Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28574 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 28574 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27297/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE. INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE CAPITALE, REGIONE LAZIO, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati-
avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 7051/2024 depositata il 11/11/2024;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentiti i difensori delle parti, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso del 30.11.2023, NOME COGNOME depositava una proposta di concordato minore che, per far fronte al proprio stato di sovraindebitamento ex art. 2, comma 1, lett. c) CCII per complessivi € 812.117,37, prevedeva il pagamento integrale del debito ipotecario di € 94.243,00 (da estinguere secondo il piano di ammortamento predisposto con il contratto di mutuo con ipoteca insistente su bene personale) e il pagamento in misura del 5% di tutti gli altri debiti, sia privilegiati (verso i creditori erariali RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), sia chirografari, in 60 rate mensili, oltre al pagamento del gestore; ai pagamenti si sarebbe fatto fronte esclusivamente con una parte dei propri redditi al netto delle spese di sostentamento, per un ammontare mensile di € 3.542,47.
1.1. -Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in composizione monocratica dichiarava inammissibile la proposta rilevando i seguenti profili di inammissibilità del piano: a) «violazione del principio dell’ordine di preferenza dei creditori ex art. 2741 cod. civ., poiché il piano prevedeva la destinazione dei redditi futuri, quindi beni mobili, al pagamento anche dei crediti chirografari anziché al soddisfacimento integrale dei soli crediti privilegiati e non solo dei crediti assistititi da privilegio assoluto su detti beni»; b) «violazione dell’art. 75 co. 3 CCII, posto che il rimborso del mutuo ipotecario a rate non era giustificato, trattandosi di ipoteca gravante su bene personale e non su bene aziendale»; c) «inadeguatezza della relazione attestativa in merito alla convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria».
1.2. -La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, nella contumacia di BCC RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato il reclamo del debitore ex art. 47 CCII, osservando che: i) il ‘contenuto libero’ della proposta di concordato minore stabilito dall’art. 74 CCII non consente la deroga della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause legittime di prelazione ex art. 2741 c.c., trattandosi di istituto soggetto all’applicazione delle disposizioni in tema di concordato preventivo in quanto compatibili, per l’espresso richiamo de ll’art. 74, comma 4, CCII alle norme del capo III dello stesso titolo; ii) se ne ha conferma nell’art. 75, comma 2, CCII, che consente la soddisfazione non integrale dei creditori prelatizi solo a determinate condizioni, nel caso di specie però non rispettate, poiché tutti i creditori privilegiati diversi dall’ipotecario subiscono una falcidia del 95%, mentre, secondo quanto risulta dall’integrazione della relazione attestativa, « dal ricavato della vendita dell’immobile (165.600), decurtato dell’intero credito ipotecario (€ 94.243,00), residuerebbe la somma di € 71.357,00 da destinare ai crediti privilegiati, di cui garantirebbe un soddisfacimento immediato pari a ca il 10% (posto che i crediti privilegiati erariali di varia natura ammontano a € 697.207,37); mentre, secondo la proposta di piano se ne offrirebbe un soddisfacimento nella minore misura del 5% (34.860,34 (35.843,69 – 983,35 (RAGIONE_SOCIALE chirografario)) in un orizzonte temporale di 60 mensilità ».
–NOME COGNOME propone ricorso per cassazione in due mezzi, il PM conclude per il rigetto del ricorso, l ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, mentre i restanti intimati non svolgono difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo (‘ Violazione ed erronea interpretazione ex art. 360 comma I n. 3 c.p.c, in combinato disposto con l’art. 74 CCII ‘) si censura il provvedimento impugnato « in ordine ai limiti del sindacato del Giudice in tema di libertà di contenuto e forma del piano ». Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato a ritenere che la proposta di concordato minore possa essere dichiarata inammissibile non solo per le ipotesi
tassative indicate nell’art. 77 CCII, ma anche in relazione ai presupposti indicati nel concordato preventivo da ll’art. 47 CCII, così creando « un punto di discrimine per il debitore civile che, di fatto, non avrebbe più alcuna possibilità di poter accedere alle norme che regolamentano il sovraindebitamento, parificando due ben distinte tipologie di procedure che nelle intenzioni del legislatore, invece, fanno riferimento ad un diverso status di debitore ».
Al contrario, il rispetto delle cause legittime di relazione non sarebbe un principio immanente anche nel concordato minore, tanto che « già nella legge 3/2012, come oggi disciplinata nel corpo del CCII, non si era prevista una specifica disciplina in ordine ai criteri a fronte dei quali ripartire i pagamenti ai creditori in sede di proposta », proprio in forza del « principio generale della libertà di forma e contenuto della proposta » declinato nell’art. 8, comma 1, l.cit. e riproposto nell’art. 74, comma 3 CCII.
Resterebbe fermo il criterio imposto per la soddisfazione parziale dei creditori muniti di privilegio, pegno e ipoteca, in quanto ribadito nell’art. 75, comma 2 CCII, senza alcun richiamo, invece, al divieto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione, previsto nel concordato preventivo dall’art. 85, comma 4 CCII. Tale omissione sarebbe frutto di « una volontà precisa del legislatore, il quale ha sentito la necessità di consentire al soggetto in stato di sovraindebitamento, di poter disporre liberamente dei suoi ‘beni futuri’ (specie quando attengono a risorse reddituali), al fine di poter offrire una soddisfazione, nei limiti delle proprie possibilità, ai creditori ‘senza essere obbligato a soddisfare, prioritariamente, i creditori aventi privilegio generale mobiliare’ » (come si legge in Trib. Avellino 9.2.2022 e Corte appello RAGIONE_SOCIALE 24.7.2023).
Non sussisterebbero i presupposti per l’operatività del rinvio dell’art. 74, comma 4 CCII al Capo III sul concordato preventivo, stante il difetto sia di carenze della norma (trattandosi di omissione voluta) che del limite di compatibilità, per le diverse caratteristiche dei soggetti abilitati a proporre il concordato minore (« basti pensare alla categoria dei professionisti il cui concordato non può che fondarsi sui redditi futuri detratte le necessarie spese di sostentamento »).
Questa differenza tra le due procedure sarebbe stata confermata dal correttivo di cui al d.lgs. n. 136 del 2024, laddove ha modificato il terzo comma dell’art. 74 CCII stabilendo che «La proposta di concordato minore prevede il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma».
2.2. -Con il secondo mezzo (‘ Violazione ed erronea interpretazione ex art. 360 comma I n. 3 c.p.c, in combinato disposto con l’art. 80, comma 3 CCII ‘) si censura il provvedimento impugnato « nella parte motiva in cui la Corte ha ritenuto che la valutazione della preferibilità della proposta rispetto all’alternativa liquidatoria acquisti rilevanza preventiva ai fini dell’ammissibilità della proposta », senza considerare che tanto la percentuale di soddisfazione offerta ai creditori, quanto la loro valutazione comparativa rispetto all’alternativa liquidatoria, atterebbero « alla fattibilità economica del piano, vaglio da ritenersi rimesso, come è ovvio, ai soli creditori », anche per il tramite della relazione dell’OCC che contiene « un primo vaglio sulla fattibilità economica del piano ». Tanto che, a norma dell’art. 80, co mma 3 CCII, « solo qualora venga contestata dai creditori o da qualunque altro interessato la convenienza della proposta, il giudice ‘omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria’ », a conferma che tale aspetto non potrebbe essere sindacato in sede di ammissione e dovrebbe essere subordinato all’eventuale contestazione degli interessati.
Il ricorrente aggiunge che, anche a voler rinvenire nell’art. 47 CCII un criterio di valutazione in sede di ammissione del concordato minore, esso andrebbe riferito al comma 1, lett. a), per cui nel concordato preventivo liquidatorio il giudice valuta la fattibilità del piano « intesa come non manifesta inattitudine del medesimo a raggiungere gli obiettivi prefissati », analogamente a quanto prevede in sede di omologa dall’art 112, comma 1, lett. g) CCII, dovendosi escludere dal sindacato sulla fattibilità ogni valutazione in punto di convenienza. Pertanto, « la natura concordataria dello strumento scelto fa desumere la ragionevolezza dell’interpretazione secondo cui ad una prima valutazione dell’ammissibilità della
proposta configurabile come ‘meramente rituale’ nei termini espressi dall’art. 77 CCII, si sussegua una seconda valutazione del giudice in sede di omologa seppur della fattibilità della proposta, nei termini e secondo le condizioni di cui l’art. 80 CCII ».
Infine il ricorrente contesta il calcolo eseguito dai giudici di merito in punto di comparazione rispetto all’alternativa liquidatoria, sul rilievo ‘realistico’ che, « ipotizzando una vendita competitiva in applicazione dei criteri già previsti, e come applicati, nelle vendite esecutive (…) a fronte di un prezzo di vendita di euro 160.500,00, il potenziale acquirente può offrire una somma decurtata di un quarto (25%), ovvero sia pari ad euro 124.125,00 (…) detratta la somma dovuta al creditore ipotecario, pari ad euro 94.243,00, residuerebbe la somma di euro 29.882,00, inferiore rispetto alla soddisfazione offerta ai creditori privilegiati, senza considerare gli ulteriori costi in prededuzione, che riducono ulteriormente la somma ricavata », mentre la soddisfazione non immediata bensì dilazionata in 60 rate rientrerebbe nella valutazione di convenienza riservata ai creditori.
-Il primo motivo è infondato e il secondo è inammissibile.
3.1. -Va innanzitutto considerato che, nonostante il difetto di autosufficienza del ricorso circa la tipologia di concordato minore proposto, e il silenzio sul punto del provvedimento impugnato, esso riepilogato (e presupposto implicitamente) come concordato con prosecuzione del l’attività , ex art. 74, comma 1, CCII (piuttosto che di tipo liquidatorio, come si legge a pag. 2 della memoria del PM), stante il riferimento, anche in sentenza, ad un attivo concordatario costituito dai redditi futuri del proponente, il quale dagli atti risulta essere un professionista (medico).
3.2. -Va altresì dato atto che non è qui in discussione l’applicabilità delle norme del CCII nella versione anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 136/2024, che, come chiarito dal d.l. n. 178/2024, si applica anche ai procedimenti pendenti, purché però non si renda necessario il rinnovo, la modifica o l’integrazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore (28.9.2024), e con espressa salvezza dei «provvedimenti adottati».
-Per rispondere alle questioni poste con i due motivi occorre ricordare che, già con la riforma di cui al d.lgs. n. 83 del 2022, il C odice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stato, tra l’altro, adeguato al la direttiva (UE) n. 1023/2019, quanto alle procedure di ristrutturazione preventiva in continuità proposte da ogni tipo di imprenditore, ivi incluso (secondo la relativa definizione unionale) il professionista, e dunque anche il concordato minore in esame.
Ciò accentua la omogeneità tra gli istituti del concordato preventivo e del concordato minore -che il legislatore nazionale ha comunque voluto mantenere distinti -quando a venire in rilievo sono le regole dettate dalla direttiva in tema di struttura, presupposti, finalità e strumenti della ristrutturazione preventiva, con particolare riguardo al contenuto del piano, alla sua approvazione da parte dei creditori ed alla sua omologazione da parte del giudice.
In questo senso va dunque letta la clausola finale contenuta nell’art. 74, comma 4 CCII, in base alla quale, «per quanto non previsto nella presente sezione» (concordato minore), «si applicano le disposizioni del capo III del presente titolo» (concordato preventivo), «in quanto compatibili».
4.1. -Questa Corte , d’altronde, ha già precisato (Cass. 17721/2025) che i presupposti per l’applicazione delle norme sul concordato preventivo al concordato minore sono due: i) la mancanza di una specifica disciplina (lacuna normativa); ii) la compatibilità delle disposizioni tratte dal diverso plesso normativo con la disciplina e la ratio dell’istituto di riferimento (clausola di compatibilità).
Questo esplicito criterio regolatore supera il più generale meccanismo integrativo dell’analogia contemplato dall’art. 12, comma 2, preleggi, in base al quale, quando una controversia non può essere decisa in base ad una specifica disposizione -da interpretarsi, ai sensi del comma 1, secondo i canoni ermeneutici letterale, sistematico, teleologico e storico -il giudice deve ricorrere innanzitutto alla analogia legis , al fine di estendere al caso non previsto la norma positiva dettata per casi simili o materie analoghe e poi, ove permanga il dubbio interpretativo, alla analogia
iuris , attingendo ai principi generali dell’ordinamento giuridico ( ex multis , Cass. 15790/2023).
Difatti, lo strumento della interpretazione analogica presuppone l’individuazione di una lacuna nell’ordinamento e la conseguente necessità di colmarla, ricorrendo all’applicazione di una norma che disciplina un caso simile, di cui si possa argomentare un’associazione secondo il criterio della eadem ratio (Cass. 2852/2002, 9549/2025), mentre nella specie è la stessa legge a dettare una norma di raccordo, individuando l’istituto più affine cui attingere per colmare eventuali vuoti normativi, rimettendo però all’interprete la valutazione della compatibilità delle norme da importare nel comparto di riferimento.
-Ciò posto, la prima questione sollevata attiene alla pretesa impossibilità per il giudice di dichiarare inammissibile il concordato minore al di fuori delle ipotesi contemplate dall’art. 77 CCII, in quanto da ritenersi tassative.
5.1. -E’ indubbio che l’art. 77 CCII disciplini in modo compiuto l’inammissibilità della ‘domanda’ di concordato minore, con ipotesi che possono considerarsi tassative in relazione alla regolamentazione espressa del profilo documentale, (« se mancano i documenti di cui agli articoli 75 e 76 », tra i quali anche la relazione particolareggiata dell’OCC), del profilo soggettivo (« se il debitore presenta requisiti dimensionali che eccedono i limiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), numeri 1), 2) e 3) »), del profilo preclusivo all’accesso (« se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte ») e di quello comportamentale (« se risultano commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori »).
E proprio la citata Cass. 17721/2025 afferma, nella prospettiva di scrutinio del regime di inammissibilità per come «compiutamente disciplinato nel concordato minore dall’art. 77 c.c.i.i.», che le cause di natura processuale e sostanziale ivi annoverate «scoraggiano, tenuto conto della severità descrittiva cui debbono corrispondere le norme interruttive dell’iter del processo concorsuale, la ricerca altrove, e sia pur nel contesto della compatibilità, di ulteriori ragioni di inammissibilità in thesi rimaste inespresse», posto che «una
sanzione nell’iter processuale rappresenta una figura per la quale la chiarezza normativa delle prospettive di avanzamento della procedura impone, in generale, una caratterizzazione orientata al comando esplicito, se non alla tassatività», anche valorizzando il diritto di accesso a un tribunale, garantito dall’art. 6 CEDU (Corte Edu, 28 giugno 2005, COGNOME c. Repubblica Ceca , in causa n. 74328/2001; 21 febbraio 2008, COGNOME c. Grecia , in causa n. 2602/06).
In quella fattispecie, peraltro, si trattava della affermata inammissibilità della domanda di concordato minore per mancato deposito di un fondo spese per lo svolgimento della procedura, presupposto ritenuto in sede di legittimità non declinabile come fattore ostativo all’avanzamento della procedura, in quanto tale da non intercettare «alcuna indispensabilità di funzionamento», sebbene espressamente previsto come tale nel concordato ‘maggiore’ (artt. 106, comma 2 e 47, comma 2, lett. d) CCII), e dunque senza attivazione del meccanismo di rinvio ex art. 74, comma 4, CCII. (Cass. 17721/2025)
Ad un’ analoga conclusione questa Corte era già pervenuta in tema di composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012, nel senso che «il giudice non può, in assenza di una specifica norma che lo consenta, imporre al debitore, a pena di inammissibilità, il deposito preventivo di una somma per le spese che si presumono necessarie ai fini della procedura» (Cass. 34105/2019).
In conclusione, può sostenersi, dando continuità all’orientamento di cui si è dato conto, che il dato sistematico non consente che, attraverso il rinvio ex art. 74, comma 4, CCII, profili di inammissibilità della ‘domanda’ non espressamente e compiutamente disciplinati -come avviene ne ll’art. 77 CCII -vengano in immediato rilievo.
5.2. -Tuttavia, nel caso in esame non si è di fronte a profili di inammissibilità propriamente della ‘domanda’, bensì della ‘proposta’ di concordato minore.
La distinzione non è formalistica, poiché un conto è individuare i requisiti formali e sostanziali che una domanda deve possedere per poter ritualmente avviare una procedura, altro è invece verificare il rispetto dei canoni costituivi dell’istituto ad essa sotteso.
Non è un caso, forse, che l’art. 47, comma 1 CCII faccia testuale riferimento, per il concordato preventivo, alla ammissibilità della ‘proposta’ (lett. a ), per il concordato liquidatorio) ed alla ritualità sempre della ‘proposta’ (lett. b) con riguardo al concordato in continuità aziendale).
E comunque non è qui in gioco l’applicabilità dell’art. 47 CCII che esula dal plesso di riferimento del rinvio di cui all’art. 74, comma 4 CCII -quanto le caratteristiche che la proposta deve avere, sotto il profilo contenutistico, per essere considerata una proposta di concordato minore.
5.3. -Tutto ciò non ha nulla che vedere con i requisiti di convenienza né di cd. fattibilità ‘economica’, che un tempo si soleva distinguere dalla cd. fattibilità ‘giuridica’; distinzione che, come si legge in Cass. 1393/2024, si è andata progressivamente attenuando nella più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 13817/2022, 21190/2021, 15809/2021, 13224/2021, 11522/2020, 25474/2019, 645/2019, 5825/2018, 4790/2018, 9061/2017), per essere poi definitivamente superata nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ove si è avuta la crasi dei due sintagmi nell’unico lemma ‘fattibilità’, intesa appunto come non manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati (art. 47 CCII), di ‘fattibilità economica’ leggendosi ora solo nell’art. 56, comma 3, CCII in tema di piano attestato di risanamento.
Ha piuttosto a che vedere, appunto, con quella che è stata in passato declinata come ‘fattibilità giuridica’, e cioè la «compatibilità della proposta con le norme inderogabili e la causa concreta dell’accordo» (da ultimo, Cass. 11223/2025), quest’ultima integrata dalla finalità di superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e di assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente parziale, dei creditori, dall’altro (Cass. 3640/2025; conf. Cass. 10886/2020, 15090/2019, 21175/2018).
Con la precisazione che, pacificamente, il controllo di cd. fattibilità giuridica non incontra particolari limiti (Cass. 21250/2024; conf. Cass. 4790/2018, 9061/2017), proprio in quanto integra quel controllo di legittimità ontologicamente riservato al giudice, che può esercitarlo indifferentemente in ogni fase del suo intervento nel processo concordatario.
La giurisprudenza di legittimità non si è infatti mai discostata dall’indirizzo nomofilattico per cui il menzionato controllo di legittimità «si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo» (Cass. Sez. U, 1521/2013; cfr. Cass. 1393/2024 per l’esplicita sindacabilità già in sede di ammissione alla procedura).
5.4. -Quanto precede rivela come sia chiaramente sindacabile sin dal principio, e quindi anche in fase di ammissione, la conformità della proposta al paradigma tipico del concordato minore, in base alle norme che stabiliscono ciò che con esso «è possibile prevedere», come ad esempio la falcidia dei creditori prelatizi subordinatamente a certe condizioni (art. 75, comma 2 CCII) o il rimborso delle rate a scadere del contratto di mutuo al ricorrere di altri specifici presupposti (art. 75, comma 3 CCII).
In questa prospettiva, l’affermazione contenuta nel terzo comma dell’art. 74 CCII per cui « La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi. La formazione delle classi è obbligatoria per i creditori titolari di garanzie testate da terzi » -non deve fuorviare (ed in ciò risiede l’intervento correttivo del 2024, che ha espunto il riferimento al ‘contenuto libero’) , poiché il paradigma di riferimento per il controllo di legittimità in discussione va debitamente integrato non solo con le ulteriori disposizioni che seguono all’interno della sezione, ma anche con le disposizioni dettate in tema di concordato preventivo, per tutto quanto ivi non previsto e nei limiti di compatibilità, ai sensi, per l’appunto, dell’art. 74, comma 4 CCII.
5.5. -Deve quindi concludersi, con conseguente rigetto del primo motivo, che sin dalla fase di ammissione del concordato minore il giudice monocratico, ove ravvisi la violazione dei criteri legali stabiliti per la conformazione della proposta concordataria -ivi compresi quelli dettati dall’art. 84 CCII per il concordato preventivo, nei limiti in cui siano applicabili al concordato minore per il tramite dell’art. 74, ultimo comma, CCII è tenuto a dichiarare inammissibile la proposta, al di là delle ipotesi tassative di inammissibilità della domanda dettate dall’art. 77 CCII, senza dover attendere inutilmente, in contrasto col principio di economia dei giudizi e di sollecita definizione delle procedure, l’apertura del giudizio di omologazione.
5.6. -Giova al riguardo precisare che tra le norme che disciplinano il concordato preventivo, importabili nel concordato minore, rientrano le disposizioni dettate dall’art. 84 ed anche dall’art. 112 CCII -il cui secondo comma, in tema di ristrutturazione trasversale dei debiti, è espressamente richiamato nel concordato minore d all’art. 78, comma 2 -bis, lett. b) CCII -le quali distinguono il trattamento dei creditori a seconda che si tratti di concordato in continuità o liquidatorio, sempre che dette disposizioni non siano superate da altre espressamente dettate per il concordato minore (come ad esempio l’art. 74, comma 2 CCII, che richiede più genericamente «l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori»).
E’ infatti evidente come l’intero statuto della concorsualità sia regolato nei due tipi di concordato in discorso proprio attraverso un articolato gioco di applicazione-deroga «agli articoli 2740 e 2741 del codice civile», ovvero al «rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione», parametri ripetutamente menzionati nei commi 4, 6 e 7 dell’art. 84 CCII e che non possono non valere anche per il concordato minore.
Ma soprattutto è indubitabile che esula completamente dal paradigma concordatario una proposta che, come quella per cui è causa, parifichi nel trattamento i creditori privilegiati e chirografari, in assenza di una norma che espressamente lo consenta, tale non potendo di certo essere considerato l’art. 74, comma 3 CCII,
laddove prevede(va) la libertà di contenuto della proposta di concordato minore -cosa ben diversa dalla libertà di trattamento dei creditori -come poi il decreto correttivo del 2024 ha inteso chiarire, espungendo l ‘ ambiguo riferimento al ‘ contenuto libero ‘ e lasciando in essere solo la possibilità di «soddisfacimento anche parziale dei crediti attraverso qualsiasi forma».
-Poste queste basi, è evidente l ‘inammissibilità del secondo motivo, tutto versato nel merito.
Il ricorrente confonde il piano della convenienza della proposta -la cui pertinenza all’esclusivo giudizio dei creditori è fuori discussione, fatto salvo il meccanismo del cd. cram down disciplinato dall’art. 80, comma 3 CCII -con il piano del controllo di legittimità di cui si è detto, segnatamente quello previsto dall’art. 75, comma 2, CCII , senza che però possa essere utilmente invocato il riferimento contenuto in quest’ultima norma ad un analogo giudizio comparativo rispetto all’alternativa liquidatoria, che nel primo caso va svolto solo nei confronti di qualsivoglia creditore che, opponendosi all’omologazione, abbia contestato la convenienza della proposta; mentre nel secondo caso va verificato nei confronti dei soli creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta preveda la soddisfazione non integrale, a condizione che, sulla scorta di apposta attestazione dell’OCC, « ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione ».
Anche questo tipo di controllo di legittimità spetta sicuramente al giudice, che può esercitarlo già in fase di ammissione per le ragioni di cui si è dato conto sopra.
Né il ricorrente può pretendere di mettere in discussione in questa sede la valutazione svolta, sul punto, dai giudici di merito, sulla scorta di congrua motivazione non sindacabile nel giudizio di legittimità, in quanto condotta in conformità al criterio legale che fa riferimento in via esclusiva al valore di mercato attribuibile ai beni gravati dalla prelazione.
-Viene dunque formulato il seguente principio di diritto:
‘ La proposta di concordato minore deve rispettare gli articoli 2740 e 2741 del codice civile nonché la graduazione delle cause legittime di prelazione, per come disciplinati nel concordato preventivo dagli artt. 84 e 112 CCII, in forza e nei limiti del rinvio contenuto nell’art. 74, comma 4, CCII ; ne consegue che il mancato rispetto delle relative regole legali di trattamento dei creditori costituisce causa di inammissibilità della proposta, rilevabile dal giudice anche d’ufficio e senza dover attendere l’apertura del giudizio di omologazione, in ossequio ai principi di economia dei giudizi e di sollecita definizione delle procedure, a ciò non ostando la tassatività delle ipotesi di inammissibilità della domanda di concordato minore, ai sensi dell’art. 77 CCII .’
-Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
-Ricorrono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio del 14/10/2025.
Il cons. est.
Il Presidente NOME COGNOME
NOME