Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 14549 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 14549 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
sul ricorso 3875/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
PROVINCIA DI BRESCIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 212/2022 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 17/11/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte di Cassazione dichiari inammissibile e, comunque, rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso al Tribunale Superiore delle Acque, la RAGIONE_SOCIALE, concessionaria di grande derivazione denominata ‘Resio’ per uso idroelettrico, ha impugnato la delibera di Giunta Regionale 30 dicembre 2020 -n. XI/4182 (‘ Determinazioni concernenti la prosecuzione dell ‘ esercizio delle grandi derivazioni idroelettriche con concessioni scadute ‘) e relativo Allegato A, gli atti preordinati e presupposti ivi richiamati, in parte qua per quanto concerne la derivazione in capo a RAGIONE_SOCIALE (e così la d.g.r. n. IX/1205 del 29 dicembre 2010 e la successiva d.g.r. n. X/4595 del 17 dicembre RAGIONE_SOCIALE; la d.g.r. n. XI/7693 del 12 gennaio 2018 nonché la d.g.r. 5130/2016), delibera con la quale la G.R., oltre a disporre la prosecuzione temporanea delle concessioni scadute fino al 31 dicembre 2021, si stabiliva che detta prosecuzione fosse subordinata all ‘ obbligo di pagamento del canone demaniale (diviso in componente fissa e variabile), di versamento dell ‘ ulteriore canone aggiuntivo per l ‘ esercizio degli impianti acquisiti al patrimonio pubblico; di realizzazione di interventi sugli impianti a carico della società; di fornitura gratuita di energia ovvero pagamento del controvalore monetario .
Con motivi aggiunti, la società ha esteso il gravame al decreto dirigenziale (cfr. n. 8957/2021) rubricato: ‘D eterminazione delle somme dovute a titolo di canone aggiuntivo conseguente al proseguimento temporaneo dell ‘ esercizio delle grandi derivazioni idroelettriche scadute in applicazione dell ‘ art. 53-bis, comma 5, della l.r. n. 26/2003 e s.m.i. e della DGR X/5130 del 9 maggio 2016 (…)’ con il quale si quantificava in via definitiva l’ importo dovuto per la prosecuzione, temporanea fino all ‘ indizione di procedure concorrenziali, di utilizzazione dell ‘ impianto.
Con i sette motivi di impugnazione la società ha dedotto: 1) l ‘ illegittimità del limite d ‘ esercizio delle concessioni stabilito ex ante al 31.12.2021; 2)
l ‘ illegittimità dell ‘ applicazione ex ante degli oneri connessi alla prosecuzione delle derivazioni; 3) l ‘ illegittima – e non proporzionale – quantificazione del canone; 4) l ‘ illegittima imposizione della cessione gratuita di energia; 5) l ‘ illegittima ripartizione del canone demaniale nelle due componenti fissa e variabile; 6) l ‘ illegittimità costituzionale degli importi previsti con legge regionale; 7) l ‘ illegittima imposizione di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti.
Nel giudizio si sono costituiti la Regione Lombardia e la Provincia di Brescia contestando la fondatezza del ricorso.
In sede di conclusionale la RAGIONE_SOCIALE ha, peraltro, rappresentato di non avere più interesse alla decisione riguardo al settimo motivo, in quanto la norma regolatoria non ha trovato applicazione tramite specifici provvedimenti applicativi.
Il Tribunale Superiore della Acque, con sentenza n. 212/2022, ha respinto il ricorso.
Ha ritenuto che l ‘ esame delle questioni andasse circoscritto a quelle che residuavano alle precedenti sentenze dello stesso TSAP aventi ad oggetto la disciplina regionale qui censurata, e che aveva ricevuto l ‘ avallo delle Sezioni unite (cfr., TSAP n. 345/2017; TSAP n. 312/2017; TSAP n. 651/2020; Cass. SS.UU. nn. 8036/2018, 5197/2019, 15990/2020, 1043/2022).
Ha rilevato, a monte, che il TSAP e la Suprema Corte hanno escluso che la normativa regionale presti il fianco ai dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalle ex concessionarie. Ha evidenziato che, a valle, s ‘ è definitivamente chiarito che l ‘ ex concessionario scaduto vada qualificato gestore in nome e per conto della Regione delle opere c.d. bagnate. L ‘ ex concessionario esercita un ‘ attività materiale di custodia e conservazione degli impianti e dei beni divenuti pubblici. Il canone aggiuntivo è correlato, come corrispettivo, all ‘ uso continuativo degli impianti, che in quanto opere bagnate, risultano, ex art. 25 r.d. n. 1777/1933, già acquisite al termine della concessione alla mano pubblica. In pendenza delle procedure pubbliche di riassegnazione delle concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico, il canone aggiuntivo costituisce legittima manifestazione delle potestà regionale basata su disposizione di legge statale (d.lgs. n. 79/1999, art. 12, comma 8 bis ). La funzione corrispettiva del canone per la protrazione dell ‘ esercizio di
grande derivazione idrica depone nel senso che la determinazione dei relativi importi esula dalla materia propriamente impositiva di cui alla riserva di legge ex art. 23 Cost. I criteri di quantificazione del canone ex art. 53 bis l.r. 26/2003 sono conformi ai parametri di ragionevolezza e non arbitrarietà.
Quanto alla residua questione, relativa alla denunciata illegittimità dell ‘ obbligo di cessione di energia disposto dalla Regione sulla base dell ‘ art. 1, comma 1 quinquies d.lgs. n. 79/1999, ha ritenuto il motivo infondato.
La fornitura gratuita d ‘ energia elettrica – che in forza della deliberazione ARERA 490/2019 può essere adempiuta corrispondendo il controvalore economico – si traduce in una misura caratterizzata da finalità solidaristiche e perequative generali, avulse da scopi indennitari correlati all ‘ uso effettivo della derivazione idrica. La base imponibile dell ‘ obbligo di cessione, e della eventuale monetizzazione, è costituita dalla potenza nominale media, quale parametro convenzionale di tutte le prestazioni patrimoniali imposte ex lege a carico del concessionario delle derivazioni idroelettriche. La quantificazione della fornitura gratuita è prevista in misura fissa su tutto il territorio statale, ed è pari a 220 chilowattora per ogni chilowatt di potenza nominale media. La cessione gratuita d ‘ energia, prevista dalla disposizione regionale, s ‘ inscrive, pertanto, nel novero delle prestazioni imposte e, per quel che qui più rileva, è conforme alla riserva di legge prevista dall ‘ art. 23 Cost., sottraendosi alle censure dedotte dalla ricorrente.
Avverso la sentenza n. 212/2022 la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso innanzi a queste Sezioni Unite affidato a tre motivi.
In tale ricorso si dà atto che, nel termine di 30 giorni dalla notifica del dispositivo di sentenza, è stato proposto il rimedio della rettificazione.
Si è costituita nel presente giudizio la Regione Lombardia.
La Provincia di Brescia non ha svolto attività difensiva.
Il Procuratore Generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per la declaratoria di inammissibilità, o comunque, per il rigetto del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente escluso che debba essere disposto un rinvio del presente giudizio in attesa delle decisione del TSAP sul ricorso per rettificazione proposto innanzi al medesimo Tribunale superiore e ciò in quanto, ai sensi
dell ‘ art. 204 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775 (c.d. T.U. delle acque), che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865, il ricorso per rettificazione opera su un piano diverso rispetto al ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Ed infatti lo specifico rimedio del ricorso per rettificazione allo stesso TSAP è previsto per i casi individuati ai nn. 4 (se la sentenza « abbia pronunciato su cosa non domandata »), 5 (« se abbia aggiudicato più di quello che era domandato »), 6 (« se abbia omesso di pronunciare sopra alcuno dei capi della domanda ») e 7 (« se contenga disposizioni contraddittorie ») dell ‘ art. 517 cod. proc. civ. del 1865 mentre il ricorso alle Sezioni unite della Corte di cassazione di cui ai successivi artt. 200 -202 dello stesso T.U. è esperibile in caso di omesso esame di un motivo, non rientrando quest ‘ ultima ipotesi tra quelle per cui è prevista la rettificazione ai sensi del citato art. 204 (fra le tante Cass., Sez. Un., 25 giugno 2019, n. 16979; Cass., Sez. Un., 10 gennaio 2019, n. 488; Cass., Sez. Un., 6 maggio 2014, n. 9662; Cass., Sez. Un., 12 gennaio 2011, n. 505).
Con il primo motivo la società denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 12 del Decreto Bersani, come riscritto dal d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019; violazione e falsa applicazione della l.r. n. 5/2020: art. 6; art. 3, comma 12; art. 23; falsa applicazione della l.r. n. 26/2003, art. 53bis – violazione della legge n. 239/2004, art. 1, co. 2, lett. a) e b ).
Sostiene l ‘ illegittimità della delibera con la quale la Regione ha limitato al 31.12.2021 la gestione delle derivazioni in attesa di riassegnazione.
Assume che tale limitazione sia contra legem , poiché è per l ‘ appunto direttamente la legge a stabilire che la gestione delle derivazioni scadute prosegue comunque sino al momento della relativa riassegnazione, senza che la Regione possa disporre diversamente, salva una esplicita rivalutazione dell ‘ interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, che nel caso di specie non ha avuto luogo (fatto pacifico), e che dovrebbe comunque avvenire con le modalità e nei limiti stabiliti sempre dalla legge, certo incompatibili con una durata di un solo anno 2021.
Aggiunge che: la disciplina nazionale fa riferimento alla ‘ prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell ‘ esercizio delle derivazioni, delle opere e
degli impianti oltre la scadenza della concessione’ (così testualmente nell ‘ art. 12 del vigente decreto Bersani); – la disciplina regionale fa riferimento alla: ‘ prosecuzione, oltre la scadenza della concessione, dell ‘esercizio degli impianti’ (così testualmente l ‘ art. 23, comma 1, l.r. n. 5/2020, che rinvia all ‘ art. 53bis l.r. n. 26/2003, il quale sempre e soltanto fa riferimento all ‘ ‘esercizio degli impianti’ ).
La Giunta regionale con la delibera n. 4182/2020 gravata ha, invece, disposto la prosecuzione ‘ sino al 31 dicembre 2021 dell ‘ esercizio (i) delle derivazioni (ii) nonché della conduzione delle opere e degli impianti’ (punto 1. del ‘delibera’).
Il motivo è infondato.
Occorre premettere che questa Corte, già con Cass., Sez. Un., n. 8036 del 30 marzo 2018, ha innanzitutto affermato che l ‘ art. 53 bis l.r. n. 26/2003 esula dalla materia della « tutela della concorrenza », di competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell ‘ art. 117, secondo comma, lett. e ), Cost.: a tale materia va, infatti, ricondotta la disciplina delle procedure ad evidenza pubblica (cioè la regolamentazione della resa qualificazione e selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione, della tempistica delle gare, dell ‘ onerosità delle concessioni messe a gara), in quanto volta a garantire e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull ‘ intero territorio nazionale (tra altre, Corte cost. nn. 1 del 2008, 339 del 2011, 28 del 2014, 101 del 2016, 59 del 2017).
La norma qui in discussione rientra, invece, nella materia, di competenza legislativa concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost., della « produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell ‘ energia ».
Come evidenziato da Cass., Sez. Un., n. 1043 del 14 gennaio 2022: ‘ La Corte costituzionale, con la sentenza n. 101 del 2016, ha, infatti, già avuto modo di chiarire che l ‘ art. 53-bis, comma 4 in esame, nel disciplinare un ‘ ipotesi di prosecuzione dell ‘ attività oggetto di concessione scaduta, al fine di garantire la continuità della produzione elettrica per i tempi necessari all ‘ espletamento delle procedure di gara, non solo non viola l ‘ art. 117, comma 2, lett. e), cit. (poiché non reca alcun vulnus al principio di concorrenza, che resta salvaguardato dalla libera partecipazione a tali procedure), ma si è anche sostanzialmente attenuto, con riguardo alla materia della produzione
dell ‘ energia, al principio dettato dal d.lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 8bis. Né, infine, una violazione delle citate norme costituzionali può essere rinvenuta con riguardo alla previsione, contenuta nell ‘ art. 53-bis, comma 5 della corresponsione del canone aggiuntivo: quest ‘ ultimo, infatti, è collegato alla prosecuzione, provvisoria e temporalmente circoscritta, da parte del concessionario uscente, della gestione dell ‘ impianto a decorrere dall ‘ 1 gennaio 2011, in via di fatto e per conto della regione, come ha osservato il TSAP nella sentenza impugnata: ciò è sufficiente a far ritenere, da un lato, che la disposizione esula dalla materia della concorrenza (in ragione degli anzidetti presupposti del canone aggiuntivo) e, dall ‘ altro, che essa costituisce espressione – in virtù della clausola di “cedevolezza” contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 15, comma 6-quater, cit., nella parte in cui richiama il precedente comma 6-ter, lett. e) dell ‘ esercizio non irragionevole della potestà legislativa concorrente regionale nella materia della produzione dell ‘ energia, non precluso, in parte qua, dall ‘ art. 12, comma 8-bis, cit., il cui principio fondamentale va rinvenuto essenzialmente nella previsione diretta ad assicurare la continuità dell ‘ erogazione del servizio idrico. La relativa questione di legittimità costituzionale è, pertanto, manifestamente infondata (Cass., sez. un., n. 8036 del 2018)’.
Né vale distinguere i concetti di ‘derivazione idroelettrica’ ed esercizio degli ‘impianti di grande derivazione idroelettrica’, atteso che la competenza delle regioni non si limita all ‘ aspetto della gestione dei beni demaniali in termini di derivazioni idriche (sia idroelettriche che ad altro uso), ma è estesa anche alle autorizzazioni alla costruzione e all ‘ esercizio dei sottesi impianti di produzione energetica, e come tale discende dal d.lgs. 112/1998 (artt. 30 e 86), cui con il d.lgs. 79/1999 (art. 12) il legislatore ha aggiunto le concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche.
Quanto alle specifiche previsioni della legge regionale della Lombardia si osserva che la L.R. n. 19 del 23 dicembre 2010 ha inserito nel testo della L.R. 12 dicembre 2003 n. 26, l ‘ art. 53 bis che, dopo aver previsto, al comma 4, la prosecuzione temporanea da parte del concessionario uscente dell ‘ esercizio degli impianti di grande derivazione ad uso idroelettrico « per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure di attribuzione di cui all ‘ articolo 12 del d.lgs. 79/1999 » (comma sostituito dall ‘ art. 6 della l.r. n.
35 del 30 dicembre 2014 e successivamente dall ‘ art. 8 della l.r. n. 22 del 5 agosto RAGIONE_SOCIALE e infine modificato dall ‘ art. 18, comma 1 della l.r. n. 37 del 28 dicembre 2017 che ha riportato la disposizione all ‘ originaria formulazione), al comma 5 ha disposto, nella versione che qui rileva, che « la prosecuzione temporanea di cui al comma 4 è subordinata al rispetto delle condizioni tecniche ed economiche definite dalla Giunta regionale con propria deliberazione, sentite le province interessate. Nel periodo di prosecuzione temporanea, il concessionario uscente è tenuto a versare alla Regione, secondo le modalità e gli importi stabiliti con la predetta deliberazione di Giunta regionale, un canone aggiuntivo rispetto ai canoni e sovracanoni e alla cessione gratuita di energia già stabiliti… .».
La L.R. 30 dicembre 2014 n. 35, art. 6, ha compiuto un ulteriore intervento additivo ed ha inserito nel testo della disposizione i commi 5 bis e 5 ter , con quali ha armonizzato il comma 5, sicché alla data dell ‘ adozione della deliberazione regionale della cui legittimità si discute, la legge regionale così si esprimeva: « 5. La prosecuzione temporanea di cui al comma 4 è subordinata al rispetto delle condizioni tecniche ed economiche definite dalla Giunta regionale con propria deliberazione. Nel periodo di prosecuzione temporanea, il concessionario uscente è tenuto a versare alla Regione, secondo le modalità e gli importi stabiliti con la predetta deliberazione di Giunta regionale, e tenuto conto di quanto previsto al comma 5 bis, un canone aggiuntivo rispetto ai canoni e sovracanoni e alla cessione gratuita di energia già stabiliti »; « 5 bis. Il canone aggiuntivo di cui al comma 5 costituisce corrispettivo per il beneficio ottenuto dal godimento, da parte del soggetto cui è consentita la prosecuzione temporanea, della derivazione dell ‘ acqua pubblica, nonché dell ‘ esercizio delle opere e dei beni afferenti alla concessione oltre il termine di scadenza»; «5 ter. Le disposizioni di cui al comma 5 bis si applicano anche alle prosecuzioni temporanee in essere alla data di entrata in vigore della legge recante ‘Disposizioni per l’ attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell ‘ articolo 9 ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) RAGIONE_SOCIALE‘, a decorrere dalla data di scadenza delle rispettive concessioni di grande derivazione d ‘ acqua pubblica ».
L ‘ obbligo del pagamento del canone aggiuntivo è stato imposto dal legislatore regionale già con la legge n. 19 del 2010 ed il successivo intervento additivo, attuato con la citata l.r. n. 35 del 2014, ha espressamente previsto l ‘ applicazione del canone in parola, alle prosecuzioni temporanee in atto, a far tempo dalla data di scadenza delle relative concessioni.
La legge istitutiva è chiara nel prevedere che il canone aggiuntivo è posto a carico dell ‘ ex concessionario per tutto il periodo di utilizzazione temporanea, e con altrettanta chiarezza l ‘ intervento additivo del 2014 individua la natura del canone aggiuntivo valorizzandone la corrispettività rispetto al beneficio ottenuto dalla protrazione, oltre la data di scadenza della concessione, delle utilità tratte dall ‘ utilizzazione delle risorse pubbliche e dalla gestione degli impianti ormai ammortizzato.
È stato altresì evidenziato da questa Corte che l ‘ art. 53 bis l.r. n. 26/2003 non si pone in contrasto con principi fondamentali dettati dalla legislazione statale, in particolare con il d.lgs. n. 79 del 1999. Così è del tutto legittima la prevista possibilità di prosecuzione temporanea, da parte del concessionario uscente dell ‘ esercizio degli impianti di grande derivazione ad uso idroelettrico (v. punti 1 e 3 della delibera impugnata) per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure di attribuzione di cui all ‘ art. 12 del d.lgs. 79/1999 (v. Cass., Sez. Un., n. 15990 del 27 luglio 2020; Cass., Sez. Un., n. 1043/2022 cit.; Cass., Sez. Un., n. 4800 del 22 febbraio 2024).
In particolare, nella motivazione di Cass. n. 15990/2020, che è proprio indicata tra i precedenti di questa Corte richiamati nella pronuncia del TSAP qui impugnata, si è esaminata proprio la questione della legittimità della prosecuzione temporanea dell ‘ esercizio che in quel caso era stata limitata ad ‘un primo periodo di mesi 12, e quindi fino al 28 luglio 2014’, nonostante la ricorrente in quel giudizio fosse stata individuata dalla stessa Giunta regionale come soggetto legittimato a esercire la concessione d ‘ acqua per uso idroelettrico fino alla riassegnazione della concessione mediante la gara ad evidenza pubblica. Si è, sul punto, chiarito che le norme regionali in esame (l.r. n. 26/2003) rientrano nella materia, di competenza legislativa concorrente, ex art. 117, terzo comma, Cost., della « produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell ‘ energia » e non si pongono in contrasto con principi fondamentali
dettati dalla legislazione statale, in particolare con il menzionato d.lgs. n. 79 del 1999, il cui principio fondamentale va rinvenuto essenzialmente nella previsione diretta ad assicurare la continuità dell ‘ erogazione del servizio idrico, cosicché la previsione del canone aggiuntivo, in pendenza delle procedure pubbliche di riassegnazione delle concessioni di grande derivazione ad uso idroelettrico, costituisce legittima manifestazione della potestà legislativa regionale, trovando presupposto e giustificazione proprio nella protrazione, anche se temporanea e circoscritta, della « gestione dell ‘ impianto » da parte del concessionario uscente, fin all ‘ esito delle procedure di riassegnazione ed al fine di assicurare la continuità dell ‘ erogazione del servizio.
Quello previsto dalla disposizione regionale (« per il tempo strettamente necessario al completamento delle procedure di attribuzione di cui all ‘ articolo 12 del d.lgs. 79/1999») è, dunque, il tempo limite per una assegnazione temporanea che non esclude la possibilità della preventiva fissazione di un termine specificamente individuato quale ipoteticamente e ragionevolmente sufficiente al completamento di dette procedure.
Pertanto, la Regione Lombardia ben poteva assumere motu proprio la d.g.r. impugnata, stabilendo la prosecuzione temporanea sino al 31.12.2021, perché si tratta di un potere discrezionale rientrante nelle attribuzioni di cui alla legge regionale (ai sensi degli artt. 12, co. 1sexies d. lgs. 79/1999, 23, co. 1 l.r. 5/2020, 53bis , co. 4 e 5 l.r. 26/2003), le cui specifiche condizioni relativamente all ‘ an sono state correttamente definite dalla Giunta Regionale in applicazione delle summenzionate regole.
La normativa statale e le plurime norme regionali attribuiscono alla Regione la facoltà -e non il dovere -di consentire al concessionario uscente la prosecuzione temporanea per un ulteriore periodo (tra la cessazione della concessione e la definizione delle procedure di riassegnazione) dell ‘ esercizio della derivazione e della conduzione delle opere e degli impianti in nome e per conto dell ‘ amministrazione, nei modi e nei tempi da lei preferiti, purché non oltre il limite legislativamente previsto.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 12 del Decreto Bersani, come riscritto dal d.l. n. 135/2018, convertito in legge n. 12/2019; falsa applicazione dell ‘ art. 53bis della l.r. n. 26/2003 e successive modifiche e
integrazioni – violazione dell ‘ art. 23 e dell ‘ art. 6 della l.r. n. 5/2020 – violazione della legge n. 241/1990 e del principio del giusto procedimento’.
Sostiene che la disciplina primaria non prevede (e quindi non attribuisce all ‘Ente il potere) di individuare di volta in volta date ‘intermedie’, allo spirare delle quali (alla stregua di un ‘ check-point ‘) la Regione, a seconda della ‘condotta’ dell’ operatore, possa disporre o meno la prosecuzione della derivazione ad uso idroelettrico, piuttosto che addirittura ‘ la loro cessazione in relazione alle verifiche del rispetto da parte degli operatori delle condizioni richiamate ai precedenti punti 3 e 4 ‘ (punto 6 citato della d.g.r. n. 4182/2020 -atto gravato).
Il motivo è infondato per le stesse ragioni evidenziate con riguardo al primo motivo di ricorso.
A fronte della prevista possibilità di prosecuzione temporanea della derivazione e dell ‘ utilizzo degli impianti della cessata concessione rientra nell ‘ ambito della discrezionalità amministrativa ogni valutazione in ordine a tale prosecuzione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell ‘ art. 3 della Costituzione; violazione della legge n. 241/1990; violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Critica la sentenza del TSAP nella parte in cui ha statuito che i criteri di quantificazione del summenzionato canone aggiuntivo (sia nei termini provvisori e ricognitivi di 20,00 €/kW e sia nei termini definitivi a consuntivo del 20% della rendita extra concessione) sono conformi ai parametri di ragionevolezza e non arbitrarietà.
Assume di aver censurato, sin dal ricorso introduttivo, l ‘ eccesso di potere per manifesta illogicità e difetto di istruttoria, la violazione del principio di proporzionalità, l ‘ irragionevolezza e l ‘ arbitrarietà, declinando la censura in molteplici sotto motivi volti a dimostrare che la abnorme e sproporzionata misura è frutto di gravi errori di ordine concettuale e tecnico, criticando punto per punto la ‘ relazione di RAGIONE_SOCIALE ‘ richiamata dagli atti gravati.
Evidenzia di aver quindi prodotto le conclusioni rese dai Verificatori nei giudizi avanti al TSAP, a conferma del cattivo uso dei poteri amministrativi in
ragione della erroneità della metodologia seguita da RAGIONE_SOCIALE e la inadeguatezza ed erroneità dei criteri di calcolo.
In sede di memoria la ricorrente ha rinunciato al suddetto terzo motivo, inerente l ‘imposizione del c.d. ‘canone aggiuntivo’, rappresentando che – da ultimo – questa Corte a Sezioni Unite ha definito con l ‘ ordinanza n. 4383 del 19 febbraio 2024 il contenzioso che RAGIONE_SOCIALE aveva a suo tempo incardinato, per quanto concerne l ‘ an inerente la pretesa del ‘canone aggiuntivo’, nonché il quantum , determinato in via provvisoria dalla d.g.r. n. 5130/2016 nella misura di euro 20 per ogni kW di potenza nominale media di concessione per ogni annualità.
Tale rinuncia è certamente efficace (Cass. 13 gennaio 2021, n. 414; Cass. 3 novembre 2016, n. 22269) e rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno delle relative censure.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
O ccorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/ 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in 200,00 per esborsi ed euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 12 marzo 2024.