Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 958 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 958 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
Oggetto: Compensi avvocato Competenza collegiale.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10300/2022 R.G. proposto da
NOME, rappresentato e difeso da sé medesimo ed elettivamente domiciliato nel proprio studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo e dell’avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso l’ordinanza n. 5 591/22 emessa dal Tribunale di Roma il 19/3/2020, notificata il 20/3/2020 e dichiarata esecutiva il 1/7/2020.
Udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa NOME COGNOME nella pubblica udienza del 3/10/2024;
lette le conclusioni scritte della Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso, la società RAGIONE_SOCIALE presentò opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 5293/2020 dell’importo di € 170.918,00 chiesto e ottenuto dall’avv. NOME COGNOME COGNOME a titolo di compensi per la difesa da questi svolta in un’unica causa, in virtù di quanto previsto dalla clausola n. 1 della scrittura privata di incarico professionale sottoscritta dalle parti e comunque per revoca anticipata del mandato, eccependo, in via preliminare, l’incompetenza territoriale del giudice adito per essere competente ex art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011 la Corte d’appello di Cagliarisezione distaccata di Sassari, ufficio giudiziario di merito nel quale l’avvocato aveva prestato la propria opera, ed evidenziando che la richiesta monitoria si basava sull’attività professionale svolta in sede d’appello nel suo interesse per l’impugnazione della sentenza n. 375/2016 resa dal Tribunale di Nuoro e che erano insorti i contrasti sull’entità dei preavvisi di parcella ricevuti.
Con ordinanza resa ex art. 702bis cod. proc. civ., il Tribunale di Roma revocò il decreto ingiuntivo opposto e condannò la società al pagamento della somma di € 5.933,19 in favore dell’opposto e al pagamento delle spese di lite, disattendendo l’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dal ricorrente, in quanto la fonte del credito era costituita dal contratto intervenuto tra le parti, e quella di tardività dell’opposizione, per non aver l’opponente ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo, ed osservando che la somma di € 150.000,00 avrebbe dovuto essere pagata solo in caso di esito positivo del grado d’appello, nella specie non concluso positivamente, che, in caso di esito non positivo, si sarebbero dovute applicare le tariffe tabellari in base all’effettivo valore della causa, che il valore della causa da prendere in considerazione era
quello reale e che andavano escluse le fasi della partecipazione alle udienza e conclusionale in assenza di prova dell’espletamento delle relative attività.
Avverso questa sentenza, COGNOME COGNOME Paolo ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a sei motivi, illustrati anche con memoria, mentre RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso, illustrato anche con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la nullità dell’ordinanza per violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., perché il provvedimento conclusivo del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo concernente la liquidazione di onorari giudiziali di avvocato era stato pronunciato dal giudice monocratico in luogo di quello collegiale, con conseguente difetto di composizione dell’organo giudicante.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 647 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano rigettato l’eccezione di tardività dell’opposizione al decreto ingiuntivo notificato il 20/3/2020, in quanto iscritta a ruolo il 9/6/2020, dopo che il decreto era stato dichiarato esecutivo, sostenendo che l’opposto non avesse depositato in giudizio la prova dell’avvenuta notificazione del decreto stesso, benché la prova della tempestività dell’opposizione gravasse sull’opponente, la tardività fosse rilevabile d’ufficio e il decreto ingiuntivo fosse stato dichiarato esecutivo ex art. 647 cod. proc. civ. per assenza di opposizione nei termini.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza di cui all’art. 132 cod. proc. civ. per difetto di motivazione, avendo il Tribunale del tutto omesso di argomentare sia sulla disapplicazione del contratto sugli onorari fondante la pretesa
creditoria e lo stesso decreto monitorio, sia sul rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo, sia su ogni altra questione. Il ricorrente ha sul punto evidenziato come la previsione contrattuale degli onorari, che costituiva la fonte principale per la determinazione del compenso, imponesse, in caso di revoca del mandato prima della conclusione della lite, il riferimento al massimo tariffario sul valore concordemente individuato dalle parti e corrispondente al valore reale della controversia, come anche accertato peritalmente, e come il riferimento ad un’ipotetica domanda nuova in ordine all’attività processuale di primo grado fosse avulsa dalla realtà processuale.
Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell’art. 2233 cod. civ. e dell’art. 13 della legge professionale, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere il Tribunale liquidato gli onorari di avvocato prescindendo dal contratto scritto sia in ordine allo scaglione tariffario applicabile, sia in ordine ai parametri da utilizzare, e per aver adottato un criterio liquidatorio sulla base del valore indicato ai fini del contributo unificato anziché sul valore reale della controversia (il compendio aveva un valore di € 1.000.000,00).
Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta, infine, l’omesso esame in relazione ad atti presenti in causa, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere il giudice negato l’esistenza della prova di notifica del decreto ingiuntivo, benché questa fosse stata allegata sia dall’opposto che dall’opponente due volte, e nell’aver negato l’attività difensiva svolta dall’opposto nel corso del giudizio fino alla sentenza parziale e successivamente nel corso dell’istruttoria, nonostante la stessa fosse documentata con la produzione della comparsa conclusionale, della memoria di replica, della sentenza parziale e della successiva relazione peritale, oltre al carteggio tra avvocato e cliente.
6. Il primo motivo è fondato.
Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in seguito all’entrata in vigore dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, la controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, come sostituito dal d.lgs. cit., può essere introdotta: a) con un ricorso ai sensi dell’art. 702 bis cod. proc. civ., che dà luogo ad un procedimento sommario “speciale” disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 del menzionato d.lgs.; oppure: b) ai sensi degli artt. 633 segg. cod. proc. civ., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702bis segg. cod. proc. civ., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648, 649, 653 e 654 cod. proc. civ., quest’ultimo da applicarsi in combinato disposto con l’ultimo comma dell’art. 14, mentre è esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito ordinario di cognizione, sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dagli artt. 702bis e segg. cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 23/2/2018, n. 4485), sicché la controversia di cui si tratta, tanto se introdotta con ricorso ai sensi dell’art. 702bis cod. proc. civ., quanto se introdotta con il procedimento per decreto ingiuntivo, resta soggetta al rito indicato dall’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011 (Cass., Sez. U., 23/2/2018, n. 4485, cit.; Cass., Sez. 2, 23/10/2018, n. 26778; Cass., Sez. 2, 23/10/2018, n. 26778).
Questa disposizione, che sanciva, tra l’altro, la composizione collegiale, in siffatte materie, dell’organo giudicante, è stata modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, il quale ha stabilito che ‘ le controversie previste dall’art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 e l’opposizione proposta a norma dell’art. 645 cod. proc. civ. contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti e spese spettati ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito semplificato di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo ‘, che, in tali casi, ‘ è competente l’ufficio
giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera ‘ e che, per quanto qui interessa, ‘ il Tribunale decide in composizione monocratica ‘.
La nuova formulazione della norma non è però applicabile alla specie, avendo il medesimo d.lgs., come modificato dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, stabilito, all’art. 35, comma 1, che ‘ le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data ‘, mentre ‘ ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti ” ed essendo stato il presente procedimento, tuttora evidentemente pendente, instaurato nel 2020, senza che rilevi quanto affermato da Cass., Sez. 2, 29/3/2023, n. 8929, secondo cui la ‘ riserva di collegialità non è un tratto essenziale di tale procedimento (come, del resto, convalida la scelta per la monocraticità del tribunale da ultimo operata con il d.lgs. n. 149 del 2022) ‘ (in motivazione), essendosi la stessa occupata del diverso caso del riconoscimento della competenza del giudice di pace per le controversie in materia di liquidazione degli onorari.
In materia, deve peraltro considerarsi prevalente il principio del tempus regit actum , che, con riferimento alla composizione monocratica o collegiale del decidente, assume particolare importanza in quanto, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 28040 del 25/11/2008, il giudice collegiale è, quanto meno in astratto, idoneo a fornire maggiori garanzie rispetto al giudice monocratico, oltre a porsi, la relativa previsione nei casi specificamente previsti dal legislatore, in termini di eccezione alla regola della monocraticità, sicché la sua violazione priverebbe di significato la ripartizione legislativamente operata tra le due possibili composizioni del tribunale, alterando il concetto stesso della eccezionalità.
Appare allore evidente come, nella specie, il Tribunale, chiamato a pronunciarsi sull’opposizione a decreto ingiuntivo chiesto e concesso in relazione alle competenze spettanti al ricorrente per l’attività professionale prestata in qualità di avvocato, sia incorso nell’errore di decidere la controversia in composizione monocratica, anziché collegiale, come prescritto dalla disciplina applicabile ratione temporis , con conseguente nullità dell’ordinanza emessa, dovendosi applicare il principio secondo cui l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione, collegiale o monocratica, del giudice costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50quater cod. proc. civ. al successivo art. 161, primo comma, cod. proc. civ., un’autonoma causa di nullità della decisione che si converte in motivo di impugnazione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione, senza determinare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza (Cass., Sez. 5, 30/10/2023, n. 30019; Cass., Sez. 1, 26/2/2020, n. 5232; Cass., Sez. 1, 3/3/2020, n. 5858; Cass., Sez. 6-2, 3/10/2019, n. 24754; Cass., Sez. 6-1, 26/6/2018, n. 16186; Cass., Sez. 1, 18/6/2014, n. 13907).
Deriva da quanto detto l’accoglimento della prima censura.
Il secondo motivo è, invece, infondato.
Come si è detto, in seguito all’entrata in vigore dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, la controversia di cui all’art. 28 della l. n. 794 del 1942, come sostituito dal d.lgs. cit., può anche essere introdotta ai sensi degli artt. 633 segg. cod. proc. civ., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell’art. 702 bis segg. cod. proc. civ., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648, 649, 653 e 654 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 23/2/2018, n. 4485).
Orbene, l’opposizione prevista dall’art. 645 cod. proc. civ., che non è una actio nullitatis o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore prosecutivo del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore – anche se eventuale del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo, può dirsi pendente, anche in nome delle esigenze di instaurazione del contraddittorio con la controparte, quando sia compiuto l’atto che rappresenta ex ante il corretto esercizio del diritto di azione nella sua tipica forma legalmente precostituita, oppure si verifichi il medesimo effetto altrimenti prodotto ex post dall’atto difforme dal modello legale, allorché la fattispecie possa dirsi successivamente integrata dagli elementi necessari alla sua funzione tipica, e, dunque, nel primo caso quando sia depositato il ricorso in cancelleria (Cass., Sez. U, 13/1/2022, n. 927; Cass., Sez. U, 12/1/2022, n. 758), data da considerare al fine del computo del rispetto del termine decadenziale, senza che rilevi, invece, la data di iscrizione della causa a ruolo, come, invece, suggerito dalla censura, che, in ragione di ciò, deve essere rigettata.
L’accoglimento del primo motivo, comporta l’assorbimento del terzo, quarto e quinto.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo, l’infondatezza del secondo e l’assorbimento dei restanti, il ricorso deve essere accolto e l’ordinanza cassata, con rinvio al Tribunale di Roma, in composizione collegiale, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3/10/2024