Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14196 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14196 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 3295 del ruolo generale dell’anno 20 21, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE, in persona della liquidatrice pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in atti, da ll’AVV_NOTAIO, con la quale elettivamente si domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
Fallimento di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Siena
-intimati-
per la cassazione della sentenza della C orte d’appello di Firenze n. 2368/20, pubblicata in data 30 dicembre 2020;
Oggetto: Rapporti tra procedimento prefallimentare e domanda di concordato in biancoConcessione di terminiApplicabilità della sospensione feriale.
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale dell’8 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Emerge dalla sentenza impugnata che:
RAGIONE_SOCIALE depositò ricorso per l’ammissione con riserva alla procedura di concordato preventivo in data 16 gennaio 2019;
con decreto depositato in data 24 gennaio 2019, ore 10,18, il Tribunale di Siena assegnò all’istante termine di 120 giorni per il deposito di piano, proposta e documentazione, fissando la somma per le spese e nominando il commissario giudiziale;
il medesimo giorno 24 gennaio 2019, ma alle ore 13,09, RAGIONE_SOCIALE depositò ricorso per la dichiarazione di fallimento di RAGIONE_SOCIALE;
-i due ricorsi furono riuniti e il tribunale confermò la concessione del termine di 120 giorni, sull’assunto che al momento del deposito del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato non fosse ancora pendente il procedimento prefallimentare;
prima della scadenza del termine la società ne chiese e ottenne la proroga fino al 1° luglio 2019, data in cui depositò proposta, piano e allegati;
il 23 luglio 2019 il Tribunale di Siena concesse, ex art. 162 l.fall., termine di quindici giorni dalla comunicazione, avvenuta il 14 agosto 2019, per ottenere chiarimenti;
-i chiarimenti furono resi mediante deposito di documentazione integrativa di piano e proposta in data 13 settembre 2019, sul presupposto dell’applicabilità al termine della sospensione feriale;
-in esito all’udienza del 21 gennaio 2020 e alla camera di consiglio svoltasi con modalità telematiche in data 4 marzo 2020, il
Tribunale dichiarò inammissibile la domanda di ammissione alla procedura di concordato e fallita la società istante.
La Corte d’appello di Firenze ha rigettato il reclamo proposto dalla società contro la sentenza dichiarativa di fallimento e il decreto d’inammissibilità della proposta concordataria .
A fondamento della decisione, ha osservato che, come sono perentori i termini previsti dai commi 6 e 10 dell’art. 161 l.fall., così non può che esserlo il termine contemplato dall’art. 162 l.fall.
Il termine, ha aggiunto, non è soggetto a sospensione feriale, in considerazione delle esigenze di celerità sottese alla trattazione di un’istanza di fallimento, in tutti i casi di riunione dei procedimenti concernenti la dichiarazione di fallimento e la domanda di concordato, indipendentemente dalla sequenza in cui i due ricorsi siano stati proposti. Né alcun affidamento può derivare all’istante dalla statuizione del Tribunale di Siena in ordine all’assenza di pendenza del ricorso di fallimento.
La corte territoriale ha quindi ritenuto assorbito, a fronte della decadenza dal deposito delle integrazioni richieste, il motivo di reclamo col quale la società aveva insistito sull’ammissibilità della domanda di ammissione alla procedura di concordato, anche indipendentemente dalle integrazioni avvenute in data 13 settembre 2019, perché non sarebbero stati superati, nei tempi e modi previsti dalla legge, i rilievi d’inammissibilità posti dal Tribunale di Siena col decreto del 23 luglio 2019.
Contro questa sentenza, RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a sei motivi e illustra con memoria, cui non v’è replica.
Motivi della decisione
1.- Col primo e col secondo motivo di ricorso , da esaminare congiuntamente, perché aspetti della medesima censura, la ricorrente lamenta:
-la violazione o falsa applicazione dell’art. 18 l.fall. e l’omesso esame dell’ammissibilità della proposta concordataria ( primo motivo );
-la nullità del procedimento per l’omesso esame dell’ammissibilità della proposta concordataria ( secondo motivo ).
