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Competenza territoriale: clausola nel codice di rete

Una società del settore energetico ha citato in giudizio un distributore di gas per abuso di dipendenza economica. Il distributore ha eccepito l’incompetenza del tribunale adito, indicando come foro esclusivo quello della propria sede, come previsto nel suo “codice di rete”. La Corte di Cassazione ha stabilito che una clausola che deroga alla normale competenza territoriale è inefficace se non contenuta in un contratto scritto e specificamente approvata per iscritto dalla controparte, anche nei settori monopolistici. La Corte ha quindi affermato la competenza del tribunale originariamente scelto dall’attrice.

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Competenza territoriale: la Cassazione fissa i paletti per le clausole nei codici di rete

L’ordinanza n. 33200/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti commerciali, specialmente in settori regolamentati: la validità delle clausole che stabiliscono la competenza territoriale esclusiva, inserite nei cosiddetti “codici di rete” predisposti unilateralmente da operatori in posizione di monopolio. Questa pronuncia chiarisce che, per essere efficace, tale accordo deve rispettare rigorosi requisiti di forma, a tutela della parte contrattualmente più debole.

I Fatti del Caso

Una società operante nella fornitura di energia elettrica e gas conveniva in giudizio, presso il Tribunale della propria sede, un’importante società di distribuzione del gas. L’accusa era di abuso di dipendenza economica, a causa di presunte violazioni commesse dalla società di distribuzione nell’esecuzione del servizio di “vettoriamento” del gas, un’attività svolta in regime di monopolio. La società convenuta, tuttavia, si difendeva eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, sostenendo che la controversia dovesse essere decisa dal Tribunale del luogo in cui essa aveva la propria sede legale. Questa pretesa si fondava su una clausola specifica contenuta nel suo “codice di rete”, un documento che disciplina le condizioni generali di accesso al servizio di distribuzione.

La Questione sulla Competenza Territoriale Esclusiva

Il cuore della disputa legale riguardava la validità ed efficacia di questa clausola di deroga del foro. Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’eccezione, ritenendo che il codice di rete, pur non essendo formalizzato in un contratto scritto tra le parti, disciplinasse il rapporto e che la clausola sul foro esclusivo fosse valida. La società fornitrice di energia ha quindi proposto ricorso per regolamento di competenza alla Corte di Cassazione, sostenendo che una deroga alle norme sulla competenza territoriale richiede un accordo scritto e una specifica approvazione, requisiti non soddisfatti nel caso di specie.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando la decisione di primo grado. Ha dichiarato la competenza del Tribunale originariamente adito dalla società fornitrice e ha stabilito il principio secondo cui la clausola di deroga del foro contenuta in un codice di rete non è efficace se non viene trasfusa in un contratto scritto e specificamente approvata per iscritto dall’altra parte.

Le Motivazioni

La Corte ha sviluppato un ragionamento articolato per giungere a questa conclusione. In primo luogo, ha riconosciuto che i codici di rete, sebbene elaborati unilateralmente dagli operatori del settore, hanno natura contrattuale e non regolamentare. Essi rappresentano le condizioni generali di contratto che verranno applicate ai singoli rapporti con gli utenti.

Tuttavia, questo non basta per rendere automaticamente efficace una clausola così importante come quella sul foro esclusivo. La Corte ha sottolineato che l’articolo 29 del codice di procedura civile è molto chiaro: l’accordo con cui le parti scelgono un foro diverso da quello previsto dalla legge deve risultare da un atto scritto. Inoltre, e questo è il punto cruciale, una clausola di questo tipo rientra tra quelle cosiddette “vessatorie” ai sensi dell’articolo 1341 del codice civile. Per la loro validità, è necessaria non solo la forma scritta, ma anche una specifica approvazione per iscritto (la cosiddetta “doppia firma”).

Il fatto che la società di distribuzione operi in regime di monopolio legale e sia obbligata a contrarre con chiunque ne faccia richiesta non elimina, ma anzi rafforza, la necessità di queste tutele formali. La predisposizione di schemi contrattuali standardizzati non può eludere la protezione prevista dalla legge per la parte che si limita ad aderire al contratto, senza avere un reale potere negoziale.

In assenza di un contratto di distribuzione specifico, concluso per iscritto tra le parti, e in mancanza di una specifica sottoscrizione della clausola sul foro, la previsione contenuta nel codice di rete non può essere considerata valida ed efficace per derogare alla competenza territoriale ordinaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce un principio di garanzia fondamentale per tutte le imprese che si trovano a operare con soggetti che detengono una posizione di monopolio o dominante. Anche in contesti altamente regolamentati, le tutele formali previste dal codice civile e di procedura civile non possono essere superate da prassi aziendali o da documenti predisposti unilateralmente. La deroga alla competenza del giudice naturale, precostituito per legge, richiede un consenso esplicito, informato e formalizzato per iscritto. Questa decisione riafferma la centralità della volontà negoziale e della protezione della parte più debole, anche quando il rapporto si instaura attraverso semplici richieste di accesso a un servizio essenziale.

Una clausola che stabilisce la competenza territoriale in un “codice di rete” è sempre valida?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una clausola del genere, contenuta in un codice di rete predisposto unilateralmente, non è efficace se non viene trasfusa in uno specifico contratto scritto tra le parti e non è oggetto di specifica approvazione scritta ai sensi dell’art. 1341 del codice civile.

Per derogare alla competenza territoriale è necessario un contratto scritto?
Sì. L’art. 29 del codice di procedura civile richiede espressamente che l’accordo con cui le parti scelgono un foro convenzionale esclusivo debba risultare da un atto scritto. La semplice inclusione in condizioni generali non è sufficiente senza una formalizzazione contrattuale specifica tra le parti.

Il fatto che un’impresa operi in monopolio cambia le regole sulle clausole vessatorie?
No, anzi, le rafforza. La Corte chiarisce che la circostanza che un imprenditore operi in regime di monopolio e abbia l’obbligo di contrarre non esclude, ma anzi implica, che le clausole onerose (o vessatorie) contenute nei suoi schemi contrattuali standard debbano essere specificamente sottoscritte dagli utenti per essere valide.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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