Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1984/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ITALIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in PRATO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1196/2022 depositata il 13/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con sei motivi, per la cassazione della sentenza n. 1196/2022 della Corte d’Appello di Firenze, pubblicata il 13.6.2022, con cui sono state respinte le domande proposte da essi ricorrenti nei confronti dei soggetti indicati in epigrafe, per l’accertamento dei rispettivi diritti di comproprietà sull’area di terreno -definita ‘corte’ -posta in adiacenza dei fabbricati ad uso abitativo di proprietà delle parti, censita al Catasto Fabbricati del Comune di Quarrata al foglio 44, particella 79, utilizzata come parcheggio da parte dei convenuti, e per la regolamentazione dell’uso della area stessa.
La Corte di Appello, dopo avere dichiarato, con sentenza non definitiva n. 1821/2020 di riforma della sentenza di primo grado, le due domande ammissibili sotto lo specifico profilo dell’interesse degli attori a proporle, ha rigettato la prima domanda ed ha
dichiarato sotto altro profilo inammissibile la seconda domanda (di regolamentazione dell’uso dell’area).
In particolare, quanto alla prima domanda, la Corte di Appello ha osservato che nell’atto di provenienza degli attori e negli atti di provenienza dei convenuti COGNOME NOME e COGNOME NOME, gli uni e gli altri risultavano titolari di diritti di comproprietà sulla corte, che da tali atti non era ricavabile che gli altri convenuti, le cui abitazioni prospettavano sull’area, non fossero anch’essi titolari di identici diritti, che l’area doveva ritenersi condominiale in relazione sia alle relative caratteristiche strutturali, essendo posta in adiacenza ai fabbricati di tutte le parti con funzione di dare agli stessi aria e luce, sia alla destinazione a parcheggio di tutti i proprietari degli immobili frontisti.
Quanto alla domanda di regolamentazione dell’uso dell’area, la Corte di Appello, richiamate le sentenze di legittimità n. 11802 del 2020 e n.4213 del 1982 (secondo cui, rispettivamente, ‘In tema di comunione, l’art. 1105, comma 4, c.c. prevede che, ove non si formi una maggioranza ai fini dell’adozione dei provvedimenti necessari all’amministrazione della cosa comune, ciascun partecipante possa adire l’autorità giudiziaria, perché adotti gli opportuni provvedimenti in sede di volontaria giurisdizione, così precludendo al medesimo partecipante di rivolgersi al giudice in sede contenziosa’; ‘In materia di comunione, non sono proponibili azioni giudiziarie relativamente alle spese ed all’amministrazione delle cose comuni, in questa compresi gli atti di conservazione, prima che venga sollecitata e provocata una deliberazione dell’assemblea dei comproprietari, alla quale spetta ogni determinazione al riguardo’), ha osservato che, nel caso di specie, la domanda non era stata preceduta da alcuna istanza di convocazione dell’assemblea dei comproprietari. Ha poi osservato che la domanda era altresì inammissibile sia per difetto di specificità, in quanto gli attori-appellanti avevano allegato che solo
una porzione della corte era destinata a parcheggio ma non avevano fornito alcun elemento per consentire l’individuazione della porzione di riferimento, sia perché i ricorrenti non avevano prodotto i titoli edilizi delle singole proprietà immobiliari, cosicché era impossibile definire il numero degli spazi da destinare a parcheggio e valutare l’ipotetica necessità di un uso turnario della porzione destinata a parcheggio. La Corte di Appello ha poi rigettato la richiesta di CTU siccome, stanti le carenze assertive, da ritenersi esplorativa;
NOME COGNOME resiste con controricorso. Le altri parti indicate in epigrafe sono rimaste intimate;
la causa perviene al Collegio a seguito di richiesta di decisione formulata dai ricorrenti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. in riferimento alla proposta di definizione del giudizio per inammissibilità o comunque manifesta infondatezza del ricorso;
ricorrenti hanno depositato memoria;
la controricorrente ha depositato memoria e nota spese; considerato che
il primo motivo di ricorso è così rubricato: ‘violazione dell’art. 115 co. 1 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: non contestazione dei fatti allegati con la domanda e quindi delle risultanze dei titoli d’acquisto delle parti in merito alla comproprietà dell’area da parte dei ricorrenti e di altri due soggetti’. I ricorrenti deducono che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto della non contestazione da parte dei convenuti delle allegazioni fatte dai ricorrenti in primo grado per cui solo essi e NOME COGNOME e NOME COGNOME sarebbero stati comproprietari dell’area.
Il motivo è infondato.
La Corte di Appello ha ricordato che nell’originario atto di citazione COGNOME e COGNOME avevano chiesto di accertare ‘se e quali diritti reali’ avessero i proprietari della unità immobiliari prospettanti sull’area. L’allegazione era quindi diversa da quella prospettata nel
motivo in esame. I ricorrenti stessi ricordano che alcuni dei convenuti non si erano costituiti -con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. (in base al quale ‘il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita’) -, per essi non poteva valere il principio di non contestazione e che altri avevano sostenuto di essere comproprietari dell’area per usucapione;
2. con il secondo motivo si lamenta ‘violazione degli artt. 1100 e 1117 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: erroneo accertamento della natura condominiale dell’area tra tutte le parti alla luce delle contrarie risultanze dei titoli di acquisto che stabilivano la comproprietà sul bene da parte di tre persone’;
3. con il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione degli artt. 1350, 1376, 1470, 2643 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: erroneo accertamento della comproprietà sull’area in capo alle controparti in difetto di titolo traslativo’;
4. con il quarto motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 1117 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: erroneo accertamento del carattere condominiale dell’area’. Si deduce che gli odierni intimati avrebbero avuto un accesso alla via pubblica senza passare dall’area in questione e che avrebbero avuto altre aree di pertinenza destinate a parcheggio.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto, al di là delle rispettive rubriche, veicolano la medesima tesi ossia che la Corte di Appello avrebbe errato nell’affermare che l’area era comune a tutte le parti in causa malgrado che i titoli di acquisto versati in atti prevedessero ‘il trasferimento della comproprietà dell’area di cui è causa a favore soltanto di tre persone: i ricorrenti e i sig.ri COGNOME e COGNOME.
I motivi sono inammissibili. La tesi per cui i titoli prevedono che solo i ricorrenti e gli altri soggetti menzionati sono proprietari dell’area si riduce ad una affermazione apodittica, contraria all’accertamento della Corte di Appello. Non sono formulate censure di violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti (art. 1362 ss c.c.).
Il giudice di merito ha escluso che dai titoli di proprietà potessero desumersi elementi in senso contrario rispetto alla presunzione di condominialità della corte, fondata sulle caratteristiche strutturali dell’area -area posta di fronte ai fabbricati delle parti, con funzione di dare agli stessi aria e lucee sulla destinazione dell’area -area destinata a parcheggio di tutti i proprietari degli immobili frontistiposto che il riferimento contenuto in ciascuno dei titoli a ‘diritti sulla corte comune la cui destinazione è in parte anche per la sosta di autoveicoli’, non valeva ad attribuire la proprietà dell’area esclusivamente a COGNOME, a COGNOME, a COGNOME ed a COGNOME, con esclusione delle altre parti.
I ricorrenti, inoltre, nel sostenere che nel caso di specie non sussisterebbero le condizioni di cui all’art. 1117 c.c. e che dal titolo di proprietà emergerebbe piuttosto la prova della loro proprietà esclusiva sull’area in contestazione, intendono censurare la sentenza per motivi di merito relativi all’accertamento del fatto e alla valutazione delle prove acquisite da parte della Corte di Appello. Il che non è consentito dalla natura del giudizio di legittimità (cfr. Cass., Sez. U., Sentenza n. 898 del 14/12/1999, Rv. 532151). Con il quarto motivo, i ricorrenti, per di più, introducono inammissibilmente circostanze di fatto nuove;
5. con il quinto motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 100, 324, e 361 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.: erroneo rigetto della domanda di accertamento della comproprietà della corte’. I ricorrenti sostengono che la Corte di Appello dopo avere dichiarato, con sentenza non definitiva, ammissibile la domanda di
accertamento dei diritti di comproprietà sull’area, non avrebbe potuto, con la sentenza definitiva, dichiarare la stessa domanda infondata.
Il motivo è infondato perché sovrappone il piano della ammissibilità con il piano della fondatezza: la Corte di Appello ha, con la sentenza non definitiva, riformato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto insussistente l’interesse ad agire degli attori; con tale sentenza non definitiva la Corte di Appello ha invece affermato che l’interesse sussisteva; l’affermazione dell’interesse ad agire (art.100 c.p.c.) non contraddice né tanto meno preclude l’affermazione della infondatezza della domanda nel merito posto che l’interesse ad agire, quale condizione dell’azione, si valuta alla stregua della sola prospettazione della parte attrice;
6. con il sesto motivo di ricorso si lamenta la ‘violazione dell’art. 1105, co. 4, c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.: erronea declaratoria di inammissibilità della domanda di regolamentazione dell’uso della corte’. I ricorrenti sostengono che ‘la situazione di incertezza circa i titolari di diritti di comproprietà sull’area ha integrato la impossibilità di procedere alla preventiva convocazione di una assemblea dei comunisti e reso necessario ricorrere alla autorità giudiziaria in base all’art. 1105, comma 4 c.c.’
Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con le affermazioni della sentenza impugnata, la quale ha dichiarato inammissibile la domanda di regolamentazione dell’uso della corte non solo per carenza di una condizione di procedibilità (mancata preventiva convocazione dell’assemblea dei comunisti) ma anche perché la domanda difettava di specificità non essendo stata individuata la minor porzione dell’area destinata alla sosta e, inoltre, perché la domanda non era corredata dai titoli edilizi delle singole proprietà immobiliari, cosicché era impossibile apprezzare il numero degli spazi da destinare a parcheggio e valutare l’ipotetica necessità di un uso turnario. Il motivo veicola una censura diretta
solo contro una delle affermazioni della Corte di Appello e nessuna censura contro le affermazioni ulteriori, le quali esprimono autonome rationes decidendi. Il motivo si scontra con il principio per cui ‘Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’ (Cass. 2108 del 2012);
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
8. al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese determinate, in applicazione dei parametri generali di cui all’art. 4 d.m. 55/2014, tenuto conto del valore indeterminato e della complessità della controversia (art. 5 d.m. 55/2014), nella misura di cui in dispositivo con riduzione dell’importo eccessivo richiesto dalla parte controricorrente con propria nota;
9. poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di inammissibilità o comunque infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma. I ricorrenti vanno condannati al pagamento di una somma, equitativamente determinata in € 3500,00, in favore della controparte e di una ulteriore somma, pari ad € 3000,00, in favore della cassa delle ammende;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € 3500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna i ricorrenti al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 3500,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, l’8 maggio 2025.