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Concorrenza sleale: vendita di prodotti non conformi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’azienda condannata per concorrenza sleale. L’azienda importava e vendeva viteria dichiarandola conforme a una specifica norma tecnica (ISO 898-1:2009) senza che i prodotti possedessero effettivamente le caratteristiche richieste, in particolare una percentuale minima di martensite. La Corte ha ritenuto che il ricorso non avesse efficacemente contestato tutte le autonome motivazioni della sentenza d’appello, consolidando così la condanna al risarcimento danni per sviamento di clientela.

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Concorrenza Sleale: La Cassazione sulla Vendita di Prodotti Non Conforme alle Norme Tecniche

L’adesione a standard tecnici e la trasparenza verso il mercato sono pilastri della correttezza commerciale. Ma cosa accade quando un’azienda vende prodotti affermando che rispettano una determinata norma tecnica, quando in realtà non è così? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di concorrenza sleale sorto proprio da questa problematica, offrendo importanti spunti sulla responsabilità di produttori e rivenditori e sulla precisione richiesta negli atti processuali.

I Fatti di Causa: Viti, Norme Tecniche e l’Accusa di Concorrenza Sleale

La vicenda vede contrapposte due società operanti nel settore della viteria e bulloneria. Una società produttrice accusava un’azienda concorrente, importatrice e rivenditrice, di aver messo in commercio viti appartenenti a una specifica classe di resistenza (8.8) che non rispettavano i requisiti della nuova normativa internazionale ISO 898-1:2009.

Questo standard, introdotto nel 2009 in sostituzione del precedente, prevedeva per quella classe di prodotti una caratteristica tecnica precisa: una percentuale di martensite (un componente strutturale dell’acciaio) a cuore superiore al 90%. Secondo l’accusa, la società concorrente, pur allegando certificati di conformità, vendeva prodotti che non possedevano tale requisito, ponendo in essere un illecito sviamento di clientela. I prodotti dell’azienda accusatrice, invece, erano conformi al nuovo standard.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano dato ragione alla società produttrice, condannando la rivenditrice al risarcimento dei danni per concorrenza sleale, ravvisando sia l’indebita appropriazione di pregi che la comunicazione mendace e ingannevole ai sensi dell’art. 2598 c.c.

La Decisione della Corte: Inammissibilità del Ricorso

Giunta in Cassazione, la vicenda si è conclusa con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. La Suprema Corte non è entrata nel merito della questione tecnica, ma ha rigettato le doglianze della società ricorrente per motivi eminentemente processuali, confermando di fatto la condanna.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su argomentazioni giuridiche precise che evidenziano l’importanza della strategia processuale e della corretta formulazione dei motivi di impugnazione.

La Pluralità di Rationes Decidendi non Impugnate

Il punto cruciale della decisione riguarda la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano confermato la condanna basandosi su due distinte ed autonome rationes decidendi (ragioni della decisione):

1. Il giudicato interno: la Corte d’appello aveva rilevato che la conformità dei prodotti della società accusatrice alla nuova norma ISO non era stata specificamente contestata nell’atto di appello e, pertanto, tale punto era da considerarsi passato in giudicato.
2. Le prove tecniche: in ogni caso, la conformità risultava provata dalle relazioni tecniche di un prestigioso ateneo, eseguite in fase cautelare, le cui conclusioni non erano mai state contestate dalla società convenuta.

La società ricorrente, nel suo ricorso per Cassazione, ha attaccato solo la prima ratio (l’esistenza del giudicato interno), tralasciando di contestare la seconda. La Cassazione ha applicato il consolidato principio secondo cui, quando una decisione è sorretta da più motivazioni autonome, è necessario impugnarle tutte con successo. Poiché la seconda motivazione, da sola sufficiente a giustificare la decisione, non era stata utilmente aggredita, il motivo di ricorso è stato respinto.

L’Irrilevanza della Mancata Obbligatorietà della Norma Tecnica

La ricorrente sosteneva che la norma ISO del 2009 non fosse obbligatoria nell’ordinamento italiano, non essendo stata recepita da un decreto ministeriale. La Corte d’Appello aveva respinto questa tesi, affermando che, nel momento in cui un’azienda fa volontariamente riferimento a uno standard tecnico per qualificare i propri prodotti, è tenuta a rispettarlo integralmente. La Cassazione ha ritenuto che il motivo di ricorso non avesse aggredito in modo specifico e puntuale questa ratio decidendi, risultando quindi inconcludente.

La Preclusione della “Doppia Conforme”

Infine, la ricorrente lamentava l’omesso esame di una consulenza tecnica di parte che sarebbe giunta a conclusioni diverse. La Corte ha dichiarato inammissibile anche questo motivo in base all’art. 348-ter cod. proc. civ. (la cosiddetta “doppia conforme”). Poiché le sentenze di primo e secondo grado avevano raggiunto la medesima conclusione, e la ricorrente non aveva dimostrato che esse si fondassero su presupposti di fatto differenti, era precluso l’esame di un presunto vizio di omesso esame di un fatto controverso.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due lezioni fondamentali per le imprese. La prima è di natura sostanziale: dichiarare la conformità di un prodotto a uno standard tecnico, anche se volontario, crea un vincolo di correttezza e veridicità nei confronti del mercato. La violazione di questo impegno può integrare una grave fattispecie di concorrenza sleale. La seconda è di natura processuale: in un contenzioso, è cruciale analizzare con la massima attenzione tutte le motivazioni di una sentenza e formulare atti di impugnazione che le contestino tutte in modo specifico e puntuale. Tralasciarne anche solo una, se autonomamente sufficiente a sorreggere la decisione, può rendere l’intera impugnazione inutile.

Vendere un prodotto non conforme a una nuova norma tecnica è concorrenza sleale?
Sì, secondo la decisione, se un’azienda commercializza un prodotto facendo riferimento a una specifica norma tecnica per attestarne la qualità, è tenuta a rispettare integralmente le prescrizioni di quella norma. Farlo senza che il prodotto abbia le caratteristiche richieste costituisce un’indebita appropriazione di pregi e una comunicazione ingannevole, integrando così un atto di concorrenza sleale.

Cosa succede se un appello non contesta tutte le motivazioni di una sentenza?
Se una sentenza si basa su più motivazioni (‘rationes decidendi’), ciascuna delle quali è da sola sufficiente a sorreggere la decisione, l’impugnazione deve contestare con successo tutte queste motivazioni. Se anche una sola di esse non viene efficacemente contestata, l’impugnazione verrà respinta perché la decisione rimarrebbe comunque valida sulla base della motivazione non attaccata.

Quando si applica la regola della “doppia conforme” che limita il ricorso in Cassazione?
La regola si applica quando le sentenze del tribunale e della corte d’appello giungono alla medesima conclusione sui fatti della causa. In questo caso, è preclusa la possibilità di presentare ricorso in Cassazione per ‘omesso esame di un fatto decisivo e controverso’, a meno che il ricorrente non dimostri che le due decisioni, pur identiche nel risultato, si basano su una ricostruzione dei fatti radicalmente diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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