1.1.- In sostanza, la ricorrente si duole del fatto che la corte d’appello si sia limitata ad affermare che l’inosservanza del termine concesso a norma dell’art. 162 l.fall., che ha ritenuto perentorio e non soggetto a sospensione feriale, avesse determinato la decadenza dalle integrazioni richieste e che quindi non potessero essere valutati i chiarimenti offerti per mezzo del deposito integrativo tardivamente compiuto. Il che, a dire del giudice del reclamo, non aveva consentito il superamento dei rilievi d’inammissibilità a fronte dei quali il tribunale aveva concesso quel termine e non permetteva alla corte d’appello di esaminare la proposta concordataria, come pure la reclamante aveva richiesto.
2.- La censura complessivamente proposta è fondata.
La ricorrente, come si dà conto nella narrativa della sentenza impugnata (al punto 2.3.) , aveva chiesto alla corte d’appello di esaminare comunque l’ammissibilità della proposta concordataria, così come formulata e corredata di piano e allegati in data 1° luglio 2019, sostenendo la superfluità dei chiarimenti e delle integrazioni richiesti dal tribunale e resi tardivamente.
Al riguardo, si ribadisce in ricorso:
-l’obiezione mossa dal tribunale circa l’assenza di chiarezza in ordine alla natura liquidatoria del concordato trovava risposta nel riferimento negli atti a concordato liquidatorio, con modalità di vendita ex art. 182 l.fall.;
-il dubbio sulla serietà della proposta di acquisto dell’immobile della società da parte del conduttore era superato dalle modalità competitive della vendita che ne sarebbe seguita;
le perplessità sui criteri adottati per lo sviluppo del piano e sulla mancata previsione di un adeguato fondo rischi potevano essere superate esaminando il piano, nonché un documento, specificamente localizzato negli atti, del quale è indicata la pagina pertinente;
-il dubbio concernente la scelta di concedere l’immobile in locazione e non già in affitto trovava risposta nel medesimo documento, in cui si evidenziava che la conduttrice svolgeva nell’immobile un’attività diversa da quella già espletata dalla locatrice.
2.1.- In realtà, non sussiste alcuna necessaria correlazione tra le criticità rilevate a fondamento della richiesta di integrazioni e chiarimenti e la valutazione di ammissibilità della proposta concordataria, la quale è resa dal tribunale all’esito del compless ivo esame della domanda, della documentazione e degli ulteriori elementi acquisiti in sede di audizione del debitore (Cass. n. 27446/19); e infatti il comma 2 dell’art. 162 l. fall. colloca la verifica di ammissibilità del tribunale « all’esito del pr ocedimento ».
L’inutilità dei chiarimenti e delle integrazioni richiesti, perché tardivamente resi, dunque, non si riverbera ineludibilmente sull’inammissibilità della proposta, qualora, come prospettato, la relativa richiesta sia superflua.
L’esame della censura concernente l’ammissibilità della proposta concordataria, come formulata in data 1° luglio 2019, non può, per conseguenza, essere di per sé ritenuto ultroneo per effetto della valutazione di tardività delle integrazioni e dei chiarimenti.
Il reclamo avverso la sentenza di fallimento ha difatti effetto devolutivo e riguarda anche la decisione negativa sulla domanda di ammissione al concordato, perché parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale della stessa crisi (tra le più recenti, Cass. n. 35423/23), sia pure nel perimetro delle sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante (Cass. n.
12706/14; n. 31531/21); e, nel caso in esame, la reclamante aveva devoluto la questione, come si è riportato sub 2., in termini precisi e deducendo fatti e considerazioni potenzialmente idonei a orientare diversamente la decisione.
Giova, peraltro, ribadire che la corte d’appello, nel caso in cui ritenga ammissibile in rito la proposta concordataria andando in contrario avviso rispetto a quanto ritenuto in proposito dal tribunale, la deve rimettere al primo giudice perché la valuti nel merito: ciò a prescindere dal giudizio che si intenda dare sulla proposta (e dunque anche nel caso in cui il collegio del reclamo la ritenga inammissibile), non potendosi configurare la disciplina dell’impugnazione in termini diversi a seconda della sol uzione che s’intenda attribuire alla questione in esame (Cass. n. 922/2024).
La censura complessivamente proposta è quindi accolta.
