Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 681 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 681 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
R.G.N. 35636/19
C.C. 19/12/2023
Fornitura -Corrispettivo -Surrogazione
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 35636/2019) proposto da: RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.: P_IVA), in persona del suo liquidatore e legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, già RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale per atto pubblico del 31 maggio 2022, rep. n. 7.936, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 555/2019, pubblicata il 17 aprile 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 9 ottobre 2014, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione conveniva, davanti al Tribunale di Genova, la RAGIONE_SOCIALE proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 7629/2014 del 28 giugno 2014, per l’importo di euro 91.487,48, oltre interessi, al fine di sentire: a ) dichiarare l’incompetenza per territorio del Tribunale adito in sede monitoria; b ) dichiarare la prescrizione del credito fatto valere o quantomeno della pretesa relativa agli interessi; c ) dichiarare il difetto di legittimazione ( rectius della titolarità) passiva del rapporto obbligatorio, per la non riferibilità ai soci dei debiti contrattuali facenti capo alla società consortile RAGIONE_SOCIALE e per l’inapplicabilità, in via generale e comunque ratione temporis , nei confronti della Past, delle norme in materia di pubblici appalti, con precipuo riferimento all’imposizione di eccezionali deroghe al regime della responsabilità limitata delle società di capitali; d ) accertare l’insussistenza del credito vantato. Per l’effetto, chiedeva che l’opposizione fosse accolta e che il provvedimento monitorio opposto fosse revocato.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, la quale contestava la fondatezza, in fatto e in diritto, dell’opposizione proposta, eccependo: a ) che la transazione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE era
stata conclusa e firmata in Genova, sicché era irrilevante la circostanza che il contratto di fornitura tra la RAGIONE_SOCIALE Messina società consortile a RAGIONE_SOCIALE. e la RAGIONE_SOCIALE fosse stato stipulato in Messina e che nello stesso luogo della stipulazione il contratto di fornitura fosse stato eseguito, essendo invece rilevante la sede legale del creditore surrogato RAGIONE_SOCIALE, che appunto si trovava in Genova; b ) che ugualmente la prescrizione decennale ordinaria non era maturata, in quanto interrotta dalle missive ricevute e, comunque, dalla notifica del decreto ingiuntivo poi opposto; c ) che la responsabilità della Past era radicata in virtù dell’art. 13 della legge 109/1994, applicabile ratione temporis , essendo irrilevante che tale ultima disposizione non fosse applicabile per l’RAGIONE_SOCIALE costituita anteriormente all’entrata in vigore della richiamata legge, in ragione della applicabilità della legge n. 406/1991; d ) che la RAGIONE_SOCIALE si era surrogata a RAGIONE_SOCIALE nel credito e non nel contratto, credito che risultava dal decreto ingiuntivo, poi oggetto di transazione, come tale certo e liquido.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 3591/2016, depositata il 25 novembre 2016, respingeva l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto, disattendendo le sollevate eccezioni di incompetenza territoriale e di prescrizione.
2. -Con atto di citazione notificato il 23 maggio 2017, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la quale lamentava: 1) l’erroneo rigetto dell’eccezione pregiudiziale di rito di incompetenza territoriale del Tribunale adito con il ricorso monitorio; 2) l’erroneo rigetto dell’eccezione preliminare di merito di prescrizione; 3) l’erronea
affermazione della titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo alla Past; 4) l’erronea affermazione dell’esistenza del credito fatto valere in giudizio.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale contestava le ragioni addotte a fondamento del gravame, eccependone, in via pregiudiziale, l’inammissibilità per difetto di specificità dei motivi.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Genova, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello spiegato e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che doveva essere respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, proposta dall’appellante ai sensi dell’art. 342 c.p.c., in quanto dall’esame del contenuto dell’atto di impugnazione potevano evincersi i motivi di gravame, le parti della sentenza impugnata di cui si chiedeva la riforma e le specifiche domande; b ) che RAGIONE_SOCIALE non aveva ceduto a RAGIONE_SOCIALE il contratto stipulato con RAGIONE_SOCIALE di Messina, avendo esclusivamente surrogato RAGIONE_SOCIALE nei propri diritti di credito, con l’effetto che la competenza per territorio si era radicata nel luogo dove aveva sede legale la RAGIONE_SOCIALE, subentrata per surrogazione alla creditrice RAGIONE_SOCIALE, ovvero nel luogo in cui era stato sottoscritto l’atto di transazione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in ogni caso in Genova; c ) che il credito era certo, liquido ed esigibile, in quanto fondato su un titolo esecutivo; d ) che le reiterate lettere raccomandate contenenti le richieste di pagamento e messa in mora di RAGIONE_SOCIALE verso Past, per gli importi
dovuti a titolo di capitale e interessi, avevano determinato l’interruzione della prescrizione ordinaria decennale e così la notifica del decreto ingiuntivo opposto; e ) che era infondata anche l’eccezione relativa al difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio, posto che, per effetto della fornitura alla società consortile del materiale necessario all’esecuzione dell’appalto, sussisteva la responsabilità solidale, verso tale fornitore, delle società partecipanti all’A.RAGIONE_SOCIALE. e, quindi, anche della Past.; f ) che nella fattispecie vi era stata una mera surroga nel credito di un soggetto privato ad altro soggetto privato, senza che sussistesse alcun divieto all’integrazione di tale surroga.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE -che ha mutato, nel corso del giudizio di legittimità, denominazione in RAGIONE_SOCIALE -, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, articolato in un unico motivo.
