Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6127 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 25320/2022 r.g. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali titolari dello RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale in calce al ricorso , dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domiciliano in Torrita di Siena (SI), alla INDIRIZZO.
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
-controricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 1097/2022, della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, pubblicata il giorno 30/05/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 05/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con atto ritualmente notificato il 21 maggio 2016, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, citarono NOME COGNOME, ex -socia dello studio, innanzi al Tribunale di Siena sostenendo che il suo recesso da quest’ultimo era avvenuto con modalità tali da arrecare notevoli danni allo studio stesso, in quanto ella aveva illecitamente sottratto una buona porzione della clientela, mettendo in opera un piano a tale scopo finalizzato, in violazione dell’art. 2598 cod. civ.. Ne chiesero, pertanto, la condanna al risarcimento, in loro favore, nella misura da accertarsi in corso di causa, eventualmente anche in via equitativa, maggiorata di interessi e rivalutazione.
1.1. Si costituì la convenuta, che contestò integralmente le avverse pretese, proponendo, altresì, domanda riconvenzionale volta ad ottenere il risarcimento del danno derivante da responsabilità extra-contrattuale degli attori per aver tenuto comportamenti vessatori e scorretti, anche con la finalità di screditarla agli occhi dei clienti.
1.2. Con sentenza del 22 ottobre 20119, n. 1058, l’adito tribunale respinse la domanda del COGNOME e del COGNOME rilevando la mancanza del requisito soggettivo della qualità di imprenditore, escludendo, così, la possibilità di configurare un’ipotesi di con correnza sleale. Rigettò pure la domanda riconvenzionale della COGNOME perché sfornita di prova.
Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro quella decisione, rispettivamente, da NOME COGNOME ed NOME COGNOME, nella indicata qualità, e dalla COGNOME, la Corte di appello di Firenze, con sentenza del 30 maggio 2022, n. 1097, li respinse entrambi.
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte: i ) condiviso l’indirizzo di legittimità, già invAVV_NOTAIO dal tribunale, secondo cui l’illecito concorrenziale disegnato dalla norma di cui all’art. 2598 cod. civ. presuppone un rapporto di concorrenza fra due (o più) imprenditori, sicché la
legittimazione attiva e passiva all’azione presuppone il possesso della qualità di imprenditore o almeno l’esercizio di un’attività di impresa, osservò che « Il caso in esame ha ad oggetto il recesso da uno studio RAGIONE_SOCIALE, in particolare trattasi di studio di commercialisti e ragionieri. Prive di fondamento e sfornite di prova risultano, quindi, le deduzioni degli appellanti che vorrebbero far rientrare le attività svolte dall’associazione RAGIONE_SOCIALE all’interno delle attività imprenditoriali: in tal senso basti leggere l’atto di costituzione dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, ove sono indicate le classiche attività svolte dai professionisti del settore. Trattasi di attività conferite dal cliente sulla base dell’ intuitus personae : pertanto, il cliente è libero, nel rispetto dell’eventuale vincolo contrattuale, di scegliere di seguire il professionista nel quale ripone maggior fiducia e stima. Non è concepibile una assimilazione di tali rapporti a quelli commerciali, ove la concorrenza si basa su prezzi e criteri qualitativi effettivamente comparabili. Né sono previsti divieti di concorrenza nei confronti dei professionisti che recedano da associazioni professionali, rimettendo l’ordinamento alla libera sce lta degli associati la possibilità di prevedere simili clausole. Cosa che non è avvenuta nel caso in esame »; ii ) rimarcò che, nella specie, sarebbe stata eventualmente invocabile la generale tutela aquiliana per atto illecito, ma, in concreto, non erano emersi elementi idonei a dimostrare l’essere avvenuta « un’attività di convincimento nei confronti dei clienti a seguire la socia recedente, né un’attività denigratoria in danno del COGNOME e del COGNOME. Risulta, dunque, che la clientela che ha scelto di lasciare lo studio RAGIONE_SOCIALE, lo ha fatto liberamente e coscientemente, come risulta confermato da alcune missive degli stessi clienti versate in atti. Non è stata inoltre fornita la prova di uno sviamento, né di altre condotte illecite in danno dei due exsoci ».
