LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Concorrenza sleale marchio: quando c’è confusione?

Un’ordinanza del Tribunale di Venezia affronta un caso di concorrenza sleale marchio tra due aziende del settore fotovoltaico. Una società di nuova costituzione aveva adottato un nome quasi identico a quello di un’azienda storica, generando confusione. Il giudice ha emesso un’inibitoria urgente, bloccando l’uso del marchio e del nome a dominio simili, riconoscendo la volontà di sfruttare la notorietà altrui e di sviare la clientela.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Concorrenza Sleale Marchio: Il Limite tra Ispirazione e Imitazione

Nel mondo degli affari, la scelta di un nome e di un marchio è un passo fondamentale. Ma cosa succede quando un nuovo concorrente entra nel mercato con un nome quasi identico al tuo? Un’interessante ordinanza del Tribunale di Venezia, Sezione Specializzata di Impresa, fa luce proprio su un caso di concorrenza sleale marchio, stabilendo principi chiari sulla tutela dei segni distintivi e sul rischio di confusione per i consumatori.

I Fatti del Caso

Una società affermata, operante da quasi vent’anni nel settore della vendita e installazione di materiale fotovoltaico, ha citato in giudizio un’azienda concorrente di più recente costituzione. La società ricorrente, titolare di un marchio registrato contenente la parola ‘coenergia’, lamentava che la nuova azienda avesse non solo iniziato a operare nello stesso identico settore, ma avesse anche adottato un nome quasi identico: ‘conenergia’.

La situazione si è aggravata quando la società resistente ha iniziato a inviare newsletter e cataloghi a clienti e fornitori, alcuni dei quali in comune con la ricorrente, creando un’evidente confusione. Molti destinatari hanno pensato che le comunicazioni provenissero dall’azienda storica, portando quest’ultima ad agire legalmente per chiedere un’inibitoria d’urgenza.

La Decisione del Tribunale

Il Giudice ha accolto il ricorso, ritenendo fondate le ragioni della società ricorrente. Ha emesso un’ordinanza inibitoria, ordinando alla società resistente di cessare immediatamente l’utilizzo del segno distintivo ‘conenergia’ nella vendita, installazione e pubblicizzazione di pannelli fotovoltaici e prodotti simili. Il divieto è stato esteso anche all’uso del termine come nome a dominio su internet.

Per garantire l’efficacia del provvedimento, il Tribunale ha fissato una penale di 300 euro per ogni futura violazione accertata.

Analisi della concorrenza sleale marchio: le motivazioni

La decisione si fonda su un’analisi approfondita dell’articolo 2598 del codice civile, che definisce gli atti di concorrenza sleale. Il cuore del ragionamento del giudice risiede nel concetto di ‘rischio di confusione’.

Il Rischio di Confusione Effettivo

Il Tribunale ha stabilito che l’uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con quelli legittimamente usati da altri costituisce un atto di concorrenza sleale. Nel caso specifico, la somiglianza tra ‘coenergia’ e ‘conenergia’ è stata ritenuta sufficiente a ingannare il pubblico, specialmente considerando che entrambe le aziende operano nello stesso settore e si rivolgono alla stessa clientela. Il giudice ha sottolineato che il rischio non era solo teorico, ma effettivo, come dimostrato dalla reazione dei clienti che avevano ricevuto le comunicazioni della resistente.

La Forza Acquisita del Marchio Debole

La difesa della società resistente sosteneva che il marchio della ricorrente fosse ‘debole’, in quanto contenente la parola descrittiva ‘energia’. Tuttavia, il Tribunale ha applicato il principio secondo cui un marchio, anche se debole all’origine, può acquisire maggiore capacità distintiva attraverso l’uso prolungato e la notorietà nel mercato. La ricorrente ha dimostrato di essere un operatore conosciuto da quasi vent’anni, con un cospicuo fatturato e una presenza costante su riviste di settore, rafforzando così la distintività del proprio segno.

L’intento di Sfruttare la Notorietà Altrui

Secondo il giudice, la condotta della resistente non era casuale, ma mirava a ‘trarre beneficio dalla notorietà’ e dal ‘credito’ di cui la ricorrente godeva sul mercato. Modificare il proprio nome sociale e iniziare una campagna di comunicazione aggressiva con un marchio così simile è stato interpretato come un atto contrario alla correttezza professionale, finalizzato a sviare la clientela.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici per le imprese. In primo luogo, evidenzia l’importanza di una ricerca approfondita prima di scegliere il proprio nome e marchio, per evitare conflitti con segni già esistenti. In secondo luogo, dimostra che anche un marchio inizialmente ‘debole’ può diventare forte e meritevole di ampia tutela se acquisisce notorietà nel tempo. Infine, il provvedimento ribadisce che la legge non protegge solo dalla copia identica, ma anche dall’imitazione subdola che, pur con lievi differenze, è capace di generare confusione e di danneggiare un concorrente approfittando del suo lavoro e della sua reputazione.

Quando un marchio simile a un altro costituisce concorrenza sleale?
Secondo l’ordinanza, si configura concorrenza sleale quando l’uso di un nome o segno distintivo simile è idoneo a produrre confusione con l’attività e i prodotti di un concorrente, specialmente se operano nello stesso settore. La condotta è illecita se mira a sviare la clientela sfruttando la notorietà del concorrente.

Un marchio che contiene una parola descrittiva come ‘energia’ può essere protetto?
Sì. Anche se un marchio è considerato ‘debole’ perché contiene un termine descrittivo, può acquisire una maggiore capacità distintiva (e quindi una tutela più forte) attraverso l’uso prolungato nel tempo e il raggiungimento di una notevole fama nel proprio settore di mercato.

Cosa può fare un’azienda se un concorrente usa un nome simile in modo confusorio?
Può agire in giudizio con un ricorso d’urgenza per chiedere al giudice un’ordinanza inibitoria. Questo provvedimento può ordinare al concorrente di cessare immediatamente l’uso del nome o marchio confusorio in tutte le sue attività commerciali, compreso l’uso come nome a dominio, e può stabilire una penale economica per ogni violazione futura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati