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Compossesso lastrico: no alla veduta illegale

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito che ordinava la demolizione di un abbaino e di una ringhiera realizzati su un lastrico solare condominiale. Tali opere non solo creavano una veduta illegale sulla proprietà vicina, ma configuravano anche uno spoglio, alterando il compossesso del bene comune in possesso esclusivo. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, applicando il principio della “doppia conforme” e condannando il ricorrente per lite temeraria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compossesso del Lastrico Solare: Demolizione Legittima per Veduta Illegale e Spoglio

La gestione delle parti comuni in un condominio è spesso fonte di complesse questioni legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul tema del compossesso del lastrico solare, confermando che la realizzazione di opere che creano vedute illegali e si appropriano di una porzione comune costituisce un illecito da rimuovere. Analizziamo questa decisione per comprendere i principi applicati.

I fatti del caso: un abbaino sul lastrico comune

La vicenda ha origine dalla controversia tra due condomini. La proprietaria di un appartamento citava in giudizio il suo vicino, accusandolo di aver realizzato un abbaino e una ringhiera sul lastrico solare di copertura del vano scala, un’area condominiale. Secondo l’attrice, tali opere non solo ledevano il suo diritto di compossesso su quell’area, trasformandola di fatto in un balcone a uso esclusivo del vicino, ma creavano anche una veduta illegale, a distanza non regolamentare, sul suo terrazzo di proprietà esclusiva.

Il percorso giudiziario nei gradi di merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla proprietaria. I giudici di merito hanno accertato che il lastrico solare era un bene in compossesso tra le parti e che le opere realizzate dal convenuto configuravano un duplice illecito:
1. Spoglio del possesso: La costruzione dell’abbaino aveva sottratto una porzione del bene comune all’uso degli altri condomini, mutandone la destinazione a vantaggio esclusivo di uno solo.
2. Molestia possessoria: La ringhiera creava una servitù di veduta “contra legem” sul terrazzo privato sottostante, violando le norme sulle distanze.
Di conseguenza, è stata ordinata la demolizione delle opere e il ripristino dello stato dei luoghi, reintegrando la condomina nel pieno compossesso del lastrico.

Il ricorso in Cassazione e l’analisi del compossesso

Il condomino soccombente ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

Il primo motivo: l’infondatezza del presunto giudicato interno

Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato, in quanto, a suo dire, la domanda di spoglio era stata respinta in primo grado e non appellata, formando così un “giudicato interno”. Pertanto, il giudizio d’appello avrebbe dovuto limitarsi alla sola questione della veduta illegale. La Cassazione ha ritenuto questo motivo manifestamente infondato, chiarendo che la sentenza di primo grado aveva, in realtà, accolto pienamente la domanda possessoria, ordinando la rimozione di entrambe le strutture (abbaino e ringhiera) e confermando il provvedimento interdittale iniziale. Non vi era quindi alcun giudicato interno su cui fare leva.

Il secondo motivo: l’inammissibilità per “doppia conforme”

Con il secondo motivo, il ricorrente denunciava un omesso esame di un fatto decisivo e la violazione delle norme sulle distanze. Sosteneva che una tettoia sul terrazzo della vicina impediva parzialmente la veduta e che la distanza dalla parte scoperta fosse legale. Anche questo motivo è stato respinto, ma per una ragione procedurale: l’inammissibilità. La Corte ha applicato il principio della “doppia conforme” (art. 348 ter c.p.c.), secondo cui se il Tribunale e la Corte d’Appello giungono a conclusioni identiche basandosi sulla stessa ricostruzione dei fatti, non è possibile contestare tale ricostruzione in Cassazione. Il ricorrente non è riuscito a dimostrare che le ragioni di fatto delle due sentenze fossero diverse.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito che l’azione possessoria della condomina non era limitata alla sola lesione derivante dalla veduta illegale, ma includeva correttamente anche lo spoglio di un bene comune. La costruzione dell’abbaino non era una semplice molestia, ma un’azione che aveva alterato la natura del bene, trasformando il compossesso in possesso esclusivo di quella porzione. La Corte ha sottolineato che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare i fatti già accertati dai giudici precedenti, specialmente in presenza di una “doppia conforme”. La denuncia di violazione di legge, inoltre, non può mascherare un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento fattuale, che è di competenza esclusiva del giudice di merito.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente non solo al pagamento delle spese legali, ma anche a un risarcimento ulteriore per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., a favore sia della controparte che della cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del diritto condominiale: il compossesso delle parti comuni non può essere alterato da iniziative unilaterali che ne mutino la destinazione o ne impediscano l’uso paritetico agli altri condomini. Inoltre, conferma la severità delle conseguenze per chi intraprende ricorsi in Cassazione basati su motivi palesemente infondati o inammissibili.

Quando la modifica di un’area comune, come un lastrico solare, si considera uno spoglio?
Secondo la decisione, si configura uno spoglio quando l’intervento di un condomino, come la costruzione di un abbaino, muta il compossesso del bene comune in un possesso esclusivo a proprio vantaggio, anche se riguarda solo una porzione dell’area.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti se Tribunale e Corte d’Appello hanno deciso allo stesso modo?
No. L’ordinanza chiarisce che, in base al principio della “doppia conforme”, se i giudici di primo e secondo grado hanno basato le loro decisioni sulla medesima ricostruzione dei fatti, il ricorso in Cassazione per vizi legati all’accertamento fattuale è inammissibile.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso in Cassazione ritenuto infondato?
Oltre al rigetto del ricorso e alla condanna al pagamento delle spese legali, il ricorrente può essere condannato, come in questo caso, al pagamento di un’ulteriore somma per lite temeraria (art. 96 c.p.c.) a favore della controparte e della cassa delle ammende, oltre al versamento di un importo pari al contributo unificato già pagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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