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 2, c.p.c., la violazione degli artt. 18, 20 c.p.c. e 1182 c.c., per avere la Corte di merito rigettato il motivo di impugnazione con il quale era stata contestata l’affermazione della competenza territoriale del Tribunale di Genova a conoscere della pretesa formulata in via monitoria dalla RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Al riguardo, l’istante obietta che aveva contestato la competenza territoriale del Tribunale di Genova sotto tutti i possibili profili, indicando il Tribunale di Messina e, in subordinata ipotesi, quello di Frosinone, quale Tribunale competente a decidere della controversia.
Aggiunge la ricorrente che erroneamente l’eccezione di incompetenza sarebbe stata respinta sul presupposto che, nella fattispecie, dovesse farsi riferimento al luogo di sottoscrizione della transazione raggiunta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in forza della quale era avvenuta la cessione del credito, e comunque, trattandosi di credito certo, liquido ed esigibile, dovesse farsi riferimento al luogo in cui il creditore aveva la propria sede, appunto in Genova, dovendosi quest’ultimo identificare nella società RAGIONE_SOCIALE per effetto della surrogazione operata da Sogo.
Alla luce di queste coordinate, ad avviso dell’istante, Genova non sarebbe stato né il luogo di stipulazione del contratto, né quello dell’esecuzione dell’obbligazione. E d’altronde la sede della cessionaria non avrebbe potuto determinare un effetto modificativo della competenza a conoscere dell’esistenza di quel credito. Per converso, avrebbe dovuto farsi riferimento al luogo in cui era stato stipulato il contratto di fornitura tra la RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e Sogo e in cui esso era stato eseguito, ossia Messina. E anche qualora il credito avesse potuto considerarsi certo, liquido ed esigibile, il luogo in cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione avrebbe dovuto essere determinato al momento della sua scadenza, mentre non avrebbero avuto rilievo gli ulteriori, successivi mutamenti per ragioni unilaterali del creditore, quali la cessione del credito, che
non avrebbe determinato lo spostamento della competenza in favore del luogo in cui aveva la sede legale il cessionario, restando cristallizzata la competenza del foro ove aveva la propria sede l’originario creditore Sogo in Frosinone. Altrimenti si sarebbe determinato un eccessivo aggravio per il debitore ceduto.
La ricorrente contesta, in ogni caso, che il credito fosse certo, liquido ed esigibile, avendo Sogo agito in via monitoria (ottenendo il decreto ingiuntivo del 21 ottobre 2002), nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, non già in virtù della fornitura eseguita in favore di Tranvia, ma all’esito della prestazione di una garanzia autonoma e a prima richiesta da parte di RAGIONE_SOCIALE, come riconosciuto dalla stessa RAGIONE_SOCIALE al punto 3 del proprio ricorso per ingiunzione, fideiussione che non avrebbe potuto spiegare alcuna efficacia nei confronti della Past.
2. -Con il secondo motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., della violazione delle norme sulla prescrizione e, in particolare, della disciplina sull’interruzione della prescrizione stessa, per avere la Corte territoriale confermato il rigetto dell’eccezione di prescrizione ritualmente sollevata nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo sul presupposto che la prescrizione decorresse dalla data di esecuzione della fornitura individuata nel 7 luglio 1999 e che il termine decennale fosse stato interrotto dalla RAGIONE_SOCIALE con la raccomandata del 6 luglio 2009 e con quelle successive del 14 ottobre 2009 e del 3 giugno 2014, cui avrebbe fatto seguito la notificazione del decreto ingiuntivo opposto in data 17 luglio 2014.
In proposito, la ricorrente osserva che le iniziative promosse da RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, non avrebbero potuto essere ricondotte all’esercizio delle pretese che la RAGIONE_SOCIALE poteva rivolgere, in ipotesi, nei confronti della società consortile ed eventualmente, in ulteriore contestata ipotesi, anche nei confronti delle imprese consorziate, avendo essa esercitato, secondo la sua stessa prospettazione, i diritti derivanti dalla fideiussione incondizionata e a prima richiesta, spontaneamente prestata in suo favore, ossia un’obbligazione autonoma e distinta, che prescindeva dall’esistenza e dall’esigibilità di un credito contrattuale derivante dalla fornitura che sarebbe stata eseguita da Sogo.
Sicché nessuna efficacia interruttiva avrebbe potuto attribuirsi agli atti posti in essere nell’ambito di quel rapporto, rispetto al diverso credito che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto di poter vantare nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in forza della disciplina speciale in materia di appalti.
Ne sarebbe disceso, secondo l’istante, che la valenza interruttiva della prescrizione avrebbe potuto essere ponderata esclusivamente nei confronti di eventuali atti rivolti direttamente alla società consortile da parte della creditrice o, in ipotesi, anche da parte della cessionaria, ma solo dopo che si fosse verificata la cessione, nel rispetto dei principi e delle regole che disciplinano la cessione stessa.
Deduce, poi, la ricorrente che la raccomandata del 6 luglio 2009 non avrebbe potuto comunque determinare l’interruzione della prescrizione, poiché era stata presa in considerazione esclusivamente la data indicata dalla scrivente in tale
comunicazione, anziché quella, certamente successiva, di ricezione da parte della Past.
3. -Con il terzo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione della disciplina speciale di cui all’art. 13 della legge n. 109/1994 e all’art. 96 del d.P.R. n. 554/1996 nonché dei principi e della disciplina dettata dall’art. 2462 c.c., in materia di responsabilità patrimoniale delle società consortili, per avere la Corte distrettuale accolto la pretesa vantata dalla RAGIONE_SOCIALE, respingendo l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Past.
La ricorrente nega che avesse potuto farsi riferimento al citato art. 13, secondo comma, e quindi alla responsabilità degli associati e dei consorziati, in via solidale, nei confronti, oltre che dell’amministrazione e delle imprese subappaltanti, anche dei fornitori, pure all’esito della costituzione di una società consortile, subentrata all’RAGIONE_SOCIALE in corso d’opera. E tanto perché la norma si sarebbe riferita alla prestazione di offerte, da parte dei concorrenti associati o dei consorziati, mentre nella fattispecie si sarebbe trattato di successiva costituzione tra alcune delle imprese aggiudicatarie di una società consortile, subentrata nell’esecuzione del contratto, con l’effetto che avrebbe dovuto trovare applicazione, a fronte di un’obbligazione assunta direttamente dalla società consortile, la limitazione di responsabilità per le società consortili, che avrebbero risposto unicamente con il loro patrimonio.
4. -Con il quarto motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione della suddetta disciplina speciale nonché degli artt. 1201 e ss. e 1263 c.c., in materia di cessione del credito, per avere la Corte d’appello ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE, per effetto della cessione del credito originariamente vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società consortile, si potesse surrogare nelle sue pretese anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto, la ricorrente esclude che potesse essere affermata l’esistenza di una responsabilità solidale della Past per le obbligazioni assunte dalla Tranvia di Messina società consortile a r.l. E ciò perché la fornitrice COGNOME non avrebbe potuto legittimamente cedere il proprio credito, surrogando il cessionario nelle pretese azionabili, non soltanto nei confronti della società consortile, ma anche nei confronti delle società consorziate e, in particolare, della Past.
5. -Con l’unico motivo del ricorso incidentale la controricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la Corte territoriale rigettato l’eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE di inammissibilità dell’appello, perché fondato su motivi generici e/o non pertinenti rispetto alla decisione impugnata.
In questa prospettiva, l’appellante COGNOME si sarebbe limitata a riproporre le argomentazioni svolte negli scritti difensivi di primo grado, senza minimamente considerare le motivazioni addotte dal Tribunale, sicché le censure poste a base del gravame sarebbero state carenti in ordine al requisito della specificità, mancando qualsiasi riferimento sia alle ragioni addotte dal Tribunale a sostegno della propria decisione, sia all’esposizione delle contrarie ragioni.
6. -È pregiudiziale lo scrutinio del motivo posto a fondamento dello spiegato ricorso incidentale.
Esso è infondato.
Si premette che i requisiti di specificità prescritti dall’art. 342 c.p.c., in ordine all’elaborazione dei motivi di gravame, si traducono nell’indicazione del capo della decisione di primo grado impugnata, nella specifica indicazione delle doglianze mosse avverso la ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado, nella violazione di legge denunciata e nella sua rilevanza ai fini della decisione.
Ora, specificamente, con i motivi di impugnazione articolati, l’appellante ha dedotto: – che intendeva impugnare la sentenza del Tribunale, nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di incompetenza per territorio dell’autorità giudiziaria adita, nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di prescrizione del credito, nella parte in cui aveva rigettato l’eccezione di carenza di titolarità passiva nel rapporto obbligatorio della Past, con la relativa inammissibilità della surroga operata; -che contraddittoriamente la pronuncia del Tribunale, in sede di valutazione della competenza territoriale, aveva fatto riferimento al luogo della transazione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in Genova, mentre la vicenda contrattuale si era svolta in Messina, luogo di sottoscrizione del contratto tra Tranvia di Messina e Sogo e dove sarebbe avvenuta l’esecuzione dello stesso nonché la prestazione della fideiussione della RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE; – che, quanto all’eccezione di prescrizione del credito azionato, la COGNOME aveva avuto notizia della presunta posizione creditoria della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE nei suoi confronti, solo con la notifica del
decreto ingiuntivo opposto del 17 luglio 2014, con il conseguente decorso del termine decennale di prescrizione, atteso che il contratto di fornitura era stato stipulato il 7 luglio 1999; – che, in ogni caso, si erano prescritti gli interessi di mora; che l’eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva, contrariamente all’assunto del Tribunale, era fondata, poiché, in ragione dell’autonomia patrimoniale della società di capitali consortile, rispetto alla responsabilità dei soci, quest’ultimi non avrebbero potuto rispondere con il proprio patrimonio; – che, in ogni caso, la surroga non era possibile.
Dall’esposizione che precede emerge che i motivi di gravame contestavano le argomentazioni del giudice di prime cure, secondo cui: 1) vi sarebbe stata la competenza territoriale del Tribunale di Genova con riguardo al luogo di stipulazione ed esecuzione della transazione raggiunta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e alla sede legale della cessionaria del credito; 2) il credito non si sarebbe prescritto alla stregua degli atti interruttivi emarginati; 3) la RAGIONE_SOCIALE, quale società consorziata della Tranvia di Messina, avrebbe risposto in proprio verso la cessionaria della fornitrice dei materiali; 4) la RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto surrogarsi al credito di RAGIONE_SOCIALE verso la società consortile RAGIONE_SOCIALE Messina.
D’altronde, le doglianze -siccome innanzi descritte -avrebbero potuto potenzialmente incidere sull’esito della lite.
Sicché, prescindendo da qualsiasi particolare rigore di forme, al giudice d’appello sono state esposte, sebbene sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondava l’impugnazione, ovvero, in relazione al contenuto della sentenza appellata, sono stati indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in
forma succinta, le ragioni per cui è stata richiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che sono rimasti esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2320 del 25/01/2023; Sez. U, Ordinanza n. 36481 del 13/12/2022; Sez. 6-3, Ordinanza n. 40560 del 17/12/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 13535 del 30/05/2018; Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017; Sez. 3, Sentenza n. 21745 del 11/10/2006).
Pertanto, l’appellante ha chiaramente individuato il che è, peraltro, comprovato dallo stesso tenore della sentenza d’appello impugnata -le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa, atta a confutare e contrastare le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorresse l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
7. -A questo punto, devono essere esaminate le eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso principale, come sollevate dalla controricorrente.
Segnatamente è stata eccepita l’inammissibilità del ricorso principale per violazione del principio di autosufficienza, sia in ordine alla totale mancanza dell’esposizione dei fatti necessari ai fini della individuazione delle norme applicabili e della comprensione delle doglianze proposte ex art. 366, primo
comma, n. 3, c.p.c., sia in ordine all’omessa elencazione degli atti e dei documenti depositati dalle parti ex art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c.
L’eccezione è infondata.
Infatti, nel corpo del ricorso principale sono stati esposti i seguenti significativi fatti processuali: A) la proposizione, da parte della RAGIONE_SOCIALE, di un procedimento monitorio, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, volto ad ottenere il pagamento di euro 91.487,48, oltre interessi e spese; B) la proposizione, da parte della RAGIONE_SOCIALE (avente sede in Paola), di opposizione avverso il rilasciato provvedimento monitorio in ragione: a) in primo luogo, della proposizione di un’eccezione pregiudiziale di rito di incompet enza per territorio, in quanto la società opposta, con sede in Genova, aveva agito quale pretesa cessionaria dell’anzidetto preteso credito, che le sarebbe stato ceduto dalla asserita originaria creditrice RAGIONE_SOCIALE, in relazione ad un contratto di fornitura stipulato ed eseguito a Messina, specificandosi altresì che tale contratto era stato concluso dalla RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE Messina RAGIONE_SOCIALE, costituita dalle imprese RAGIONE_SOCIALE, componenti dell’A.T.I. aggiudicataria di pubblico appalto del Comune di Messina, e che la RAGIONE_SOCIALE, chiamata dalla RAGIONE_SOCIALE a rispondere quale fideiussore in virtù di garanzia prestata all’uopo, aveva soddisfatto tale pretesa creditoria in via di transazione; b) in secondo luogo, della prescrizione del credito (o quanto meno degli interessi di mora) eccepita dall’opponente, per essere il preteso credito risalente per capitale, secondo la controparte, al 21 ottobre 2002 ed il procedimento monitorio avviato solo il 9 ottobre 2014; c) dell’eccezione di difetto di titolarità passiva in
capo all’opponente, in relazione ad un’obbligazione contratta dalla RAGIONE_SOCIALE, non riferibile all’esponente quale socia della società consortile (quand’anche componente dell’A.T.I. aggiudicataria dell’appalto in questione, componenti che avevano successivamente costituito la società consortile); C) l’appello interposto dalla Past avverso la pronuncia di primo grado, con la conferma della decisione impugnata.
Tali elementi sono sufficienti a comprendere la fattispecie dedotta in giudizio, consentendo l’intellegibilità delle questioni e rendendo percepibili le censure mosse alla sentenza impugnata.
Ed invero, il principio di specificità del ricorso per cassazione, secondo cui il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto delle censure, senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa, deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME RAGIONE_SOCIALE c. Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire, al tempo stesso, la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario, in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4300 del 13/02/2023; Sez. 3, Sentenza n. 8117 del 14/03/2022; Sez. U, Ordinanza n. 37552 del 30/11/2021; Sez. 5, Sentenza n. 8425 del 30/04/2020).
In ordine al secondo aspetto rilevato, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. -quale corollario del requisito di specificità dei motivi -, anche alla luce dei principi contenuti nella già richiamata sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 7186 del 04/03/2022).
Contenuto degli atti rilevanti che è stato prontamente richiamato nel corpo del ricorso, con la precisazione della loro produzione nel giudizio di merito.
8. -Tanto premesso, il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Sinteticamente la vicenda contrattuale rilevante in giudizio si è sviluppata secondo i seguenti passaggi pacifici tra le parti, come riportati dalla pronuncia impugnata: a ) l’A.T.I. costituita il 3 luglio 1998, tra la RAGIONE_SOCIALE -quale capogruppo mandataria -, ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALEquali mandanti -, si è resa aggiudicataria dell’appalto commissionato dal Comune di Messina in ordine ai lavori di costruzione della tramvia urbana dal INDIRIZZO al INDIRIZZO; b )
successivamente COGNOME e COGNOME, quali partecipanti della A.RAGIONE_SOCIALE, hanno costituito la società consortile RAGIONE_SOCIALE società consortile a RAGIONE_SOCIALE.; c ) quindi, con atto di subfornitura di cui alla commissione del 31 maggio 1999 e alla formalizzazione del 7 luglio 1999 (stipulazione ed esecuzione avvenute in Messina), con integrazione dell’8 gennaio 2001, la RAGIONE_SOCIALE Messina ha commissionato alla RAGIONE_SOCIALE la fornitura di profilati longitudinali e trasversali e di materassini antivibranti e antirumore, da impegnare nella realizzazione della tramvia, per il prezzo di euro 91.487,48; d ) a garanzia dell’adempimento degli obblighi assunti dalla società consortile nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, successivamente RAGIONE_SOCIALE, hanno rilasciato, in favore di Sogo, sempre in Messina, fideiussioni incondizionate e a prima richiesta; e ) in forza di tali fideiussioni, la RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto decreto ingiuntivo del 21 ottobre 2002, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, in via solidale, per il pagamento della somma di euro 91.487,48; f ) sulla scorta di tale provvedimento monitorio, la RAGIONE_SOCIALE ha intrapreso una procedura esecutiva immobiliare nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, poiché nelle more erano fallite la Tranvia di Messina e la Gepco; g ) RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno definito la vertenza con una transazione conclusa in Genova il 19 dicembre 2005, in forza della quale RAGIONE_SOCIALE ha corrisposto a RAGIONE_SOCIALE, a saldo e stralcio di quanto dovuto sulla base del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, l’importo di euro 95.000,00 e RAGIONE_SOCIALE ha surrogato RAGIONE_SOCIALE nei propri diritti di credito e accessori derivanti dal contratto di subfornitura concluso con la società consortile RAGIONE_SOCIALE di Messina; h ) in ultimo, in virtù di tale surroga, RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto il decreto ingiuntivo
provvisoriamente esecutivo oggetto di opposizione verso la RAGIONE_SOCIALE quale capogruppo mandataria dell’RAGIONE_SOCIALE e socia della RAGIONE_SOCIALE.
Senonché, sia il Tribunale sia la Corte d’appello hanno ritenuto che fosse stata correttamente radicata la competenza territoriale del Tribunale di Genova, in ordine all’avviato procedimento monitorio, in ragione del luogo di stipulazione della transazione del 19 dicembre 2005 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, del luogo di esecuzione di tale transazione, sempre in Genova, e della sede legale del creditore, presso cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione, cioè la RAGIONE_SOCIALE appunto con sede legale in Genova.
Questa conclusione viola i criteri di determinazione della competenza territoriale denunciati.
Infatti, per un verso, la pretesa creditoria azionata in via monitoria trovava fondamento, non già nella transazione del 19 dicembre 2005, bensì nel contratto di subfornitura formalizzato in Messina il 7 luglio 1999, ed ivi eseguito, e segnatamente nella pretesa di pagamento del compenso per tale fornitura eseguita da RAGIONE_SOCIALE nel cui credito era subentrata la RAGIONE_SOCIALE in virtù della richiamata transazione, peraltro meramente dichiarativa della surrogazione di diritto ex artt. 1203, n. 3, e 1949 c.c.
In ragione di ciò si è verificato il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità del credito che traeva fonte dall’originario rapporto contrattuale, poiché la surrogazione legale ha operato senza la necessità del consenso del creditore primario, per effetto dalla rituale domanda del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 28061 del 16/12/2013; Sez. 3, Sentenza n. 2060 del 29/01/2010; Sez. L, Sentenza n. 1997 del 22/02/1995).
Per altro verso, essendo tale surrogazione intervenuta dopo la scadenza del termine per il pagamento del corrispettivo relativo alla fornitura, avrebbe dovuto aversi riguardo, ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, c.c., trattandosi di obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro certa, liquida ed esigibile (obbligazione pecuniaria portable , derivante da un titolo convenzionale, che ne ha stabilito la misura e la scadenza), al domicilio che il creditore originario aveva al tempo della scadenza (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 34944 del 17/11/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 4792 del 23/02/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 7722 del 20/03/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 12455 del 21/05/2010; Sez. 3, Sentenza n. 497 del 13/02/1968), nonostante la contestazione della liquidità a cura dell’odierna ricorrente, ossia presso la sede legale della Sogo in Frosinone e non già presso quella della subentrante RAGIONE_SOCIALE in Genova.
In ordine a tale punto, rileva il Collegio che, per il combinato disposto degli artt. 20 c.p.c. e 1182 c.c., ai fini della determinazione della competenza per territorio, assume rilievo solo il luogo in cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione dedotta in giudizio al momento della scadenza, mentre il successivo mutamento di tale luogo per ragioni unilaterali del creditore non incide sul criterio di collegamento, soltanto consentendo al debitore di pagare efficacemente nel nuovo luogo qualora questo gli sia stato indicato dalla parte. Conseguentemente, qualora il creditore ceda il proprio credito pecuniario, tale cessione è idonea a produrre lo spostamento del
luogo dove deve essere adempiuta l’obbligazione e cioè in favore del domicilio o della sede del cessionario, solo se la cessione, oltre ad essere comunicata al debitore, avvenga prima che il credito sia venuto a scadenza; in caso contrario, la cessione del credito non opera alcuno spostamento del luogo di adempimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10862 del 24/04/2023; Sez. 6-3, Ordinanza n. 33087 del 10/11/2021; Sez. 6-3, Ordinanza n. 15229 del 01/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 2591 del 07/02/2006; Sez. 3, Ordinanza n. 2891 del 14/02/2005).
Tale conclusione vale a fortiori ove il subentro del terzo nella pretesa creditoria avvenga in forza di un’ipotesi di surrogazione legale (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1120 del 05/02/1987; Sez. 1, Sentenza n. 6858 del 21/11/1986).
9. -La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con assorbimento dei rimanenti, dipendenti motivi.
Alla cassazione della sentenza impugnata, per violazione delle norme sulla competenza, segue la statuizione in ordine al Tribunale cui spetta tale competenza territoriale, senza alcun rinvio della causa, né alla Corte d’appello di Genova, né al Tribunale ritenuto competente ratione loci .
Infatti, allorché sia il giudice di primo sia quello di secondo grado abbiano erroneamente ritenuto sussistere la competenza per territorio del Tribunale adito, della quale invece tale Tribunale era privo, alla cassazione della sentenza d’appello deve seguire l’indicazione, da parte di questa Corte, del giudice competente in primo grado, ai sensi dell’art. 382, secondo comma, c.p.c., dinanzi al quale sarà onere della parte più diligente riassumere il
giudizio, ai sensi dell’art. 50 c.p.c. (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22810 del 26/09/2018; Sez. 3, Sentenza n. 22958 del 12/11/2010; Sez. 1, Sentenza n. 10566 del 04/07/2003).
Ebbene, sono alternativamente competenti, per quanto anzidetto, i Tribunali di Messina o di Frosinone.
Per effetto della cassazione della pronuncia impugnata, con la correlata statuizione sulla competenza territoriale del giudice di primo grado, deve essere altresì dichiarata la nullità del decreto ingiuntivo opposto n. 7629/2014 del 28 giugno 2014.
Poiché il presente giudizio si è concluso con la cassazione della sentenza impugnata per violazione delle regole sulla competenza, spetta a questa Corte liquidare le spese dei gradi di merito, oltre che quelle del giudizio di legittimità, cos ì come stabilito dall’art. 385, secondo comma, c.p.c.
La regolamentazione di dette spese segue il principio di soccombenza, con liquidazione, avuto riguardo al petitum (pari ad euro 91.487,48), come segue: – per il primo grado di giudizio, nella misura di euro 7.200,00; – per il grado di appello, nella misura di euro 9.515,00.
Anche le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della controricorrente e sono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti motivi, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, dichiara la competenza territoriale del Tribunale di Messina o del Tribunale di Frosinone, dichiara la nullità del decreto ingiuntivo opposto, condanna la controricorrente alla refusione, in favore della ricorrente, delle spese di lite, che liquida, per il primo grado di giudizio, in euro 7.200,00, per il secondo grado di giudizio, in euro 9.515,00 e, per il presente giudizio di legittimità, in euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda