Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14097 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14097 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2437/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di Castelvetere
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1962/2022, depositata il 6 ottobre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza
Oggetto: concorrenza sleale
della Corte di appello di Bologna, depositata il 6 ottobre 2022, di reiezione del suo appello per la riforma della sentenza del locale Tribunale che la aveva condannata al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE (risultante dalla fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella RAGIONE_SOCIALE) della somma di euro 307.450,00, a titolo di risarcimento dei danni per concorrenza sleale;
la Corte di appello ha riferito che a sostegno della domanda introduttiva, proposta dinanzi al Tribunale di Modena e poi riassunta, a seguito di declinatoria della competenza, dinanzi al Tribunale di Bologna, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE rispettivamente produttrice e venditrice di viti e bulloni e mera venditrice di tali relativi prodotti, avevano allegato che: le classi di resistenza dei prodotti e le caratteristiche meccaniche dei relativi materiali erano definite dalle norme internazionali ISO; la norma ISO 898-1:1999 era rimasta in vigore dal 1999 a 2009, anno in cui era stata sostituita dalla norma ISO 898-1:2009, che prevedeva, a differenza della precedente, che le viti appartenenti alla classe di resistenza 8.8 avessero una percentuale di martensite a cuore del 90%; la convenuta RAGIONE_SOCIALE, importatrice e venditrice di viti, aveva continuato a vendere articoli appartenenti a tale classe anche dopo l’introduzione della norma ISO 898 -1:2009, allegando il relativo certificato di conformità, senza che le stesse presentassero una percentuale di martensite a cuore pari al 90%, e, in tal modo, aveva dato luogo a un illecito sviamento di clientela ai loro danni i cui prodotti, invece, rispettavano le prescrizioni tecniche e possedevano gli standard qualitativi previsti dalle norme richiamate;
ha dato atto che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda osservando, in particolare, che «al fine di ottenere la certificazione ISO 898-1 Edizione 2009 i prodotti avrebbero dovuto possedere le caratteristiche meccaniche descritte nella norma, e dunque anche le viti 8.8, dopo il trattamento, avrebbero dovuto garantire la presenza di
martensite a cuore in misura superiore al 90%», che anche la convenuta, quale rivenditore, era tenuta a rispettare tali prescrizioni, anche con riferimento a viti prodotte o acquistate in epoca precedente il mutamento della normativa tecnica, che l’analisi microstrutturale delle viti riferibili alla convenuta compiuta nel corso della consulenza tecnica d’ufficio evidenziava l’assenza della caratteristiche in oggetto, fatta eccezione per uno solo dei dodici elementi esaminati e che il mancato rispetto di tali disposizioni integrava una condotta rilevante ai sensi dell’art. 2598, n. 2, cod. civ. sia per indebita appropriazione di pregi, sia per comunicazione mendace ed ingannevole;
ha, quindi, disatteso il gravame escludendo la dedotta coesistenze delle normative tecniche succedutesi nel tempo e confermando la vigenza del requisito del 90% di martensite nel cuore della vite, l’obbligo dell’appellante di verificare le caratteristiche dei prodotti venduti rispetto alle nuove prescrizioni, il giudizio di colpevolezza della stessa e l’importo risarcitorio liquidato dal Tribunale;
il ricorso è affidato a quattro motivi;
resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’ art. 324 cod. proc. civ., nella parte in cui la Corte di appello ha affermato che la conformità alla normativa ISO 898-1:2009 dei prodotti commercializzati dalla RAGIONE_SOCIALE ritenuta sussistente dal giudice di primo grado, non era stata specificamente impugnata e, pertanto, era passata in giudicato;
sostiene, in proposito, che nel proprio atto di appello aveva espressamente impugnato tale statuizione, dolendosi della «errata attribuzione di pregi a SBE Varvit»;
con il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ. e 2598, primo comma, n. 2, cod. civ., per aver la sentenza impugnata rilevato che la conformità alla nuova
normativa tecnica dei prodotti commercializzati dall ‘appellata era stata contestata tardivamente, e quindi inammissibilmente, e comunque risultava dalle relazioni tecniche che il Politecnico di Milano aveva eseguito sugli stessi in occasione del procedimento cautelare di primo grado, e che le relative conclusioni con riferimento ai prodotti delle attrici non erano mai state contestate in precedenza dalla convenuta; – evidenzia di aver allegato, sia nella comparsa di costituzione in primo grado, sia nell’atto di appello, la mancata dimostrazione da parte de lle attrici che i prodotti da loro commercializzati rispettavano lo standard tecnico previsto;
con il terzo motivo si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 113 cod. proc. civ., 1, l. 2 febbraio 1974, n. e 2598 cod. civ., nonché del decreto Ministero delle Infrastrutture 14 gennaio 2008, per aver la Corte di appello ritenuto la cessazione di efficacia della ISO 8981:1999, precedente normativa tecnica, alla data del 1° aprile 2009, data di riferimento della ISO 898-1:2009;
-con l’ultimo motivo lamenta l’o messo esame circa un fatto decisivo e controverso del giudizio, in relazione alla adesione, asseritamente acritica, alle conclusioni rese dal consulente tecnico d’ufficio, p rof. COGNOME senza tener conto degli opposti esiti cui era pervenuto altro consulente tecnico nominato nel corso del giudizio di primo grado (prof. COGNOME;
