Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 12073 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA P_IVA) in persona dell’Amministratore unico, con sede in Mondovì (CN), INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE e dall’avv. NOME COGNOME i quali dichiarano di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria presso gli indirizzi di posta elettronica certificata EMAILordineavvocatitorinoEMAIL e EMAILpec.ordineavvocatitorinoEMAILit al numero fax NUMERO_TELEFONO -ed elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. NOME COGNOME c/o RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA – pec EMAIL – fax NUMERO_TELEFONO) in Roma, INDIRIZZO per delega ed elezione di domicilio in allegata in via telematica a norma dell’art. 83 cod. proc. civ.
Ricorrente
contro
Comune di Alassio , P. IVA P_IVA con sede in INDIRIZZO Alassio, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME (CNT SMN CODICE_FISCALE, patrocinante in cassazione, p.e.c.: EMAIL, fax NUMERO_TELEFONO, con domicilio eletto
presso la p.e.c. e comunque presso la cancelleria della Suprema Corte di Cassazione.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n° 64 depositata il 21 gennaio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- Con Convezione del 20 gennaio 2003 il Comune di Alassio e la RAGIONE_SOCIALE, cui successivamente subentrò la RAGIONE_SOCIALE, si accordarono per la costruzione di un parcheggio pubblico interrato in INDIRIZZO: la società avrebbe costruito e gestito il parcheggio e avrebbe pagato al comune un canone complessivo di euro 516.456,90 in rate annuali di pari importo, oltre ad un canone aggiuntivo dal sessantunesimo anno di gestione.
Nel 2011 la RAGIONE_SOCIALE ricevette in affidamento dal Comune, con verbale di consegna del 31 maggio 2011 e successivo atto del 28 settembre 2011, anche i parcheggi a raso siti in INDIRIZZO e INDIRIZZO
2 .- Con ordinanza -ingiunzione emessa ai sensi del r.d. n° 639/ 1910, il Comune di Alassio intimava alla Fincos il pagamento di euro 60.482,33, oltre alle sanzioni, a titolo di pagamento del Canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche relativo all’anno 2012 ed ai parcheggi a raso di INDIRIZZO e INDIRIZZO.
L’opposizione proposta dall’ingiunta veniva rigettata dal tribunale di Savona e la decisione del primo Giudice veniva confermata dalla Corte d’appello di Genova con la sentenza indicata in intestazione.
Osservava la Corte -per quanto ancora strettamente rileva nella presente fase processuale -che, contrariamente a quanto ritenuto dalla appellante, l’affidamento delle aree a raso non rientrava nella Convenzione del 2003, in quanto l’art. 29 di essa prevedeva che
per tali aree la RAGIONE_SOCIALE avesse la facoltà di richiederne la gestione alle medesime condizioni applicate dal Comune per aree simili e, dunque, non alle condizioni della Convenzione predetta.
Tale espressione, secondo la Corte, doveva intendersi come un chiaro riferimento al Regolamento comunale sull’occupazione di spazi ed aree pubbliche, nel quale, per l’appunto, all’art. 20, voce n° 12, era contenuta l’indicazione delle aree di parcheggio concesse ai privati.
Non poteva nemmeno ritenersi che RAGIONE_SOCIALE non fosse a conoscenza del Regolamento comunale, trattandosi di atto previsto dalla legge per la regolamentazione delle occupazioni.
Del resto, che proprio al Regolamento comunale dovesse farsi riferimento per individuare le condizioni della Concessione era evincibile anche dalla lettera 17 giugno 2011 inviata dal Comune alla Fincos, nella quale l’Ente territoriale faceva riferimento proprio all’applicazione delle condizioni economiche previste dal Regolamento.
Da ultimo, la Corte rilevava che dagli accordi tra le parti emergeva che le aree destinate a parcheggio a raso non erano rimaste nella disponibilità del Comune e che il concessionario non agiva come mero sostituto nello sfruttamento del bene.
3 .- Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione la Fincos, affidando il gravame a tre motivi.
Resiste il Comune di Alassio, che conclude per l’inammissibilità dei mezzi e, comunque, per la loro infondatezza.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ.
Le parti hanno depositato le rispettive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 63 d.lgs. n° 446/1997, 9, 20 e 27
del Regolamento comunale per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche e dei principi di affidamento e certezza del diritto.
Premesso che l’atto col quale il Comune le aveva affidato la gestione delle aree a parcheggio non aveva natura contrattuale, ma consisteva in un affidamento di un servizio pubblico locale, la ricorrente deduce, secondo un primo profilo, che la concessione del servizio pubblico di parcheggio non implica l’attribuzione al concessionario della disponibilità dei suoli interessati, dovendosi distinguere -secondo l’orientamento di questa stessa Corte -il caso in cui sia stato affidato il mero servizio di parcheggio, da quello in cui l’area sia stata data nella disponibilità del privato, sussistendo solo in quest’ultimo caso il presupposto per il pagamento del Cosap.
Con un secondo profilo, fa rilevare che l’art. 63 del d.lgs. n° 446/ 1997 prescrive che nel provvedimento di concessione di spazi pubbliche sia indicato il Canone da versare.
Nella fattispecie tale indicazione sarebbe mancante, con la conseguenza che il Comune non avrebbe inteso chiedere alcun canone.
In ogni modo, la richiesta di pagamento di un canone, nonostante la sua mancata indicazione nel provvedimento concessorio, confermerebbe che il Comune non intendeva esigere alcun importo a titolo di occupazione.
La Corte, invece, avrebbe erroneamente ritenuto integrato il provvedimento amministrativo, privo dell’indicazione del canone, dal Regolamento Comunale, ledendo così l’affidamento del privato.
Col secondo motivo NOME COGNOME si duole della violazione e della falsa applicazione degli artt. 2, 20 e 27 del Regolamento Comunale per le occupazioni di spazi ed aree pubbliche.
Tali disposizioni chiarirebbero che, affinché si configuri un’occupazione di suolo pubblico, occorre non solo che l’area sia concessa ad un privato per un uso speciale o particolare, ma anche che tale area sia sottratta all’uso generale.
Nel caso di gestore di parcheggio pubblico, dunque, l’occupante ga il Canone versando la tariffa prevista per il parcheggio, come del resto stabilito, anche se ai fini della Tari, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria con la sentenza n° 1402 del 26 ottobre non è il gestore, ma il soggetto che usufruisce del servizio, che pa2018, in una controversia tra il Comune e la stessa RAGIONE_SOCIALE Alassio. Nell’atto di affidamento (art. 3) era previsto che RAGIONE_SOCIALE potesse locare le aree a terzi per brevi periodi, ma solo in questo caso sarebbe stato dovuto il Canone, come previsto dall’art. 3 dell’atto predetto, nel quale era previsto l’obbligo della Fincos di presentare apposita domanda di autorizzazione all’occupazione.
Col terzo mezzo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 63 del d.lgs. n° 446/1997 e dei principi sull’interpretazione dei provvedimenti amministrativi.
L’omessa indicazione, sia nel verbale di consegna, sia nell’atto di affidamento del servizio, ancorché quest’ultimo sia stato anticipato da una nota comunale con la richiesta di pagamento del Canone, di ogni riferimento al Cosap sarebbe un dato testuale inequivoco che non lascerebbe dubbi sull’interpretazione dell’atto amministrativo, non integrabile aliunde , e, dunque, sulla volontà del Comune di non percepire alcun Canone, tant’è che la remunerazione del servizio deriverebbe dall’incasso della tariffa posta a carico dei soggetti che di tale parcheggio usufruiscono.
Infine, la facoltà riconosciuta alla Fincos di concedere in locazione a terzi l’ area, in ‘ deroga ‘ all ‘oggetto dell’affidamento (art. 3 del relativo atto), con l’obbligo, in questo solo caso, di presentare istanza di autorizzazione, proverebbe a contrario che RAGIONE_SOCIALE, al di fuori della deroga prevista, non occupa le aree a parcheggio scoperto.
5 .- I motivi, scrutinabili congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, sono infondati.
È, infatti, fin troppo noto che questa Corte -dopo un primo orientamento, secondo il quale il tributo per l’occupazione di spazi ed
aree pubbliche, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n° 507 del 1993, è dovuto non soltanto in relazione alla limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo di parte del suolo pubblico, ma anche in relazione all’utilizzazione particolare ed eccezionale di cui esso rappresenta il corrispettivo, sicché la tassa o il canone graverebbe anche sul soggetto gestore di un parcheggio pubblico (Cass., sez. trib., 25 novembre 2009, n° 28003) -è pervenuta ad un diverso approdo interpretativo, col quale si è eliminato tale automatismo.
Questa Corte ha, infatti, deciso che, nel caso di area del demanio comunale, appartenente alla rete viaria della città adibita a parcheggio di autoveicoli in concessione a società privata, rileva in concreto se quest’ultima occupi l’area, sottraendola all’uso pubblico, integrando, così, il presupposto della Tosap, ovvero se ad essa società sia soltanto attribuito -quale sostituto dell’ente nello sfruttamento dei beni -il mero servizio di gestione del parcheggio, con il potere di esazione delle somme dovute dai singoli per l’uso, quale parcheggio dei loro veicoli, dell’area pubblica a ciò destinata dal comune, dovendosi ravvisare, in tal caso, un’occupazione temporanea ad opera del singolo e non della concessionaria, con esenzione di quest’ultima dalla tassazione in forza dell’art. 49, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall’atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia (Cass., sez. trib., 3 luglio 2023, n° 18670, con menzione di altri precedenti).
Ora, la Corte d’appello, con apprezzamento compiutamente e coerentemente motivato, ha ritenuto che gli accordi delle parti non fossero nel senso di attribuire alla RAGIONE_SOCIALE la sola gestione del servizio di parcheggio, ma di affidarle le aree dei parcheggi stessi, da gestire in autonomia e con proprio profitto.
La Corte è addivenuta a tale interpretazione esaminando l’atto di consegna del 31 maggio 2011 e l’atto di affidamento del 28 novembre successivo, ritenendo -con un percorso logico che ha con-
dotto ad una interpretazione della volontà delle parti del tutto plausibile -che il richiamo di tali documenti all’art. 29 della Convenzione del 2003 e, in particolare, alla previsione della possibilità di affidare alla RAGIONE_SOCIALE altre aree ‘ alle condizioni applicate dal Comune per aree similari ‘, implicasse l ‘applicazione del Canone poi riscosso con ingiunzione.
Sul punto giova solo rammentare che l’interpretazione dell’atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento della volontà della P.A., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dettate per l’interpretazione dei contratti, sia pure con qualche adattamento, soprattutto in considerazione del carattere unilaterale dello stesso (Cass., sez. I, 3 giugno 2024, n° 15367).
Pertanto, è altresì qui invocabile quell’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, secondo il quale l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata, traducendosi nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, costituisce un’indagine riservata al giudice di merito, il cui risultato è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, configurabile quando la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione ( ex multis : Cass. sez. I, 12 ottobre 2018, n° 25554).
Nella presente sede la ricorrente, pur dolendosi della erronea interpretazione degli atti amministrativi e della ricostruzione della volontà delle parti (PA e Fincos), non censura la sentenza impugnata mediante l’indicazione dei canoni rimasti in concreto inosservati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice di merito se ne è discostato, ma si duole del risultato ermeneutico cui è giunto il giudice del merito, prospettando un possibile altro risultato interpretativo (che, peraltro, non appare nemmeno condivisibile nel merito).
Mancando, dunque, la precisa indicazione delle lacune argomentative del ragionamento seguito dal giudice di merito, ovvero delle incongruenze dello stesso, consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, o ancora dei punti inficiati da mancanza di coerenza, cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dalla sentenza, è evidente che i tre motivi di ricorso debbano essere respinti.
In ogni caso, le censure avverso l’interpretazione data dal giudice del merito dovrebbero anche essere accompagnate dalla trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, in modo da consentire a questa Corte di verificare la pertinenza delle critiche sollevate e d’individuare la diversa portata che il ricorrente pretende di attribuire alla clausola in questione, ancor prima di valutare la sussistenza dei vizi lamentati: adempimento, anche questo, del tutto mancante nella presente vicenda processuale.
6 .- Le ragioni di rigetto sopra esposte sono assorbenti rispetto agli ulteriori profili di censura esposti nei motivi e, in particolare, rispetto al profilo della mancata indicazione del Canone nell’atto di concessione, della erronea eterointegrazione dell’atto amministrativo e dell’affidamento della Fincos.
In ogni modo, il tema della omessa indicazione del Canone, e delle conseguenze che deriverebbero da tale carenza, non risulta trattato nella sentenza impugnata, con la conseguenza che la mancata indicazione del luogo processuale dove tale questione sia stata posta nei gradi di merito rende il rilievo inammissibile (Cass., sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804).
L’eterointegrazione, che la ricorrente pretende essere illegittima, rientra in realtà appieno nel tema della interpretazione del contratto ed è rimessa completamente al giudice del merito, come già sopra detto.
Quanto all’affidamento, la Corte ha ben chiarito che RAGIONE_SOCIALE conosceva -o, comunque, doveva conoscere -il Regolamento comunale sull’occupazione di spazi ed aree pubbliche, trattandosi di atto previsto dalla legge, al quale, peraltro, il Comune aveva fatto riferimento nella missiva 17 giugno 2011 inviata alla concessionaria, nella quale l’Ente locale aveva fatto riferimento all’applicazione delle condizioni previste nel Regolamento predetto.
Da ultimo, la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n° 1402 del 26 ottobre 2018, indicata nel secondo motivo di ricorso, oltre a non avere alcun rilievo decisorio nella presente lite, è stata cassata da questa Corte con ordinanza della sezione tributaria n° 32215 del 21 novembre 2023 (ordinanza gemella a quella della medesima sezione, n° 32216 del 21 novembre 2023).
7 .- Alla reiezione del ricorso segue la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore del resistente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della lite (euro 134 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Va, inoltre, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte respinge il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al Comune resistente le spese del presente giudizio, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1quater , del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025, nella camera di con-