3.- Col terzo motivo , la società lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 162, comma 1, l. fall., e 152 c.p.c., là dove la corte d’appello ha qualificato come perentorio il termine concesso dal tribunale a norma dell’art. 162, comma 1, l. fall.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha già stabilito che il comma 1 dell’art. 162 l. fall. è disposizione di carattere generale che facoltizza il tribunale a concedere al debitore, sulla base di una valutazione discrezionale diretta a prevenire possibili abusi, un brevissimo termine per apportare integrazioni o effettuare produzioni capaci di scongiurare l’esito infausto della procedura, quando ciò potrebbe rappresentare un’ingiusta o antieconomica sanzione nei confronti di irregolarità non gravi né sostanziali (Cass. n. 9087/18, punto 5.8.; n. 27933/18, punto 15.3.), se sussistenti.
3.1.D’altronde, oltre alla ratio così illustrata, è il chiarissimo tenore del comma 1 dell’art. 162, comma 1, l.fall., che consente la concessione di un termine « non superiore a quindici giorni », a
escludere che possa essere prorogato il termine già concesso nella misura massima così prevista.
La censura è respinta.
4.- Infondato è anche il quarto motivo di ricorso , col quale si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della l. n. 742/1969, là dove la corte d’appello ha ritenuto inapplicabile la disciplina della sospensione feriale dei termini processuali.
Questa Corte ha anche di recente ribadito (Cass. n. 17145/22) che nel caso, come quello in esame, in cui siano stati riuniti i procedimenti concernenti l’istanza tesa alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore e la domanda di concordato preventivo da lui proposta, tra i quali ricorre un rapporto di continenza, prevalgono le esigenze di celerità sottese alla scelta del legislatore di non sospendere i termini durante il periodo feriale, quando è in discussione una istanza di fallimento.
L ‘intero procedimento (in cui restano riunite l’istanza di fallimento e la domanda di concordato) è difatti suscettibile di essere definito con una sentenza di fallimento dell’imprenditore che abbia avanzato la proposta concordataria, indipendentemente dalla sequenza delle due procedure.
Il motivo è rigettato.
5.Col quinto e col sesto motivo , da esaminare congiuntamente, perché aspetti della medesima censura, la società lamenta:
-la violazione o falsa applicazione dell’art. 153, comma 2, c.p.c., nonché del principio del legittimo affidamento e la conseguente lesione della disciplina legale in tema di rimessione in termini ( quinto motivo );
-l’omessa pronuncia in ordine alla violazione del legittimo affidamento ingenerato nella ricorrente dal provvedimento di proroga del termine adottato dal tribunale ( sesto motivo ).
In sostanza, la società si duole del fatto che la corte d’appello non avrebbe tenuto conto dell’affidamento del la debitrice sull’irrilevanza della pendenza del ricorso di fallimento ai fini della rimessione nei termini per la produzione dei documenti e delle integrazioni ritenuti tardivi ; l’affidamento sarebbe derivato dalla scelta del tribunale di confermare la concessione del termine di 120 giorni e di disporne la proroga benché fosse pendente l’istanza di fallimento.
La censura complessivamente proposta è inammissibile, in quanto non coglie la ragione del decidere, posto che il giudice del reclamo si è fatta carico della valutazione della scelta del tribunale.
5.1.La corte d’appello ha difatti chiarito che l’affermazione del Tribunale di Siena che la procedura prefallimentare non potesse essere ritenuta pendente al momento del deposito della domanda di preconcordato prima e del decreto di ammissione poi era funzionale soltanto all’applicabilità del termine iniziale di 120 giorni e non già di quello di 60 giorni, ma « non significa certo che l’istanza di fallimento di RAGIONE_SOCIALE non esistesse e, quindi, che essa non fosse effettivamente ‘pendente’ qu antomeno ai fini del necessario coordinamento in fase decisionale con la procedura di concordato preventivo »: il che è appunto quanto inammissibilmente si assume a fondamento della censura.
E comunque ciò che conta è che l’istanza di fallimento era stata proposta, era nota alla debitrice e addirittura riunita alla domanda di ammissione alla procedura di concordato, e che la decisione di confermare il termine di 120 giorni e poi di disporne la proroga è andata a vantaggio della debitrice, la quale non può dolersene a ritroso, a supporto d el proprio preteso affidamento sull’irrilevanza dell’istanza di fallimento, come se mai fosse sopraggiunta e dunque pendente.
6.- In conclusione, in accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è cassata in relazione ai
profili accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
Per questi motivi
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo e il quarto motivo, dichiara inammissibili il quinto e il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, l’8 maggio 2024 .