Per la cassazione di questa sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME ed NOME COGNOME, quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, affidandosi a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
I) « Erronea interpretazione della normativa in materia di concorrenza sleale. Violazione ed errata applicazione dell’art. 2598 c.c. ». Si contesta alla corte distrettuale di non aver considerato che l’attività di tenuta delle scritture contabili, inclusa tra i molteplici servizi prestati dallo studio RAGIONE_SOCIALE secondo il proprio atto costitutivo, non era caratterizzata dall’ intuitus personae , in quanto svolta, in prevalenza, dal proprio personale dipendente e, quindi, rientrava nell’attività d’impresa, sicché la descritta condotta tenuta dalla COGNOME dimostrava l’avvenuto accaparramento di clientela da parte sua. La stessa corte, inoltre, aveva ignorato che l’esercizio della professione costituiva elemento di un’attività d’impresa, in quanto il fattore dell’organizzazione del lavoro altru i e del capitale doveva ritenersi prevalente sul lavoro intellettuale, facendo così acquistare al professionista la qualità di imprenditore;
II) « Omessa, travisata e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativo ai fatti e alle condotte tenute da NOME COGNOME quando era associata ». Si ascrive alla corte territoriale di avere « travisato le risultanze istruttorie e le evidenze documentali » e di avere « omesso inspiegabilmente di rilevare la illiceità delle accertate e non contestate condotte tenute da NOME COGNOME quando ancora era socia (nel corso del preavviso lavorato) », le quali, a dire dei ricorrenti, dovevano qualificarsi come di concorrenza sleale e sviamento di clientela;
III) « Omessa, travisata e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia relativo all’accertamento del vincolo contrattuale conseguente al conferimento dell’incarico allo RAGIONE_SOCIALE ». Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato la libertà del cliente di seguire il professionista di fiducia, ignorando talune risultanze probatorie dei precedenti gradi di giudizio che dovevano dimostrare il contrario, o almeno l’esi stenza di contratti di incarico RAGIONE_SOCIALE allo studio RAGIONE_SOCIALE della durata annuale, che la revoca della clientela avevano interrotto senza giusta causa e senza preavviso;
IV) « Omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia relativo ai compensi goduti individualmente da NOME COGNOME e riferiti a sei incarichi esterni, che, in base agli accordi statutari, dovevano essere fatturati dallo RAGIONE_SOCIALE ». Si denuncia l’omessa pronuncia: i ) su un preteso obbligo risarcitorio della COGNOME, in favore dello RAGIONE_SOCIALE, « per accaparramento dei contratti interrotti in corso d’anno, sia interni che esterni »; ii ) « sulla domanda di risarcimento per illecito arricchimento, anch’esso in danno dello RAGIONE_SOCIALE, in conseguenza della sottrazione e l’utilizzo dei programmi che controparte ha asportato, senza accordo e preventiva informazione agli altri associati, in quanto gli erano necessari per continuare le operazioni contabili dei 59 contratti interni e dei sei incarichi esterni ».
Il primo dei descritti motivi è inammissibile perché nulla è specificamente riferito, nella sentenza impugnata, con riguardo alla specifica attività di ‘ tenuta delle scritture contabili ‘ ed alle sue concrete modalità di svolgimento all’interno dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘.
2.1. Va ricordato, allora, che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte ( cfr. ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 25909 del 2021, Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023; Cass. nn. 2607 e 5426 del 2024), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione, infatti, devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, né rilevabili d’ufficio ( cfr . Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. nn. 20694 e 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013). In quest’ottica, la parte ricorrente ha l’onere – nella specie rimasto assolutamente inadempiuto – di riportare, a
pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado ( cfr . Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000). Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito ( cfr. Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 17041 del 2013; Cass. n. 25319 del 2017; Cass. n. 20712 del 2018). Né a tanto potrebbe porre rimedio il contenuto di una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., esclusivamente destinata ad illustrare le cesure già proposte, senza poterne introdurre di nuove ( cfr., ex multis , Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), ed alla quale, pertanto, certamente non potrebbe attribuirsi pure la funzione di eliminare cause di inammissibilità dei formulati motivi di ricorso ( cfr . Cass. n. 5426 del 2024).
2.1.1. È chiaro, dunque, che laddove l’odierna doglianza intende trarre conseguenze anche giuridiche da circostanze fattuali di cui non risulta minimamente l’avvenuto esame da parte del giudice di merito, la stessa si rivela non coerente con i principi tutti in precedenza riportati, altresì dimenticando che il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un ulteriore grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( cfr. ex multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4582 del 2024; Cass. nn. 35782, 27522, 11299 e 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., SU, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014). Né potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti
istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 15237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582 e 5043 del 2024).
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono scrutinabili congiuntamente perché inficiati dalle medesime cause di inammissibilità.
3.1. Invero, rileva, innanzitutto, il Collegio che, invocandosi in essi vizi motivazionali, occorre tenere conto della regola di cui all’art. 348 -ter , ultimo comma, cod. proc. civ., abrogato dal d.lgs. n. 149 del 2022 ma qui applicabile ratione temporis (giusta l’art. 35 del menzionato d.lgs. e posto che il giudizio di appello venne instaurato dalla odierna ricorrente con citazione notificata nel dicembre 2019, come emerge dalla data di sua iscrizione a ruolo desumibile dall’epigrafe della sentenza oggi imp ugnata. Cfr. Cass. n. 11439 del 2018), la quale esclude la possibilità di ricorrere per cassazione ai sensi del numero 5 dell’art. 360, comma 1, dello stesso codice, nell’ipotesi in cui la sentenza di appello impugnata rechi l’integrale conferma della deci sione di primo grado (cd. ‘ doppia conforme ‘). Questa Corte ha da tempo chiarito che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. ‘ doppia conforme ‘ in facto (Cass. n. 7724 del 2002 ha precisato, inoltre, che « Ricorre l’ipotesi di ‘doppia conforme’, ai sensi dell’art. 348 -ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice »), sicché il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo, ha l’onere di
indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse ( cfr . Cass. n. 5426 del 2024; Cass. nn. 35782, 26934 e 5947 del 2023; Cass. n. 20994 del 2019; Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 26860 del 2014): onere rimasto, invece, assolutamente inadempiuto stando alle argomentazioni concretamente rinvenibili nella doglianza de qua . Né -come si è già osservato con riferimento al diverso onere rimasto inadempiuto di cui al primo motivo di ricorso all’inosservanza dell’onere suddetto può porre rimedio il contenuto di una memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., esclusivamente destinata ad illustrare le censure già proposte, senza poterne introdurre di nuove ( cfr., ex multis , Cass. n. 17893 del 2020; Cass. n. 24007 del 2017; Cass. n. 26332 del 2016; Cass., SU, n. 11097 del 2006), ed alla quale, pertanto, certamente non potrebbe attribuirsi pure la funzione di eliminare cause di inammissibilità dei formulati motivi di impugnazione ( cfr. Cass. n. 5426 del 2024).
3.2. A tanto deve aggiungersi che il vizio di motivazione ‘ omessa, travisata e contraddittoria su un punto decisivo della controversia ‘ comunque, non è denunciabile in cassazione ( cfr ., in motivazione, Cass. n. 956 del 2023), atteso che l’attuale testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile, ratione temporis , risultando impugnata una sentenza pubblicata il 30 maggio 2022, ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel
” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie assolutamente inconfigurabili nella motivazione della sentenza della corte fiorentina impugnata in questa sede -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395 del 2021, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr. Cass. nn. 7090 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
3.3. Il menzionato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda, dunque, un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
3.3.1. Peraltro, Cass., SU, n. 8053 del 2014, interpretando la disposizione suddetta, ha chiarito che la parte ricorrente dovrà indicare -nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il
quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti. Onere, nella specie, non assolto nel suo complesso dagli odierni ricorrenti.
3.3.2. In definitiva, il vizio di motivazione, ancor più in rapporto al richiamato testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, atteso che, come ancora recentemente ricordato, in motivazione, da Cass. n. 2607 del 2024, « i) spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti; ii) giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073 del 2023; Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999) ».
3.3.3. I ricorrenti, invece, insistono nell’addebitare alla corte distrettuale di avere « travisato le risultanze istruttorie e le evidenze documentali », di avere « omesso inspiegabilmente di rilevare la illiceità delle accertate e non
contestate condotte tenute da NOME COGNOME quando ancora era socia (nel corso del preavviso lavorato) », le quali, a loro dire, dovevano qualificarsi come di concorrenza sleale e sviamento di clientela. Essi, inoltre, contestando l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui il cliente è libero di seguire il professionista di fiducia, assumo che la corte suddetta ha ignorato talune risultanze probatorie dei precedenti gradi di giudizio che dimostravano il contrario, o almeno l’esistenza di contratti di incarico RAGIONE_SOCIALE allo studio RAGIONE_SOCIALE della durata annuale, che la revoca della clientela avevano interrotto senza giusta causa e senza preavviso.
3.3.4. È palese, dunque, che così argomentando, gli stessi mostrano, di mirare ad ottenere, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale, una diversa valutazione, su tali punti, di quanto sancito, in contrario, dal giudice di merito, totalmente dimenticando, però, che il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr. l’ampia rassegna giurisprudenziale già richiamata alla fine del precedente § 2.1.1.).
Il quarto motivo di ricorso, infine, è in parte infondato ed in parte inammissibile.
4.1. È infondato laddove denuncia l’omessa pronuncia su un preteso obbligo risarcitorio della RAGIONE_SOCIALE, in favore dello RAGIONE_SOCIALE, « per accaparramento dei contratti interrotti in corso d’anno, sia interni che esterni ».
4.1.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che la Corte di appello, con valutazione evidentemente complessiva del materiale istruttorio sottopostole, ha negato la configurabilità di qualsivoglia condotta illecita della COGNOME in occasione del suo recesso dallo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE suddetto.
4.1.2. Orbene, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale
pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione ( cfr . Cass. nn. 4024, 1863 e 1798 del 2024; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i ) il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii ) la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( cfr . Cass. nn. 4024 e 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
4.2. La doglianza, invece, è inammissibile laddove lamenta l’omessa pronuncia « sulla domanda di risarcimento per illecito arricchimento, anch’esso in danno dello RAGIONE_SOCIALE, in conseguenza della sottrazione e l’utilizzo dei programmi che controparte ha asportato, senza accordo e preventiva informazione agli altri associati, in quanto gli erano necessari per
continuare le operazioni contabili dei 59 contratti interni e dei sei incarichi esterni ».
4.2.1. Invero, della concreta formulazione di una tale domanda ‘ di risarcimento per illecito arricchimento ‘ -se intesa come diversa e non ricompresa in quella risarcitoria disattesa dalla corte territoriale -non si rinviene traccia nella sentenza impugnata, sicché è sufficiente qui richiamare i principi, già esposti nei precedenti § 2.1. e 2.1.1., giustifica tivi dell’analoga declaratoria di inammissibilità pronunciata in relazione al primo motivo.
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso da NOME COGNOME ed NOME COGNOME, quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, deve essere respinto, restando a loro carico, in via solidale, le spese di questo giudizio di legittimità sostenute da NOME COGNOME, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso di NOME COGNOME ed NOME COGNOME, quali titolari dello ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, e li condanna, in solido tra loro, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute da NOME COGNOME, liquidate in complessivi € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti processuali per il versamento, ad opera dei medesimi ricorrenti, in solido tra loro, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile