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Concessioni balneari: limiti al potere del giudice

Una società di gestione balneare ha impugnato una decisione del Consiglio di Stato che, disapplicando le proroghe legislative nazionali, aveva confermato la scadenza della sua concessione demaniale marittima. La società lamentava un eccesso di potere giurisdizionale, sostenendo che i giudici avessero invaso la sfera del legislatore. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che interpretare le norme e disapplicare quelle interne in contrasto con il diritto dell’Unione Europea rientra pienamente nella funzione del giudice e non costituisce un vizio di giurisdizione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Concessioni balneari: la Cassazione fissa i paletti sul potere del giudice

La gestione delle concessioni balneari in Italia è da anni al centro di un complesso dibattito giuridico, caratterizzato dal contrasto tra le normative nazionali di proroga e i principi europei di concorrenza. Con una recente ordinanza, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute per chiarire i confini del potere del giudice amministrativo in questo delicato settore, stabilendo che la disapplicazione di una legge interna in conflitto con il diritto UE non costituisce un eccesso di potere giurisdizionale.

I fatti di causa

Una società titolare di una concessione demaniale marittima per uno stabilimento balneare aveva impugnato una serie di atti amministrativi di un Comune costiero e della Regione, tra cui delibere urbanistiche e un’intimazione a demolire manufatti ritenuti abusivi. La società sosteneva, tra le altre cose, l’illegittimità dei provvedimenti per l’eccessivo scarto temporale tra la durata del piano urbanistico e quella residua della propria concessione.

Sia il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) che il Consiglio di Stato avevano rigettato i ricorsi della società. In particolare, il Consiglio di Stato aveva fondato la sua decisione sui principi espressi dall’Adunanza Plenaria, secondo cui le proroghe automatiche delle concessioni disposte dalla legge italiana sono in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e, pertanto, devono essere disapplicate. Di conseguenza, la scadenza delle concessioni era stata fissata al 31 dicembre 2023, rendendo infondate le doglianze della società sulla durata residua.

Contro questa decisione, l’impresa ha proposto ricorso per cassazione, denunciando principalmente un eccesso di potere giurisdizionale. Secondo la ricorrente, il giudice amministrativo, disapplicando la legge nazionale, avrebbe invaso la sfera di competenza del Parlamento, creando di fatto una nuova norma.

La questione giuridica sulle concessioni balneari

Il caso ha posto alle Sezioni Unite tre questioni fondamentali sui limiti della giurisdizione:
1. Eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera legislativa: Può un giudice disapplicare una legge dello Stato in vigore, basandosi sul primato del diritto europeo, senza sconfinare nel ruolo del legislatore?
2. Eccesso di potere per invasione della sfera della P.A.: Attribuire un’efficacia vincolante alle pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato significa trasformare una sentenza in una fonte di diritto, invadendo le prerogative della Pubblica Amministrazione e della Corte Costituzionale?
3. Diniego di giurisdizione: Omettere di pronunciarsi su un motivo specifico del ricorso, ritenendolo assorbito da altre considerazioni, equivale a negare la tutela giurisdizionale al cittadino?

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure e fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio sindacato sulle decisioni del Consiglio di Stato.

Sull’eccesso di potere giurisdizionale: interpretare non è legiferare

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’eccesso di potere giurisdizionale si configura solo quando il giudice applica una norma da lui stesso creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. Al contrario, l’attività di interpretazione di una disposizione di legge, anche se estensiva, analogica o tale da stravolgerne il senso originario per risolvere un’antinomia con fonti sovranazionali, rientra nel proprium della funzione giurisdizionale.

Nel caso delle concessioni balneari, il Consiglio di Stato non ha inventato una nuova regola, ma ha interpretato la normativa interna alla luce del diritto europeo (in particolare la Direttiva 2006/123/CE), concludendo per la sua disapplicazione. Un eventuale errore in questa operazione interpretativa costituisce, al più, un error in iudicando (errore di giudizio), ma non un vizio attinente ai limiti esterni della giurisdizione, l’unico che può essere fatto valere davanti alla Cassazione.

Sull’invasione della sfera amministrativa

Le Sezioni Unite hanno escluso anche che il Consiglio di Stato avesse invaso la sfera della Pubblica Amministrazione. Rigettando il ricorso, il giudice si è limitato a confermare la legittimità del provvedimento impugnato, senza sostituirsi all’autorità amministrativa. Inoltre, il richiamo ai principi dell’Adunanza Plenaria non attribuisce a tali sentenze un’efficacia normativa, ma rappresenta la corretta applicazione delle regole processuali che impongono alle sezioni semplici di conformarsi ai principi del massimo consesso, salvo rimettere nuovamente la questione alla Plenaria stessa.

Sul diniego di giurisdizione

Infine, la Corte ha ritenuto insussistente il lamentato diniego di giurisdizione. Il Consiglio di Stato, infatti, aveva esaminato la censura relativa allo scarto temporale tra piano e concessione, ritenendola infondata. La motivazione non si basava su un’astratta non tutelabilità dell’interesse legittimo, ma sulla mancata dimostrazione, da parte della ricorrente, di un pregiudizio concreto e attuale derivante da tale scarto. Il giudice ha quindi esercitato la sua giurisdizione, anche se con un esito sfavorevole alla parte.

Conclusioni

L’ordinanza delle Sezioni Unite consolida l’orientamento secondo cui i giudici nazionali hanno il potere e il dovere di garantire il primato del diritto dell’Unione Europea, anche disapplicando le norme interne contrastanti. Questa decisione chiarisce che tale operazione è una manifestazione della funzione giurisdizionale e non un’invasione del campo del legislatore. Per gli operatori del settore delle concessioni balneari, ciò rappresenta un’ulteriore conferma della precarietà delle proroghe legislative e della necessità di conformarsi ai principi di evidenza pubblica imposti dall’Europa, come costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa e, ora, avallato dalla Suprema Corte di Cassazione.

Un giudice può disapplicare una legge italiana se la ritiene in contrasto con una direttiva europea?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che rientra nella normale funzione del giudice interpretare le leggi e disapplicare le norme nazionali che si pongono in conflitto con il diritto dell’Unione Europea, senza che ciò costituisca un eccesso di potere.

Le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato hanno valore di legge?
No, non hanno valore di legge né efficacia normativa generale. Tuttavia, esse enunciano principi di diritto di altissima autorevolezza ai quali le sezioni semplici del Consiglio di Stato e i TAR sono tenuti a conformarsi, salvo motivare il dissenso e rimettere la questione alla stessa Adunanza Plenaria.

Cosa si intende per “eccesso di potere giurisdizionale” sindacabile dalla Cassazione?
Si tratta di un vizio che si verifica solo in casi estremi in cui il giudice si appropria di poteri non suoi: o creando dal nulla una norma di legge (invasione del potere legislativo) o sostituendo la propria valutazione di opportunità e convenienza a quella della Pubblica Amministrazione (invasione del potere esecutivo). Un errore nell’interpretazione della legge, per quanto grave, non rientra in questa categoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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