Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 714 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
Oggetto: regolamento di competenza ex art. 45 c.p.c.
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto negativo di competenza ex art. 45 cod. proc. civ. iscritto al n. 06259/2024 R.G., sollevato dalla Corte d’Appello di Bari , con ordinanza del 6/3/2024, nella causa vertente tra
COGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo ex art. 86 cod. proc. civ.;
-opponente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei rispettivi ministri pro tempore; -opposti – udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2024 dalla dott.ssa NOME COGNOME
lette le conclusioni del sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che venisse dichiarata la competenza della Corte di appello di Roma.
Rilevato che:
Con ricorso ex art. 3 legge n. 89 del 2001, NOME COGNOME domandò alla Corte d’Appello di Roma la liquidazione dell’indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio di ottemperanza seguito alla sentenza n. 11388/2010 pronunciata dalla Corte di Cassazione, deducendo che il 6 marzo 2016 aveva instaurato, davanti al Tar del Lazio, il ricorso per l’ottemperanza del giudicato onde ottenere il pagamento delle spese liquidate dal giudice di legittimità, che il giudizio si era concluso con la sentenza n. 760/2017, con la quale il giudice amministrativo aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso perché proposto prima del decorso del termine di cui all’art. 5 sexies , comma 7, della legge n. 89 del 2011 e che l’altro ricorso per l’ottemperanza, notificato al MEF il 25 Aprile 2018, era stato definito con la sentenza di accoglimento del Tar del Lazio n. 5798/2019, il quale, stante l’inadempienza dell’amministrazione, aveva accolto l’istanza di nomina di un commissario ad acta con ordinanza n. 11634/2021.
Respinta la domanda di equo indennizzo dal consigliere designato dalla Corte d’Appello di Roma con decreto n. 1241 del 21 giugno 2022 e proposta opposizione dal medesimo ricorrente, la Corte d’Appello di Roma declinò la propria competenza per territorio in favore della Corte d’Appello di Bari con ordinanza del 21 dicembre 2022, rilevando che il giudizio presupposto si era svolto davanti alla Corte d’Appello di Bari, come risultante dalla sentenza n. 11388/2010 della Corte di Cassazione, che quest’ultima, in accoglimento del ricorso, aveva cassato il decreto impugnato con riguardo alle spese e condannato il M.E.F. al rimborso dei 2/3 delle spese del giudizio di merito da distrarsi in favore dell’avv. NOME COGNOME difensore antistatario, oltre a
quelle del giudizio di cassazione, che il giudizio di ottemperanza, in quanto equiparabile a quello esecutivo, andava valutato unitariamente rispetto al giudizio di cognizione che aveva riconosciuto l’indennizzo e che, pertanto, la domanda di equa riparazione avrebbe dovuto essere proposta con ricorso al presidente della Corte d’Appello del distretto in cui aveva sede il giudice dinanzi al quale si era svolto il primo grado del giudizio presupposto, ossia la Corte d’Appello di Bari.
Riassunto il giudizio con ricorso del 21 Marzo 2023 a cura dell’avv.NOME COGNOME davanti alla Corte d’appello di Bari, il giudice designato rigettò il ricorso con decreto n. 1310/2023, avverso il quale l’avv. NOME COGNOME propose opposizione con ricorso del 9 giugno 2023, nel cui giudizio non si costituì la parte opposta.
Con ordinanza del 6 Marzo 2024, la Corte d’Appello di Bari, reputandosi a sua volta incompetente, ha chiesto d’ufficio il regolamento di competenza , evidenziando all’uopo che, nella specie, non costituisse processo presupposto il procedimento di equa riparazione definito dalla Corte d’Appello di Bari con il decreto del 3/1/2008 e annullato, in punto di spese da distrarsi in favore dell’avv. COGNOME, dalla Corte di Cassazione, in quanto quest’ultimo non era parte di quel processo, ma solo difensore antistatario della parte, NOME COGNOME che lo aveva avviato onde ottenere ristoro dal mancato rispetto della ragionevole durata della causa dinanzi al T.A.R. Puglia, sicché, avendo la domanda di distrazione delle spese valenza incidentale e non costituendo domanda autonoma, il giudizio di ottemperanza proposto in proprio dall’avv. COGNOME davanti al Tar Lazio non poteva considerarsi unitariamente al giudizio davanti alla Corte d’Appello di Bari che aveva riconosciuto il diritto all’indennizzo ai sensi della legge n. 89 del 2001 in favore del suo cliente
NOME COGNOME posto che il diritto che ogni persona ha alla ragionevole durata del processo stabilito dall’art. 6 CEDU riguarda il suo processo e non quello di terzi.
Considerato che :
Il conflitto di competenza sollevato dalla Corte d’Appello di Bari è fondato.
Ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente, occorre prendere le mosse dai principi affermati da questa Corte in tema di legittimazione processuale, allorché, partendo dal presupposto che la legge n. 89 del 2001 rinvii alla CEDU per l’individuazione dei soggetti legittimati alla domanda di equa riparazione e, segnatamente, all’art. 6, par. 1, che definisce il diritto alla durata ragionevole come legittima pretesa di qualsiasi persona che attenda da un tribunale la decisione “sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta”, ha affermato che la definizione del concetto di ‘parti’ corrispond e all’accezione affermata da dottrina e giurisprudenza nella definizione dei soggetti qualificabili come parti di un procedimento penale, secondo cui sono tali i titolari di un diritto di azione da cui derivi per il giudice un dovere di decidere nel merito delle sue domande (Cass., Sez. 1, 12/7/2011, n. 15250). Infatti, il diritto alla trattazione delle cause entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, specificamente richiamato dalla legge n. 89 del 2001, solo con riferimento alle cause proprie e, quindi, esclusivamente in favore delle parti della causa -sia di cognizione, sia di esecuzione -nel cui ambito si assume avvenuta la violazione e non anche di soggetti che siano ad essa rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini della legittimazione,
che questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni dal protrarsi del processo (vedi Cass., Sez. 1, 16/2/2005, n. 3118, secondo cui, allorquando nel giudizio durato eccessivamente agisca una società, non rileva l’eventuale disagio psichico del socio o dell’amministratore, giacché si tratta di soggetti diversi dalla parte, che è la società quale centro autonomo di imputazione di diritti e di doveri; Cass., Sez. 1, 12/7/2011, n. 15250; Cass., Sez. 6-1, 8/5/2012, n. 7024; Cass., Sez. 6-2, 14/7/2015, n. 14751; Cass., 6-2, 2/2/2021, n. 2310).
L ‘equa riparazione, così come delineata dalla legge n. 89 del 2001, non costituisce invero una mera sanzione pecuniaria, multa o pena privata, dovuta nei confronti dell’apparato per il solo fatto del danno irragionevole, ma attribuisce, appunto, un equo indennizzo, riconducibile, in base all’art. 1173 cod. civ., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, ed in tutto e per tutto corrispondente all'” equitable satisfaction ” menzionata dalla Convenzione e dalla giurisprudenza della C.E.D.U., in favore del soggetto che per effetto dell’eccessiva durata del giudizio, lesiva del riconosciuto suo diritto ad una ragionevole durata dello stesso, abbia subito un danno patrimoniale e/o non patrimoniale (Cass., Sez. 1, 16/2/2005, n. 3118).
Alla luce di tali principi, deve allora escludersi che, con riguardo al pagamento delle spese in favore del difensore antistatario, costituisca giudizio presupposto il processo nel quale questi abbia prestato la propria opera professionale, in quanto la domanda di distrazione avanzata dal predetto ha valenza incidentale e non costituisce domanda autonoma, tant’è che, come affermato di recente da questa Corte, egli non ha diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata del processo nel quale ha prestato la propria opera professionale, non comportando ciò la violazione
dell’art. 6 CEDU, proprio in quanto tale disposizione stabilisce che ogni persona ha diritto a che si svolga in tempi ragionevoli il “suo” processo, non quello di altri al quale, per ragioni diverse e interne, sia altrimenti interessata pur senza diventarne parte in senso stretto (Cass., Sez. 2, 4/5/2023, n. 11623), mentre il conseguimento della distrazione delle spese processuali anticipate è evento che dipende, sia nell'” an ” che nel ” quando “, dalla pronuncia sulla domanda giudiziale che ha determinato l’insorgere del relativo processo, sicché l’istanza di distrazione, proprio per il suo carattere eminentemente accessorio, non può di per sé governare i tempi del processo, ma solo pedissequamente adeguarsi a quelli dettati per il giudizio sulla pretesa “principale”, siccome occasionata dal processo pendente tra le parti principali, al cui esito resta condizionata (Cass. Sez. 2, 18/5/2022, n. 15964).
Tali principi non possono allora che ridondare sulla questione della competenza oggetto dell’odierna contesa, per l’individuazione della quale, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 89 del 2001, come modificato dall’art. 1, comma 777, della l. n. 208 del 2015, deve aversi riguardo al distretto della corte d’appello in cui ha sede il giudice avanti al quale si è svolto il giudizio presupposto e che lo ha definito nel merito, anche, eventualmente, a seguito di riassunzione per intervenuta dichiarazione di incompetenza del giudice originariamente adito, e non, come in precedenza, il giudice dinanzi al quale il giudizio è stato introdotto (in tal senso, Cass., Sez. 6-2, 5/4/2019, n. 9721; Cass., Sez. 6-2, 3/10/2019, n. 24659).
E poiché, nella specie, la domanda di equa riparazione è stata formulata dall’avv. COGNOME in relazione ai tempi del processo di ottemperanza a giudicato, incardinato con il ricorso depositato 10/3/2016, col quale il predetto aveva chiesto al T.A.R. Lazio di
ordinare al Ministero dell’Economia e delle Finanze il compimento degli atti necessari a dare piena esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 11388/2010, depositata il 11/5/2010, che aveva condannato quest’ultimo al rimborso dei due terzi delle spese del giudizio di merito da distrarsi in suo favore, è al luogo in cui ha sede il giudice che si è occupato del giudizio di ottemperanza, quale unico processo funzionale al diritto proprio del difensore e, dunque, unico giudizio presupposto, che occorre far riferimento per l’individuazione del distretto di corte d’appello competente territorialmente ai fini dell’equa riparazione . Non può, infatti, trovare applicazione, nella specie, il principio, affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui il giudizio di ottemperanza promosso all’esito della decisione di condanna dello Stato al pagamento dell’indennizzo di cui alla l. n. 89 del 2001 deve considerarsi sul piano funzionale e strutturale pienamente equiparabile al procedimento esecutivo, sì da doversi considerare unitariamente rispetto al giudizio che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo (Cass., Sez. Un., 23/7/2019, n. 19883), atteso che esso afferisce alla diversa ipotesi in cui vi sia coincidenza, in ordine alle parti, tra giudizio di cognizione e giudizio di esecuzione, non ravvisabile nella specie.
Va, pertanto, dichiarata la competenza della Corte d’Appello di Roma.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di regolamento di competenza richiesto d’ufficio (Cass., Sez. 2, 17/11/2004, n. 21737).
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza della Corte d’Appello di Roma,