Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25082 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26045/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentato e difeso NOME COGNOME giusta procura in atti;
-ricorrente –
contro
NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso a Cancelleria della Suprema Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura in atti;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 3954/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/06/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Il Tribunale, in accoglimento della domanda proposta da NOME COGNOME, proprietaria di un appartamento facente parte di
un edificio condominiale, reintegrò costei nel possesso del lastrico solare di copertura del vano scala, condannando NOME COGNOME a ripristinare lo ‘status quo ante’, demolendo l’abbaino e la ringhiera dal medesimo messi in opera, attraverso i quali aveva anche potuto esercitare una veduta ‘contra legem’ sul terrazzo di esclusiva proprietà dell’attrice.
La Corte d’appello di Roma rigettò l’impugnazione del COGNOME, che aveva lamentato l’erronea applicazione dell’art. 905 cod. civ., sia a riguardo della demolizione dell’abbaino, che della ringhiera e dichiarò assorbito quello incidentale subordinato.
La sentenza di secondo grado, affermato che la copertura di cui si discute era composseduta da entrambe le parti, precisa che con il ricorso possessorio la COGNOME <>. Di conseguenza, nonostante la mancata specificazione nel dispositivo della sentenza di primo grado, lo spoglio perpetrato (e, quindi, la reintegrazione) riguardava non solo l’esercizio di veduta illecita (dalla ringhiera), ma anche il mutamento del compossesso in possesso esclusivo sull’area interessata dall’abbaino.
NOME COGNOME avanzava ricorso sulla base di due motivi, l’intimata resisteva con controricorso, ulteriormente illustrato da controricorso.
Il Consigliere delegato della Sezione ha proposto definirsi il ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Il ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, hanno chiesto decidersi il ricorso.
Il processo è stato fissato per l’adunanza camerale del 12 settembre 2024.
Occorre premettere che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte -ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (S.U., n. 9611, 10/04/2024, Rv. 670667 -01).
Ciò posto il consigliere proponente NOME COGNOME legittimamente compone il Collegio.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ.
Questo l’assunto.
La RAGIONE_SOCIALE con il ricorso possessorio aveva avanzato due domande: una principale di reintegrazione nel possesso del lastrico solare di cui si discute e una subordinata di manutenzione del possesso del di lei terrazzo, in relazione a una servitù di affaccio e veduta posta in essere dal COGNOME.
Il Tribunale, prosegue il ricorrente, con l’ordinanza interdittale del 9.1.2004, aveva escluso sussistere un possesso del lastrico solare da parte della COGNOME, accogliendo, di conseguenza, solo la
subordinata domanda di manutenzione, riferita alla servitù di affaccio e veduta.
A sua volte, prosegue ancora il ricorrente, il Tribunale, con la sentenza che aveva definito il giudizio possessorio, aveva escluso lo spoglio del lastrico, modificando il provvedimento interdittale e motivando il diverso opinamento.
Da ciò conseguiva che la Corte d’appello <>.
8.1. Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello di Roma si è limitata a disattendere le censure mosse dal COGNOME in sintesi sopra richiamate, senza, pertanto, oltrepassare il tema che le era stato sottoposto.
Con l’ordinanza interdittale pubblicata il 9/1/2004 (atto messo a disposizione dal ricorrente) il Giudice ordinò al COGNOME <>.
L’ordinanza collegiale del 16/9/2004 (atto messo a disposizione dal ricorrente), in parziale accoglimento del reclamo del COGNOME, ordinò a costui di rimuovere la sola ringhiera in ferro collocata sul lastrico solare.
Il Tribunale, con la sentenza del 15/4/2014 (atto messo a disposizione dal ricorrente) accolse in toto la domanda della COGNOME ed espressamente confermò l’ordinanza interdittale del 9/1/2004.
Senza che rilevi indugiare sul contenuto della sentenza di primo grado, le cui eventuali aporie ed errori avrebbero dovuto essere sottoposte alla Corte d’appello, quel che assume esclusivo rilievo è
la constatazione che il dispositivo della sentenza di primo grado accolse totalmente la domanda possessoria e confermò integralmente il provvedimento interdittale, travolgendo, quindi, la modifica apportata in sede di reclamo e che, a sua volta, la Corte d’appello, rigettata l’impugnazione del COGNOME, ha confermato la sentenza del Tribunale.
L’ipotizzato giudicato interno prospettato dal ricorrente risulta, pertanto, privo di apprezzabilità.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 905 cod. civ.
Assume il COGNOME che, essendo il terrazzo della controparte coperto per circa la metà della sua superficie da una tettoia, non sarebbe stato possibile esercitare veduta sullo stesso, nel mentre, avuto riguardo alla parte scoperta la distanza sarebbe stata superiore a quella minima imposta dall’art. 905 cod. civ. Sul punto, prosegue il ricorrente, la sentenza d’appello aveva reso motivazione apodittica, affermando che sulla porzione rimasta scoperta l’esponente avrebbe esercitato veduta a distanza illegale.
9.1. Il motivo non supera lo scrutinio d’ammissibilità.
Volendo prescindere, per ragioni di economia espositiva, da ogni altra considerazione, basti rilevare che, in presenza di ‘doppia conforme’, sulla base dell’art. 348 ter, co. 5, cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, n. 5528, 10/03/2014, Rv. 630359; conf., ex multis, Cass. nn. 19001/2016, 26714/2016), evenienza che nel caso in esame non ricorre affatto.
Di poi, la denuncia di violazione di legge sostanziale non determina nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (ex multis, S.U. n. 25573, 12/11/2020). E ancora, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, n. 3340, 05/02/2019).
Rigettato il ricorso nel suo complesso, il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo, in favore della controricorrente e distratte in favore dell’AVV_NOTAIO, dichiaratosi anticipatario.
Al rigetto del ricorso, conforme alla proposta di definizione anticipata, consegue, ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., vigente art. 96, co. 3 e 4, cod. proc. civ., la condanna del ricorrente al pagamento in favore della controparte e della cassa delle ammende, delle somme, stimate congrue, di cui in dispositivo (cfr. S.U. n. 27195/2023).
12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione
temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge, somma distratta in favore in favore dell’AVV_NOTAIO; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, co. 3, cod. proc. civ.; nonché della somma di € 3.000,00, ai sensi dell’art. 96, co. 4, cod. proc. civ., in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall’art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 12 settembre 2024.