Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 6713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 6713 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 12572-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA DI PAVIA, in persona del Presidente pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 44/2023 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 03/03/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte rigetti il ricorso quanto al primo motivo e lo dichiari inammissibile per il resto.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 44 del 3 marzo 2023 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha rigettato il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, volto ad ottenere l’annullamento del decreto della Provincia di Pavia n. 36 del 2001, di concessione alla RAGIONE_SOCIALE Rinnowatt di derivazione d’acqua ad uso idroelettrico del Fiume Olona meridionale nel Comune di Sant’Alessio con Vialone, nonché degli atti presupposti richiamati nella concessione medesima (verbale riunione OCTAP del 18 febbraio 2021 e relazioni OCTAP del 10 dicembre 2020 prot. nn. 720 e 792).
Il Tribunale, premesso che la ricorrente aveva presentato domanda in concorrenza e si era vista preferire la RAGIONE_SOCIALE perché l’intervento proposto da quest’ultima prevedeva «maggiore sfruttamento della risorsa idrica e maggiore produttività annu a dell’impianto progettato», ha ritenuto infondati i motivi di impugnazione dell’atto concessorio ed ha rilevato, in sintesi, che:
ai sensi dell’art. 13 del regolamento regionale n. 2 del 2006 l’organo consultivo tecnico amministrativo provinciale ( OCTAP) è chiamato a rilasciare il parere nella sola fase istruttoria e pertanto, una volta che questa sia esaurita, le osservazioni presentate dalle società in concorrenza devono essere valutate dalla sola amministrazione che adotta l’atto conclusivo della procedura, nel rispetto dei principi di economicità, speditezza e semplificazione dell’azione
amministrativa, che impongono di non duplicare gli atti, specialmente se di carattere consultivo;
b) la scelta operata dalla Provincia ha recepito le conclusioni dell’organo tecnico, che aveva espresso la propria valutazione sugli impianti in concorrenza sulla base di una scheda analitica ripartita in singoli parametri, sicché, in ragione della correttezza e della completezza delle modalità e dei criteri seguiti nell’esame delle offerte, il giudizio formulato va ritenuto esente da «vizi logici macroscopici che circoscrivono in materia il sindacato di legittimità»;
la capacità tecnica del richiedente non va confusa con i requisiti soggettivi per la partecipazione alla procedura concorrenziale e quindi, a differenza di questi ultimi, che devono necessariamente essere posseduti al momento della presentazione del progetto, può essere apprezzata ai fini del giudizio anche la gestione di altri impianti idroelettrici successiva all’inoltro della domanda, tanto più che nella specie la disciplina applicabile non è quella dettata dal codice dei contratti pubblici bensì il r.d. n. 1775/1933 che, agli artt. 7 e seguenti, prevede che la capacità tecnica possa essere attestata al momento della valutazione dei progetti.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi, ai quali hanno opposto difese con distinti controricorsi la Provincia di Pavia e la RAGIONE_SOCIALE
L’Ufficio della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto il rigetto del primo motivo di ricorso e la dichiarazione di inammissibilità delle ulteriori censure.
Tutte le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., denuncia la violazione e falsa applicazione dei principi generali di ragionevolezza e di legittimo affidamento nonché dell’art. 13 del Regolamento regionale (Lombardia)
n. 2 del 24 marzo 2006. La società ricorrente censura il capo della sentenza impugnata che ha escluso la necessità dell’esame da parte dell’organo consultivo tecnico amministrativo provinciale (OCTAP) delle osservazioni presentate dalle parti interessate e, nella specie, dalla concorrente pretermessa. Richiama la disciplina dettata dal citato art. 13 e sostiene che all’organo tecnico d oveva essere trasmessa la relazione istruttoria conclusiva, nella specie mai formata, non potendo essere considerata tale la nota del 10 dicembre 2020 denominata «relazione OCTAP -valutazione in concorrenza», formata allorquando l’istruttoria non poteva dirsi conclusa, non essendo state ancora raccolte le controdeduzioni dell’attuale ricorrente. Aggiunge ancora che il parere dell’OCTAP era stato reso il 18/23 febbraio 2021 prima dell’emissione della relazione conclusiva e senza che l’organo tecnico fosse stato reso edotto delle osservazioni presentate l’8 luglio 2021.
2. La seconda critica, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., prospetta, oltre al vizio motivazionale, la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. La ricorrente addebita al RAGIONE_SOCIALE di avere ritenuto corretti i parametri utilizzati dalla Provincia di Pavia ai fini della scelta fra le società concorrenti, senza considerare che, quanto allo sfruttamento della risorsa idrica, la sRAGIONE_SOCIALE Rinnowatt aveva utilizzato dati inerenti al diverso bacino del Fiume Agogna, non paragonabile a quello interessato dalla richiesta di concessione, in ragione della estrema diversità delle condizioni pluvioaltimetriche. Aggiunge, poi, che anche in relazione alla competenza e alle garanzie tecnico finanziarie il Tribunale ha errato nel considerare la capacità acquisita dopo la presentazione della domanda e nel non valutare la solidità delle compagini societarie. Sostiene, in sintesi, che il TRAGIONE_SOCIALE erroneamente ha respinto il motivo di impugnazione inerente alla violazione della norma richiamata in rubrica che, al contrario, non era stata rispettata, non avendo il provvedimento amministrativo indicato, in relazione alle risultanze istruttorie, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato la decisione. 3. Infine con il terzo mezzo, così testualmente rubricato «error in procedendo (art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.) – nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 132, comma 2 e 4, e dell’art. 112 c.p.c.
– omessa pronuncia sul quarto motivo di gravame», si addebita al Tribunale di non avere pronunciato sul quarto motivo di impugnazione, con il quale era stata dedotta l’omessa valutazione da parte della Provincia degli interessi ambientali e di quelli di terzi. La società ricorrente, attraverso il richiamo al contenuto dei propri scritti difensivi, deduce che l’opera progettata dalla RAGIONE_SOCIALE si sovrappone alla «scala di risalita dei pesci» che dovrà essere realizzata dal Consorzio di Roggia Grande di Olona, concessionario di derivazione di acqua a fini irrigui. Aggiunge, poi, che non erano stati in alcun modo valutati gli accordi che la RAGIONE_SOCIALE non la RAGIONE_SOCIALE, aveva raggiunto con i proprietari dei terreni interessati dalla realizzazione degli impianti. Denuncia, pertanto, il vizio di omessa pronuncia e, comunque, quello motivazionale avendo il TSAP omesso di valutare argomentazioni decisive sviluppate nei motivi di impugnazione.
4. Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui sollecita queste Sezioni Unite a valutare direttamente le risultanze processuali ed a ripercorrere l’ iter procedimentale dell’atto della cui legittimità si discute per giungere a conclusioni diverse da quelle che si leggono nella sentenza impugnata. In particolare, a fronte dell’accertamento compiuto dal Tribunale Superiore, che ha dato atto della conclusione della fase istruttoria, escludendo, poi, il potere dell’organo consultivo di intervenire ad istruttoria conclusa, la società ricorrente prospetta una diversa valutazione degli atti del procedimento, lì dove deduce che la nota del 10.12.2020 non poteva integrare la relazione richiesta dall’art. 13 del regolamento n. 2/2006 e da questa diversa valutazione desume una deviazione dal modello procedimentale tipizzato dall’atto regolamentare.
La censura, oltre a sollecitare inammissibilmente l’interpretazione diretta degli atti, finisce per prospettare una questione giuridica, implicante accertamenti di fatto, ai quali non fa cenno la sentenza impugnata e ciò fa senza allegare e dimostrare che la questione medesima era stata posta, nei termini indicati, con i motivi di impugnazione proposti avverso gli atti impugnati.
E’ ius receptum il principio secondo cui «ove una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella pronuncia impugnata, il ricorrente che ciononostante la proponga nella sede di legittimità ha l’onere non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare
in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, vale a dire riportando dove, come e quando, così permettendo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa; ciò in quanto i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di merito, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio» (Cass. S.U. 11 aprile 2023 n. 9657 e negli stessi termini, fra le tante, Cass. S.U. 11 aprile 2024 n. 9790 nonché la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).
4.1. Non sussiste, inoltre, la denunciata violazione del regolamento regionale n. 2 del 24 marzo 2006 (pubblicato sul BURL n. 13, 1° suppl. ord. del 28 Marzo 2006) , perché l’art. 13, invocato dalla società ricorrente, va letto coordinandolo con gli artt. 12 e 19 dello stesso regolamento.
In particolare il citato art. 13, nell’elencare le «necessarie indicazioni» che devono essere contenute nella relazione istruttoria, fa riferimento a : a) quantità di acqua che si ritiene possa essere concessa, con riferimento alle condizioni locali, alle utenze preesistenti e alla specie di derivazione progettata; b) opere da realizzare in relazione agli interessi di tutela idraulica ed ambientale ed agli interessi dei terzi; c) cautele e prescrizioni da imporre al concessionario nell’interesse pubblico; d) atti e interventi dei terzi presentati nel corso dell’istruttoria, eventuali controdeduzioni dell’istante e tutte le particolarità locali di qualche rilievo per il rilascio della concessione; e) finalità cui la derivazione e la sua utilizzazione sono destinate; f) canoni e sovracanoni da richiedere, con l’indicazione dei relativi calcoli; g) domanda da preferire, in caso di concorrenza. Per le grandi derivazioni la relazione contiene il confronto tra le caratteristiche delle domande concorrenti evidenziando per ciascuna di esse aspetti favorevoli e contrari in relazione al perseguimento di uno speciale o generale prevalente interesse pubblico anche in relazione agli obiettivi previsti dalla pianificazione regionale in materia di uso e tutela della risorsa idrica.
Le controdeduzioni dell’istante di cui alla lettera d) sono solo quelle, non a caso definite «eventuali», presentate in replica ad «atti ed interventi di terzi» pervenuti nel corso dell’istruttoria, atti ai quali non fanno cenno né la sentenza
impugnata né il ricorso, che sembra, piuttosto, richiedere infondatamente un contraddittorio sulla relazione redatta dall’ufficio istruttore, prima della trasmissione all’organo consultivo , contraddittorio che la disposizione non prevede neppure nell’ipotesi di presentazione di domande in concorrenza.
L’interpretazione del citato art. 13 sollecita ta dalla società ricorrente non trova riscontro nella disposizione normativa, la quale prescrive solo, al comma 3, che « Le province, per le decisioni in merito alle domande di piccole derivazioni sulle quali siano state presentate osservazioni e/o opposizioni o che risultino concorrenti con altre, possono avvalersi del parere di organi consultivi tecnicoamministrativi dalle stesse costituiti. In tal caso il parere deve essere acquisito nel termine perentorio di sessanta giorni dall ‘emissione della relazione .».
La previsione del contraddittorio con l’interessato sulle ragioni ostative all’accoglimento della sua domanda è contenuta nel successivo art. 19 che, al comma 2, dispone « Successivamente alla trasmissione degli atti, nel caso di cui all’articolo 13, comma 2, ovvero, nei restanti casi, alla conclusione della relazione finale d’istruttoria o all’acquisizione dell’eventuale parere dell’organo tecnico consultivo, l’autorità concedente, ove non si debba provvedere al rilascio della concessione, prima della formale adozione del provvedimento di diniego, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, in conformità con le procedure previste nelle vigenti norme in materia di procedimento amministrativo ».
La norma è collocata fra quelle che disciplinano la fase decisoria e presuppone chiaramente la conclusione dell’istruttoria nonché l’acquisizione del parere dell’organo consultivo, sicché non merita censura la sentenza impugnata nella parte in cui evidenzia che le osservazioni presentate dalla società pretermessa sulla domanda del concorrente preferito e sulle valutazioni espresse dall’ufficio istruttore e dall’OCTAP non potevano determinare una regressione del procedimento ed andavano valutate, come avvenuto nella fattispecie, al momento dell’adozione del provvedimento di rigetto della domanda.
5. Il secondo motivo è inammissibile, sia perché formulato senza il necessario rispetto dell’onere di specifica indicazione degli atti, imposto dall’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., sia in quanto finisce, al pari della prima censura, per sollecitare
una valutazione sul merito della comparazione fra le domande, che esula dai limiti del giudizio di cassazione e, prima ancora, di quello di impugnazione dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
Quanto al primo aspetto va detto che il motivo, nel prospettare la erroneità dei criteri sui quali la Provincia di Pavia aveva fondato la valutazione delle domande, non riporta né per estratto né per riassunto le parti salienti dell’atto impugnato, sicché non è formulato nel rispetto degli oneri imposti dal codice di rito.
L ‘art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., nel testo riformulato dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (applicabile ratione temporis ex art. 35 dello stesso d.lgs. n. 149/2022), impone a pena di inammissibilità «la specifica indicazione per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l’illustrazione del contenuto ri levante degli stessi».
Il legislatore delegato, nel «chiarire che ciascun motivo deve fare riferimento al documento ad esso inerente e che il contenuto di detto documento deve essere richiamato nel motivo, ai fini della sua comprensibilità» (così la relazione illustrativa pubblicata sulla G.U. 19.10.2022 n. 245 -supplemento straordinario n. 5), ha avallato l’orientamento espresso dalla più recente giurisprudenza di questa Corte sulla cosiddetta autosufficienza o autonomia del ricorso per cassazione (cfr. fra le tante Cass. S.U. 18 marzo 2022 n. 8950; Cass. S.U. 30 novembre 2022 n. 35305; Cass. 26 giugno 2024 n. 17670; Cass. 25 giugno 2024 n. 17445; Cass. 21 giugno 2024 n. 17183; Cass. 16 maggio 2024 n. 13565; Cass. 10 maggio 2024 n. 12906; Cass. 29 aprile 2024 n. 11362) secondo cui la «specifica indicazione» degli atti processuali e dei documenti, già richiesta dal testo previgente dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., va letta alla luce dei principi stabiliti nella sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (Succi e altri c. Italia), che ha ritenuto il requisito formale compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, a condizione che, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa. È stato, di conseguenza, affermato che se, da un lato, la «specifica indicazione» non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso»
(così Cass. S.U. n. 8950/2022), dall’altro sono comunque necessarie l’individuazione chiara del contenuto dell’atto nonché la produzione o l’indicazione della esatta collocazione dello stesso nel fascicolo processuale. Ciò perché il requisito di ammissibilità del ricorso è finalizzato a consentire al giudice di legittimità l’esatta comprensione del contenuto della doglianza nonché la valutazione sulla fondatezza della stessa e, pertanto, come evidenziato dalla Corte EDU nella citata pronuncia del 28 settembre 2021, serve a semplificare l’attività dell’organo giurisdizionale nazionale, assicurando nello stesso tempo la certezza del diritto, la corretta amministrazione della giustizia, l’utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili ( punti 75, 78, 104 e 105 della motivazione).
5.1. A detto profilo di inammissibilità, già assorbente, si deve aggiungere che l’ambito del sindacato del T.SRAGIONE_SOCIALE, qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, è limitato all’accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica, ivi comprese le cosiddette figure sintomatiche di eccesso di potere. Queste ultime, pur implicando una verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine, non consen tono al giudice di sostituirsi all’amministrazione, sicché, ove vengano in rilievo profili di discrezionalità amministrativa in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, il sindacato giudiziale è necessariamente limitato alla manifesta illogicità ed incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria e di idonea motivazione (in tal senso fra le tante Cass. S.U. 22 luglio 2024 n. 20112 e Cass. S.U. 20 maggio 2024 n. 14007).
Correttamente, pertanto, il T.RAGIONE_SOCIALE ha respinto i motivi di impugnazione incentrati sui profili tecnici dell’impianto progettato dalla RAGIONE_SOCIALE, rilevando che la scelta era stata adeguatamente motivata in relazione al maggiore sfruttamento della risorsa idrica ed alla maggiore produttività annua, tenendo conto del parere reso dall’organo consultivo e dei dati indicati nella scheda tecnica analitica relativa agli impianti in comparazione.
La motivazione della pronuncia gravata, seppure sintetica, non è né apparente né illogica o contraddittoria, sicché non sussiste il denunciato vizio motivazionale.
E’ costante l’indirizzo di queste Sezioni Unite (cfr. fra le tante più recenti Cass. S.U. 19 marzo 2024 n. 7326 con richiami) secondo cui «contro le decisioni pronunciate, in unico grado o in grado d’appello, dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 111 Cost., per violazione di legge, e soltanto per vizi della motivazione che si traducano nella sua inesistenza, contraddittorietà o mera apparenza, mentre non è consentita al giudice di legittimità la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti , verifica che porterebbe ad un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito».
Il motivo, attraverso la denuncia del vizio motivazionale, in realtà prospetta una diversa valutazione delle risultanze di cause, quanto ai dati tecnici utilizzati nel giudizio di comparazione fra gli impianti, che esula all’evidenza dal sindacato sulla motivazione della decisione impugnata.
5.2. Quanto, poi, alla censura formulata con specifico riferimento alla valutazione della capacità tecnico finanziaria delle due società va detto che il motivo, oltre a presentare i medesimi profili di inammissibilità già evidenziati, non si confronta con il decisum della sentenza impugnata che, nel giustificare la valutazione fatta al momento dell’esame dei progetti prescindendo dalla data di presentazione della domanda, ha richiamato la disciplina dettata dal r.d. n. 1775/1933, oltre al principio, ritenuto di carattere generale, secondo cui in tema di contratti pubblici la capacità tecnica va tenuta distinta dai requisiti di partecipazione alla procedura.
