d’inammissibilità, le considerazioni
del giudice in contrasto con i criteri ermeneutici e il testo dell’atto processuale oggetto di erronea interpretazione (Cass., sez. I, 2 agosto 2016, n° 16057).
In altre parole, il principio è il medesimo espresso in tema di interpretazione del contratto, ove si afferma parimenti che il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, il quale appartiene all’ambito dei giudizi di fatto, riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati.
In conclusione, il motivo è, come sopra anticipato, inammissibile.
6 .- Col secondo motivo -rubricato ‘ Violazione degli artt. 1227 e 1218 c.c. con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. ‘ -C.C.C. deduce che il Giudice di appello avrebbe confermato la pronuncia di primo grado, che aveva accertato e ritenuto provato sia l’inadempimento del committente della progettazione, sia il danno.
Si sarebbe, dunque, in presenza di una duplice pronuncia conforme che escluderebbe in radice la colpa in capo all’appaltatore e precluderebbe la possibilità di attribuire un generico concorso di colpa in capo alla C.C.C.
In conclusione, mancherebbe del tutto la colpa dell’appaltatore.
7 .- Anche questo mezzo è inammissibile.
Anche a tacere del fatto che il mezzo enuncia un’incomprensibile ‘ doppia conforme ‘ tra la sentenza di primo e secondo grado, sul rilievo, altrettanto incomprensibile, che l’accertamento della responsabilità del Ministero escluderebbe quella dell’appaltatore, si può agevolmente notare, dalla semplice lettura del motivo, che esso tende ad ottenere da questa Corte una nuova valutazione dei fatti di causa e, in definitiva, la negazione del concorso di colpa della
C.C.C.: attività che, invece, è rimessa interamente al giudice del merito.
8 .- Col terzo ed il quarto motivo -‘ Violazione dell’art. 132 c.p.c. 118 disp. att.ne c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. con riferimento all’art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. ‘ (terzo motivo) e ‘ con riferimento all’art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. ‘ (quarto motivo) l’appaltatore lamenta che la Corte gli abbia attribuito il concorso di colpa del 50% senza motivazione e senza disporre la rinnovazione della c.t.u.
9 .- I mezzi, esaminabili congiuntamente in ragione della loro sostanziale identità, sono infondati.
La ricorrente, infatti, deducendo la carenza motivazionale, cita l’ultima riga di pagina 9 e le prime tre righe di pagina 10 della sentenza, nelle quali si legge: ‘ La provata condotta colposa dell’appaltatore non può essere ritenuta interruttiva del nesso causale tra inadempimento e danno costituendo una mera concausa da valutarsi sulla base del disposto dell’art. 1227 co. 1 c.c. incidente nella misura del 50% ‘.
Tale concisa conclusione va, tuttavia, letta congiuntamente alle pagine anteriori della decisione di second grado.
Infatti, sol che si legga la motivazione delle pagine precedenti, si può agevolmente notare che la conclusione cui giunge il giudice di secondo grado sulla percentuale di responsabilità addebitabile ad entrambi contraenti non è un immotivato e salomonico mezzo, ma costituisce una ‘ conclusione ‘ (così alla penultima riga di pagina 9) tratta dall’esame della condotta della committente e dell’appaltatrice, nonché dal contenuto dei due progetti, definitivo ed esecutivo, rispettivamente redatti dalla PA e dell’appaltatore, il cui contenuto è esaminato e riportato alle pagine 3-9.
Pertanto, lungi dall’esprimere un ingiustificato paritario concorso di colpa, la Corte ha evidenziato gli elementi della negligenza del creditore e del debitore e ha ritenuto, sulla base di un apprezzamento
di merito, sintetico, ma chiaro e, dunque, non sindacabile nella presente sede, che ciascuno di essi avesse la valenza del 50%.
10 .- In conclusione, il ricorso va respinto totalmente.
Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese del presente giudizio, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificata dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2025, nella camera di consi-