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Concessione acque irrigue: il consorzio rappresenta tutti

Una società agricola contesta una concessione acque irrigue congiunta con un consorzio. La Cassazione rigetta il ricorso, confermando che, in presenza di un’unica presa d’acqua, si applica il regime dell’utenza unica complessiva (art. 58 R.D. 1775/1933). Il consorzio ha quindi il diritto di rappresentare tutti gli utenti, anche quelli non aderenti, nel procedimento di concessione.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Concessione acque irrigue: quando il consorzio rappresenta tutti?

La gestione delle risorse idriche è un tema cruciale, specialmente in agricoltura. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affrontato un caso complesso relativo alla concessione acque irrigue, stabilendo principi fondamentali sulla rappresentanza dei consorzi e sulla nozione di ‘utenza unica complessiva’. Questa decisione chiarisce come, in presenza di un’unica opera di presa d’acqua utilizzata da più agricoltori, il consorzio acquisisca un ruolo centrale, potendo agire in nome e per conto di tutti gli utenti, anche di quelli dissenzienti.

I Fatti del Caso

Una società agricola, proprietaria di vasti terreni coltivati, impugnava un decreto della Regione con cui veniva assentita una concessione per la derivazione di acqua a uso irriguo. La concessione era stata rilasciata congiuntamente alla società stessa e a un consorzio di irrigazione. La società lamentava che il consorzio non avesse titolo per subentrare in una vecchia domanda di concessione, risalente a decenni prima, e sosteneva che la propria, più recente, domanda dovesse avere la priorità. Secondo la ricorrente, il consorzio non era né successore del primo richiedente né proprietario dei terreni da irrigare. Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP) aveva però respinto il ricorso, affermando la regolarità della concessione sulla base del concetto di ‘utenza unica complessiva’, dato che tutti gli utenti attingevano da un’unica opera di presa. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha rigettato il ricorso della società agricola, confermando la piena legittimità dell’operato della Regione e la correttezza della decisione del TSAP. La Corte ha stabilito che, in casi come questo, il consorzio è legittimato a rappresentare la totalità degli utenti, agendo come unico interlocutore nel procedimento di concessione.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali.

L’Utenza Unica Complessiva nella concessione acque irrigue

Il primo motivo di ricorso si basava sulla presunta errata applicazione dell’art. 58 del Testo Unico sulle acque pubbliche (R.D. 1775/1933). La società sosteneva che ogni utente avesse un diritto autonomo e che non si potesse parlare di utenza unica. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il presupposto fondamentale dell’art. 58 è la comunanza dell’opera di presa. Se più utenti, anche con diritti distinti, derivano acqua da un’unica fonte, si configura un’utenza idrica unica e complessiva.
Di conseguenza, il consorzio che rappresenta la maggioranza dei proprietari dei terreni irrigati (in questo caso i 2/3) ha il diritto e il dovere di rappresentare l’intera utenza. Questo include anche i singoli proprietari dissenzienti o non aderenti. L’obiettivo della norma è garantire una gestione razionale e proficua della risorsa idrica, perseguendo un interesse generale che prevale su quello delle singole imprese. Pertanto, il consorzio era pienamente legittimato a subentrare nelle precedenti istanze di sanatoria, agendo nell’interesse collettivo.

L’Inammissibilità del Motivo sulla Motivazione Carente

Il secondo motivo di ricorso lamentava una ‘motivazione apparente’ da parte del TSAP riguardo alla presunta insufficienza della quantità d’acqua concessa alla società. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile per due ragioni.
In primo luogo, la decisione del TSAP si basava su una doppia ‘ratio decidendi’: da un lato la legittimità della concessione consortile, dall’altro la carenza di prova da parte della ricorrente sul suo fabbisogno idrico. Il ricorso della società aveva contestato solo la seconda motivazione, lasciando intatta la prima, che da sola era sufficiente a sorreggere la decisione.
In secondo luogo, la Corte ha specificato che la motivazione del TSAP non era affatto ‘apparente’, ma sintetica e chiara. Il giudice di merito aveva infatti evidenziato che alla società era già stato riconosciuto un antico diritto per una certa quantità d’acqua, che la concessione totale era molto superiore, e che la società non aveva mai specificato concretamente perché tale quantità fosse inadeguata.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza per la gestione delle acque irrigue: la prevalenza della gestione collettiva e unitaria in presenza di un’unica fonte di approvvigionamento. Per gli agricoltori, ciò significa che l’adesione a un consorzio o la sua esistenza può determinare le modalità di accesso alla risorsa idrica, anche se si è titolari di diritti individuali. Per i consorzi, la sentenza riafferma il loro ruolo cruciale come rappresentanti di interessi collettivi, legittimati ad agire per l’intera comunità di utenti, semplificando le procedure amministrative e promuovendo un uso più efficiente dell’acqua.

Quando si applica il regime di ‘utenza unica complessiva’ per le acque irrigue?
Si applica quando più utenti, a scopo agricolo, utilizzano un’unica opera di presa per derivare acqua da un corso d’acqua pubblico, anche se sono titolari di diritti diversi e autonomi.

Un consorzio di irrigazione può rappresentare anche i proprietari non aderenti?
Sì, nel contesto di un’utenza unica complessiva, il consorzio che rappresenta la maggioranza dei terreni irrigati è legittimato a rappresentare tutti gli utenti, inclusi quelli dissenzienti o non aderenti, nelle procedure e nelle controversie relative alla concessione acque irrigue.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione contesta solo una delle diverse motivazioni che sorreggono una sentenza?
Il ricorso viene rigettato o dichiarato inammissibile in quella parte, perché la sentenza rimane valida sulla base della motivazione non contestata (la cosiddetta ‘ratio decidendi’ autonoma), che è di per sé sufficiente a giustificare la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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