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Concorrenza sleale scommesse: licenza UE non basta

Una società di scommesse con licenza ha citato in giudizio un operatore straniero e il suo intermediario italiano per concorrenza sleale scommesse, poiché operavano senza le autorizzazioni nazionali. La Corte d’Appello aveva respinto la domanda, ritenendo la condotta giustificata dal fatto che la legge italiana, escludendo l’operatore straniero da una gara, violava il diritto UE. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che la disapplicazione delle sanzioni penali non rende automaticamente lecita la condotta sul piano civile. Il caso è stato rinviato a un nuovo giudice per verificare se la mancanza di licenza fosse una conseguenza diretta del diniego illegittimo dello Stato.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Concorrenza Sleale Scommesse: Illegittimo Operare Senza Licenza, Anche se la Legge Italiana Viola il Diritto UE

Nel complesso mondo della regolamentazione dei giochi, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4975 del 2024, ha gettato nuova luce sul tema della concorrenza sleale scommesse. Il caso esaminato chiarisce un punto fondamentale: anche se una normativa nazionale è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, ciò non autorizza un operatore a eludere le regole del mercato, potendo comunque essere chiamato a rispondere per concorrenza sleale. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Battaglia tra Operatori di Scommesse

La vicenda ha origine dalla denuncia di una società italiana (Società A), concessionaria statale per la raccolta di scommesse sportive, contro una società estera (Società B) e il suo intermediario italiano. La Società A lamentava che questi ultimi esercitassero un’attività identica alla sua nello stesso comune, ma senza possedere le necessarie concessioni e licenze di pubblica sicurezza previste dalla legge italiana.

Inizialmente, la Corte d’Appello aveva dato ragione alla società estera. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che la sua condotta non fosse illecita, in quanto la società era stata ingiustamente esclusa da una gara del 1999 per l’assegnazione delle concessioni. Quella normativa nazionale, infatti, era stata giudicata discriminatoria e contraria ai principi di libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sanciti dal diritto dell’Unione Europea.

L’Analisi della Cassazione sulla Concorrenza Sleale Scommesse

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva, accogliendo il ricorso della società italiana. Il ragionamento dei giudici supremi si basa su una distinzione cruciale tra la responsabilità penale e quella civile.

Distinzione tra Rilievo Penale e Civile

La Cassazione ha ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la celebre ‘dottrina Placanica’), uno Stato membro non può imporre sanzioni penali a un operatore a cui ha impedito di ottenere le necessarie autorizzazioni violando il diritto UE. Questa ‘giustificazione’ serve a proteggere l’individuo dall’applicazione di una sanzione ingiusta.

L’Illiceità Civile per Concorrenza Sleale Permane

Tuttavia, e questo è il cuore della sentenza, questa protezione non si estende automaticamente al campo civile della concorrenza sleale. Operare sul mercato senza rispettare le regole imposte a tutti gli altri concorrenti (come l’obbligo di possedere una concessione statale) costituisce di per sé un atto contrario ai principi di correttezza professionale, idoneo a danneggiare le aziende che invece rispettano la legge.

In altre parole, la disapplicazione della sanzione penale non rende la condotta lecita. L’operatore senza licenza si procura un vantaggio indebito, alterando la parità competitiva. Per questo, la sua condotta può ancora configurare un atto di concorrenza sleale scommesse ai sensi dell’art. 2598, n. 3, del codice civile.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha sottolineato che la disapplicazione di una norma nazionale contraria al diritto UE mira a rimuovere un ostacolo illegittimo, ma non a creare una ‘zona franca’ dove le regole nazionali possono essere ignorate. Il sistema di concessioni e licenze nel settore dei giochi è posto a tutela di interessi pubblici fondamentali, come la sicurezza, l’ordine pubblico, la lotta alla criminalità e la protezione dei consumatori e dei minori.

L’esclusione da una specifica gara passata non conferisce un diritto perpetuo a operare al di fuori del quadro normativo. La ‘sanatoria’ derivante dalla giurisprudenza europea è limitata ai soli casi in cui la mancanza dell’autorizzazione sia la conseguenza diretta e provata del rifiuto illegittimo dello Stato. Non è una licenza generale per bypassare il sistema. Pertanto, il giudice di rinvio dovrà accertare le ragioni specifiche per cui all’intermediario non sono stati rilasciati i titoli abilitativi, senza limitarsi a considerare l’illegittima esclusione della società straniera dalla vecchia gara.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ha implicazioni significative per tutto il settore dei giochi e delle scommesse in Italia. In primo luogo, riafferma che gli operatori, anche se provenienti da altri Stati membri dell’UE, non possono semplicemente ignorare le normative italiane sulle licenze invocando passate discriminazioni.

In secondo luogo, chiarisce che la protezione offerta dal diritto europeo contro le sanzioni penali non è uno scudo contro le azioni civili per concorrenza sleale. Le aziende che operano regolarmente possono tutelarsi e chiedere il risarcimento dei danni a chi agisce al di fuori delle regole, creando un vantaggio competitivo ingiusto.

Infine, la decisione impone agli operatori che si ritengono discriminati un onere della prova rigoroso: devono dimostrare un nesso di causalità diretto tra la norma illegittima e la loro impossibilità di ottenere i titoli, non potendo fare affidamento su una giustificazione generica e automatica.

Un operatore di scommesse può operare in Italia senza licenza se la legge nazionale che glielo ha impedito era contraria al diritto dell’Unione Europea?
Non automaticamente. La Cassazione chiarisce che la violazione del diritto UE da parte della legge nazionale può escludere le sanzioni penali, ma non rende la condotta lecita dal punto di vista civile. L’operatore può comunque essere chiamato a rispondere per concorrenza sleale scommesse.

Cosa si intende per concorrenza sleale in questo contesto?
Si intende l’aver svolto attività di raccolta scommesse senza le necessarie concessioni e licenze statali. Questo comportamento è considerato contrario ai principi di correttezza professionale e idoneo a danneggiare gli operatori concorrenti che, invece, rispettano tutte le normative e sostengono i relativi costi.

Qual è il principio chiave stabilito dalla Corte di Cassazione in questa sentenza?
Il principio chiave è che l’esclusione dell’illiceità penale di una condotta non comporta automaticamente la sua liceità sul piano civilistico. Per escludere la responsabilità per concorrenza sleale, l’operatore deve dimostrare che la mancanza dei titoli abilitativi sia stata la conseguenza diretta e specifica del rifiuto dello Stato basato su norme discriminatorie, e non un fatto generale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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