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Concordato preventivo: termine perentorio e riesame

Una società in liquidazione, dopo aver presentato domanda di concordato preventivo, non rispettava il termine per depositare dei chiarimenti richiesti dal Tribunale. La Corte d’Appello confermava la dichiarazione di fallimento, ritenendo il termine perentorio e la domanda inammissibile. La Corte di Cassazione ha cassato la decisione, stabilendo che il giudice d’appello, nonostante il ritardo nel deposito delle integrazioni, ha l’obbligo di esaminare nel merito l’ammissibilità della proposta di concordato preventivo originaria. Il ritardo è irrilevante se le integrazioni richieste non erano necessarie.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Concordato Preventivo: il Ritardo sui Chiarimenti Non Blocca l’Esame di Ammissibilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un aspetto cruciale della procedura di concordato preventivo: le conseguenze del mancato rispetto del termine per il deposito di integrazioni e chiarimenti richiesti dal tribunale. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: la tardività non comporta automaticamente l’inammissibilità della proposta, ma impone al giudice del reclamo di valutare comunque l’originaria completezza e ammissibilità del piano.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società a responsabilità limitata che aveva depositato un ricorso per l’ammissione a un concordato preventivo ‘in bianco’. Il Tribunale aveva concesso un termine di 120 giorni per la presentazione del piano completo. Pochi giorni dopo, un creditore depositava un’istanza per la dichiarazione di fallimento della stessa società.

I due procedimenti venivano riuniti e la società, dopo aver ottenuto una proroga, depositava la proposta e il piano di concordato. Successivamente, il Tribunale richiedeva dei chiarimenti da fornire entro un termine di quindici giorni. La società depositava tali chiarimenti oltre la scadenza, ritenendo erroneamente applicabile la sospensione feriale dei termini.

Di conseguenza, il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda di concordato e dichiarava il fallimento della società. La decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello, la quale ribadiva la natura perentoria del termine per le integrazioni e l’impossibilità di applicare la sospensione feriale in presenza di un’istanza di fallimento pendente.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi del concordato preventivo

Contro la sentenza d’appello, la società proponeva ricorso in Cassazione, lamentando principalmente che i giudici di merito si fossero fermati all’aspetto procedurale del ritardo, omettendo di esaminare se la proposta di concordato preventivo, così come depositata originariamente, fosse di per sé già ammissibile e se i chiarimenti richiesti fossero effettivamente necessari.

La Corte di Cassazione ha accolto questo specifico motivo di ricorso, delineando un percorso logico-giuridico di grande interesse.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha chiarito un punto essenziale: l’effetto devolutivo del reclamo impone alla Corte d’Appello di riesaminare l’intera questione dell’ammissibilità della domanda di concordato, non potendosi limitare a una pronuncia di carattere meramente processuale.

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la richiesta di integrazioni e la valutazione di ammissibilità della proposta. Secondo la Cassazione, non esiste una correlazione necessaria tra le due. La valutazione di ammissibilità è un’analisi complessiva che il tribunale compie all’esito del procedimento. Pertanto, l’inutilità dei chiarimenti e delle integrazioni richieste, perché tardivamente resi, non si ripercuote automaticamente e ineludibilmente sull’ammissibilità della proposta iniziale.

Se la proposta originaria, depositata nei termini, era già completa, chiara e fattibile, la richiesta di integrazioni da parte del tribunale potrebbe rivelarsi superflua. In questo scenario, il tardivo deposito di tali integrazioni diventa irrilevante. La Corte d’Appello, quindi, avrebbe dovuto esaminare la proposta del 1° luglio 2019 per verificare se, a prescindere dai chiarimenti tardivi, essa superasse i rilievi di inammissibilità. Fermarsi alla sola decadenza procedurale costituisce un errore di diritto.

Al contempo, la Corte ha rigettato gli altri motivi di ricorso, confermando che il termine di quindici giorni previsto dall’art. 162 della legge fallimentare è perentorio e che, in caso di pendenza congiunta di istanza di fallimento e domanda di concordato, le esigenze di celerità escludono l’applicazione della sospensione feriale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela della sostanza sulla forma nelle procedure di risoluzione della crisi d’impresa. La Corte di Cassazione afferma che un vizio procedurale, come il ritardo nel fornire chiarimenti, non può essere un ostacolo insormontabile che impedisca al giudice di valutare la validità sostanziale di un piano di concordato preventivo.

Questo principio garantisce che le proposte di ristrutturazione serie e fondate non vengano respinte per questioni formali, soprattutto quando le informazioni richieste potrebbero rivelarsi non essenziali. La palla torna ora alla Corte d’Appello, che dovrà procedere a una nuova valutazione, entrando nel merito dell’ammissibilità della proposta concordataria originaria.

Il termine concesso dal tribunale per fornire chiarimenti a una proposta di concordato preventivo è perentorio?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che il termine previsto dall’art. 162, comma 1, l.fall. (non superiore a quindici giorni) è perentorio e non può essere prorogato se già concesso nella misura massima.

Se i chiarimenti al piano di concordato preventivo vengono depositati in ritardo, la domanda è automaticamente inammissibile?
No, non necessariamente. La Cassazione chiarisce che il giudice d’appello deve comunque esaminare l’ammissibilità della proposta originaria. Se tale proposta era già completa e i chiarimenti richiesti si rivelano superflui, il loro tardivo deposito è irrilevante e non può determinare l’inammissibilità della domanda.

La sospensione feriale dei termini si applica ai procedimenti di concordato quando è pendente anche un’istanza di fallimento?
No. La Corte ha ribadito che quando i procedimenti di concordato e di fallimento sono riuniti, prevalgono le esigenze di celerità sottese all’istanza di fallimento, rendendo inapplicabile la disciplina della sospensione feriale dei termini processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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