Il motivo si limita ad affermare, apoditticamente, l’erroneità della pronuncia senza indicare le ragioni per le quali, così ragionando, il Tribunale sarebbe incorso nella violazione delle disposizioni specificamente richiamate nella motivazione.
La giurisprudenza di questa Corte (cfr. fra le tante Cass. 26 novembre 2024 n. 30246 ed i precedenti ivi citati) è consolidata nell’affermare che il giudizio
di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, perché compito della Corte di legittimità è quello di esercitare un controllo sulla legalità e logicità della decisione ed il giudizio si svolge entro detti limiti, che non consentono di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. I motivi, pertanto, devono avere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le ragioni per le quali quel capo è affetto dal vizio denunciato. Se ne è tratta la conseguenza che la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi, richiesta dall’art. 366 n.4 cod. proc. civ., e determina l’inammissibilità, in tutto o in parte del ri corso, rilevabile anche d’ufficio.
Va aggiunto che allorquando la pronuncia gravata sia fondata, come nel caso di specie, su argomentazioni giuridiche, è necessario che il ricorrente, nel rispetto dell’onere di specificità imposto dalla disposizione sopra richiamata, indichi puntualmente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, ne esamini il contenuto precettivo, lo raffronti con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa ( Cass. S.U. 28 ottobre 2020 n. 23745).
6. Alla sanzione di inammissibilità non sfugge neppure il terzo motivo nella parte in cui denuncia il vizio di omessa pronuncia e la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per non avere il T.SRAGIONE_SOCIALE. preso specifica posizione sul motivo di impugnazione con il quale era stata lamentata la mancata considerazione da parte della Provincia di Pavia degli interessi di carattere ambientale nonché di quelli dei proprietari dei terreni interessati dalle opere e dagli impianti rigettati. La censura muove da un presupposto erroneo (l’omesso esame di un motivo di impugnazione) e non interpreta correttamente la pronuncia gravata, che ha
esaminato congiuntamente, al punto 5.2., i motivi di gravame concernenti i profili tecnici dell’impianto progettato dalla società controinteressata ed il difetto di istruttoria e li ha rigettati con una motivazione, sintetizzata nello storico di lite, che comporta anche l’infondatezza dei rilievi inerenti alla mancata valutazione comparativa degli interessi di tutela ambientale e dei terzi coinvolti dalla realizzazione degli impianti.
Si tratta di una ragione assorbente di inammissibilità, a fronte della quale non hanno rilievo le deduzioni svolte nella memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. sui limiti del ricorso per rettificazione e sulla possibilità di avvalersi di detto rimedio nei soli casi in cui l’omessa pronuncia riguardi un capo della domanda, non un motivo di impugnazione.
6.1. Quanto, poi, al vizio motivazionale, alle considerazioni già espresse nel punto 5.1., si deve aggiungere che questa Corte, a partire da Cass. S.U. 7 aprile 2014 n. 8053, ha costantemente affermato che, all’esito della riformulazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., rileva solo la violazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ., la quale non può essere configurata per il solo fatto che la pronuncia impugnata, nello statuire sulla domanda o sull’eccezione, non abbia fornito risposta a tutti gli argomenti difensivi prospettati dalle parti. Infatti, ai sensi della disposizione citata, è necessario e sufficiente che il giudice esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, con la conseguenza che si devono ritenere disattesi per implicito tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito.
Rilevano, di conseguenza, solo i profili dell’inesistenza o della mera apparenza per intrinseca inidoneità a consentire il controllo delle ragioni che stanno alla base della decisione, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti , verifica che comporta un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito ( cfr. fra le tante Cass. S.U.
15 marzo 2024 n. 7049; Cass. S.U. 6 giugno 2023 n. 15931; Cass. S.U. 4 luglio 2023 n. 18843; Cass. S.U. 6 luglio 2023 n. 19227).
Nel caso di specie la pronuncia gravata ha dato atto di una valutazione tecnica effettuata comparando le domande sulla base della scheda analitica redatta all’esito dell’istruttoria ed ha ritenuto il giudizio espresso aderente ai parametri considerati ed esente da vizi logici macroscopici, sicché la motivazione non può essere ritenuta mancante né meramente apparente. L’apparenza, infatti, ricorre solo qualora la motivazione «non rende percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. » (Cass. S.U. 3 novembre 2016 n. 22232).
In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate per ciascuna parte controricorrente in € 200,00 per esborsi ed € 6.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto Roma, così deciso nella camera di consiglio del 14 gennaio 2025