Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15092 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15092 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12258/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
(CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
IMPRESA COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 462/2021 depositata il 25/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Ritenuto che:
Con ricorso nr 462/2021 la Corte di appello di Venezia rigettava il gravame proposto da NOME COGNOME nei confronti di Poste Italiane s.p.a. e di Intesa San Paolo s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di lagunare nr 2445/2019 con cui era stata parzialmente accolta la domanda risarcitoria attorea correlata all’illegittimo pagamento di un assegno circolare privo della sottoscrizione da parte dell’Istituto emittente.
Rilevava che il primo Giudice aveva correttamente accertato il concorso di colpa del creditore Dell’acqua ex art 1227 c.c. perché il medesimo aveva inviato al sedicente venditore il veicolo, la foto
dell’assegno circolare molti giorni prima di quello stabilito per la conclusione dell’affare.
Osservava che, se era indubbio che il pagamento eseguito da Poste Italiane s.p.a. e Banca Intesa s.p.a. era avvenuto colposamente e in termini inescusabili dato che l’assegno era privo di sottoscrizione dell’Istituto emittente e quindi nullo, era comunque configurabile la colpa del creditore.
Sotto questo profilo riteneva che in assenza dell’invio della fotocopia dell’assegno da parte del COGNOME la falsificazione non avrebbe avuto luogo ed inoltre la spedizione molti giorni prima dell’affare aveva comunque agevolato le operazioni di falsificazione ed incasso medio tempore.
Considerava equa la misura del concorso stabilita dal Tribunale.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui hanno resistito con controricorso Poste Italiane s.p.a. e Banca Intesa s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ritenuto che:
Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art 83 del R.D. 1736/1933 in relazione all’art 360 nr 3 c.p.c. per avere ritenuto la Corte di appello che un assegno privo della sottoscrizione della Banca emittente potesse comunque essere legittimamente pagato.
Con un secondo motivo si denuncia la violazione dell’art 1227 c.c. in relazione all’art 360 nr 3 c.p.c. per aver ritenuto la Corte di appello sussistente il nesso causale fra la condotta del creditore e quella del debitore che ha determinato il danno.
Con un terzo motivo si censura la decisione sotto il profilo dell’art 1284, quarto comma c.c. in relazione all’art 360 nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello mancato di attribuire nei riguardi di Banca
Intesa in sede di condanna alla restituzione delle somme portate dal titolo di credito negoziato gli interessi ex art 1384, quarto comma c.c. dalla domanda giudiziale al saldo stante l’accertata responsabilità contrattuale dell’Istituto di credito.
Con il quarto motivo si deduce la violazione del giudicato interno ex art 360 primo comma nr 4 c.p.c. formatosi sulla responsabilità contrattuale di Intesa San Paolo a seguito del positivo accertamento in tal senso da parte del Tribunale con la sentenza di primo grado non appellata rispetto a tale profilo.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art 91 c.p.c in relazione all’art 360 nr 3 c.p.c. per avere la Corte di appello escluso dal rimborso delle spese quelle relative alla perizia grafologica sul rilievo che dette spese non erano state chieste.
Con un sesto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli art.li 1281 e 2034 c.c. in relazione all’art 360 primo comma nr 3 c.p.c.
Si sostiene che nel caso non si dovesse ravvisare una omessa pronuncia in merito alla richiesta di rifusione dei costi della perizia, il rimborso delle spese dovrebbe essere comunque riconosciuto a fronte della affermata responsabilità di entrambe le parti appellate.
I primi due motivi che meritano un vaglio congiunto per l’intima connessione sono infondati.
Premesso che il fatto colposo del danneggiato, idoneo a diminuire l’entità del risarcimento secondo l’art. 1227 c.c., comma 1, comprende qualsiasi condotta negligente od imprudente che costituisca causa concorrente dell’evento, e, quindi, non soltanto un comportamento coevo o successivo al fatto illecito, ma anche un comportamento antecedente, purchè legato da nesso eziologico con l’evento medesimo, in quanto deve connettersi causalmente
all’evento dannoso, non potendo quest’ultimo essere pretermesso nella ricostruzione della serie causale giuridicamente rilevante, nè potendosi collegare direttamente la condotta colposa del danneggiato con il danno da lui patito, con la conseguenza che non ogni esposizione a rischio da parte del danneggiato è idonea a determinarne un concorso giuridicamente rilevante, all’uopo occorrendo, al contrario, che tale condotta costituisca concreta concausa dell’evento dannoso (cfr. Corte Cass. Sez. 3 -, sentenza n. 1295 del 19/01/2017; vedi Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5677 del 15/03/2006), appare del tutto evidente come, in tanto possa addebitarsi al Giudice di merito una incompleta indagine sui fatti, in quanto tali fatti siano stati ritualmente allegati e sottoposti a verifica probatoria in giudizio.
