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Concordato in continuità: la gestione degli asset

Un’ordinanza della Cassazione affronta il tema del concordato in continuità quando il piano prevede la vendita di beni non essenziali. Il caso riguarda una società che si oppone alla nomina di un liquidatore giudiziale imposta dal tribunale. La Corte, riconoscendo la rilevanza della questione, ha rinviato la causa a pubblica udienza per definire le regole sulla liquidazione degli asset in questo contesto.

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Concordato in Continuità e Liquidazione di Beni: la Cassazione Fa il Punto

L’ordinanza interlocutoria n. 16868/2024 della Corte di Cassazione solleva questioni cruciali sulla gestione del concordato in continuità, in particolare quando il piano di risanamento aziendale include la vendita di beni non strettamente necessari all’attività d’impresa. La Corte ha deciso di rinviare la causa a una pubblica udienza, riconoscendo la necessità di chiarire i poteri del tribunale e le modalità di liquidazione degli asset per tutelare al meglio gli interessi dei creditori senza snaturare la volontà dell’imprenditore.

I Fatti di Causa: Un Piano “Misto”

Una società unipersonale in crisi ha presentato una proposta di concordato preventivo basata su un piano “misto”. Da un lato, prevedeva la prosecuzione dell’attività aziendale (continuità diretta), garantendo il pagamento dei creditori con i futuri ricavi. Dall’altro, il piano includeva la liquidazione di alcuni beni immobili non funzionali all’esercizio dell’impresa, tra cui due di proprietà della società e uno di proprietà del socio unico. L’azienda intendeva gestire autonomamente la vendita di questi immobili, affidandola al proprio legale rappresentante, principalmente per un risparmio di spesa.

La Decisione del Tribunale di Merito

Il Tribunale di Perugia ha omologato il concordato, ma ha introdotto una modifica sostanziale non prevista nel piano originario. Ritenendo che la vendita dovesse seguire procedure competitive per garantire la massima trasparenza e il miglior realizzo a favore dei creditori, ha disposto la nomina di un liquidatore giudiziale. Secondo il tribunale, solo una procedura competitiva pubblica avrebbe potuto assicurare il cosiddetto “effetto purgativo”, ossia la cancellazione delle ipoteche gravanti sugli immobili, un elemento essenziale per la loro vendita.

Il Ricorso in Cassazione: i motivi della società debitrice

La società ha impugnato il decreto del Tribunale, sostenendo che il giudice avesse ecceduto i propri poteri. I motivi del ricorso si concentravano su diversi punti:
1. Errata qualificazione del concordato: Il tribunale avrebbe applicato in modo errato le norme del concordato liquidatorio a un concordato in continuità.
2. Decisione oltre la domanda (ultrapetizione): Il giudice avrebbe introdotto la figura del liquidatore giudiziale, non richiesta né prevista nel piano approvato dai creditori.
3. Violazione di legge: La nomina di un organo esterno per la gestione della vendita andava contro la logica del concordato in continuità, che lascia alla società debitrice la gestione dell’impresa e del piano.
4. Imposizione di procedure competitive: Il tribunale avrebbe imposto procedure di vendita tipiche del fallimento, non previste specificamente per la liquidazione di beni non funzionali nel concordato in continuità.

Le Questioni Chiave per la Pubblica Udienza

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, non ha deciso nel merito, ma ha riconosciuto la rilevanza e la complessità delle questioni sollevate. Ha quindi delineato i temi che dovranno essere discussi nella futura udienza pubblica:
* Nomina del liquidatore: È possibile per il giudice nominare un liquidatore (e un comitato dei creditori) se il piano, approvato dalla maggioranza, non lo prevede?
* Modalità di vendita: La vendita degli asset deve obbligatoriamente seguire le procedure competitive previste per il fallimento (artt. 105 e ss. l. fall.) o può avvenire liberamente sul mercato, come proposto dalla società?
* Effetto purgativo: La vendita può beneficiare della cancellazione di ipoteche e trascrizioni pregiudizievoli anche se non avviene tramite una procedura competitiva gestita da un organo della procedura?
* Obblighi informativi: Si applicano al debitore gli stessi obblighi di rendicontazione periodica previsti dall’art. 182, comma 6, l. fall.?

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di rinvio sottolineando che le questioni sollevate hanno una “particolare rilevanza”. La corretta interpretazione delle norme sul concordato in continuità è fondamentale per bilanciare due esigenze contrapposte: da un lato, l’autonomia dell’imprenditore che prosegue l’attività e attua il piano approvato dai creditori; dall’altro, la necessità di garantire la massima tutela ai creditori attraverso procedure trasparenti ed efficaci per la liquidazione degli asset destinati a soddisfarli. La mancanza di una disciplina esplicita sulle modalità di liquidazione dei beni non funzionali nell’art. 186-bis della legge fallimentare rende necessario un intervento chiarificatore da parte della Corte a sezioni unite o in pubblica udienza.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza interlocutoria non chiude la vicenda ma la apre a un dibattito più ampio e approfondito. La futura decisione della Corte di Cassazione è attesa con grande interesse, poiché stabilirà principi fondamentali per la gestione dei concordati in continuità che prevedono la dismissione di parte del patrimonio. Si tratta di definire i confini tra l’autonomia gestionale dell’impresa e il potere di controllo e intervento del tribunale, un equilibrio delicato ma essenziale per il successo delle procedure di risanamento aziendale.

In un concordato in continuità, il tribunale può nominare un liquidatore giudiziale se il piano approvato dai creditori non lo prevede?
La questione è controversa. Il Tribunale di merito lo ha ritenuto necessario per garantire una liquidazione trasparente e a tutela dei creditori. La società ricorrente sostiene che ciò violi il piano approvato. La Cassazione ha ritenuto la questione meritevole di approfondimento in pubblica udienza prima di dare una risposta definitiva.

Come devono essere venduti i beni non funzionali all’attività d’impresa in un concordato in continuità?
Secondo il Tribunale di merito, la vendita deve avvenire tramite procedure competitive ad evidenza pubblica, simili a quelle fallimentari. La società proponente sosteneva invece di poter procedere liberamente sul mercato. La Cassazione dovrà chiarire quale sia la modalità corretta per bilanciare efficienza e tutela dei creditori.

La vendita dei beni in un concordato in continuità produce l’effetto purgativo, cioè la cancellazione delle ipoteche?
Il Tribunale ha legato l’effetto purgativo (cancellazione delle ipoteche) allo svolgimento di una procedura di vendita competitiva. Uno dei punti che la Cassazione dovrà decidere in pubblica udienza è se tale effetto si possa ottenere anche con una vendita gestita direttamente dalla società sul libero mercato, come previsto nel piano originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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