i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, interessando la medesima statuizione, e sono entrambi inammissibili; – la Corte di appello ha affermato che «Come osservato dal primo giudice con statuizione non specificamente impugnata e pertanto passata in giudicato, la conformità alla normativa ISO 898-1:2009 dei prodotti commercializzati dalla odierna appellata, è stata contestata tardivamente, e quindi inammissibilmente, e comunque risulta dalle relazioni tecniche che il Politecnico di Milano ha eseguito sugli stessi in occasione del procedimento cautelare di primo grado, e le relative
conclusioni con riferimento ai prodotti RAGIONE_SOCIALE non sono mai state contestate in precedenza da RAGIONE_SOCIALE»;
la statuizione resa dalla Corte di appello è, dunque, sostenuta da due distinte e autonome rationes decidendi , una prima rappresentata dal giudicato interno formatosi sull ‘ accertamento operato dal giudice di primo grado e una seconda rappresentata dalla accertata conformità alla nuova normativa tecnica dei prodotti commercializzati dall’appellata, risultante dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale, non contestate in quella sede;
-quest’ultima ratio non risulta utilmente aggredita in quanto la doglianza articolata con il secondo motivo omette di considerare che con la riportata motivazione la Corte territoriale ha accertato la conformità alla normativa ISO 898-1:2009 dei prodotti commercializzati dalla appellata, desumendola dalle risultanze delle richiamate indagini tecniche e dando atto della mancata specifica contestazione delle stesse nel corso del giudizio di primo grado;
la ricorrente deduce di aver provveduto a contestare la conformità alla nuova normativa dei prodotti commercializzati dalle attrici, ma la mancata contestazione cui la Corte di appello di riferisce è quella relative alle conclusioni delle indagini consulenziali;
la censura, dunque, non coglie la ratio decidendi ;
la resistenza di tale ratio decidendi osta all’esame della questione prospettata con il primo motivo, con cui si aggredisce la distinta ratio decidendi consistente nella inesistenza del rilevato giudicato interno, stante la definitività dell’autonoma motivazione non utilmente impugnata e, conseguentemente, l’impossibilità di tale questione, anche laddove ritenuta fondata, a condurre all’annullamento della sentenza (cfr., sul punto, Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 27 luglio 2017, n. 18641);
il terzo motivo è inammissibile;
rileva la ricorrente che la normativa di riferimento è costituita dall ‘art.
1 l.n. 64 del 1974, secondo cui «In tutti i comuni della Repubblica le costruzioni sia pubbliche che private debbono essere realizzate in osservanza delle norme tecniche riguardanti i vari elementi costruttivi che saranno fissate con successivi decreti del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si avvarrà anche della collaborazione del Consiglio nazionale delle ricerche. Tali decreti dovranno essere emanati entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge. Le norme tecniche di cui al comma precedente potranno essere successivamente modificate o aggiornate con la medesima procedura ogni qualvolta occorra»;
osserva che , all’epoca dei fatti, il decreto ministeriale vigente era quello del Ministero delle Infrastrutture del 14 gennaio 2008, il quale imponeva, quanto ai collegamenti con bulloni «precaricati», l’utilizzo di viti delle classi 8.8 e 10.9 di cui al § 11.3.4.6, che, a sua volta, faceva riferimento alla normativa UNI EN ISO 898-1:2001, versione italiana della ISO 898-1:1999;
aggiunge che solamente con decreto ministeriale emanato nel 2018 è stato operato l’aggiornamento di tale riferimento alla nuova normativa rappresentato da UNI EN ISO 898-1:2013, omesso ogni riferimento a quella intermedia del 2009, di cui al presente giudizio;
dal riferito quadro normativo deduce la non obbligatorietà nello Stato italiano della normativa tecnica nella versione aggiornata nel 2009, stante il suo mancato recepimento nell’ordinamento interno, e, avuto riguardo alla sua applicabilità solo a titolo volontario, la legittima coesistenza delle due normative tecniche;
orbene, la Corte di appello ha affermato che il dedotto mancato recepimento nell’ordinamento nazionale dell’aggiornamento della normativa tecnica del 2009 non assumeva rilevanza nel caso in esame, in quanto lo stesso «avrebbe egualmente vincolato al rispetto dei suoi precetti tutti i produttori e rivenditori che avessero volontariamente
fatto riferimento alla stessa», ritenendo, in tal modo, sia pure implicitamente, che la appellante fosse assoggettata al rispetto delle nuove disposizioni per effetto della sua volontaria adesione ed evidenziando che la stessa fosse in grado e comunque tenuta, secondo la ordinaria diligenza, anche in ragione della non trascurabile quota di mercato della vendita delle viti 8.8 detenuta (circa l’8%) , a conseguire una piena conoscenza delle norme tecniche relative ai prodotti posti in commercio;
siffatta ratio decidendi non risulta puntualmente aggredita dalla ricorrente, per cui la doglianza si presenta priva della necessaria concludenza;
-l’ultimo motivo è del pari è inammissibile;
si rileva che nella specie ricorre una ipotesi di cd. «doppia conforme» di cui all’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ., per cui è onere del ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello onde dimostrare che esse sono tra loro diverse e che, dunque, non trova applicazione la regola preclusiva della censura per omesso esame di fatti decisivi e controversi (cfr. Cass. 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26774);
parte ricorrente non ha assolto siffatto onere, per cui opera la preclusione all’esame della censura prospettata derivante dalla richiamata disposizione normativa;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 12.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del
15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 15 maggio 2025.