Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11220 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11220 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2936/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI RIMINI
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2586/2023 depositata il 21/12/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 19.12.2019 RAGIONE_SOCIALE (di seguito ‘Società’) ha stipulato un contratto di affitto d’azienda con RAGIONE_SOCIALE, della durata di anni sei; i l successivo 14.2.2020 l’assemblea dei soci ha deliberato lo scioglimento anticipato e la messa in liquidazione della Società, che poi, in data 25.10.2021, ha depositato domanda ‘prenotativa’ di concordato ex art. 161, comma 6, l.fall., con continuità indiretta dei rami d’azienda ristorante, bar e macelleria, affittati ad RAGIONE_SOCIALE.
1.1. -Il Tribunale di Rimini ha nominato il commissario giudiziale e ha concesso termine di centoventi giorni (poi prorogato di ulteriori sessanta giorni) per il deposito della proposta e del piano di concordato, ai sensi dell’ art. 161, commi 2 e 3, l.fall. Il deposito è stato effettuato in data 26.4.2022, ma, a seguito dei chiarimenti richiesti dal tribunale con decreto del 9.6.2022, in data 5.7.2022 la Società ha depositato memoria e relazione integrativa dell’attestazione .
1.2. -Con decreto del 14.7.2022 il tribunale, ribadita l’ impossibilità di attrarre i tributi locali nella transazione fiscale, ha fissato ai sensi dell’ art. 162 comma 2 l.fall. l’udienza del 22.9.2022, in vista della quale la Società, in data 20.9.2022, ha depositato una modifica della proposta concordataria con relativa attestazione di fattibilità. A seguito di ulteriore provvedimento interlocutorio del 24.10.2022, la Società ha depositato in data 8.11.2022 i chiarimenti richiesti ed una i ntegrazione dell’attesta zione.
1.3. -Con decreto 12.1.2023 il tribunale ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato, in quanto, essendo conseguibili in sede fallimentare gli stessi risultati, non vi sarebbe il presupposto per stralciare i crediti privilegiati, né ai sensi dell’art. 160 comma 2 l.fall., né in forza di transazione fiscale. Quindi, con sentenza in pari data, ha dichiarato il fallimento della Società, in accoglimento del ricorso presentato da quattro ex dipendenti e della richiesta formulata dal pubblico ministero.
1.4. -La Società ha proposto reclamo ex art. 18 l.fall. e la Corte d’Appello di Bologna , nella contumacia degli intimati, l’ ha
rigettato per infondatezza del primo motivo -sulla affermata insussistenza del requisito del ‘ miglior soddisfacimento dei creditori ‘, ex art. 186 -bis, comma 2, lett. b), l.fall. -con assorbimento dei restanti due.
1.5. -In sintesi , la corte d’appello -a fronte di una proposta di concordato che prevedeva la prosecuzione dell’a ttività dei rami d’azienda costituiti da ristorante, bar e macelleria, in forza del contratto di affitto di azienda già stipulato con RAGIONE_SOCIALE nonché l a liquidazione dei beni immobili non funzionali all’esercizio dell’impresa e la successiva cessione dei tre rami d’azienda , con inizio delle operazioni di vendita posticipato al 30.06.2024 e con termine stimato al 31.12.2024 -ha affermato che il concordato preventivo è ammissibile solo se garantisce ai creditori un surplus rispetto all’alternativa fallimentare , espresso sostanzialmente dal valore dell’attivo , mentre nel caso di specie l’attivo concordatario stimato è il medesimo che realizzerebbe il curatore fallimentare, non emergendo elementi da cui desumere il contrario, con conseguente inammissibilità della domanda.
-La Società impugna la decisione con due motivi di ricorso per cassazione, illustrato da memoria. Gli intimati non svolgono difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 186 -bis, comma 2, lett. b) l.fall. per avere la corte felsinea ritenuto inammissibile il concordato a causa della mancata attestazione del requisito del ‘miglior soddisfacimento dei creditori’ , che invece costituirebbe requisito di ammissibilità solo nel concordato in continuità aziendale diretta, e non anche in quella indiretta, dove andrebbe semmai riferito alla funzionalità tra affitto e cessione d’azienda (nel senso che il primo deve rendere più profittevole la seconda), nella specie pacifica e comunque accertata dall’attestatore .
2.2. -Con il secondo motivo si denunciano, contestualmente, sia la violazione e falsa applicazione degli artt. 161, 163 e 186-bis l.fall. -per avere la corte territoriale sindacato la fattibilità
economica del piano concordatario sulla base di una valutazione comparativa tra fallimento e concordato, rientrante invece nel giudizio di convenienza riservato ai creditori, e dunque ben oltre i limiti fissati dalla giurisprudenza di legittimità sulla fattibilità economica della proposta -sia l’ omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., poiché la predetta comparazione sarebbe stata effettuata senza considerare le diverse circostanze idonee a dimostrare la realizzabilità di un significativo surplus concordatario, tenuto conto degli elementi obiettivi e razionali su cui si fonderebbe la tesi secondo cui il valore di realizzo degli asset aziendali può variare a seconda della procedura – fallimentare o concordataria – in cui si realizza la vendita, con una significativa penalizzazione nel primo scenario rispetto al secondo.
-I motivi, ontologicamente connessi, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 -bis l.fall.
4. -Mette conto di fare due premesse.
In primo luogo, al di là del l’ampio dibattito emerso in dottrina e nella giurisprudenza di merito sul tema della cd. continuità indiretta, questa Corte, dopo ampia meditazione, ha mantenuto fermo il principio per cui il ‘ concordato con continuità aziendale ‘ , come disciplinato dalla legge fallimentare nell’ art. 186-bis, riguarda anche la continuità cd. indiretta, e comprende segnatamente altresì il caso in cui l’azienda sia già affittata, restando irrilevante che, al momento della domanda di concordato, come pure all’atto della successiva ammissione, l’azienda sia esercitata da un terzo anziché direttamente dal debitore (v. Cass. sez. 1, sent. n. 29472 del 2018, ord. interlocutoria n. 15690 del 2021, sent. n. 6772 del 2022).
In secondo luogo, a nulla rilevano possibili parallelismi con le corrispondenti disposizioni dettate nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, poiché, in difetto di una linea di ‘continuità’ tra il regime concordatario pregresso e quello riformato, va esclusa la possibilità di rinvenire in detto Codice un utile criterio interpretativo degli istituti concorsuali vigenti (Cass. Sez. U, 12476/2020, 2061/2021, 8504/2021, 42093/2021, 8557/2023, 7337/2024).
-Ciò premesso, e con riguardo al primo motivo, la tesi che esclude dal concordato preventivo in continuità indiretta il requisito di ammissione del ‘miglior soddisfacimento dei creditori’ , si scontra con un dato normativo esplicito e inequivocabile.
La semplice lettura dell’art. 186 -bis, comma 2, l.fall. rende infatti evidente che in tutti i casi previsti dalla norma -e dunque, per quanto detto sopra, anche nel caso di prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del terzo affittuario dell’azienda l’attestazione che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato sia «funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori» (lett. b) si impone, a pena di inammissibilità.
5.1. -Del resto, qualora l’imprenditore intenda regolare la propria crisi accedendo alla fattispecie del concordato con continuità aziendale, il ‘favor’ per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale dev’essere necessariamente accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale (Cass. 9061/2017, 17103/2023).
5.2. -Non vi sono allora ragioni, al di là di una contrapposizione ontologica tra concordato in continuità diretta e concordato in continuità indiretta -come visto però disattesa nella giurisprudenza di legittimità -per sostenere che il requisito di ammissibilità del concordato di cui all’art. 186 -bis, comma 2, lett. b) l. fall. sia previsto solo per il primo e non anche per il secondo.
Deve quindi concludersi che anche nel concordato in continuità aziendale indiretta il tribunale deve verificare, a pena di inammissibilità, che, sulla base d ell’ apposita attestazione, sussista il requisito del cd. ‘miglior soddisfacimento dei creditori’.
-Una volta appurata la necessità del suddetto requisito, e passando all’esame del secondo motivo, la decisione impugnata non si presta a censure laddove ha inteso verificare l’esistenza o meno di un ‘ surplus ‘ concordatario, inteso in termini di incremento dell’attivo rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare.
6.1. -Che quel quid pluris sia imprescindibile non è revocabile in dubbio, proprio perché, nel sistema delineato dalla legge fallimentare, i maggiori rischi che l’accesso al concordato in continuità aziendale sicuramente dischiude per i creditori concorsuali (stante la possibile concomitanza della riduzione dei valori e del maturare della prededuzione: v. Cass. 22474/2024, in motiv.), vanno bilanciati, sin dalla fase di ammissione, con la verifica giudiziale che si tratti di soluzione funzionale ad una soddisfazione delle loro pretese più ampia rispetto alle alternative concretamente praticabili, e segnatamente a quella fallimentare.
In questa prospettiva, e proprio perché rivolto al ceto creditorio nel suo insieme, il requisito del miglior soddisfacimento dei creditori non può che tradursi, in concreto, in una maggiore disponibilità di attivo concordatario, per effetto dello specifico piano allestito, a prescindere dalle percentuali di pagamento contemplate nella proposta a favore delle singole classi di creditori.
6.2. -Una simile impostazione trova conferma anche in recenti pronunce di questa Corte.
È il caso del precedente in tema di inammissibilità di proposte concordatarie a cd. ‘classe zero’, laddove, proprio a proposito del requisito del miglior soddisfacimento dei creditori ex art. 186-bis, comma 2, lett. b) l. fall., si osserva come non sia «bastevole un soddisfacimento purchessìa ovvero, come nella specie, il soddisfacimento asseritamente identificabile nella continuità contrattuale» (Cass. 25919/2024).
Ma soprattutto è il caso della sentenza che, nel negare la libera distribuibilità del cd. ‘ surplus finanziario ‘ determinato dalla prosecuzione utile dell’attività d’impresa da intendersi quale mero incremento di valore dei fattori produttivi aziendali, come tale rientrante nell’oggetto della garanzia generica del credito prevista dall’art. 2740 c.c. -ha precisato che per ‘ surplus concordatario’ può ragionevolmente intendersi non già ogni utilità frutto della prosecuzione dell’attività, bensì soltanto quella parte di essa che ecceda la somma destinata, secondo il piano concordatario, al pagamento dei creditori, e da distinguere rispetto all ‘incremento del valore dell’azienda realizzato tramite la continuità aziendale , e
cioè programmata proprio attraverso il piano concordatario di cui all’art. 186 -bis l. fall. (Cass. 22474/2024).
Difatti, è proprio in questo ‘incremento’ che si sostanzia, appunto, il requisito imprescindibile del miglior soddisfacimento dei creditori, non potendosi ridurre la soddisfazione scaturente dal concordato preventivo in continuità alla mera continuità in sé.
-Questa valutazione, legittimamente operata dal tribunale, non può essere confusa né con la valutazione di fattibilità economica, né con quella di convenienza.
La prima, sindacabile dal giudice, attiene -anche secondo i più recenti approdi nomofilattici di questa Corte -alla ben diversa verifica della sussistenza o meno di una manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obbiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi mediante una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari in un tempo ragionevole (Cass. Sez. U, 1521/2013; Cass. 19233/2023, 1393/2024, 2027/2024, 21336/2024, 23280/2024, 25919/2024, 3745/2025, 3790/2025)
La seconda, di spettanza esclusiva dei creditori, ha un perimetro ben diverso perché involge valutazioni non già oggettive (per quanto prognostiche) come la prima, bensì soggettive e di specifica pertinenza del singolo creditore interessato.
-La decisione impugnata resiste alle censure anche sul piano motivazionale, nei limiti in cui è sindacabile in questa sede.
Nel valutare il requisito del miglior soddisfacimento dei creditori, i giudici del reclamo hanno accertato che il piano concordatario, « ad eccezione della posticipazione del termine per l’inizio delle operazioni di vendita, in nulla si differenzia dall’alternativa liquidatoria in ambito fallimentare », ritenendo del tutto generica e astratta « l’affermazione secondo la quale la cessione dei beni in sede concordataria di regola conduce a risultati più soddisfacenti » e disattendendo, ad una ad una, le eccezioni sollevate dal reclamante, sul rilievo (tra l’altro) che in sede fallimentare le vendite possono aver luogo secondo procedure competitive (art.
107, comma 1, l.fall.), che il curatore può essere autorizzato ad eseguire le operazioni di vendita in un termine superiore a quello previsto dall’art. 104 , comma 2, l.fall., e che, ai sensi dell’art. 82, comma 5 l.fall., alla liquidazione concordataria dei beni si applicano gli artt. 108-108-ter l.fall. in quanto compatibili (tenuto conto che il concordato con continuità indiretta, ove « l’utilità offerta ai creditori consiste nel valore ricavato dalla cessione dell’azienda affittata, oltre che dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa (…) non si differenzia, nella sostanza, da un concordato liquidatorio »).
8.1. -Rispetto a questo impianto motivazionale, di per sé superiore al cd. minimo costituzionale (Cass. sez. U, 8053/2014) e come tale sottratto al sindacato di legittimità, le circostanze che secondo il ricorrente integrerebbero ‘fatti’ non esaminati difettano, se non altro, di decisività, riducendosi per lo più ad una rilevazione a posteriori della minore fruttuosità della soluzione fallimentare in cui è sfociato il più ambizioso programma concordatario, anche sulla base di circostanze sopravvenute, allegate solo in memoria.
-Alla declaratoria di inammissibilità non segue la condanna alle spese, in assenza di difese degli intimati.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/03/2025.