Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3147 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3147 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3736/2024 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PALERMO INDIRIZZO
COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende.
–
RICORRENTE – contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Treviso INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende.
-CONTRORICORRENTERICORRENTE INCIDENTALEdel TRIBUNALE di PALERMO n. 7215/2023, avverso l’ordinanza depositata il 25/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avv. NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Palermo, esponendo di aver difeso la RAGIONE_SOCIALE in una causa di revocatoria ordinaria e che i rapporti professionali con la convenuta erano regolati da un Accordo quadro imposto al ricorrente senza possibilità di alcuna contrattazione, accordo che contemplava
criteri di quantificazione delle spettanze professionali peggiorativi rispetto ad una precedente lettera d’incarico del 17.12.2018 , prevedendo per la fase istruttoria e/o di trattazione per le cause di valore tra € 520.000,01 e € 1.000.000,00 un compenso di appena euro 3.034,00, inferiore a quello risultante dalla massima riduzione consentita dal DM 55/2014. Ha lamentato la nullità della convenzione e ha richiesto il pagamento del saldo, pa ri ad €. 20.868,47, oltre accessori, corrispondente a quanto liquidato a titolo di spese dal giudice della causa in cui era stato prestato il patrocinio. In contraddittorio con la convenuta, il Tribunale, respinte le eccezioni di carenza di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, ha riconosciuto al difensore €. 6.893,72 al netto degli acconti, negando che la convenzione quadro fosse nulla nella cui parte prevedeva la liquidazione dei minimi tabellari, con un incremento del 2% della cause di valore superior e ad € 1000000,00, e una riduzione massima del 70% per l’istruttoria .
Per la cassazione dell’ordinanza l’avv. COGNOME ha pro posto ricorso in 13 motivi. La COGNOME resiste con controricorso e con ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, cui ha il ricorrente principale ha replicato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 3, comma 2, 4 e 14 del d.lgs. 150/ 2011 nonché dell’art. 276 c.p.c., comma 1, lamentando che l’intero procedimento si sia svolto dinanzi al giudice monocratico , inclusa l’ udienza in cui le parti avevano precisato le conclusioni, riservando al Collegio la sola decisione della causa.
Il secondo moti vo denuncia violazione dell’art. 13 bis, commi 4 e 10, della L. 247/2012, nonché dell’art. 1419 del codice civile, per aver la pronuncia ritenuto valida la clausola che differiva il pagamento del compenso non al termine di ogni fase, ma al momento di esaurimento dell’incarico, con un significativo squilibrio nella regolazione del rapporto ai danni del professionista.
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 13, n. 6, della L. 247/2012, 1, 4 e 6 del D.M. n. 55 del 2014 e delle relative tabelle per la liquidazione, per aver il Collegio ritenuto che le spese processuali liquidate nella causa in cui il ricorrente aveva espletato la difesa fossero state quantificate in applicazione dei minimi tabellari, omettendo di rilevare che il compenso minimo era stato maggiorato del 30% in base al valore della causa ( € 520.000,00 ), per un importo finale di €. 16.481,00 .
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 13 bis della L. 247/2012, sostenendo che la statuizione sulle spese processuali adottata nella causa in cui il ricorrente aveva svolto la difesa dimostrava che l’acco rdo quadro violava il diritto ad un equo compenso, prevedendo un incremento pari solo al 2% sullo scaglione per le cause di valore superior e ad € 520.000,00 .
Il quinto motivo denuncia la violazione dell’art. 13 bis, commi quarto e quinto, della L. 247/2012.
Secondo il ricorrente la clausola sub 4) dell’acco rdo quadro del 21.5.2019 , nel prevedere l’applicazion e dei minimi tabellare, era vessatoria poiché livellava illegittimamente i compensi indipendentemente dalla qualità e quantità del lavoro svolto e dal contenuto e dalle caratteristiche delle singole prestazioni, nonché alla luce dei vincoli e delle molteplici prestazioni accessorie richieste al difensore per le diverse tipologie di pratiche.
Il sesto motivo deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. . Espone il ricorrente che, contrariamente a quanto si legge nell’ordinanza impugnata, l’accordo quadro non regolava i compensi per le sole cause seriali e ripetitive, ma era applicabile a qualunque controversia, indipendentemente dalla complessità e dalle specifiche caratteristiche del contenzioso, non giustificandosi, anche sotto tale profilo, l ‘applicazione dei minimi tabellari.
Il settimo motivo denuncia la violazione del l’art. 13 bis, commi 4 e 5, lettera g), e 10, bis della L. 247/2012, nonché degli artt. 1341 e
1355 c.c., per aver il Tribunale ritenuto valida la clausola che prevedeva l’applicazione dei minimi tabellari anche qualora la causa avesse avuto esito positivo e fossero state liquidate somme superiori a titolo di spese processuali, determinando una sostanziale rinuncia del difensore ad un corrispettivo adeguato all’impegno e ai risultati ottenuti.
L’ottavo motivo deduce la violazione dell’art. 1418 c.c. , denunciando nuovamente la nullità dell’art. 4 dell’Accordo Quadro del 21.05.2019 , nella parte in cui prevedeva il rimborso delle spese forfettarie in misura fissa del 7%.
Il nono motivo denuncia la violazione degli artt. 13 bis, commi 5 -lettera e), e 10 della L. 247/2012, sostenendo che la clausola che imponeva all’avvocato la rinuncia al rimborso delle ulteriori spese, eccedenti quelle forfettizzate in misura del 7%, direttamente connesse alla prestazione dell’attività professionale oggetto della convenzione, era nulla poiché lesiva del diritto ad un equo compenso. Il decimo motivo deduce la v iolazione dell’art. 13 bis, commi 4 e 10 , della L. 247/2012, per aver la pronuncia escluso la nullità della clausola dell’accordo quadro ove disponeva che, in aggiunta al rimborso forfettario delle spese generali, il difensore non avesse titolo a nessun ulteriore compenso per altre spese, vacazioni, trasferte o similari, introducendo un grave squilibrio contrattuale anche in considerazione delle molteplici attività accessorie imposte dalla convenzione.
L’un dicesimo moti vo deduce la violazione dell’art. dell’art. 13 bis, commi 5 -lettera f), e 10 della L. 247/2012, censurando la ritenuta validità dell’art. 7 dell’accoro quadro , ove prevedeva che il difensore, dopo l’esaurimento dei singoli incarichi, doveva prima inoltrare una richiesta di liquidazione e solo dopo aver ottenuto il benestare della controparte, poteva emettere fattura, ricevendo il pagamento decorsi ulteriori sessanta giorni. La suddetta previsione introduceva, a parere del ricorrente, una penalizzante dilatazione dei termini di
adempimento, differendo illegittimamente -a vantaggio della controparte -la maturazione del ritardo e degli interessi moratori. Il dodicesimo motivo deduce la violazione dell’art. 13 bis, commi 4 e 10 della L. 247/2012, sostenendo che l’art. 7 della convenzione fissava fissato un termine di adempimento decorrente solo dal ricevimento dell a fattura, in contrasto con l’art. 4 del d .lgs. 231/2002, secondo cui è sufficiente, ai fini della maturazione degli interessi moratori, qualsiasi richiesta di adempimento.
Il tredicesimo motivo deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per aver il tribunale compensato le spese di lite nonostante l’ accoglimento dell’unica domanda proposta e l’integrale rigetto delle eccezioni della Amco.
L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia la violazione degli art. 100 c.p.c., 1388 e 1704 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui l’ ordinanza impugnata ha ritenuto la legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE. Sostiene la società che l’accordo quadro era stato stipulato sia nel suo interesse, sia nell’interesse di terze società per le quali l’ RAGIONE_SOCIALE svolgeva attività di servicing e che nel caso in esame, essa aveva operato quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, titolare degli interessi sostanziali dedotti in causa, come provato dalla procura speciale prodotta in causa.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato. Restano assorbite le altre censure.
La causa è stata assegnata al giudice monocratico anche per valutare l’eventuale applicabilit à dell’art. 14 d.lgs. 150/20011 e per disporre, se del caso, il passaggio al rito sommario speciale. Con provvedimento del 28.4.2021 il giudice monocratico ha fissato la comparizione delle parti in esplicita applicazione del rito per le controversie in materia di compensi giudiziali civili; il successivo prosieguo si è svolto sempre dinanzi al suddetto giudice che, in data 30.6.2022, ha riservato la causa alla decisione collegiale.
Ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 150/2011, nella formulazione applicabile ratione temporis, le controversie in tema di liquidazione degli onorari per prestazioni giudiziali civili sono soggette al rito sommario disciplinato dall’art. 3 del medesimo decreto. Quest’ultima norma prevede che l’art. 3 del medesimo d.lgs., al comma 2, prevede, oltre alla designazione del giudice relatore, la sola delega da parte del presidente a uno dei componenti del collegio dell’assunzione dei mezzi istruttori, con la conseguenza che le restanti attività devono svolgersi davanti all’intero collegio, in particolare la discussione della causa e la precisazione delle conclusioni (cfr. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite n. 12609/2012, che sottolinea come, anche alla luce della relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2011, i processi in materia di liquidazione degli onorari degli avvocati “devono essere trattati in composizione collegiale”).
Qualora il giudizio sia stato trattato dal giudice monocratico, la pronuncia, deliberata in camera di consiglio da un collegio composto da giudici che non hanno assistito alla discussione della causa, è nulla per violazione dell’art. 276 c.p.c. (Cass. n. 13856/2022; Cass. 25882/2023).
E’ pertanto accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento delle altre censure e del ricorso incidentale.
L’ordinanza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al tribunale di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbite le altre censure e il ricorso incidentale, cassa l’ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al tribunale di Palermo, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 24.1.2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME