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Comunicazione licenziamento PEC: valida se all’avvocato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un dipendente pubblico che contestava la validità della comunicazione del suo licenziamento, avvenuta tramite PEC all’indirizzo del suo avvocato. La Corte ha stabilito che l’elezione di domicilio presso il difensore, con indicazione del suo indirizzo PEC, rende tale modalità di comunicazione pienamente valida ed efficace, considerandolo un ‘domicilio digitale’ a disposizione del lavoratore.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Comunicazione Licenziamento PEC: È Valida se Inviata all’Avvocato?

La comunicazione licenziamento PEC è un tema cruciale nel diritto del lavoro, poiché da essa dipendono i termini per l’impugnazione del recesso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una notifica inviata non direttamente al lavoratore, ma all’indirizzo di posta elettronica certificata del suo legale. La Corte ha stabilito che, in presenza di una specifica elezione di domicilio, tale modalità è pienamente legittima.

I Fatti di Causa

Un dipendente di un ente universitario veniva licenziato per motivi disciplinari. La comunicazione del licenziamento veniva effettuata dall’ente datore di lavoro in tre modi: una prima volta tramite PEC all’indirizzo del difensore del lavoratore, una seconda volta tramite raccomandata sempre al difensore e, infine, una terza volta con raccomandata all’indirizzo del lavoratore stesso.

Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo la nullità della comunicazione perché, a suo dire, non era avvenuta nel rispetto delle forme previste dalla legge applicabile all’epoca dei fatti contestati (tra il 2009 e il 2011). In particolare, contestava la validità della notifica via PEC al suo avvocato. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettavano le sue richieste, ritenendo la comunicazione valida. Il caso è quindi approdato in Corte di Cassazione.

La questione della comunicazione licenziamento PEC al difensore

Il ricorrente basava il suo ricorso su due motivi principali. In primo luogo, lamentava un’assenza di motivazione da parte della Corte d’Appello. In secondo luogo, sosteneva la violazione dell’art. 55-bis del D.Lgs. 165/2001 (nella sua versione originaria), il quale, a suo avviso, non prevedeva la possibilità di notificare il licenziamento alla PEC del difensore, ma solo a quella del lavoratore o tramite altri mezzi tradizionali come la consegna a mano o la raccomandata.

Il punto centrale della difesa era che l’elezione di domicilio presso il proprio avvocato non poteva derogare alle specifiche norme sulla comunicazione degli atti disciplinari nel pubblico impiego, rendendo così la prima comunicazione via PEC inefficace e, di conseguenza, tardiva l’impugnazione basata sulle comunicazioni successive.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità della prima comunicazione. La ratio decidendi della sentenza si fonda sull’importanza dell’elezione di domicilio effettuata dal lavoratore.

Nel corso del procedimento, il dipendente aveva firmato una procura al suo avvocato, eleggendo domicilio presso lo studio di quest’ultimo e indicando esplicitamente l’indirizzo PEC del legale per l’invio di comunicazioni e notificazioni: ivan.sorbo@ordineavvocatiper.it.

Secondo la Corte, questa scelta è stata decisiva. Scegliendo di domiciliare presso il proprio avvocato e fornendo il suo indirizzo PEC, il lavoratore ha, di fatto, indicato quel canale come luogo idoneo e di sua disponibilità per ricevere le comunicazioni. L’indirizzo PEC dell’avvocato, iscritto nei pubblici registri (INI-PEC e ReGIndE), costituisce un ‘domicilio digitale’ privilegiato per le notifiche legali.

La Corte ha quindi concluso che la comunicazione via PEC all’indirizzo del difensore era una modalità idonea, proprio in virtù della volontà espressa dal lavoratore attraverso l’elezione di domicilio. Di conseguenza, la comunicazione del 5 febbraio 2019 era perfettamente valida e da quella data il lavoratore era stato reso edotto del recesso, facendo scattare i termini per l’impugnazione.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’elezione di domicilio è un atto di volontà che produce effetti giuridici rilevanti. Quando un lavoratore sceglie lo studio del proprio avvocato come domicilio e ne indica l’indirizzo PEC, rende tale indirizzo un canale di comunicazione ufficiale e valido a tutti gli effetti, anche per atti importanti come la comunicazione di un licenziamento. Questa decisione sottolinea come la digitalizzazione delle comunicazioni legali, se supportata da precise scelte procedurali delle parti, garantisca piena efficacia e certezza giuridica.

È valida la comunicazione di un licenziamento inviata tramite PEC all’indirizzo dell’avvocato del lavoratore?
Sì, la comunicazione è valida se il lavoratore ha precedentemente eletto domicilio presso lo studio del proprio avvocato, indicando specificamente l’indirizzo PEC del legale come recapito per le comunicazioni.

Cosa significa ‘elezione di domicilio’ ai fini delle notifiche?
Significa scegliere un luogo specifico, come lo studio di un avvocato, dove si accetta di ricevere tutte le comunicazioni e notifiche legali relative a una determinata vicenda. Come chiarito dalla Corte, questa scelta include anche l’indirizzo PEC del domiciliatario, che diventa un ‘domicilio digitale’.

La legge applicabile al momento dei fatti contestati prevale sempre sulle modalità di comunicazione successive?
Non in questo caso. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la volontà manifestata dal lavoratore con l’elezione di domicilio presso la PEC del suo avvocato fosse l’elemento decisivo per stabilire la validità della comunicazione, superando le obiezioni basate sulla formulazione della legge vigente all’epoca dei fatti disciplinari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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