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Competenza territoriale fallimento: la Cassazione decide

Una società, dichiarata fallita da un Tribunale, contesta la decisione sostenendo la sua incompetenza. La questione sulla competenza territoriale fallimento giunge in Cassazione, che, prima di decidere, ordina l’acquisizione di tutti i documenti dei gradi precedenti per verificare dove fosse il centro effettivo degli interessi dell’impresa.

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Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Competenza Territoriale Fallimento: Quando la Sede Legale non Basta

La determinazione della competenza territoriale fallimento è un pilastro del diritto concorsuale, poiché individua il giudice naturale che dovrà gestire la procedura. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare un caso emblematico in cui la sede legale di un’impresa non è sufficiente a radicare la competenza, spingendo i giudici a un’indagine più approfondita per individuare la sede effettiva dell’attività.

I Fatti del Caso: La Controversia sulla Giurisdizione

Una società a responsabilità limitata in liquidazione veniva dichiarata fallita dal Tribunale di una città del Nord Italia. Il liquidatore della società, tuttavia, ha impugnato tale decisione, prima davanti alla Corte d’Appello e poi in Cassazione, sollevando un’eccezione di incompetenza territoriale. La tesi difensiva era chiara: la sede legale della società si trovava in un’altra città, nel Sud Italia, e proprio presso quella sede era stata sequestrata tutta la documentazione amministrativa e contabile. Di conseguenza, secondo il ricorrente, il Tribunale che aveva emesso la sentenza non era quello competente per legge.

La Questione sulla Competenza Territoriale del Fallimento

Il fulcro della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 9 della Legge Fallimentare, che stabilisce come competente a dichiarare il fallimento il tribunale nel cui circondario l’imprenditore ha la ‘sede principale dell’impresa’. Questo concetto, consolidato in giurisprudenza, non si identifica necessariamente con la sede legale indicata nei registri pubblici, ma con il luogo dove si trova il centro effettivo della direzione, amministrazione e gestione dell’attività imprenditoriale.
Sulla questione della competenza, la Corte di Cassazione agisce come ‘giudice del fatto’, avendo il potere e il dovere di esaminare direttamente gli elementi probatori per risolvere la disputa sulla giurisdizione.

L’Intervento della Corte di Cassazione

Di fronte a questa eccezione, la Corte di Cassazione non ha emesso una decisione definitiva, ma ha adottato un’ordinanza interlocutoria. Riconoscendo la necessità di una valutazione approfondita per stabilire la corretta competenza territoriale fallimento, i giudici hanno ritenuto indispensabile acquisire tutti gli atti e i documenti presenti nei fascicoli dei precedenti gradi di giudizio. Questa mossa procedurale è fondamentale per ricostruire la realtà operativa dell’azienda, al di là delle risultanze formali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La motivazione alla base dell’ordinanza è di natura prettamente istruttoria. La Corte ha sospeso il giudizio per un motivo preciso: per decidere sulla competenza, deve sapere dove la società operava concretamente. La sola indicazione della sede legale a Napoli, contrapposta alla dichiarazione di fallimento a Verona, crea un conflitto che può essere risolto solo attraverso l’analisi dei fatti. L’acquisizione della documentazione contabile e amministrativa, delle comunicazioni, dei contratti e di ogni altro elemento utile permetterà alla Corte di verificare quale fosse il vero centro nevralgico dell’impresa. In altre parole, la Cassazione vuole vedere le carte per capire se l’attività direttiva e amministrativa fosse effettivamente svolta nella città della sede legale o altrove.

Le Conclusioni: L’Importanza della Sede Effettiva

L’ordinanza, pur non concludendo la vicenda, riafferma un principio cruciale: nella procedura fallimentare, la sostanza prevale sulla forma. La competenza territoriale fallimento si radica nel luogo dove l’impresa vive e opera, non dove ha semplicemente una ‘casella postale’ legale. La decisione finale dipenderà dall’esito di questa indagine documentale. Questo provvedimento ricorda a tutti gli operatori del diritto e agli imprenditori che la corretta individuazione della sede effettiva è un elemento non solo di trasparenza, ma anche un fattore determinante per le sorti di un’eventuale procedura concorsuale.

Quale tribunale è competente a dichiarare il fallimento di un’impresa?
In base all’art. 9 della legge fallimentare citato nel ricorso, la competenza spetta al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sua sede principale, ovvero il centro effettivo dei suoi affari, che non sempre coincide con la sede legale formale.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte non ha ancora deciso nel merito della questione. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha disposto l’acquisizione di tutti i documenti dai fascicoli di primo e secondo grado per poter valutare correttamente i fatti e determinare quale fosse il tribunale territorialmente competente.

Perché la Corte di Cassazione ha bisogno di acquisire i documenti?
Poiché sulla questione di competenza la Corte di Cassazione è anche giudice del fatto, ha ritenuto necessario esaminare direttamente tutta la documentazione per accertare dove si trovasse il reale centro operativo e amministrativo della società, un dato decisivo per stabilire la competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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