Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4029 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36709 R.G. anno 2019 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente
nonché contro
COGNOME NOME NOME
avverso la sentenza n. 1011/2019 depositata il 29 aprile 2019 della Corte di appello di Firenze.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023
Ad.20/12/2023 CC
dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di erede del coniuge NOME COGNOME, ha domandato emettersi decreto ingiuntivo in danno di Banca RAGIONE_SOCIALE s.p.a., oggi RAGIONE_SOCIALE, e di NOME COGNOME, promotore finanziario della prima, per la somma di euro 422.000,00, corrispondente a ll’ammontare degli assegni emessi dall’ex marito e consegnati al detto COGNOME affinché effettuasse operazioni di investimento.
Il provvedimento monitorio è stato opposto dalla banca e il Tribunale di Firenze ha definito il giudizio avanti a sé condannando la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME al pagamento della somma di euro 213.125,00, oltre interessi e spese processuali. Detta somma è stata quantificata avendo riguardo alla concorrente responsabilità di COGNOME che, se pure investitore accorto, aveva consegnato al promotore numerosi assegni senza l’indicazione specifica del beneficiario, concorrendo con tale condotta imprudente all’illecita distrazione delle somme.
La sentenza di primo grado è stata impugnata da entrambe le parti.
La Corte di appello ha respinto l’appello di NOME COGNOME e accolto parzialmente quello di RAGIONE_SOCIALE rideterminando la somma oggetto della condanna in euro 207.125,00; ha dunque condannato l’appellante COGNOME al pagamento delle spese d’appello, liquidandole in euro 13.560,00.
Ricorre per cassazione, con quattro motivi, NOME COGNOME. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Sono state depositate memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Va anzitutto dato conto del de posto dell’atto di intervento in giudizio di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, successori testamentari di
NOME COGNOME, a sua volta erede della defunta ricorrente COGNOME.
Non è stata documentata la notificazione del detto atto, né risulta che RAGIONE_SOCIALE abbia accettato il contraddittorio con gli interventori (i quali risultano di fatto ignorati nella memoria della controricorrente). Ora, il successore a titolo universale può partecipare al giudizio pendente dinanzi alla Corte di cassazione mediante un atto d’intervento che dev’essere notificato alla controparte per assicurare il rispetto del contraddittorio, non essendo sufficiente il mero deposito dell’atto in cancelleria, stante l’esigenza di assicurare una forma simile a quella del ricorso e del controricorso, fermo restando che la nullità derivante dall’omissione della suddetta notificazione è sanata se le controparti costituite accettano il contraddittorio senza sollevare eccezioni (Cass. 17 luglio 2019, n. 19172; Cass. 22 febbraio 2016, n. 3471).
Col primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nonché dell’art. 132 c.p.c.. Lamenta la ricorrente che la sentenza impugnata non spiegherebbe come l’ incertezza manifestata dal testimone COGNOME quanto all ‘ autografia della propria firma di girata sugli assegni incassati da COGNOME possa essere considerata decisiva. Si deduce che l’incertezza comporta «un grado di possibilità sia in un verso che nell’altro» e che «la firma, quand’anche non fosse autografa, sarebbe comunque da considerare sì verosimile o somigliante» alla sottoscrizione dello stesso COGNOME.
La censura investe i rilievi formulati dalla Corte di appello quanto alla girata di due assegni, rispettivamente per euro 10.000,00 e per euro 6.000,00: il Giudice distrettuale ha ritenuto, al riguardo, che l’assenza di indicazioni sicure quanto alla paternità delle sottoscrizioni per girata da parte del soggetto che se ne supponeva autore (e cioè il predetto COGNOME) impedisse di ritenere che gli assegni su cui le girate risultavano apposte fossero stati oggetto di illegittimo incasso da parte del promotore finanziario COGNOME.
Il motivo è nel complesso infondato.
Il ricorrente fa anzitutto questione della violazione delle regole che informano l’uso della prova per presunzioni: ma la Corte di merito ha ritenuto che gli elementi indiziari non fossero idonei a superare la dichiarazione testimoniale e tale apprezzamento si sottrae a censura. Come è ben noto, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. 8 agosto 2019, n. 21187; Cass. 10 giugno 2014, n. 13054); in particolare, la valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. 19 luglio 2021, n. 20553).
Priva di fondamento si mostra, poi, la censura motivazionale, visto che la sentenza impugnata, per la parte che qui interessa, non esibisce alcuno dei vizi argomentativi che possono farsi valere in questa sede («mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», «motivazione apparente», «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», mentre non assume rilievo il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054).
3 . -Col secondo mezzo si prospetta, ancora, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e dell’art. 132 c.p.c.. La decisione impugnata non spiegherebbe quali siano gli indizi gravi, precisi e concordanti atti a far ritenere dimostrata presuntivamente la conoscenza approfondita di COGNOME quanto ai meccanismi di investimento e al sistema finanziario in generale. Secondo la ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto motivare la ragione per la quale un
investitore che si avvale di un promotore finanziario debba considerarsi investitore accorto o dotato di particolare esperienza.
Il terzo motivo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 31 t.u.f. (d. lgs. n. 58/1998) e 1227 c.c., nonché degli artt. 163, 167, 342 e 345 c.p.c.. Si rileva che la mera consegna di denaro al promotore finanziario con modalità anomale non integra presupposto per l’applicazione del concorso di colpa dell’investitore, in quanto le disposizioni in materia vietano solo all’operatore professionale di ricevere denaro con modalità idonee a facilitarne l’appropriazione . Ci si duole, inoltre, che la Corte di merito, «andando oltre al chiaro disposto dell’art. 345, comma 2, c.p.c. in materia di preclusione in sede di appello», abbia ritenuto che il comportamento dell’investitore, pur dando adito a molti dubbi, non consentisse di valutare accordi fraudolenti o collusivi e che nella decisione impugnata sia stato attribuito rilievo a una condotta meramente imprudente e sospetta.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, in quanto connessi, vanno disattesi.
Le doglianze si appuntano sul passaggio della motivazione che racchiude le seguenti proposizioni: COGNOME era un investitore esperto, onde avrebbe dovuto rendersi conto che «il comportamento del promotore e il riscontro documentale dell’investimento non era quello tipico»; non riusciva a comprendersi perché un investitore esperto avesse affidato al promotore «assegni senza indicazione del beneficiario, anche di rilevante importo, interrompendo una prassi consolidata da anni»: prassi consistente nel fornire la provvista «mediante bonifico bancario o assegno non trasferibile». In definitiva, la Corte di merito ha ritenuto che la consegna del titolo con beneficiario «in bianco» fosse stata «imprudente e alquanto sospetta», avendo riguardo al fatto che ci si trovava al cospetto di un investitore accorto ed esperto.
L’apprezzamento di fatto circa il grado di esperienza
d ell’investitore sfugge a censura , inerendo a un profilo fattuale; né può dirsi che, sul punto, la sentenza sia priva di una motivazione intellegibile: la Corte di appello ha spiegato, infatti, che COGNOME aveva alle spalle operazioni di investimento, anche in campo assicurativo, ed era da tempo cliente della banca intermediaria.
Per la verità, il profilo in questione non è nemmeno decisivo, ove si consideri che la Corte di appello ha dato evidenza a una condotta gravemente imprudente dell’investitore, consistente nella consegna di assegni mancanti dell’indicazione del beneficiario : comportamento, questo, suscettibile di autonoma valorizzazione sul piano giuridico, ove si consideri il rilievo che assume, nel giudizio vertente sulla responsabilità dell’intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari, qualsiasi condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (Cass. 25 ottobre 2022, n. 31453; Cass. 15 dicembre 2020, n. 28634; cfr. pure: Cass. 12 ottobre 2018, n. 25374; Cass. 10 novembre 2015, n. 22956; Cass. 13 dicembre 2013, n. 27925; Cass. 24 marzo 2011, n. 6829; Cass. 24 luglio 2009, n. 17393).
Non si comprende, poi, l’eccezione processuale fondata sul divieto dei nova in appello; la Corte di merito non ha infatti apprezzato, sul piano motivazionale, alcun accordo fraudolento o collusivo (accordo che l’ istante deduce essere rimasto estraneo al thema decidendum del precedente grado di merito): essa si è limitata a rilevare, come si è detto, che il comportamento dell’investitore era stato imprudente, oltre che sospetto. Per il resto, è appena il caso di rammentare che l’ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all’art. 1227, comma 1, c.c., non costituendo un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, dev’essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio, attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell’incidenza causale
dell’accertata negligenza nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte (Cass. 2 aprile 2021, n. 9200; Cass. 22 marzo 2011, n. 6529).
4 . -Col quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., oltre che dell’art. 5 d.m. n. 55/2014. Si rileva che ricorrerebbe nella fattispecie una soccombenza reciproca dei contendenti e che, in ogni caso, «la domanda di condanna riconosciuta fondata dalla Corte di appello per soli euro 6.000,00 avrebbe dovuto sancire il limite entro il quale collocare lo scaglione di liquidazione delle spese da porre a carico della COGNOME».
Il motivo appare fondato nei termini che seguono.
La Corte di appello ha accolto parzialmente il solo appello incidentale della banca, relativo all’assegno di euro 6.000,00, che il teste COGNOME non ha saputo riferire se munito della sua firma di girata. In punto di spese, il Giudice distrettuale non ha operato alcuna nuova regolamentazione di quelle di primo grado e si è limitato a statuire sui compensi e gli esborsi dell’ appello, liquidandoli in euro 13.560,00 (importo commisurato allo scaglione di valore ricompreso tra euro 52.000,00 ed euro 260.000,00).
Ora, il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (per tutte: Cass. 6 ottobre 2021, n. 27056; Cass. 12 aprile 2018, n. 9064).
La decisione impugnata risulta conseguentemente viziata.
5 . – In accoglimento del quarto motivo di ricorso la sentenza è cassata.
─ Decidendo nel merito, questa Corte, nel rideterminare le
spese processuali del giudizio di merito, dà conto della globale soccombenza della banca e di COGNOME, ma anche della volontà, espressa dall ‘odierna parte istante (complessivamente vittoriosa), di addivenire a una compensazione delle spese del giudizio di appello: compensazione che trova in definitiva giustificazione n ell’esito del gravame, conclusosi con una riduzione della condanna iniziale.
7 . ─ Da ultimo, si stima che le spese del giudizio di legittimità, conclusosi con un accoglimento solo parziale del ricorso per cassazione, possano pure compensarsi.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il quarto motivo e respinge i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali di primo grado, liquidandole in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge, mentre compensa quelle di appello; compensa pure le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione