Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3026  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15233-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO, presso cui domicilia in ROMA alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
NOME,  quale  difensore  di  sé  stesso,  elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO;
-ricorrente incidentale –
avverso l’ordinanza n. 241/2024 del TRIBUNALE  di  ROMA, depositata il 10/01/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO proponeva ricorso ex art. 702 -bis  c.p.c. nei  confronti  dell’RAGIONE_SOCIALE  (di seguito ‘ RAGIONE_SOCIALE) per il pagamento dei compensi professionali da quantificarsi sulla base dei parametri previsti dal D.M. n. 55/2014 -per attività giudiziale svolta nell’interesse della convenuta.
Si  costituiva  in  giudizio  l’RAGIONE_SOCIALE,  con  il  patrocinio  dell’Avvocatura Generale  dello  Stato,  chiedendo  il  rigetto  della  domanda  o  in subordine  la  rideterminazione  degli  importi,  tenendo  conto  delle somme già pagate.
All’udienza del 27 giugno 2022, il ricorrente disconosceva alcuni dei  documenti  prodotti  dalla  parte  resistente  e  veniva  perciò disposto l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio.
Con  ordinanza  in  data  6  ottobre  2023,  il  provvedimento  di ammissione della CTU veniva parzialmente revocato, disponendo il giudice la produzione dei documenti in originale ai sensi dell’art. 216 c.p.c.
Il Tribunale di Roma in composizione collegiale, con ordinanza del 10 gennaio 2024, nel disattendere l’eccezione di prescrizione dei crediti formulata dalla parte resistente e nell’accertare il diritto del ricorrente a vedersi corrispondere il  compenso  dovuto  dalla convenuta, condannava quest’ultima al pagamento di € 13.436,41 con gli interessi ex art. 1284, co. 4, c.c. dalla data del deposito del ricorso ed alla refusione delle spese di lite.
In  particolare,  il  giudice  di  merito,  nell’accertare  l’assenza  delle caratteristiche di specificità richieste dal dettato normativo per la piena efficacia  del  disconoscimento  delle  copie  fotostatiche  delle scritture prodotte in giudizio, ha disposto la revoca del provvedimento  di  ammissione  dell’accertamento  tecnico  nonché l’inutilizzabilità dei relativi documenti.
Nel merito ha provveduto quindi a quantificare i compensi dovuti per ognuno dei singoli procedimenti per i quali era stata richiesta la liquidazione.
Avverso tale ordinanza è stato proposto ricorso per cassazione dall’RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi.
AVV_NOTAIO resiste con controricorso contenente ricorso incidentale sulla base di sette motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso al ricorso incidentale.
Il  primo  motivo  di  ricorso  principale  denuncia  la  violazione  e falsa applicazione degli artt. 276, co. 1, c.p.c.,14, co. 2, D. Lgs. n. 150/2011 e 158 c.p.c., in relazione all’art. 360, co 1, n. 4, c.p.c. per aver il Tribunale in composizione collegiale deciso la controversia senza prima svolgere alcuna altra attività processuale  innanzi  allo  stesso  Collegio,  essendo  consentita  al singolo giudice esclusivamente l’assunzione dei mezzi istruttori.
Il secondo motivo di ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 216 e 217 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver il Tribunale erroneamente revocato la C.T.U. e ritenuto inutilizzabili i documenti disconosciuti in ragione della mera non tempestiva produzione degli originali. A parere della ricorrente la produzione dei documenti originali non rappresenterebbe una condizione di ammissibilità della verificazione della scrittura, potendo la parte dimostrare
l’esistenza,  il  contenuto  e  la  sottoscrizione  del  documento  con  i mezzi ordinari di prova.
3.1. Il primo motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 2712 e 2719 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale adito erroneamente detratto dagli importi dovuti in ragione dell’attività professionale svolta delle somme a titolo di acconto oggetto invece di disconoscimento da parte del professionista. In particolare, conseguenza del suddetto disconoscimento dei documenti prodotti -e segnatamente l’ordine di bonifico in assenza di opposizione o istanza di verificazione sarebbe l’inutilizzabilità di tale documentazione.
Il secondo motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 2697 e 1193 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il giudice di merito erroneamente accolto l’eccezione di pagamento sollevata da RAGIONE_SOCIALE ed imputato i pagamenti asseritamente effettuati al credito professionale di cui si chiede liquidazione sulla base del fatto che il creditore non avrebbe dimostrato la possibilità di imputare tali pagamenti a diversi rapporti obbligatori intercorsi tra le stesse parti. In particolare, il ricorrente incidentale, nel rievocare la giurisprudenza di legittimità, afferma che è onere del debitore dimostrare che i pregressi pagamenti sono da imputarsi per quella specifica controversia e non per altre.
Il terzo motivo  di  ricorso incidentale denuncia  la  violazione dell’art. 1195 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale adito omesso di considerare il mancato deposito dell’originale  del  bonifico,  ritenendo  erroneamente  esaustivo  di ogni  dare  ed  avere  per  l’attività  professionale  il  pagamento nonostante  la  sua  contestazione.  In  particolare,  a  parere  del
ricorrente incidentale, il giudice di merito avrebbe deciso contrariamente al consolidato orientamento della Suprema Corte secondo il quale è onere del debitore dimostrare che i pregressi pagamenti sono da imputarsi a quella specifica controversia e non alle altre.
Il quarto motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 1195, 1188, 1193 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale erroneamente accertato l’asserito avvenuto pagamento, l’imputazione del pagamento all’attività svolta e la congruità del pagamento stesso, senza individuare il valore della controversia e lo scaglione applicabile alla liquidazione, omettendo altresì di determinare la sorte capitale delle somme dovute ed i relativi accessori di legge.
Il quinto motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co 1, n. 3, c.p.c. per avere il giudice di merito omesso di considerare che una mera schermata o un mero ordine di bonifico o il mandato di pagamento o un estratto conto in copia priva di firma non acquista di per sé valenza probatoria del danno soprattutto se non accompagnata da una quietanza o da un’accettazione di pagamento e proviene dalla parte che intende utilizzarla.
Il  sesto motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 1193 e 1195 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale omesso di considerare, nell’imputazione degli asseriti pagamenti agli onorari professionali, il principio per cui se il  debitore  non  effettua  l’imputazione,  il  corrispondente  diritto  si trasferisce  al  creditore,  il  quale  può  indicare  nella  quietanza  il debito estinto mediante il pagamento ricevuto.
Il settimo motivo di ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 1195, 1193, 1188 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale erroneamente imputato il pagamento asseritamente effettuato da controparte agli onorari professionali oggetto di liquidazione nel presente giudizio. A parere del ricorrente incidentale, gli atti forniti da controparte non dispiegherebbero alcuna valenza probatoria, non documentando l’effettiva avvenuta liquidazione di dette somme a favore del professionista.
di
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione inammissibilità del ricorso principale per la sua asserita tardività.
In tal  senso  si palesa  erroneo  il  riferimento  che  compie  il ricorrente incidentale alla data del 29/12/2023 quale dies a quo di decorrenza  del  termine  lungo  semestrale,  occorrendo  invece avere  riguardo alla data del  10  gennaio  2024,  nella  quale l’ordinanza  impugnata  risulta  essere  stata  pubblicata,  e  rispetto alla quale, il ricorso, notificato in data 8/7/2024, appare tempestivo.
Del pari è priva di fondamento la tesi secondo cui nella fattispecie non sarebbe invocabile il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., trovando  applicazione  unicamente  il  termine  breve  decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza.
Questa  Corte  ha  affermato  che  in  tema  di  liquidazione  del compenso ai periti,  il  ricorso  per  cassazione  avverso  l’ordinanza che abbia deciso sull’opposizione “ex” art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, può essere proposto entro il termine lungo “ex” art. 327 c.p.c., non trovando applicazione la previsione, relativa al procedimento sommario di cognizione, secondo la quale l’appello avverso l’ordinanza “ex” art. 702 ter c.p.c. deve essere proposto
nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione, ma la disciplina del ricorso straordinario “ex” art. 111 Cost., venendo in rilievo un provvedimento non altrimenti impugnabile che incide con carattere di definitività su diritti soggettivi (Cass. n. 4735/2020; Cass. n. 5990/2020, che ha altresì specificato che il termine breve di proposizione decorre, a norma dell’art. 739 c.p.c., dalla notificazione dell’ordinanza, così che, in assenza di tale notificazione deve reputarsi applicabile il termine lungo d’impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c.).
Tali principi sono stati poi estesi anche al procedimento sommario speciale di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011, avuto riguardo alla regola della non appellabilità delle relative ordinanze decisorie, ed al fatto che la previsione di cui all’art. 702 ter c.p.c., oltre che riferita espressamente al processo sommario ordinario, attiene  al  rimedio  impugnatorio  dell’appello  e  non  anche  del ricorso per cassazione, per il quale non si rinviene alcuna specifica norma derogatoria.
E’ stato perciò affermato che in tema di impugnazione dell’ordinanza  di  liquidazione  dei  compensi  professionali  degli avvocati, il  ricorso  straordinario  per  cassazione  deve  essere proposto nel termine breve decorrente dalla notificazione dell’ordinanza  medesima  e,  in  mancanza,  in  quello  lungo  di  cui all’art. 327 c.p.c. (Cass. n. 18004/2021).
In assenza, quindi, di notificazione dell’ordinanza gravata, risulta applicabile il termine  lungo  di  cui all’art. 327  c.p.c. il  che conferma la tempestività del ricorso.
Vanno poi disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate sotto vari  profili  dal  ricorrente  incidentale,  atteso  che  ad  avviso  del Collegio,  il  ricorso  principale  risulta  ampiamente  satisfattivo  dei
requisiti di forma – sostanza imposti dalle norme di rito (art. 366 c.p.c.).
Infine  appare  prova  di  fondamento  la  deduzione  del  ricorrente incidentale  secondo  cui  il  ricorso  non  sarebbe  stato  notificato  al difensore  del  COGNOME  dinanzi  al  Tribunale,  AVV_NOTAIO, atteso che dagli atti prodotti in via telematica da RAGIONE_SOCIALE si rileva che  il  ricorso  è  stata  notificato  oltre  che  all’AVV_NOTAIO  in proprio, anche  all’AVV_NOTAIO  in data  9  luglio  2024, all’indirizzo pec (vedi RAC in atti).
L’ordine  logico  delle  questioni  impone  la  preventiva  disamina del primo motivo di ricorso principale, la cui ritenuta fondatezza riveste carattere assorbente di tutte e altre censure che attengono direttamente al merito della decisione.
Il motivo è fondato.
L’esame delle copie dei verbali delle udienze tenutesi dinanzi al Tribunale, il cui accesso è dovuto da parte della Corte, in ragione della denuncia di un error in procedendo , denota che le stesse, anche quelle non strettamente correlate all’espletamento di attività istruttoria (suscettibile di delega da parte del Collegio), si sono svolte dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, come si ha conferma, per tutti, dalla lettura del verbale del 13 dicembre 2023, la cui udienza si è svolta dinanzi alla AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che all’esito della sua celebrazione si è riservata di riferire al Collegio, senza che però le conclusioni siano state rese direttamente dinanzi a questo.
Tale modus  procedendi si palesa  evidentemente  erroneo,  e determina la nullità della decisione impugnata.
Rileva a tal fine il principio affermato da questa Corte secondo cui le controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati sono soggette al rito di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 e sono trattate e decise dal tribunale in composizione collegiale, salva la delega al singolo giudice per l’espletamento degli incombenti istruttori, sicché, ove la decisione sia deliberata in camera di consiglio da un collegio composto da giudici che non hanno assistito alla discussione della causa, si configura la violazione dell’art. 276 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza (Cass. n. 13856/2022, ed in senso conforme Cass. n. 24754/2019; Cass. n. 1276/2024; Cass. n. 25882/2023 che ricorda che, sulla scia di Cass., S.U., n. 12609/2012, è stato chiarito in motivazione che «[…] l’art. 3 del d.lgs. n. 150/2011, al comma 2, prevede, oltre alla designazione del giudice relatore, la sola delega da parte del presidente a uno dei componenti del collegio dell’assunzione dei mezzi istruttori, con la conseguenza che le restanti attività devono svolgersi davanti all’intero collegio, in particolare la discussione della causa e la precisazione delle conclusioni, essendo tale conclusione confortata dalla relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2011, secondo cui i processi in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati “devono essere trattati in composizione collegiale”).
La ricorrenza, perciò, della detta causa di nullità del procedimento implica  che  anche  la  decisione  assunta  sia  invalida,  e  debba quindi essere cassata.
Per  effetto  dell’accoglimento  del  primo  motivo  di  ricorso principale  restano  evidentemente  assorbiti  il  secondo  motivo  di ricorso principale e tutti i motivi del ricorso incidentale
Il  giudice  di  rinvio  che  si  designa  nel  Tribunale  di  Roma  in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e, assorbiti il  secondo  motivo  di  ricorso  principale  ed  i  motivi  di  ricorso incidentale,  cassa  l’ordinanza  impugnata,  con  rinvio  al  Tribunale di  Roma,  in  diversa  composizione,  che  provvederà  anche  sulle