Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31850 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31850 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23692-2022 proposto da:
NOMECOGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA COGNOME NOME COGNOME E NOME COGNOME, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 359/2022 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 01/08/2022 R.G.N. 134/2022;
Oggetto
COSTITUZIONE
RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 23692//2022
COGNOME
Rep.
Ud. 23/10/2024
CC
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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO
che, con sentenza dell’1 agosto 2022, la Corte d’Appello di Torino confermava la decisione resa dal Tribunale di Alessandria e rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’Azienda Ospedaliera NOME e NOME e NOME COGNOME di Alessandria, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto dell’istante all’assunzione presso la predetta Azienda, quale vincitore del concorso pubblico da questa indetto per la copertura di un posto di dirigente medico di medicina nucleare, per essersi collocato al decimo posto della graduatoria, graduatoria viceversa archiviata dall’Azienda, in quanto, ad avviso del ricorrente, l’istante e nessuno degli altri candidati utilmente collocati in graduatoria, invitati a manifestare disponibilità all’assunzione, tramite l’invio di apposito telegramma agli indirizzi a suo tempo indicati, aveva dato tempestivo riscontro all’interpello;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto le prove offerte dall’istante a dimostrazione del mancato ricevimento del telegramma di invito a manifestare la disponibilità all’assunzione non ammissibili in quanto generiche e, pertanto, inidonee a superare la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c. derivante dalla produzione in giudizio del suddetto telegramma fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la rela tiva ricevuta e sull’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico oltre alla correttezza all’epoca ei fatti dell’ utilizzo per le comunicazioni riguardanti i concorsi e le prove selettive del telegramma quale mezzo di comunicazione
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atto a garantire la certezza del ricevimento da parte del destinatario;
che per la cassazione di tale decisione ricorre il COGNOME affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’Azienda Ospedaliera;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., 115, 116, 177, 187, 188 e 244 c.p.c., imputa alla Corte territoriale l’ error in procedendo dato dalla mancata ammissione delle prove addotte dal ricorrente, a suo dire, pertinenti e idonee allo scopo, lamentando l’essersi vista preclusa la possibilità di offrire prova contraria rispetto alla presunzione di conoscenza del trasmesso telegramma e, dunque, leso il suo diritto di difesa;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 1334 e 1335 c.c. 12, 15 e 20 d.lgs. n. 82/2005 e 4 e 6 d.P.R. n. 68/2005, il ricorrente imputa alla Corte territoriale lo scostamento dalla giurisprudenza che ai fini della recettizietà delle dichiarazioni contrattuali ritiene necessario che queste siano indirizzate dal mittente al destinatario con modalità tali da rivelare la volontà, non solo di portarle a conoscenza di questi, ma anche di realizzare gli effetti che esse sono destinate a produrre nei confronti del medesimo, alla cui stregua doveva ritenersi inadeguata ai fini della comunicazione la scelta del telegramma in luogo della PEC;
che il primo motivo, si rivela inammissibile non avendo il ricorrente dato conto della decisività delle prove non ammesse, non valendo pertanto la censura ad inficiare il giudizio formulato dalla Corte territoriale circa l’irrilevanza dei mezzi di
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prova offerti dal ricorrente a fronte della presunzione di conoscenza corroborata dagli elementi invocati in coerenza con la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n.511/2019);
che, parimenti inammissibile risulta il secondo motivo, atteso che la censura sollevata non coglie la ratio decidendi, fondata sulla non configurabilità di un obbligo a valersi della PEC quale mezzo di comunicazione dell’invito a manifestare la volontà di assunzione (ovvero della proposta contrattuale);
tale obbligo in effetti era insussistente ratione temporis , visto che all’epoca dei fatti (la comunicazione in contestazione è del 23 maggio 2018) per l’ammissione dei candidati alle procedure selettive o ai concorsi o all’ingresso in graduatoria etc era previsto che la relativa comunicazione agli interessati dovesse avvenire tramite telegramma o lettera raccomandata con avviso di ricevimento a firma del Presidente della Commissione Esaminatrice ovvero con le altre forme e modalità indicate sul bando, ma senza alcuna menzione della PEC;
solo a seguito dei d.l. n. 34 e n. 104 del 2020 il regolamento relativo ai concorsi pubblici è stato modificato sul punto con la previsione della PEC come strumento obbligatorio per le comunicazioni suindicate;
che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 e euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione