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Concessione traslativa: chi paga l’esproprio?

In un caso di esproprio per pubblica utilità, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contesto di una concessione traslativa regolata da leggi speciali per la ricostruzione post-sismica, l’unico soggetto responsabile per il pagamento dell’indennità è il concessionario e non l’ente pubblico concedente. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente dichiarato la responsabilità solidale di entrambi, specificando inoltre che il calcolo dell’indennità deve seguire criteri riduttivi previsti da una legge speciale e non il pieno valore di mercato del bene.

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Concessione traslativa: chi paga l’indennità di esproprio?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7416/2024, è intervenuta su un tema cruciale nel diritto degli appalti e delle espropriazioni: la ripartizione delle responsabilità nel contesto di una concessione traslativa per la realizzazione di opere pubbliche. La pronuncia chiarisce in modo definitivo chi debba farsi carico del pagamento delle indennità dovute ai proprietari espropriati, se l’ente pubblico concedente o l’impresa concessionaria.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un procedimento di esproprio di un terreno con fabbricato, necessario per la realizzazione di un’opera stradale nell’ambito degli interventi per la ricostruzione post-terremoto degli anni ’80. Il proprietario del bene, ritenendo inadeguata l’indennità offerta, conveniva in giudizio sia il consorzio costruttore, concessionario dell’opera, sia l’ente pubblico concedente (ANAS), chiedendo la rideterminazione delle somme.

La Corte d’Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, aveva confermato la responsabilità solidale del consorzio e dell’ente concedente per il pagamento delle indennità, quantificandole sulla base del pieno valore di mercato del bene.

Contro questa decisione, sia il consorzio che l’ente pubblico proponevano ricorso in Cassazione, sollevando questioni fondamentali sulla legittimazione passiva e sui criteri di calcolo dell’indennizzo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto i ricorsi principali del consorzio e dell’ente concedente, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. I giudici hanno ribaltato la precedente decisione, stabilendo principi chiari sulla responsabilità e sui criteri di indennizzo nelle procedure espropriative legate a concessioni di opere pubbliche disciplinate da leggi speciali.

Le Motivazioni: la responsabilità esclusiva nella concessione traslativa

Il cuore della decisione risiede nell’analisi della natura della concessione traslativa. La Cassazione ha chiarito che, in base alla normativa speciale applicabile al caso di specie (L. n. 219/1981), il ricorso a tale strumento comporta il trasferimento completo dei poteri e degli oneri dall’ente pubblico al concessionario.

Questo significa che il concessionario non solo acquisisce il diritto di eseguire l’opera, ma assume anche la titolarità di tutti i poteri pubblicistici necessari, inclusa la facoltà di condurre le procedure di esproprio. Di conseguenza, su di esso ricade in via esclusiva anche l’obbligo di corrispondere le relative indennità. L’ente concedente, pertanto, è privo di legittimazione passiva e non può essere chiamato a rispondere in solido con il concessionario. La Corte d’Appello aveva errato nel desumere una corresponsabilità, ignorando la natura e gli effetti della concessione stipulata.

Altri vizi della sentenza impugnata

La Cassazione ha inoltre ritenuto fondati altri due motivi di ricorso:

1. Criterio di calcolo dell’indennità: La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva sbagliato a calcolare l’indennità basandosi sul pieno valore venale. Per gli espropri rientranti nella legge speciale per la ricostruzione post-sismica, continua ad applicarsi un criterio riduttivo previsto da una legge del 1885 (L. n. 2892/1885), che porta a un indennizzo inferiore al valore di mercato. Questo criterio, seppur datato, è giustificato dalla natura eccezionale e temporanea degli interventi di pubblica utilità.
2. Omissione di pronuncia: Il consorzio aveva lamentato in appello che non fosse dovuta alcuna indennità di occupazione per un certo periodo, poiché il proprietario aveva mantenuto di fatto la disponibilità del bene. La Corte d’Appello aveva completamente ignorato questo motivo, incorrendo nel vizio di omissione di pronuncia, che causa la nullità della sentenza su quel punto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori del settore delle opere pubbliche. Essa riafferma con forza un principio fondamentale: nella concessione traslativa, la delega di poteri pubblicistici al privato è totale e comporta un trasferimento integrale delle responsabilità. L’ente pubblico concedente è, di regola, esente da obblighi indennitari e risarcitori verso i terzi espropriati, la cui unica controparte è il concessionario. Questa chiara distinzione di ruoli è essenziale per garantire certezza giuridica e una corretta allocazione dei rischi nei progetti di partenariato pubblico-privato. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello di Salerno, che dovrà attenersi a questi principi per la nuova decisione.

In una concessione traslativa per opere pubbliche, chi è tenuto a pagare l’indennità di esproprio?
Secondo la Corte di Cassazione, quando la legge speciale lo prevede, come nel caso della L. n. 219/1981, l’unico soggetto tenuto al pagamento dell’indennità è il concessionario, in quanto titolare esclusivo dei poteri espropriativi e dei relativi obblighi. L’ente pubblico concedente è privo di legittimazione passiva.

Quale criterio si applica per calcolare l’indennità di esproprio per interventi legati ai sismi del 1980/1981?
Per gli immobili espropriati nell’ambito degli interventi previsti dalla L. n. 219/1981, continua ad applicarsi il criterio riduttivo stabilito dall’art. 13 della L. n. 2892/1885. Questo comporta la determinazione di un indennizzo inferiore al valore venale effettivo del bene.

Cosa succede se un giudice d’appello non si pronuncia su un motivo specifico del ricorso?
Se il giudice d’appello omette di pronunciarsi su un motivo di impugnazione potenzialmente decisivo, la sentenza è viziata da ‘omissione di pronuncia’. Questo vizio procedurale costituisce una causa di nullità della sentenza, che può essere fatta valere con ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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