Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27724 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27724 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11470-2024 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1500/2024 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/04/2024 R.G.N. 1606/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’appello di Napoli con la sentenza in atti ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo ex art.1, comma 58 della legge n.
Oggetto
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 09/09/2025
CC
92/2012 proposto da NOME avverso la sentenza n. 23/23 pubblicata il 12.1.23 con cui il tribunale di Avellino in funzione di giudice del lavoro aveva rigettato la sua opposizione avverso l’ordinanza emessa nell’ambito del giudizio avente ad oggetto l’impugnativa di licenziamento.
A fondamento della decisione la Corte d’appello ha rilevato la tardività del reclamo, proposto avverso la sentenza di primo grado, atteso che quest’ultima era stata pubblicata il 12 gennaio 2023 e comunicata ai difensori in pari data, mentre l’atto d’appello era stato depositato in data 5 luglio 2023 e pertanto sicuramente oltre il termine di 30 giorni previsto dall’art. 1, comma 58 cit. decorrente dalla comunicazione della sentenza. Tale termine breve per proporre reclamo decorreva appunto dalla comunicazione di cancelleria della sentenza a mezzo PEC, che come tale non richiedeva l’apposizione della formula ‘notificazione ai sensi del decreto legge n. 179 del 2012’, prevista dall’all. 8 delle specifiche tecniche del PCT del 16/4/2014 per le sole notificazioni e non anche per le comunicazioni; mentre risultava del tutto irrilevante la circostanza che la comunicazione via PEC del tribunale di Avellino della sentenza al difensore del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, regolarmente inviata, non fosse stata consegnata con la motivazione “casella piena”. E ciò in quanto era onere del difensore procedere al controllo periodico dello spazio a disposizione della sua PEC secondo la giurisprudenza consolidata.
Inoltre la Corte ha evidenziato che nel caso di specie non si verteva in un’ipotesi di notificazione tra due difensori, dove ai fini della regolarità della notifica fatta da un avvocato, ai sensi della legge n. 53/1994, occorreva che si generasse la ricevuta di avvenuta consegna, ma in una ipotesi di
comunicazione/notificazione ex art.16, comma 4 del decreto legge n. 179 del 2012 convertito in legge n. 221 del 2012, (come modificato dall’articolo 47 del decreto legge numero 90 del 2014, convertito in legge numero 114 del 2014) dettato in tema di comunicazione di cancelleria e dell’articolo 16, 1° comma del D.M. n. 44/2011 che prevede quale modalità esclusiva di comunicazione o notificazione dall’ufficio giudiziario l’invio di un messaggio dall’indirizzo di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, indicato nel registro generale degli indirizzi elettronici, ovvero negli altri pubblici elenchi previsti dalla legge, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art.34.
La Corte ha pure precisato che quando la trasmissione via PEC non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario, come appunto nel caso di specie, trova applicazione l’art. 16, comma 6, del decreto-legge n. 179 del 2012 secondo cui le notificazioni e le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria.
Pertanto, come precisato anche da Cass. n. 3965 del 2020, nonostante la mancata ricezione della comunicazione per causa a lui imputabile, il destinatario è comunque nella condizione di prendere cognizione degli estremi della comunicazione medesima, in quanto il sistema invia un avviso al portale dei servizi telematici, di modo che il difensore destinatario, accedendogli, viene informato dell’avvenuto deposito. Infatti, ai sensi del D.M. numero 44 del 2011, articolo 16, comma 4 “nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata…. viene pubblicato nel portale dei servizi telematici, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34, un
apposito avviso di avvenuta comunicazione o notificazione dell’atto nella cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario contenente gli elementi identificativi del procedimento e delle parti e dei loro patrocinatori.”
Da tale disposizione si evinceva pure che, in caso di mancata consegna la comunicazione o notificazione dell’atto nella cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario e generata automaticamente, conformemente alle previsioni del DGSIA altrimenti l’avviso pubblicato nel portale dei servizi telematici non potrebbe dare per avvenuta detta comunicazione o notificazione.
Né il reclamante aveva allegato e dato prova di non aver potuto avere conoscenza del provvedimento per mancata pubblicazione dell’avviso sul portale dei servizi informatici e per impossibilità di estrarre copia presso la cancelleria dell’ufficio (cfr Cass. n. 3965 del 2020).
Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli NOME ha proposto ricorso per cassazione con un motivo di ricorso al quale ha resistito RAGIONE_SOCIALE con controricorso, illustrato da successiva memoria. Il collegio all’esito della decisione ha fissato il termine di 60 giorni per il deposito della motivazione.
Motivi della decisione
1.- Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli artt. 149 bis comma tre c.p.c. e 138, comma due c.p.c. e 137 c.p.c. in relazione all’art.360, n. 3 c.p.c. stante l’irriducibile contraddittorietà della sentenza, avendo affermato che la notifica telematica per il termine breve di impugnazione si fosse perfezionata a mezzo EMAIL effettuata dal convenuto, nonostante il sistema informatico non abbia generato una ricevuta di
avvenuta consegna , ma una ricevuta di mancata consegna in quanto la casella di destinazione risultava ‘PIENA’.
Il ricorrente ha rilevato che secondo la previsione dell’art. 326 c.p.c., come novellato dalla riforma Cartabia, il termine per la notificazione decorre sia per il soggetto notificante che per il destinatario della notificazione dal momento in cui il relativo procedimento si perfeziona per il destinatario. Ed in tal senso si erano espresse le Sez. Unite con la sentenza n.6278 del 2019. Ha aggiunto che il termine lungo è di sei mesi e ad esso si fa riferimento solo allorché la sentenza non sia stata notificata. In tale circostanza la parte può proporre l’impugnazione entro sei mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza ex art. 327 c.p.c. La sentenza si intende pubblicata quando avviene il deposito in cancelleria. Ed il giudice di merito aveva erroneamente considerato come perfezionata la notifica a mezzo PEC effettuata dal convenuto, nonostante il sistema informatico non avesse generato una ricevuta di avvenuta consegna ma una ricevuta di mancata consegna per casella piena. La sentenza gravata aveva equiparato la mancata consegna per casella piena al rifiuto di ricevere l’atto, ritenendo, quindi, perfezionata la notifica. Mentre il termine breve non aveva mai iniziato il suo decorso stante l’omessa notifica sicchè l’appello era tempestivo in quanto notificato prima del decorso del termine lungo.
2.L’unico m otivo di ricorso, sopra indicato, deve essere dichiarato inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale si fonda sulla affermazione dell ‘ inapplicabilità della disciplina codicistica della notificazione alla comunicazione della sentenza effettuata dalla cancelleria nel c.d. rito Fornero.
Tale ratio decidendi non è neppure attinta dalle censure sollevate dal ricorso.
3.- Pertanto, innanzitutto, non può esistere la denunciata contraddizione nella motivazione della sentenza, atteso che la Corte d’appello ha rilevato che in tema di comunicazione della sentenza nel rito Fornero questa si considera comunicata anche nel caso in cui la casella postale del difensore destinatario risulti piena, essendo onere del difensore, controllare la capienza della propria casella postale di PEC.
4.- In ogni caso, nella sua ampia motivazione, la sentenza d’appello è del tutto conforme, in ciascuna delle sue articolate statuizioni, alla giurisprudenza di legittimità intervenuta in materia e si sottrae pertanto alle infondate e non pertinenti censure sollevate col ricorso.
5.- Quest’ultimo, in effetti, si fonda per intero sul richiamo della disciplina della ‘notificazione tra le parti private’ (su cui da ultimo cfr Sez. Un. Cassazione n. 28452 del 05/11/2024), laddove la Corte d’appello ha fondato la conclusione assunta sul la disciplina della ‘notificazione da parte dell’Ufficio’, in effetti regolata diversamente dalla legge.
6.- Infatti, gli articoli 149 bis comma tre c.p.c. e 138, comma 2, c.p.c. e 137 c.p.c. richiamati dal ricorrente si riferiscono alle notificazioni eseguite tramite ufficiale giudiziario anche a mezzo posta elettronica; laddove invece l’art. 16, 1° comma Dm n. 44/2011 e l’articolo 16, 4° comma Dl n. 179/201 -poste a fondamento della decisione impugnata della Corte d’appello di Napoli -non sono neppure menzionati nel ricorso per cassazione.
7.- In nessun caso, comunque, la Corte territoriale ha potuto violare le norme indicate nella rubrica del motivo di ricorso,
posto che la decisione presa è confortata dalla uniforme giurisprudenza di legittimità.
Nel senso della decisione impugnata si è espressa ad es. questa Corte con la sentenza n. 13532 del 20/05/2019 la quale ha affermato che ‘il mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale dovuto alla saturazione della capienza della casella PEC del destinatario è evento imputabile a quest’ultimo; di conseguenza, é legittima l’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ai sensi dell’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, conv. in l. n. 221 del 2012, come modificato dall’art. 47 del d.l. n. 90 del 2014, conv. in l. n. 114 del 2014, senza che, nell’ipotesi in cui il destinatario della comunicazione sia costituito nel giudizio con due procuratori, la cancelleria abbia l’onere, una volta non andato a buon fine il primo tentativo di comunicazione, di tentare l’invio del provvedimento all’altro procuratore.’
Inoltre conforme risulta pure la più recente Cass. n. 18388 del 05/07/2024 la quale si è pronunciata in questi termini : ‘ Nel rito cd. Fornero, il termine breve per proporre reclamo avverso la sentenza che decide il ricorso in opposizione, di cui all’art. 1, comma 58, della l. n. 92 del 2012, decorre dalla comunicazione di cancelleria del testo integrale della decisione all’indirizzo PEC del difensore, il cui perfezionamento deve essere certificato dalle ricevute di accettazione e consegna generate dal sistema, senza che possano ammettersi atti equipollenti (nella specie, l’attestazione di cancelleria circa l’avvenuta comunicazione telematica della sentenza), e il messaggio di mancata consegna per fatto imputabile al destinatario rende necessaria la comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria, ex art.
16, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012, conv. dalla l. n. 221 del 2012’.
Di analogo tenore è anche Cass. n. 7510 del 15/03/2023 secondo cui ‘in caso di comunicazione a mezzo PEC di un provvedimento giurisdizionale dalla cancelleria al difensore, la circostanza che la e-mail PEC sia finita nella cartella della posta indesiderata (“spam”) della casella PEC del destinatario non costituisce causa incolpevole della decadenza nella quale sia incorsa la parte, idonea a giustificare la rimessione in termini, in quanto il titolare dell’account di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata”‘.
8.- In conclusione, per le ragioni sopra indicate, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo. Sussistono altresì le condizioni per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’articolo 13, comma 1 bis d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 4000,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge; ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 9.9.2025 La Presidente dott.ssa NOME COGNOME