Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33981 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 15845/2022 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’ avv.t o NOME COGNOME per procura speciale in atti; -ricorrente –
-contro-
COMUNE DI GAETA, in persona del legale rappres. p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME dell’Avvocatura comunale , per procura speciale in atti;
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappres. p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
-controricorrenti-
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma , n. 8350/2021, depositata il 17.12.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Cons. rel., dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con citazione del 27.12.2007, la RAGIONE_SOCIALE conveniva innanzi al Tribunale di Latina il Comune di Gaeta, e premesso di essere titolare di concessione demaniale ad uso ricreativo di un’area demaniale marittima della superficie di mq 7629 sita sull’arenile della spiaggia di Serapo in Gaeta, regolata con atto di concessione n. 52/2002 rilasciata il 5/11/2002 , allo scopo di ivi tenere uno stabilimento balneare costruito in parte in muratura -chiedeva l’ accertamento negativo della non debenza del canone concessorio come rideterminato dall’ente pubblico per l’anno 2007, ai sensi dell’art. 1 co. 251 della legge 296 del 27/12/2006 (legge finanziaria 2007), in ragione della pretesa illegittimità dei criteri di calcolo utilizzati.
Nel corso del giudizio, si costituiva l’Agenzia del Demanio, chiamata in causa.
Con sentenza del 13.11.2017 il Tribunale di Latina accoglieva parzialmente la domanda e conseguentemente: a) dichiarava non dovuta la somma richiesta dal Comune a titolo di canone concessorio per le pertinenze demaniali marittime ad uso commerciale; b) dichiarava non dovute le somme richieste dal Comune di Gaeta a titolo di aggiornamento a decorrere dall’anno 1994 in quanto dovuto a decorrere dall’1 gennaio 1998; c) dichiarava inoltre non dovute le somme richieste dal Comune di Gaeta all’attrice per l’areni le e le aree scoperte (dovendo le stesse essere rapportate all’effettivo utilizzo); d) disattendeva ogni altra domanda e dichiarava integralmente compensate tra le parti le spese di lite, ponendo quelle di c.t.u. in INDIRIZZO
definitiva a carico di parte attrice e di parte convenuta nella misura del 50% ciascuna.
In particolare, il Tribunale osservava che: la controversia apparteneva alla giurisdizione ordinaria; era senz’altro legittima la rideterminazione del canone concessorio del 2007 alla luce dei parametri introdotti dalla legge 296/2006, art. 1, co. 251, prevedendo tale norma espressamente una rivalutazione dei canoni rispetto agli equilibri di mercato, decorrenti dall’1/1/2007, in relazione alle concessioni ‘rilasciate e rinnovate’, trattandosi dunque di previsione applicabile ai rapporti in corso; era condivisibile la tesi sostenuta dalla parte attrice, secondo la quale i manufatti insistenti sul demanio non potevano essere considerati pertinenze marittime, in quanto non ancora acquisiti al patrimonio dello Stato, poiché la concessione demaniale era stata rinnovata ope legis, avendo avuto ad oggetto una zona demaniale marittima di mq. 7629, e non i manufatti ; non essendosi nella specie verificata la modificazione della titolarità della proprietà dello stabilimento, quest’ultimo non poteva essere considerato quale pertinenza ai fini della rideterminazione del canone ex lege 296/2006; con riferimento alla contestazione re lativa all’aggiornamento, il c.t.u. aveva condivisibilmente indicato come data di decorrenza per l’applicazione dell’aggiornamento dei canoni secondo gli indici ISTAT il primo gennaio 1998 e non il 1994, come invocato dal Comune; in relazione all’ultimo profilo di doglianza (violazione dell’art. 4 del DL 400/1993) essendo l’utilizzazione dell’arenile limitata alla sola stagione balneare (1/5-30/9) la domanda di riduzione del canone era da ritenersi meritevole di accoglimento, non insistendo sull’arenile alcuna struttura/manufatto e non risultando dimostrata un’utilizzazione al di fuo ri dell’arco temporale previsto nel titolo concessorio.
Avverso tale pronuncia proponeva appello l’Agenzia del Demanio, chiedendo riformarsi la sentenza impugnata e per l’effetto dichiarare dovuta la somma richiesta dal Comune di Gaeta alla RAGIONE_SOCIALE a titolo di canone concessorio per le pertinenze demaniali marittime ad uso commerciale, nonché dichiarare come dovute le somme richieste dal Comune di Gaeta all’attrice per l’arenile e le aree scoperte, a prescindere dal tempo del loro effettivo utilizzo.
RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame, mentre il Comune di Gaeta chiedeva l’accoglimento dell’appello dell’Agenzia del Demanio.
Con sentenza del 17.12.21, la Corte territoriale, in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava legittima la determinazione del canone concessorio per l’anno 2007 come operata dal Comune di Gaeta, eccezion fatta per la rivalutazione ISTAT, decorrente dalla data indicata dal primo giudice, statuizione quest’ultima non impugnata.
Al riguardo, la Corte territoriale osservava che: era infondata l’eccezione di inammissibilit à dell’appello per difetto di legittimazione/interesse sostanziale dell ‘Agenzia del Demanio sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE , sul rilievo che l’appellante non era titolare della posizione giuridica lesa, in seguito all’attribuzione della potest à demaniale marittima alle Regioni (in forza del D.L.vo 112/1998) e della subdelega conferita ai Comuni (sulla base della legge regionale del Lazio 14/1999); da un lato, l’Agen zia del Demanio aveva legittimamente proposto appello in quanto parte del giudizio di primo grado, nel quale era intervenuta in seguito alla eccezione di carenza di legittimazione passiva svolta dal Comune d i Gaeta; dall’altro il Comune era mero gestore, per sub-delega della Regione, dei beni demaniali presenti sul territorio comunale, mentre la predetta Agenzia era la titolare del rapporto e beneficiaria effettiva delle provvidenze; del
resto, l’ azione promossa aveva natura di accertamento negativo della legittimità della rideterminazione del canone, cosicché l’Agen zia, nella predetta qualità, aveva senz’altro interesse a contraddire, essendo destinataria del canone; diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il petitum e la causa petendi del presente giudizio riguardavano esclusivamente la misura del canone, dal momento che si controverteva solo ed esclusivamente della mera quantificazione del corrispett ivo, del quale l’ appellata RAGIONE_SOCIALE aveva contestato i criteri di determinazione in quanto non conformi ai criteri di computo in dettaglio indicati dall’art. 1, comma 251, l. 27/12/2006, n. 296; non era quindi in discussione l’accertamento dell’esistenza o del contenuto della concessione, né la verifica del l’azione autoritativa della pubblica amministrazione sul sottostante rapporto concessorio, né la controversia investiva la valutazione dell’esercizio di poteri discrezionali /valutativi nella determinazione del canone; l’Avvocatura Generale dello Stato aveva evidenziato come la concessione demaniale fosse seguita a precedenti atti di assentimento (concessioni rilasciate dalla Capitaneria di Porto di Gaeta) i quali presentavano, a differenza del regime operante nel 2007 che prevedeva il rinnovo automatico, una scadenza al termine della quale ‘ le opere abusive o di difficile rimozione sono acquisite allo Stato ‘, a norma del l’art. 49 C.N .; il rinnovo della concessione non posticipava dunque l’effetto traslativo della proprietà, che era invece già avvenuto alla scadenza del termine della durata della concessione ; tra l’altro va osservato come i precedenti titoli concessori recassero una specifica clausola di incameramento per i casi di scadenza, decadenza e revoca, cosicché le opere di difficile rimozione debbono essere ritenute acquisite allo Stato ai sensi dell’art. 49 C.N., sin da prima della concessione n. 52/2002, essendo la precedente concessione scaduta; non potendo essere pertanto negata la natura
demaniale dei manufatti di cui si tratta, doveva ritenersi senza dubbio legittimo il criterio di rideterminazione del canone concessorio utilizzato dal Comune di Gaeta -Ufficio Gestione Demanio turistico – con nota prot. n. 47018 del 03.10.2007, nonché con nota prot. n. 53164 del 09.11.2007, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 27/12/2006 n. 296 (legge finanziaria 2007), eccezion fatta per la rivalutazione ISTAT (dal 1998 anziché dal 1994), non avendo sul punto l’Agenzia proposto appello; la sentenza impugnata era altresì erronea nella parte relativa al l’accoglimento della domanda avente ad oggetto l’arenile e le aree scoperte, ritenendo trattarsi di utilizzazione limitata alla sola stagione balneare e quindi inferiore all’anno ‘ in difetto di un positivo riscontro della sua utilizzazione al di fuori dell’arco temporale previsto dal titolo concessorio ‘; trattasi nel caso di specie di concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreative, comprensiva di strutture permanenti di difficile rimozione (opere in muratura destinate ad attività commerciali, terziario -direzionale e di produzione di beni e servizi) che quindi per loro natura permangono oltre la durata della concessione; dall’esame del titolo concessorio emergeva del resto che l’oggetto della concessione demaniale (oltre l’arenile) riguardasse: 1) pertinenze demaniali quale ristorante, bar e zona attigua adibita a ristorazione; 2) opere di difficile rimozione come indicato nella concessione demaniale; 3) aree destinate a parcheggio pavimentate; doveva quindi concludersi per la correttezza dell’operato dell’Amministrazione comunale che nella richiesta di adeguamento del canone aveva utilizzato i valori OMI applicando i coefficienti di riduzione che riguardava no proprio la stagionalità dell’attività imprenditoriale svolta e la estensione delle superfici commerciali con una serie di abbattimenti.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE ricorre in cassazione con tre motivi, illustrati da memoria. Il Comune di Gaeta resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia vio lazione dell’art. 81 c .p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto la legittimazione del l’Agenzia del Demanio, anziché del solo Comune di Gaeta.
Il secondo motivo de nunzia violazione dell’art. 49 C.N., per aver la Corte territoriale affermato che, nel caso di cessazione della concessione, le opere amovibili oggetto di concessione restavano acquisite allo Stato, senza alcun rimborso (salvo diversa opzione per la demolizione), avendo riferito l’effetto acquisitivo non alla cessazione della concessione, bensì al rinnovo della stessa.
Il terzo motivo denunzia violazione del medesimo art. 49 C.N., per aver la Corte d’appello deciso senza esaminare il contenuto della concessione scaduta, ed omettendo di considerare cha l’effetto acquisitivo della proprietà dei manufatti non era automatico, ma dipendeva dall’iniziativa del Comune.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 1, c.5, L. n. 296/06 e 1, c.4, DL n. 400/93; in ordine alla prima norma, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto di applicare al canone della concessione i criteri OMI, previsti per le sole pertinenze aventi carattere commerciale, relativamente ai fabbricati inamovibili, mentre nella fattispecie venivano in rilievo manufatti amovibili in aree scoperte.
Inoltre, la ricorrente lamenta la mancata applicazione della riduzione prevista dalla norma- applicabile nel senso che i canoni devono essere rapportati all’effettiva utilizzazione dei beni, se l’utilizzazione è infer iore all’anno -non avendo la Corte territoriale tenuto conto che la
concessione consentiva di utilizzare l’arenile asservito solo durante la stagione balneare, in violazione del principio di corrispettività tra il canone e il godimento del bene demaniale.
Il primo motivo è infondato. A norma del D.Lgs. n. 112/98 la titolarità dei beni demaniali spetta alla Regione che può subdelegarne la gestione operativa ai Comuni (in virtù, nel Lazio, della l.reg. n. 14/1999) unici enti dotati di tutte le potestà in ordine all’amministrazione dei beni demaniali marittimi aventi (come nella specie) finalità turistiche ricreative (in virtù dell’ art. 1, d.l. 05/10/1993, n. 400, conv. con modifiche, nella l. 494/1993), Comuni ai quali spetta in via esclusiva di determinare e di chiedere i canoni demaniali marittimi.
Ora, l’Agenzia del Demanio dispone della legittimazione formale come parte del giudizio di primo grado e munita d’ interesse in quanto proprietaria dei beni e titolare delle somme da pagare. In altri termini, il trasferimento delle funzioni amministrative dalla Regione ai Comuni non significa che L’Agenzia del Demanio non abbia interesse a contraddire, tanto più nel caso delle azioni di accertamento negativo, come nella fattispecie.
Il secondo e terzo motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
In tema di demanio marittimo, l’art. 49 cod. nav., stabilisce, con riferimento ai beni edificati su suolo demaniale in concessione, che in mancanza di diversa previsione alla scadenza di quest’ultima le opere non amovibili restano acquisite allo Stato, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione.
Al riguardo, la ricorrente lamenta che la Corte d’Appello ha compiuto una violazione e falsa applicazione dell’art. 49 cod. nav., avendo riferito (senza distinguere tra ‘atto’ e ‘rapporto’ concessorio) l’effetto
acquisitivo non alla ‘cessazione della concessione’ (come previsto nella norma in esame), bensì del tutto impropriamente, alla scadenza di ‘atti’ concessori (quelli rilasciati dalla Capitaneria di Porto di Gaeta) rinnovati senza soluzione di continuità (dal Comune di Gaeta), con ciò attribuendo l’effetto acquisitivo ad un segmento del ‘rapporto’ concessorio (l’atto che, seppur scaduto, è tuttavia stato rinnovato senza soluzione di continuità).
Anzitutto, va osservato che la ricorrente fa riferimento ad una concessione del 2002 che è durata sino al 2007, poi oggetto di proroghe, mentre il canone è stato aumentato nel 2007, ma non si confronta con la decisione impugnata secondo la cui statuizione le opere erano state realizzate durante altra concessione precedente a quella del 2002, scaduta e poi rinnovata; in altre parole, le opere sarebbero diventate demaniali prima del 2002 e, sotto questo profilo, le censure in esame sono da considerare inammissibili, in quanto non calibrate sulla ratio decidendi.
Per altro verso, i due motivi in questione sono infondati. Come accertato dalla Corte d’appello, l a concessione demaniale oggetto di causa è successiva a precedenti atti di assentimento (concessioni rilasciate dalla Capitaneria di Porto di Gaeta) i quali presentavano, a differenza del regime operante nel 2007 che prevedeva il rinnovo automatico, una scadenza al termine della quale le opere abusive o di difficile rimozione erano acquisite allo Stato, a norma del citato art. 49 C.N.
L’art. 49 C.N. da un canto costituisce espressione del generale principio dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ., e, d’altro canto, deroga al disposto del successivo art. 936, che riconosce il diritto all’indennizzo per il costruttore in caso di ritenzione delle opere da parte del proprietario); e va interpretato (atteso che il c.d. “rinnovo” è
propriamente una nuova concessione, in quanto la scadenza del termine ne comporta l’automatica estinzione con conseguente insorgenza per l’Amministrazione del dovere di provvedere autonomamente al riguardo, sia pure nel rispetto dell’eventuale diritto di preferenza eventualmente spettante al precedente concessionario ai sensi dell’art. 37, terzo comma, cod. nav.) nel senso che tale accessione si verifica, ipso iure , al termine del periodo di concessione (Cass., n. 5842/04).
Circa la più copiosa giurisprudenza amministrativa- che entrambe le parti richiamanosul punto, dopo un primo orientamento giurisprudenziale -a mente del quale alla scadenza della concessione i beni sono ipso facto acquisiti al demanio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5123/2012; Id., sez. IV, n. 7505/2010), ha fatto seguito un diverso e più articolato indirizzo, ormai consolidato.
Invero, s ‘è chiarito che il principio dell’accessione gratuita, fortemente penalizzante per il diritto dei superficiari e per gli investimenti, dovrebbe ritenersi riferito all’effettiva cessazione e non alla mera scadenza del rapporto concessorio, in relazione all’ esigenza di assicurare che le opere ‘non amovibili’, destinate a restare sul territorio o ad essere rimosse con inevitabile distruzione, siano nella piena disponibilità dell’ente proprietario dell’area, ai fini di una sua corretta gestione per prevalenti finalità di interesse pubblico. Esigenza che non risulta ancora attuale quando il titolo concessorio, anziché andare in scadenza o essere anzitempo revocato per l’utilizzo improprio dell’area, sia al contrario rinnovato in modo automatico e senza soluzione di continuità rispetto alla data naturale di scadenza della concessione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 settembre 2019, n. 6043; Sez. 3, Sentenza n. 5842 del 24/03/2004).
In definitiva, il principio dell’accessione gratuita di cui al ricordato art. 49 r.d. 30 marzo 1942 n. 327 non trova applicazione quando il titolo concessorio è stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione, tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del “nomen iuris”, come una piena proroga dell’originario rapporto e senza soluzione di continuità (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 729; Id., sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1146, CdS, n. 229/22).
Inoltre, è stato evidenziato che, in forza dell’art. 49, cod. nav., la devoluzione al demanio marittimo avviene automaticamente alla scadenza della concessione, cosicché il procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite ha carattere meramente ricognitivo e dichiarativo (Cons. Stato, n. 8184/23).
La giurisprudenza amministrativa ha dunque interpretato il predetto art. 49 nel senso che la devoluzione al demanio marittimo opera sia all’atto del rilascio e della scadenza della prima concessione, sia quando, dopo la sua prima scadenza, sia rilasciata una nuova concessione anche identica alla precedente.
In questo caso, trattandosi di nuovo rilascio, si parla di rinnovo, che si contraddistingue per il fatto che c’è una soluzione di continuità fra i titoli, nel senso che un rapporto cessa e un altro, nuovo, inizia subito dopo a decorrere, disciplinato dal titolo successivo .
Diverso è invece il caso in cui tra i titoli non sussista una soluzione di continuità, il che accade quando un titolo rappresenta la prosecuzione dell’altro sul solo piano dell’efficacia, e tale rapporto viene definito proroga; nella sostanza, l’atto-fonte che disciplina il rapporto è sempre quello originario, che viene modificato soltanto per quanto attiene al termine di durata.
Nella specie, come detto, tra i due titoli concessori non sussiste continuità, in quanto non risulta affatto che il primo titolo- a differenza di quanto accaduto fino al 2007- contemplasse forme di rinnovo automatico e predeterminato, ragion per cui il secondo titolo ha costituito un vero e proprio rinnovo che ha segnato una soluzione di continuità, rendendo del tutto legittima l’applicazione dell’art. 49 C.N. e la contestata determinazione del canone concessorio.
Né tale orientamento presta il fianco alle censure di violazione dei principi di costituzionalità di cui all’art. 97 e 98 Cost. Al riguardo, la Corte Costituzionale, investita della questione relativa all’ambito applicativo dell’art. 1, comma 251, l. n. 296/2006, recante la modica dell’art. 3 d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, conv. con l. 4 dicembre 1993, n. 494, fondandosi sull’orientamento giurisprudenziale consolidato suddetto, (cfr. sentenza n. 29 del 2017) ha premesso che ‘ al fine di stabilire la proprietà statale dei beni di difficile rimozione edificati su suolo demaniale marittimo in concessione, è determinante la scadenza della concessione, essendo questo il momento in cui il bene realizzato dal concessionario acquista la qualità demaniale ‘.
Inoltre, con sentenza del luglio 2024, la Corte di Giustizia, decidendo in sede di rinvio pregiudiziale, in relazione all’a rticolo 49 TFUE ( nella causa C-598/22) -in materia di concessioni del demanio pubblico marittimo, e relative scadenza e rinnovo- ha affermato che : l’art. 49 del codice della navigazione non attiene alle condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico -ricreativa sul demanio marittimo italiano, ma si limita solo a prevedere che -‘ alla scadenza della concessione e salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione’ -le opere non amovibili verranno incamerate immediatamente e senza alcun riconoscimento di indennizzo. L’art. 49 del codice della navigazione, in altri termini, non
incide sui requisiti da rinvenire in capo all’operatore economico al fine di ottenere la concessione, riferendosi detta norma soltanto alle conseguenze che reca con sé, una volta che sia scaduta la concessione, la constatazione dell’esistenza di opere non rimovibili sul demanio marittimo; l’ art. 49 del codice della navigazione si limita solo a trarre i fisiologici corollari dei principi fondamentali del demanio pubblico. Ed invero ‘l’appropriazione gratuita e senza indennizzo, da parte del soggetto pubblico concedente, delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico costituisce l’essenza stessa dell’inalienabilità del demanio pubblico. Il principio di inalienabilità implica segnatamente che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniali hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono inoltre revocabili ‘; ancora, l’art. 49 del codice della navigazione prevede espressamente la possibilità di derogare consensualmente al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo, sicché le parti ben potrebbero adoperarsi per inserire clausole tese ad evitare talune delle conseguenze che si produrrebbero ex lege, in assenza di apposite deroghe, allo scadere della concessione. Per tali motivi, secondo i giudici, ‘ne consegue che l’acquisizione immediata, gratuita e senza indennizzo delle opere non amovibili costruite dal concessionario su tale demanio non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle opere suddette ‘; infine, il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo si risolve inevitabilmente nella successione di due titoli di occupazione del demanio e mai in una proroga del primo titolo. La Corte ha inteso precisare, infatti, che ‘tale interpretazione è idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti
su un piede di parità ‘.In conclusione, la CGUE ha ritenuto che le normative degli Stati membri che prevedano, alla scadenza della concessione e anche ove questa venga successivamente rinnovata, l’acquisizione gratuita, immediata e senza indennizzo delle opere inamovibili costruite sul demanio pubblico marittimo dal concessionario non si pongono in contrasto con l’art. 49 del TFUE.
Il quarto motivo è inammissibile. Va osservato che la Corte d’appello , nell’accogliere il motivo d’impugnazione dell’Agenzia del Demanio avverso il capo della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato che il canone per l’arenile scoperto dovesse essere determinato considerando i periodi di effettiva utilizzazione del bene oggetto della concessione, ha affermato che trattasi di concessione marittima con finalità turistico-ricreative comprensiva di strutture anche permanenti, per cui non valeva il criterio del canone rapportato all’utilizzo infrannuale.
Pertanto, la Corte ha applicato i valori OMI, con i parametri di riduzione, elaborando il cosiddetto canone di mercato calmierato, calcolato con due coefficienti correttivi (cd. calmieri), il primo dei quali rapportato appunto alla stagionalità dell’attività imprenditoriale svolta (coefficiente 6,5).
Premesso ciò, la doglianza è diretta al riesame dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dei criteri di calcolo del canone relativo all’arenile e alle strutture permanenti in esso ubicati, contrapponendo alle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata una diversa ricostruzione, fattuale e giuridica, della vicenda in esame.
Al riguardo, la ricorrente censura l’applicazione dei canoni OMI in quanto inerente alle sole pertinenze commerciali, senza tener conto delle opere in murature insistenti sull’arenile, e muovendo però dall’erroneo presupposto in diritto (di cui si è detto esam inando il
secondo e il terzo motivo) che nessuna delle opere ubicate sulla concessione demaniale marittima della ricorrente è mai stata acquisita allo Stato, a norma dell’art. 49 C.N.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Gaeta, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di euro 5.200,00 di cui 200,00 per esborsi- oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali, iva ed accessori di leggee al pagamento, in favore dell’Agenzia del Demanio, della somma di euro 5.000,00 oltre alle spese liquidate a debito e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile del 21