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Competenza territoriale: sede effettiva e scelta del foro

Un’azienda ha citato in giudizio un ex dipendente presso il Tribunale della sua sede legale, anticipando una mossa analoga del lavoratore presso un’altra sede. La Corte di Cassazione ha confermato la validità di questa scelta, stabilendo che in presenza di più fori alternativi previsti dalla legge, la competenza territoriale si radica presso il giudice adito per primo. L’ordinanza chiarisce che il foro della ‘sede dell’azienda’ corrisponde alla sua sede effettiva, ovvero dove si svolge l’attività direttiva e amministrativa.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Competenza territoriale: chi agisce prima sceglie il Tribunale

Nel complesso scenario delle controversie di lavoro, la scelta del tribunale competente non è un dettaglio secondario, ma un elemento strategico che può influenzare l’andamento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale della competenza territoriale: quando la legge prevede più fori alternativi, a chi spetta la scelta? E cosa si intende per ‘sede dell’azienda’? La risposta della Suprema Corte è chiara: la parte che avvia per prima l’azione legale ha il diritto di scegliere il foro, e la sede dell’azienda si identifica con quella effettiva.

I fatti del caso: due cause speculari

La vicenda nasce da una controversia tra un’azienda e un suo ex dipendente a seguito di un licenziamento. L’azienda, giocando d’anticipo, aveva avviato un giudizio presso il Tribunale di Napoli, città della sua sede legale e direzionale, per far accertare la legittimità del licenziamento e del monte ore lavorativo. Poco dopo, il lavoratore aveva intrapreso un’azione legale speculare dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, luogo dove si svolgeva la prestazione lavorativa, contestando il licenziamento.

Il Tribunale di Vibo Valentia, rilevando la pendenza del primo giudizio a Napoli sulla medesima questione, dichiarava la litispendenza, disponendo la cancellazione della causa dal suo ruolo. Il lavoratore, ritenendo errata tale decisione, proponeva ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, sostenendo che la competenza territoriale dovesse radicarsi esclusivamente a Vibo Valentia.

La decisione della Corte: la priorità temporale e il foro dell’azienda

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la competenza territoriale del Tribunale di Napoli. La decisione si basa su due pilastri argomentativi fondamentali che meritano un’analisi approfondita.

Le motivazioni

Innanzitutto, la Corte ha respinto la tesi del lavoratore secondo cui le due cause fossero diverse. Sebbene le richieste (petita) fossero contrapposte – l’azienda chiedeva di confermare la legittimità del licenziamento, il lavoratore di annullarlo – le ragioni di fatto e di diritto alla base delle domande (causae petendi) erano identiche. Entrambe le cause vertevano sulla legittimità del recesso e sulla quantificazione delle ore di lavoro. Questa identità sostanziale, secondo la Corte, è sufficiente per configurare la litispendenza ai sensi dell’art. 39 c.p.c.

Il punto centrale della pronuncia, però, riguarda l’interpretazione dell’art. 413 c.p.c., che stabilisce i criteri di competenza territoriale per le cause di lavoro. Questa norma prevede diversi fori alternativi: quello in cui è sorto il rapporto, quello dove si trova una dipendenza dell’azienda in cui il lavoratore era addetto, e quello dove si trova l’azienda stessa. La Corte ha chiarito che il concetto di ‘luogo dell’azienda’ non si riferisce alla mera sede legale risultante dai registri, ma alla ‘sede effettiva’, ossia il luogo in cui si trovano gli organi direttivi e amministrativi e dove vengono prese le decisioni strategiche. L’azienda aveva scelto il foro di Napoli proprio su questa base, affermando che lì si trovasse il suo centro direzionale. Poiché il lavoratore non aveva contestato specificamente questa circostanza di fatto, limitandosi a invocare l’esistenza di altri fori, la scelta dell’azienda è stata ritenuta legittima. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: di fronte a più fori alternativamente competenti, la scelta è rimessa insindacabilmente alla parte che per prima assume l’iniziativa giudiziaria.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Per i datori di lavoro, essa conferma la possibilità di agire in via preventiva presso il foro della propria sede effettiva per far accertare la legittimità delle proprie decisioni, come un licenziamento. Questa strategia può consentire di giocare ‘in casa’, in un foro potenzialmente più familiare. Per i lavoratori, la decisione sottolinea l’importanza di agire con tempestività. Se si intende radicare la controversia nel foro del luogo di lavoro, è essenziale avviare il giudizio prima che lo faccia il datore di lavoro presso un’altra sede competente. Infine, la pronuncia ribadisce che, per contestare la scelta del foro aziendale, non è sufficiente indicare altri fori possibili, ma è necessario dimostrare che la sede scelta dall’azienda non corrisponda a quella effettiva dove si concentra il potere decisionale.

Se datore di lavoro e lavoratore iniziano due cause con richieste opposte ma basate sugli stessi fatti, si ha litispendenza?
Sì. Secondo la Corte, anche se le richieste sono contrapposte (una per accertare la legittimità di un licenziamento, l’altra per annullarlo), le cause si considerano identiche se si fondano sugli stessi fatti e questioni giuridiche, configurando così una situazione di litispendenza.

In una causa di lavoro, l’azienda può scegliere di citare il dipendente presso il tribunale della propria sede principale, anche se il lavoratore ha sempre lavorato altrove?
Sì, può farlo. L’art. 413 c.p.c. prevede, tra i vari fori alternativi, anche quello del ‘luogo dell’azienda’. La Corte ha chiarito che questo criterio si riferisce alla sede effettiva, ovvero al centro direzionale e amministrativo. La parte che agisce per prima ha il diritto di scegliere tra i fori alternativi disponibili.

Cosa deve fare un lavoratore per contestare la scelta del foro fatta dall’azienda presso la propria sede?
Non è sufficiente affermare che esistono altri fori competenti (come quello del luogo di lavoro). Il lavoratore deve contestare specificamente e provare che il luogo scelto dall’azienda non corrisponde alla sua sede effettiva, cioè il luogo dove si svolge l’attività direttiva e amministrativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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