Spetta, tuttavia, al giudice del merito, nell’ambito del giudizio di fatto a lui riservato, valutare le rispettive responsabilità e determinare il grado di efficienza causale di ciascuna colpa, anche nell’ambito dell’accertamento del concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione del danno (cfr. Cass. 10 gennaio 2017, n. 272, in tema di appalto; Cass. 9 febbraio 2004, n. 2422, pur con riguardo alla diversa fattispecie dell’art. 1227 c.c., comma 2, in tema di locazione; Cass. 8 aprile 2003, n. 5511; v. ancora Cass. 22 dicembre 2017, n. 30921; Cass. 28 febbraio 2017, n. 5037; Cass. 13 maggio 2011, n. 10526).
Ciò posto nel caso in esame la Corte di appello ha rilevato che la richiesta risarcitoria traeva origine da una truffa in ordine alla quale era chiamato ad individuare le cause e le rispettive responsabilità.
Ha quindi accertato che il titolo di credito mancante della firma dell’emittente era nullo e come tale idoneo a fare sorgere dubbi sulla sua autenticità riconoscendo pertanto la responsabilità sia
della Banca negoziatrice la quale avrebbe dovuto rifiutare il pagamento di un assegno circolare nullo perché privo della sottoscrizione della banca emittente nonché di quest’ultima in quanto aveva scelto la procedura di check truncation accettandone i rischi connessi all’esecuzione del pagamento di un titolo senza previa visione dello stesso ed in stanza di compensazione.
Ha tuttavia accertato che il pagamento del titolo di credito falsificato era stato agevolato da una condotta colposa del danneggiato il quale aveva inviato la foto dell’assegno al presunto venditore molto tempo prima della conclusione dell’affare contravvenendo alle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo tenuto dagli Istituti di credito.
Comportamento che indubbiamente si traduce nella consapevole assunzione di un rischio da parte del creditore, che non può non costituire oggetto di valutazione ai fini dell’individuazione della causa dell’evento dannoso.
A fronte di tale accertamento le considerazioni sviluppate dal ricorrente mirano a conseguire un riesame del merito non consentito in questa sede se non negli stretti limiti di cui all’art 360 primo comma nr 5 c.p.c. qui neppure dedotto.
Relativamente ai motivi terzo e quarto, che meritano un vaglio congiunto in quanto intimamente connessi, sono inammissibili.
Lamenta il ricorrente che gli interessi nei riguardi di Banca Intesa avrebbero dovuto essere riconosciuti sulla base dell’art 1284 comma quarto c.c. essendosi formato il giudicato sulla responsabilità contrattuale dell’Istituto di credito.
La doglianza non coglie la ratio decidendi.
La Corte di appello ha infatti rilevato che la fonte dell’obbligazione risarcitoria traeva origine da una truffa e quindi correttamente ha escluso l’applicazione del disposto dell’art 1284 quarto comma c.c. non venendo in rilievo la responsabilità contrattuale della Banca correlato agli obblighi negoziali assunti da quest’ultimo nei confronti del proprio cliente.
I motivi quinto, sesto e settimo che ruotano tutti intorno al medesimo asse concettuale legato al mancato pagamento delle spese di perizia grafologica e quindi meritano un vaglio congiunto sono inammissibili.
La Corte di appello ha motivato la statuizione di rigetto di tale voce per la mancanza di una domanda pronunciando quindi sul punto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente con il sesto motivo.
Ora i profili di censura non si raccorda con la ratio decidendi limitandosi a prospettare la riconducibilità delle spese sostenute per la perizia stragiudiziale alle spese legali e a sostenerne la debenza a titolo di danno extragiudiziale.
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dei controricorrenti liquidate per ciascuna in complessivi € 3500,00 oltre 200,00 per esborsi e accessori di legge ed al 15% per spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma 29.05.2025